Alfabeta - anno X - n. 113 - ott./nov. 1988

pagina 8 ma è quello di capire fino a che punto questo tipo di accusa si distanzia da un aueggiamento di tipo semplicemente iconoclasta. Sappiamo, ad esempio, che di fronte ad altre «discusse» rappresentazioni cinematografiche della vita di Cristo molti cattolici, semplici fedeli, intellettuali e esponenti della gerarchia ecclesiastica, hanno manifestato un atteggiamento ben diverso, fatto di critica, benevola attenzione e, talora, di entusiasmo. In ciò i cattolici si sono differenziati dai gruppi evangelici fondamentalisti, diffusi anche in Italia, come i Pentecostali o i Derbisti, che basandosi sul divieto veterotestamentario rifiutano ogni rappresentazione o raffigurazione di tipo religioso (nelle loro chiese non troverete nemmeno lo scarno crocifisso dei Riformati e dei Valdesi, ma solo ·«frasi edificanti» appese alle pareti). Ciò che fa scandalo, dunque, del film di Scorsese è il fatto che esso non solo ci presenta Cristo (come fa Zeffirelli), e non solo ci presenta l'umanità di Cristo (come fanno Rossellini e Pasolini, anche se quest'ultimo con linguaggio più marcatamente religioso), ma addirittura vuole rappresentarci !',umanità di Cristo «secondo la sua essenza». Qui Cristo è il Figlio dell'uomo, ovve- .ro l'uomo-Dio e il Dio-uomo, che non risolve l'antinomia che egli stesso è, ma ne fa la forza del proprio carisma; la sua umanità non è semplicemente presentata, ma «rappresentata» attraverso lo scandalo. In altri termini, l'umanità di Cristo non è più semplicemente resa «visibile» attraverso i dubbi di Gesù, l'ira, l'amore, la compassione, il coraggio. Queste virtù, tra loro contraddittorie, proprio in quanto tali, fanno parte di una figura ormai legittimata: l'antieroe, l'ex-idealista alla ricerca di se stesso, rude ma intimamente delicato, tormentato e solitario ma con un forte senso dell'amicizia, sarcastico e disincantato ma pronto al sacrificio ecc. La legittimazione di questa figura non può, logicamente, non essere messa in relazione all'enorme sviluppo dei mass-media, le dimensioni nazionali e planétarie del pubblico cinematografico e televisivo e la rapidità dello sviluppo dei mezzi di comunicazione di massa hanno, da un lato, agito quale incentivo alla esemplificazione dei messaggi, è dall'altro, fatto sì che modelli di comportamento e valori affermati venissero via via delegittimati creando lo spazio per valori e modelli in qualche misura conCome N onostante le non poche polemiche - spesso attenuate da opposti interventi su stessi organi di stampa - plebiscitario è stato e rimane, in Italia, il consenso alla legge n. 180/78, detta anche legge-Basaglia. La legge che ha aperto i manicomi nel Paese. Plebiscitario il consenso di malati e famiglie che lungi dall'irrazionalità della riproposizione del ritorno all'internamento - nonostante falsificazioni di corta durata - chiedono a gran voce potenziamento dei servizi, finanziamento e completamento del progetto compreso dalla legge. Va in questo senso - dunque - il recente progetto di legge presentato in primis dalla senatrièe italiana Ongaro Basaglia, vedova di Franco Basaglia, e firmato da senatori di vari partiti, che chiede - finalmente - l'applicazione della legge. La legge n. 180 è - dunque - apertis verbis una legge buona, non sostituibile nella sua sostanza, da modificare potenziandone - anche alla luce della esperienza decennale - le ragioni. Torniamo dunque alla legge. La legge n. 180 del 1978 fu votata da A più voci traddittori, e quindi più «aperti», come si usa dire. Per farla breve, oggi John Wayne fa ridere, menti:.epiacciono Al Pacino e De Niro. Ora, finché l'umanità di Cristo viene rappresentata secondo i canoni della moralità corrente, il credente si sente rassicurato. Quella rappresentazione è in fondo solo un «modello», un «messaggio» e non ci pone di fronte a nessun paradosso. Evidentemente un Cristo semplicemente contradditScorsese di scarsa fedeltà al testo evangelico contrapponendo L'ultima tentazione al Gesù di Zeffirelli. Qualunque teologo si rende conto dell'inopportunità di impostare la polemica in questi termini. • Il film di Scorsese vuole per l'appunto «tradire» il messaggio evangelico attraverso la rappresentazione essenziale dell'umana soggettività di Gesù. Tutta la tradizione teologico-filosofica occidentale si articola ISTITUTO Il ALIANO PERGLI STUDI FILOSOFICI COOPERATIVA «IL TEATRO» I PERCORSIDELLA SCRITTURA Incontri con poeti italiani presentati da storici e critici della letteratura Settembre-dicembre 1988 Napoli - Castel S. Elmo 30 settembre 1988 FRANCESCO LEONETTI, G. Carlo Ferretti, FrancescoMuzzioli 7 ottobre 1988 FRANCO FORTINI, G. Carlo Ferretti, Romano Luperini 14 ottobre 1988 CORRADO COSTA, Matteo D'Ambrosio, Raffaele Manica 21 ottobre 1988 EDOARDO SANGUINETI, Filippo Bettini, Fausto Curi 28 ottobre 1988 ALFREDO GIULIANI, Jacqueline Risset, Paolo Ruffilli 4 novembre 1988 TOTI SCIALOJA, Luciano ANceschi, Niva Lorenzini 11 novembre 1988 ELIO PAGLIARINI, Romano Luperini, Walter Pedullà 18 novembre 1988 LAMBERTO PIGNOTTI, Matteo D'Ambrosio, Gianni Scalia 25 novembre 1988 ANTONIO PORTA, Niva Lorenzini, Stefano Verdino 2 dicembre 1988 FRANCO CAVALLO, Marcello Carlino, Giuliano Manacorda 9 dicembre 1988 AMELIA ROSSELLI,Giulio Ferroni, Walter Pedullà 16 dicembre 1988 MARIO LUNETTA, Giuliano Manacorda, Giorgio Patrizi I seminari si terranno nelle date indicate alle ore 17.30. Negli stessigiorni, alle 20.30, la Cooperativa «Il Teatro» curerà in Castel S. Elmo allestimenti minimi per la messinscena di testi poetici. Con il patrocinio di: Ministero della Pubblica Istruzione - Provveditorato agli Studi di Napoli - Soprintendenza per i Beni Artistici e Storici di Napoli - Assessorati Pubblica Istruzione e Spettacolo della Regione Campania - Assessorato Cultura e Spettacolo della Provincia di napoli - Comune di Napoli. Con la collaborazione del Centro Iniziativa Democratica Insegnanti. torio e angosciato, in qualche misura già legittimato come «modello», non interessava al regista di Taxi driver. Scorsese ha provato a darci un Cristo più che contraddittorio, più che angosciato, un Cristo lacerato, «essenzialmente» uomo. Egli, cioè, ha avuto l'ambizione, non di raccontare lo scandalo, ma, come certi predicatori del basso Medioevo, di riprodurlo. Ogni cinematografica trasposizione «aggiornata» del Vangelo è, di fronte a tale ambizioso progetto, pura e semplice documentaristica. Non ha dunque nemmeno senso accusare intorno al pensiero di questo paradosso: Gesù è il «Figlio dell'uomo»; in lui cioè Dio si rivela all'uomo, ma anche l'uomo a Dio, nella sua irriducibile creaturalità; in Cristo è l'affermazione della creaturalità deH'uomo, ma anche della sua divinità, del suo essere «a immagine e somiglianza», e quindi della sua intransitabile individualità. Le continue oscillazioni, a volte polemiche a volte «ecumeniche», dei cristiani tra impegno politico per l'emancipazione e ricerca della trascendenza non si possono pensare senza riflettere seriamente su questo punAlfabeta 1131 to. Citiamo per tutti Hegel, il quale, rifacendosi sia al pensiero patristico che alla mistica tedesca (soprattutto a Eckhart), scriveva che il bisogno della riconciliazione tra finito e infinito è il «bisogno che Dio appaia nella forma della soggettività, del particolare immediato» (G.G.F. Hegel, Lezioni sulla filosofia della religione, Bologna, 1974, II, p. 341). Nella riconcili~ione, cioè, è necessario che natura umana e divina non siano in sé diverse. E però, proprio per il movimento stesso della riconciliazione, tale unità non può essere intesa in senso mitologico. Dio diventa uomo «affinché lo spirito finito abbia nel finito stesso coscienza di Dio: questa determinazione [... ] è il più difficile momento della religione» (ibidem, p. 343). In altri termini «Dio si manifesta come persona individuale nella •quale l'immediatezza si ricollega a tutta l'indigenza fisica», e non nel «cespuglio ardente e così via». E, d'altra parte, proprio perché «questo manifestarsi di Dio non è solo un manifestarsi 'nella' soggettività, ma anche un manifestarsi 'della' soggettività, esso potrà aversi solo una volta» (ibidem, p. 344). Nella riconciliazione non si ha l'annullamento dell'opposizione tra uomo e divino, ma «l'opposizione si produce eternamente e solo eternamente si supera», la perfetta manifestazione dello spirito è appunto nella «negazione» di Dio. Nella morte di Dio in croce è rappresentata «la storia assoluta dell'idea divina, ovvero ciò che è avvenuto in sé e sempre avviene». Nella generale decadenza del mondo tardoantico il simbolo dell'infamia («la croce corrisponde alla nostra forca»), fu «innalzato a bandiera». Mai morte è stata più totale: non morte «naturale», ma «morte disonorante» annichilente e vergognosa per definizione. Nella propria morte Dio ha accettato il finito, il male, ma proprio per questo «ha ucciso la morte», l'ha cioè portata a fondo (ibidem, 365-370). Hegel paragona la croce alla forca. A cosa può essere paragonata, oggi, nella civiltà dei massmedia? Ci sembra essere questo l'interrogativo fondamentale che emerge dal film di Scorsese. Si tratta di una problematica «costitutiva» dell'Occidente cristiano. Solo chi dimentica questo può impostare la critica al film di Scorsese in termini giuridico-religiosi. 11ziòiiao • la 180 Piero Del Giudice ggi tutto il Parlamento italiano, a essa non vi fu opposizione. Anche dal legislatore veniva considerata matura la estinzione del manicomio e matura la società ad accettare e promuovere - insieme allo Stato - la ripresa dello scambio sociale, giuridico, affettivo e culturale con il malato di mente. Soggetto sino a ieri separato. e sottoposto alla casistica dei segni e dei sintomi, chiuso e costretto, per problemi d'ordine pubblico e sociale che nulla avevano a che fare con la malattia. e la sua sofferenza. Co1t la legge viene - dunque - riconosciuta l'esistenza della malattia! Un «male oscuro» viene riportato al centro dell'interesse sociale e terapeutico, sottratto al critico e alla irrazionalità, alla promiscuit_à con le problematiche del decoro e dell'ordine sociale. Oggi da alcune parti si afferma che il varo della legge n. 180 fu possibile per lo sviluppo e le scoperte della psicofarmacologia, scoperte che permetterebbero il condizionamento docile contro la costrizione violenta. Ciò è vero in minima parte, perché in generale, e soprattutto in alcuni Paesi - per esempio in Giappone ove vi sono 300.000 cittadini chiusi in ospedali psichiatrici - la neopsicofarmacologia è ben nota, ma intatta la struttura recludente. Sono piuttosto lo sviluppo delle scienze umane e sociali, la ricerca antropologica che abbassa categorie e priorità occidentali e rimette in discussione gli standard europei di rendimento e presunzione della «qualità», nonché la crisi delle nozioni arcaiche di Progresso e Storia, che mettono in discussione il manicomio. È un forte movimento del sociale che produce elevato grado di scambio nell'Italia degli anni Sessanta e Settanta, a convincere il legislatore che tutta la serie di sperimentazioni e vie in atto sulla strada del superamento dell'ospedale psichiatrico, andavano ordinate da una legge. La legge prende il nome vulgato di leggeBasaglia per quelle che erano - prima ·a • Gorizia e poi a Trieste - sotto la Direzione del dott. Franco Basaglia, nei rispettivi ospedali psichiatrici, ormai destrutturazioni e superamenti del precedente. Infatti, nell'analisi Censir-CNR che più avanti verrà citata in dettaglio, colpisce un dato, e cioè che la creazione di «presidi psichiatrici territoriali» sostitutivi delle fatiscenti e su- . perate strutture manicomiali, è stata maggiore prima del varo della legge. Per alcuni anni, insomma, si era determinata una situazione di fatto nella generalità del Paese: quasi una sperimentazione ante-litteram della legge n. 180. Negli articoli 6, 7, 8 della legge, viene decretata la fine dello specifico ospedale psichiatrico. Art. 6: «[... ] Gli interventi di prevenzione, cura e riabilitazione relativi alle malattie mentali, sono attuati di norma dai servizi e presidi psichiatrici extra-ospedalieri. A decorrenza dall'entrata in vigore della presente legge i trattamenti sanitari per malattie mentali che comportino la necessità di degenza ospedaliera e che siano a carico dello Stato o di Enti e Istituzioni pubbliche sono effettuati [... ] nei servizi psichiatrici di cui ai successivi commi [... ]» vale a dire «[...] ospedali generali in cui istituire entro 60 gg. specifici servizi psichiatrici di diagnosi e cura [... ] con posti letto non superiori a 15 [... ] collegati con gli altri servizi-presidi psichiatrici territoriali [... ]».

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