Alfabeta - anno X - n. 114 - dicembre 1988

Alfabeta 114 Emerge allora l'ambiguità della complessità o il suo essere un Giano bifronte. Dice Turco: è «nicchia dell'autocostruzione umana o, all'foverso, vertigine del possibile di fronte a cui si consuma il dramma della rinuncia» (p. 170). E avverte che nell'esistenza insopportabilmente sovraccarica c'è un possibile rovesciamento di deresponsabilizzazione, di consegna all'autorità, all'ordine: c'è Joseph de L'uomo in bilico di Bellow, con la sua pena che ne frantuma la dignità. La società non ha fornito la prestazione esonerante supplementare. Eppure rimane fondamentale che la società produca occasioni e permetta le condizioni di massima libertà per l'individuo Vanno quindi affrontate le «aree critiche» dell'esperienza individuale (p. 172). Ma è progettabile la complessità? La domanda rimane aperta: il rischio è la perdita dell'alleanza tra l'uomo e la terra, la perdita di noi stessi. Ma la risposta non può essere semplice: non si risolve l'angoscia esistenziale semplificando il reale, o detto in altri termini, rinunciando al moderno, ma alzando la soglia della tolleranza, creando punti di stabilità nell'incerto del contesto: questo suggerisce la ricerca di Angelo Turco. Angelo Turco, Verso una teoria geografica della complessità ed. Unicopli, Milano, 1988, pp. 184, lire 20.000. L'arco di Ulisse della Vergine Francesco Leonetti e iò che caratteriz~a la criticità magistrale di Lea Vergine va considerato attentamente: a) l'attenzione sua è posta piuttosto sulla individualità che sul motivo tendenziale dell'arte, sempre però che l'artista operi con una tendenza innovativa divenuta sua propria; b) il tono e il timbro sono difensivi e spesso polemici, quasi si dovesse - come in realtà si deve - difendere il buono dalle invidie e dal potere, come cosa gelosa di chi si batte per la qualità non ignorando che il contesto politico è presente in ogni punto del lavoro artistico e intellettuale; c) l'approccio e l'interpretazione sono continuamente razionali nella concretezza, con una scrittura critica personalissima che consapevolmente non ha sbavature di «blanchotisme», ma ri- ~ulta inventiva e omologa al testo, con un suo modo d'indicare vie e compiere una chiarificazione dei nessi, invece che procedere alla valutazione sulla testa d'autore. Questa serie di virtù belle è certo una faccia della Vergine, che nell'altra è una viziosissima creatura ipercritica (battute minime malefiche, coltelli napoletani, autorganizzazione, follie donnesche, settarismo totale, apparizioni e arie soavissime mistificatrici). Attraversiamo con questa tabella il grosso tessuto storico di articoli, pezzi di saggi, discorsi patetici fr<!mmentari, che h~ il titolo doppio L'arte in gioco: è l'arte con statuto difficile ormai, ed è il rapporto (teoricamente freudiano al fondo, insieme che di tensione basista nel sociale) fra il gioco infantile e l'arte che si libera delle leggi e delle macchine. Si possono raccogliere alcune delle felici spie di una situazione di ricerca che ha l'arco dal 68 ad ogCfr gi: ecco brevissimi esempi. Se è vero che l'apocalittico Adorno non può più valere, possiamo valerci della discrezione di pantera della Vergine che dice: «La promozione di un autore avviene attraverso pubbliche relazioni, cataloghi, foto, viaggi, e pubblicità soprattutto» (sono parole di Lea per colpire l'«immagine» che sta diventando altra cosa dall'autore, e però lei così cita Inga-pin gallerista, in un pezzo col titolo «Avanti all'indietro» dell '86). Su questo punto mediale, a ridire le parole di Edoardo Sanguineti recensore di questo libro («II Messaggero», 25 agosto), oggi «ogni dialettica è spenta, se non è quella dell'intersponsorizzazione ben temperata»: definizione bellissima. -... LO APllJo! •.•. -.· Martin Davorin Jagodic Ecco come Lea incontra Beuys. «Achtung! Il germanico è alle porte» (titolo): «'Amo la rosa come il fiore più perfetto che la nostra natura tedesca possa produrre' scriveva Goethe in "Arminio e Doroteà". Ed è con questo prodotto squisitamente germanico tra le dita che si può incontrare Joseph Beuys, artista tedesco, faccia espressionisticamente ulcerata così come il suo passato e la sua Terra esigevano». Il pezzo è nel seguito una delle meraviglie di critica culturale di Lea, e ha reso grande il «Panorama» dell'8 giugno '81. Si noti «Terra» in maiuscola, che già coglie l'uso simile di Heidegger - che io ricordo citato due volte insieme a Goethe in un saggio di Gadamer. Ciò non toglie nel pez- _ zo di Lea l'ammirazione per l'ecologia e il concettualismo di Beuys o Herzog, cui preferisce i tedeschi i meno citati Biichner o Straub ... Una donna: «Ma chi è, in verità, Olga Carol Rama? È un angelo luciferino, affabile e simpatico; è una dilettante suprema; è una naufraga mai arresa al banale [... ], esotica, erotica, eroica». E l'altro versante, quello del contesto, così figura nel libro, per esempio: «tra i fatti imperdonabili il "salon" di Emilio Vedova, denominato "spazio politico", costituito da grandi tele della maniera espressionista astratta, con un sublime pannellino di tutte le foto scattate al pittore veneziano vociante in piazza S. Marco ai bei tempi dell'occupazione della Biennale del '68. Quando si dice il senso della misura!» (per la mostra «Tra rivolta e rivoluzione» a Bologna; nel «Manifesto», '73). Che cosa ci è possibile annotare, in fine a questa nota, su ciò che è proprio dell'arte di avanguardia seconda, nel tempo grande del 60 e nella tenuta di essa attraversando con politicità-ancora viva le cecità politiche e le conservazioni spietate? A me pare che si tratti qui, nel labirinto dell'invenzione, di un'arte come frontiera mobile: più che di avanguardia, con strumentazioni teoriche relative arganiane o fenomenologiche, l'arte che ci interessa qui è uno spostamento di mosse linguistiche-che sconcerta ogni volta tutti i campi disciplinari (in cui è banditessa): perché decide che la nuova «produzione di senso» sia in un altro luogo. Così con l'arco Lea fa strage in casa sua (si fa per dire) e costruisce alcune leggende (le artiste trascurate nelle avanguardie storiche, l'arte connessa alla contestazione, l'invenzione cinetica e programmata, il corpo come linguaggio, la resistenza ultima al passatismo, fin qui). Lea Vergine L'arte in gioco Garzanti, Milano 1988 lire 32.000 Lo stato dell'interpretazione Pietro Kobau L o stemperarsi di un corpo disciplinare in una koinè concettuale (che non è necessariamente scioglimento di dissidi, ma può anzi preludere a una ridefinizione dei territori competenti a discipline diverse) muove spesso a produrre una sua storia. È il nesso fra interpretazione e polemica che produce le storie speciali e che ne fa degli argomenti da impugnare nelle dispute interdisciplinari. Proprio questo legame sembra stare alla base dei numerosi contributi storiografici e filologici forniti recentemente nei campi dell'estetica e dell'ermeneutica: le opere di Culler e di Ferraris si inseriscono appunto in tale panorama, rispettivamente come una cronaca e come una ricostruzione storica. II nucleo del libro di Culler è costituito dall'esposizione (fornita nel secondo capitolo) dei meccanismi interpretativi azionati dal decostruzionismo. Culler, prima di esaminare le ricadute critico-letterarie, li presenta come una critica . della metafisica che procede sommuovendo le opposizioni gerarchiche tra concetti (essenziale/accessoriò, serio/frivolo, ... ) - un'erosione del logocentrismo, dell'ideocentrismo, del senso comune di secondo grado che regge il discorso filosofico presupponendo la virtuale presenza del senso. Tale critica deve demolire innanzitutto la concezione del significato come ente significabile, percepibile e veicolabile, ribadendo invece «la distanza, l'assenza, il fraintendimento, l'insincerità e l'ambiguità» (p. 91) come trascendentali dell'atto di significazione e della sua (eventuale) efficacia. L'eccellente esposizione di Culler andrebbe valutata nei dettagli, pagina 25 ma è più urgente considerare la cornice in cui viene collocata. Nel primo capitolo, infatti, l'autore racconta come new criticism e strutturalismo siano entrati in crisi pre l'intervento della critica incentrata sull'atto di lettura. Questa crisi avrebbe portato alla luce la dialettica (in realtà un double bind) fra il controllo esercitato dal testo e quello esercitato dal lettore sul processo interpretativo, la struttura differenziale in cui è immerso il lettore costretto a interpretare ruoli diversi, la necessità di risolvere l'esperienza della lettura nella sua storia e in paradigma delle sue storie possibili - finché interviene la decostruzione che «esplora la situazione problematica a cui ci hanno condotto le storie dell'atto di lettura» (p. 75). Va allora rilevata la differenza fra il decostruzionismo e la posizione globale di Derrida: se nel primo capitolo Culler presenta il decostruzionismo come esito della recente storia della critica, la sua prefazione alla traduzione italiana mette invece in chiaro tutta la problematicità di una simile giustificazione. Qui Culler mette a fuoco il fatto che negli USA la filosofia di Derrida è stata accolta come un metodo di critica letteraria (analogamente ad altre scienze filosofiche), trovandone le ragioni sia nell'organizzazione dell'accademia americana, sia nella più generale condizione culturale statunitense. In sintesi: la situazione di ricezione del lavoro di Derrida è descrivibile non solo nei termini di una separazione tra tradizione continentale europea e tradizione analitica anglosassone, ma anche come mancanza negli USA di una sfera intellettuale pubblica. Qui non importa tanto l'eccezionalità di una situazione dove la letteratura e la critica si trovano a svolgere il ruolo di camera di compensazione teorica (si tratta di un fenomeno già occorso in altre epoche di emergenza, come ad esempio nell'Ottocento tedesco, italiano, russo, ... ). Piuttosto, importano le conseguenze, in primo luogo il fatto che «la critica decostruzionistica non è l'applicazione di lezioni di filosofia a studi letterari, ma un'esplorazione della logica testuale in testi detti letterari» (p. 207). Anche questo, storicamente, non è un evento del tutto nuovo, tuttavia esso radicalizza in maniera originale la riflessione sul rapporto filosofia-letteratura. Ciò lo si legge sotto i tratti apologetici del discorso di Culler: egli infatti si preoccupa di due tipi di accusa rivolti al decostruzionismo: quella di indifferentismo, di anarchismo, di quietismo ermeneutico; quella, teoreticamente più delicata, di presupporre la superiorità della letteratura in quanto genere onnicomprensivo. Ora, quest'ultimo è proprio una preoccupazione teorica centrale in Derrida, per il quale il compito di «studiare il testo filosofico nella sua struttura formale [... ] - al di là di ciò che una volta si chiamavano i generi» mira a considerare «la filosofia come 'un genere letterario particolare' che pone delle richieste alle riserve di un sistema linguistico, che organizza, costringe o svia un insieme di possibilità tropologiche che sono più antiche della filosofia» (Marges 348 s.) - senza peraltro che questa riserva di sensi si debba costituire in un genere di scrittura monopolizzante. In altre parole: il superamento della critica tematica nel neostrutturalismo è perfettamente omologabile alla trasformazione· Capire Wittgenstein - A cura di Diego Marconi, Carlo Penco, Marilena Andronico Dummett, Pears,Kenny,Black e altri. Un panorama spregiudicato e aggiornatissimo. «Filosofia» P.tgine 352, lire 35.000 Roberta De Monticelli Il richiamo della persuasione Lettere a Carlo Michelstaedter Un carteggio immaginario diventa confronto etico. Una narrazione filosoficainattuale. «Filosofia» Pagine 116, lire 16.000 Max Horkheimer Taccuini 1950-1969 Riflessioni, immagini, aforismi: i minima moralia di Horkheimer. «Filosofia» Pagine 272, lire 27.000 Olof Lagercrantz In viaggio con "Cuore di tenebra" Alla ricerca di Conrad nei labirinti del racconto. «Saggistica» P.tgine 128, lire 16.000 Collana "Il Labirinto" FrankWedekind FUOCHI D'ARTIFICIO prefazionedi PaoloChiarini Il conflittotra vitaleimpulso eroticoe controlloconformistico degliistinti LeonidAndreev I SETTE IMPICCATI a curadi FrancescoFantasia In unodeiraccontipiù sconvolgendtielprimoNovecento la lucidaanalisideisentimenti e deipensierdi i sette condannatai morte AugustStrindberg ILPREZZO DELLAVIRTU prefaziondei LudovicaKoch La suggestivnaaturadelleisole nordiche i piccolidrammi deisuoiabitantinellepiùbelle novelledelloscrittoresvedese W. SomersetMaugham LARESA DEICONTI a curadi PaolaFaini Il testamentoletterariodel popolarescrittoreinglese MassimoBontempelli EVAULTIMA prefaziondei PaoloPinto Unafavolametafisicadelcreatore del«realismomagico» Lucarinl

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