Alfabeta - anno X - n. 114 - dicembre 1988

Alfabeta 114 t) .. ne del dettaglio di realtà rimane momento portante, lungi ancora dall'implicare "la presunzione di arrivare poi a ricostruire laicamente tutto" (così nel Vestibolo posto in testa al volume). Eppure di 'ricostruzione' si tratta, ma nel senso già precisato di accettazione e riconoscimento sensibile dello stare, di-leggibilità di sé nel mondo. Così $ anche la voce s'illumina, si rende più chiara ed attraversabile; "per restare fedele al suo sforzo, questa poesia dev'essere completamente trasparente, totalmente leggibile", per destare la certezza di una leggibilità non immediata, mai esausta oppure risolta, sempre sorprendente, incompiuta. Si tratta, come ha osservato Antonio Porta in una nota al testo, della questione essenziale di una comunicazione che si mantenga scopertamente presente e allo stesso tempo complessa ed irriducibile, cui Valesio ha dato risposta puntando "tutta la posta sulla forma-racconto invece che inseguire il miraggio dell'epifania lirica di ermetica memoria". Di più, la posta giocata nel Dialogo è l'interno stesso del racconto, l'interno della comprensione dello stare: la ricostruzione di un fondo d'angoscia, "quella che insorge in chi si rende conto della sua radicale inabilità al mondo ( ... ) quella del puro vuoto, anteriore ad ogni angoscia di un di più - la quale a questo punto appare come un lusso". Numerosi sono i luoghi del testo che rivelano questo disagio, tra tutti questa chiusa: "il padre gli ha appreso/la pazienza dello scrivano;/a questa sola ed umile lezione/egli non ha saputo aggiungere altro/di suo, che la capacità/di stare dritto senza muoversi/e di bruciare molto lentamente". Ancora battente la tensione tra possibilità e attualità reale (stare), complicata dal movimento minimo ma lacerante del riconoscersi (bruciare). In questo stato il racconto si alimenta e s'inspessisce, assume ora il senso della riflessione compiuta e subito sciolta ("e il tempo fuori si cambia nel tempo di dentro/il sole è smussato la pioggia è decapitata"), ora quello del tracciato morale ("Nessun, possibile, rimedio/se non dare l'obolo./Elemosinare è per lui/qui adesso una necessità".), oppure dell'aforisma certo ("L'unica realtà, l'unico modo/in cui si tocca la vita/è il movimento rallentato ... "), ora quello di un altro racconto ("«Ciò che urtava contro le fiancate/erano i cadaveri/contiCfr Alnin Lucier .. nuamente gettati in acqua lungo i moli/(tutto il giorno, ogni giorno)/ e trasportati dalle correnti»"). Un'impressione di fissità attraversa il racconto dall'interno e comunica a gradi quel disagio, quell'angoscia «elementare». Paolo Valesio, La rosa verde Editoriale Clessidra, pp. 87, lire 10.000 Dialogo del falco e dell'avvoltoio Editrice Nuovi Autori pp. 93, lire 15.000. Cesare Ruffato Giorgio Patrizi e esare Ruffato è stato autore, negli anni Settanta, di alcuni degli esempi più rigorosi di ricerca e sperimentazione di linguaggi poetici. Le sue raccolte, sempre giunte a proporre interessanti orizzonti espressivi, a congrua distanza di anni (da ricordare almeno Cuorema del '-69, Mi~ nusgrafie del '78, Parola bambola, dell'83, il suo penultimo volume), erano caratterizzate da un lavoro sui livelli transverbali di un linguaggio stratificato in cui si erano depositate le più diverse esperienze linguistiche. E proprio l'ambito professionale di Ruffato, non letterario, medico, riconduceva allo spazio testuale le dissonanze che il linguaggio tecnico, nel caso specifico quello della sua professione, poteva far scaturire da contiguità inusitate con linguaggi espressivi. Ma, come ricorda la bella Presentazione premessa a questa raccolta da Enrico Testa, ora la transverbalità sembra rinunciare alle caratteristiche catene foniche trasgressive e aggressive e alla carica disarmonica dei lessemi settoriali. Ciò che si afferma via via è piuttosto una scrittura di respiro diverso, dove l'enunciato si compie in una ferma essenzialità, dove recupera un disegno nitido di scenari sociali e persino una moralità del dire, del far versi, come un risentimento che urge, spesso emergendo, dietro la parola scarna o puntuale come in un referto. Ed è questa senz'altro una delle prime "trasparenze" che il titolo annuncia, luminosa quanto occorre per irradiare una presunzione di conoscenza dei fatti, degli individui. La prima sezione della raccolta si _aprecon una figura emblematica dello scavo nei paesaggi e nei comportamenti che si annuncia come ricerca di una "più autentica" dimensione della parola: "un occhio alto su misura nell'interno/allea scale e prospettive/impasti poetici guardano gli autori/e lo spazio senza prati di scorta/nel lirismo olocaustico ... ". La parodia di una poesia come rivelazione ("A ,._ forza di dire si riesce a cavare/qualche divinità dai buchi") si coniuga con la programmatica affermazione di una nuova capacità di dire e di giudicare. Questa, nella sezione Citoclesi, acquista il massimo della contrastività, con una scansione perentoria che assicura tensione e la "verità" del risentimento al verso: "nessuno rappresenta da sé il contesto sociale./Dietro il biberon della violenza la faccia/del precipizio nervoso accentua il trucco./Per problemi di emergenza ricombinano/un dedalo fraterno .. ./La poesia attraversa l'idea di parole/di gusto. Nei momenti della sete gli occhi/quadrano il cerchio". È così, disegnando uno scenario complesso e respinto, che va montando una ribellione alla definizione semplicistica e pluralistica degli eventi: in questo Ruffato recupera la maestria iconoclasta delle più ardue prove sperimentali. Nel proporre indignazioni e condanne attraverso l'esplosione di neoplasmi verbali, di mescidanze lessicali: "Ovunque castrofonia carisma istanze/palabras vanesie illusione storica,/microbrigate decorano a . distanza il culto/della vittoria. L'orbato plateresco/spettacolarizza vista cansada nadadenada/sul merito intrinseco sull'ecolanguore campesinos ... ". Alla indicibilità di un tempo oggi si sostituisce la dicibilità, mai dell' "io", ma piuttosto di "loro", gli attori di cui non si pronunciano i nomi ma che d'altronde ben sono riconoscibili dalle nevrosi e dai tic ideologici. Ruffato, costruendo scenari diversi ma analoghi nella loro "asocialità" ("loro" in realtà sono, per lo più, distruttori di socialità), individua con esattezza la prospettiva linguistico-culturale in cui far deflagrare i suoi detonatori verbali. In questo senso il suo procedimento è quanto mai abile ed efficace: da un lato la sua capacità mimetica gli consente di descrivere con precisione ruoli e comportamenti sociali da mettere in scena e sotto giudizio. Dall'altro la perizia della manipolazione fonica della parola gli permette di innestare all'interno di quella messa in scena elementi eterogenei con un forte, pagina 19 conseguente, effetto di dissonanza. Quest'ultima prova di Ruffato, in conclusione, presenta il maggior interesse ancora una volta nella forte tenuta del linguaggio, sottoposto alle dinamiche di cui si è detto; ma assieme ad una riscoperta della possibilità della poesia di essere il nostro laboratorio quotidiano di comprensione e di giudizio del sociale. Cesare Ruffato Trasparenze luminose Milano, Società di poesia, 1987 pp. 103, lire 12.000. Cesare Viviani Roberto Carifi e he un poeta rifletta sulle ragioni della scrittura, non solo della propria ma anche in un senso più generale, appare già un'eccezione che merita di essere segnalata in un panorama letterario dove la teoria, almeno nel suo significato originario di pura contemplazione, sembra sopraffatta da quella cultura del fare e del macchinare in cui Heidegger riconosceva i segni del nichilismo. È un dato di fatto che Cesare Viviani accompagna da sempre la sua attività di poeta ad un lavoro di pensiero dove la meraviglia e lo stupore, qualche volta l'orrore che ne è il corollario, costituiscono intonazioni fondamentali. Pensieri per una poetica della veste rappresenta il risultato più recente della riflessione di Viviani, del riverbero di illuminazioni che lo inscrive a buon diritto nel novero dei poeti pensanti, per i quali il pensare è un modo del poetare e viceversa. Perciò questi pensieri, che si pres_entano nella forma alta e concentrata dell'aforisma, interessano non solo per il contenuto, per il loro pensato, ma anche e prima di tutto per le modalità del pensare, per il contegno che il pensiero vi assume. C'è un passo di Aus der Erfahrung de Denkens di Heidegger che merita qui riportare: "Ogni coraggio nel profondo dell'animo è l'eco di uno stupore per l'essere e raccoglie il nostro pensare nel gioco del mondo". Vi compaiono alcuni motivi, come la risposta ad un appello, ad una chiamata, il rischio e il dono che connotano il pensiero come luogo in cui l'essere (la verità, il senso) si concede alla disponibilità del pensare in un insieme di rivelazione e nascondimento, come "arOTTOMAYR LABILANCIAE L'OROLOGIO AUTORITÀELIBERTÀNEL PENSIERPOOLITICO DELL'EUROPMAODERNA Leinvenzionmi eccaniche assurtea metafore tecnologichdeelpotered, a Alighierai Rousseaud,a ShakesperaareHumead AdamSmith CHRISTIANMEIER LANASCITADELLA CATEGORIADEL POLITICOIN GRECIA MATTHEWHUGHERDELYI FREUDCOGNfflVISTA Unasorprandenrteiletturadi Freudallalucedi unanuova e suggestivianterpretazione ROBERTOESPOSITO CATEGORIE DELL'IMPOLITICO WILLIAMMONTER RITI,MITOLOGIAE MAGIAINEUROPA ALL'INIZIO DELL'ETÀMODERNA CHARLEST. DAVIS L'ITALIADI DANTE ADRIANAGUARNIERI CORAZZOL RICHARDWAGNER E I LETTERATI ITALIANI PHIUPN. JOHNSONLAIRD MODEWMENTALI VERSOUNASCIENZA COGNITIVDAEL LINGUAGGIO

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