Alfabeta 113 e le capacità. Probabilmente quando si saprà meglio che cosa esattamente è stato prodotto dai futuristi, dove quando e in quale sequenza, si capirà qualche cosa di più anche del futurismo. Avendo come strumento guida le fonti a stampa è possibile redigere un corpus internazionale di opere e testi futuristi completo, chiaro, ordinato, quale risulta dalle fonti stesse, da cui ricostruire e riscrivere la storia del futurismo che è, come proprio della storia dell'arte, innanzitutto storia di oggetti. Bisogna partire dal presupposto che le fonti a stampa documentano tempestivamente tutto ciò che del futurismo è stato pubblico, e certamente tutto ciò che è stato importante, dato che pittori e poeti non dipingevano e scrivevano per tenersi le opere chiuse nel cassetto, e tanto più che il futurismo disponeva e usava di importanti mezzi di diffusione e comunicazione. I quadri venivano portati alle mostre freschi di vernice, e le poesie in tipografia fresche di inchiostro, in una gara per arrivare primi nel proporre il nuovo, gara che è pienamente nello spirito dell'epoca, ed è stata causa anche di parecchie mistificazioni: retrodatazioni, rifacimenti, e altri pasticci. Nei cassetti saranno restati abbozzi, scarti, disegnini e replicucce che fanno parte della storia personale dell'artista, non della storia del futurismo, e che spesso sono stati ritirati fuori anni dopo con titoli, facce e date truccate. Dunque, se le cose stanno così, nelle fonti a stampa c'è tutto, e quel che non c'è nelle fonti a stampa non esiste, e se esistesse non avrebbe partecipato alla storia del futurismo e dunque, per quanto riguarda questa, è come se non esistesse. Come diceva la venerata memoria dell'imperatore Francesco Giuseppe: quod non est in actis non est in munda'. Ma le fonti a stampa anche quando siano autentiche e veridiche non sempre sono completamente esaurienti o di inequivoca interpretazione. Possiamo trovare una serie di titoli senza fotografie in un catalogo di pitture, ma attribuire con certezza quei titoli a opere che conosciamo oggi non è cosa facile. Possiamo trovare l'annuncio di uno spettacolo o di una conferenza di Marinetti in un certo lu0go e a una certa data, ma il testo a stampa che conosciamo, stampato dieci anni dopo, non è detto che corrisponda esattamente a quello dell'avvenimento. Anzi, manipolazioni e adulterazioni non sono mancate come non sono mancate leggerezze storiografiche. Saggi I n materia di pittura basti pensare che al Museum of Modem Art di New York la Lampada ad arco di Balla è sempre esposta con la data 1909 quando ad un esame più attento delle fonti risulterà probabilmente che lo stato in cui conosciamo oggi il dipinto non può essere anteriore all'inverno 1912-1913. Del resto anche il bicchiere di Larionov, primo quadro raggista eseguito alla fine del 1912, è oggi a New York con la data 1909. Un altro dipinto raggista di Larionov, attualmente noto come Raggismo blu, non è che la ridipintura raggista non anteriore all'inverno 19131914 di un dipinto già conosciuto col titolo Ritratto di uno sciocco eseguito in modi cubisteggianti nel 1912. Alla Tate Gallery di Londra è esposto un ridicolissimo quadretto astratto di Gerardo Dottori con data 1914, e qua e là per mostre e musei girano «compenetrazioni iridescenti» di Balla con le date più sorprendenti. Questa delle «compenetrazioni iridescenti» è una storia esemplare. Dal 1912 al 1932 Balla ha esposto annualmente (eccetto che nel 1916, 1923, 1924) in mostre personali e in mostre di gruppo sotto denominazione futurista, quasi sempre più di una volta all'anno, e in certi anni con particolare frequenza: cinque mostre nel 1913, sei mostre nel 1914. Nello stesso periodo ha sottoscritto sette manifesti futuristi, e la bibliografia su di lui ammonta a oltre cento titoli. In questa massa di documentazione, mai che si trovi una riproduzione, una descrizione, un accenno, una menzione, un titolo solo che possa in qualche modo riferirsi a quelle opere oggi conosciute come «compenetrazioni iridescenti». Niente. Che faceva Balla? Le dipingeva, le nascondeva e non ne parlava con nessuno. A che scopo? Per farle scoprire a critici rabdomanti cinquant'anni dopo. D'altra parte, se molte opere che figurano oggi in mostre e pubblicazioni sul futurismo vanno senz'altro espunte (molte sono solo porcheriole a uso del mercato più basso) e molte altre più correttamente ricollocate, altre opere vanno invece recuperate, su base documentaria, al futurismo. In questo recupero uno strumento prezioso può rivelarsi il vastissimo materiale storico documentario costituito dalle critiche e dalle cronache d'epoca, soprattutto in campo internazionale. Nel 1913 il «New York Times» pubblica la fotografia del Nudo che scende le scale di Duchamp con la didascalia: ecco la nuova arte futurista. C'è da chiedersi perché l'anonimo cronistello americano di fronte a questo quadro Autunno - Inverno 1988-1989 pagina 35 nuovissimo dicesse futurista e non cubista o orfista (chi ha mai detto di un quadro: guarda che bel quadro orfista?). Si osserverà che, nel linguaggio corrente, futurista stava semplicemente per non tradizi~nale, non accademico, ma appunto perché futurista e non cubista? Si dà il caso che in effetti il quadro non sia cubista e rappresenti un corpo in movimento. Un critico francese si farebbe tagliare la lingua prima di pronunciare la parola futurista di fronte a un quadro francese degli anni 1912-1915, e non per niente Apollinaire fu cacciato via da «L'Intransigeant» per aver scritto che l'Hommage à Bleriot di Delaunay era un quadro futurista, ma il fatto è che oggi noi possiamo considerare sia l'anonimo cronista americano sia Apollinaire fonti attendibili nel menzionare opere futuriste, sufficientemente attendibili perché sia il Nudo di Duchamp sia l' Hommage di Delaunay, possano essere incluse a pieno titolo come opere futuriste nella storia del futurismo. Il cronista newyorkese non solo è uno che ha il quadro, nuovo, di fronte agli occhi, ma è anche uno che interpreta in sede giornalistica la coscienza critica dell'epoca. L'esame del dipinto conferma il giudizio che troviamo nella fonte, è un quadro futurista, e questa è probabilmente la ragione per cui al suo apparire fu boicottatissimo in Francia. Del resto tutta la questione dei rapporti tra futurismo e orfismo è abbastanza interessante, perché risulta chiaro che Marinetti credeva che gli orfisti fossero futuristi francesi, mentre Apollinaire credeva che i futuristi fossero orfisti italiani. Ma allargando l'esame delle fonti ad altre aree, si possono acquisire altri dati nuovi e interessanti. In effetti, bisognerebbe raccogliere e analizzare i documenti relativi al futurismo pubblicati nel periodo 1909-1918in tutto il campo internazionale, ordinandoli senza distinzione di nazionalità. In Russia il lavoro da fare è sterminato, sia per la letteratura che per lo spettacolo che per le arti visive, ma c'è molto da cercare e da trovare anche nell'Europa centrale, e il materiale italiano va completamente riesaminato. È un lavoro di gruppo e di contatti internazionali che si sta appena iniziando. Era stato chiesto un finanziamento al Ministero per i Beni Culturali che non ha mostrato alcun interesse, perciò la ricerca è cominciata grazie alla generosità di un contributo della Montedison e di uno del giornale giapponese « Yomiuri Shimbun».
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