Alfabeta - anno X - n. 112 - settembre 1988

Alfabeta 112 Hegel: che un grande filosofo costringe i posteri a interpretarlo; e ciò è vero tanto più per chi esplicitamente ha teorizzato la possibilità di un infinito lavoro di scavo, senza posare la vanga e smettere di scavare ad un certo punto. E qui si apre il terzo aspetto cui accennavamo sopra: quello speculativo. Nelle Considerazioni conclusive che chiudono il libro, Penzo afferma che la dimensione del superamento ( Uberwindung) del «super»-uomo collima, in fondo, con il continuo sforzo di mettere in questione ogni verità gia annunciata e di cogliere quindi i limiti di essa: il super-uomo di Nietzsche è la cifra della contestazione di ogni cultura determinata (cfr. pp. 355 - 356). Non è qui il luogo di discutere questa considerazione, che lo scrivente condivide, peraltro, largamente, ma è chiaro comunque come l'indagine su Nietzsche e il nazionalsocialismo possa servire non solo a chiarire questo problema storico, ma sia anche capace di gettar luce su problemi teorici che vanno ben oltre le accidentali mode culturali. Giorgio Penzo Il superamento di Zarathustra Nietzsche e il nazionalsocialismo Armando Editore, Roma 1987 pp. 360, lire 28.000 Gioco e simbologia degli affetti Marisa Fiumanò N on ci sarebbe sintomo infantile - dunque la necessità di un approccio terapeutico al bambino - senza il sintomo del o degli adulti a lui più vicini. Per sintomo intendo non solo quello rilevabile clinicamente, generatore di sofferenza, ma anche la comune opacità dell'adulto nei confronti della dialettica del proprio desiderio inconscio. Un'opacità sinonimo di rimozione che rende incapaci di aprirsi alla domanda che il piccolo d'uomo, che da loro dipende, pone. Freud ne ha dato un'esemplificazione illuminante in una delle sue cinque grandi cliniche: il caso del piccolo Hans da lui seguito - e guarito - da una fobia senza essere stato preso in trattamento. La cura era rivolta ai genitori e, attraverso la loro mediazione, era risultata efficace sul bambino. figure educative sostitutive quando il limite, la norma e la proibizione - necessarie - non si sposino con la possibilità del godimento e siano incompatibili col desiderio. Fino a che età la struttura della personalità dell'adulto si incrocia con quella del bambino per formarlo o deformarlo? Su questo punto Freud è netto: a quattro-cinque anni tutto l'essenziale dell'adulto futuro ha già preso forma anche se solo più tardi si rivelerà come equilibrio o patologia. Il tempo della prevenzione è breve mentre è più lungo e difficile quello della cura. Sulla base delle indicazioni freudiane, due scuole, quella di Anna Cfr Come? Attraverso il gioco che libera l'attività immaginaria e costituisce il materiale analitico corri- . spandente alle associazioni libere nell'adulto; il che non significa che le fantasie non vadano verbalizzate. In sostanza, per Melania Klein, a parte il medium del gioco, l'analisi infantile non differisce sostanzialmente da quella dell'adulto, con l'avvertenza che l'analista non può, contemporaneamente, fungere da educatore e che il co~pito pedagogico va affidato ad una figura diversa. Come può, allora, l'educatore giovarsi dell'insegnamento della psicoanalisi? Limitando al massimo le rimozioni, risponde al al posto dell'Io ideale. In una parola l'educatore analizzato dovrebbe saper rinunciare ad ogni fantasia di padronanza, condizione indispensabile al riconoscimento dell'esistenza dell'inconscio proprio e altrui. In questo solco teorico, che ho rapidamente tracciato, si situa Gioco e simbologia degli affetti, un testo di cui è curatrice e coautrice la psicoanalista Laura Bellisario, che si colloca con intelligenza nello spartiacque tra pedagogia e psicoanalisi. Uno spartiacque che tende ad annullarsi non solo per il ricoprirsi, de facto, dei due ambiti disciplinari, ma anche per l'aumento del numero degli operapagina 29 plicità di figure difficilmente isolabili e, tantomeno, controllabili. Sarebbe auspicabile, con Freud e Melania Klein, e forse necessario, che ogni operatore si accostasse alla delicata organizzazione psichica del bambino, più che con un bagaglio concettuale e tecnico, con un sapere analitico: è quanto sembra suggerire il libro di Laura Bellisario attraverso un'analisi delle teorie del gioco e le esemplificazioni cliniche della loro applicazione. La prima parte del testo, teorica, sviluppa le posizioni, cui si accennava sopra, di Freud, Anna Freud e Melania Klein; la seconda, clinica, riferisce sull'esperienza condotta nell'asilo ad orientamento analitico di Masai Rosenholz e la storia clinica di Fabrizia, sei anni «affetta da balbuzie e da gravi disturbi di tipo relazionale» seguita con successo dalla stessa autrice in una struttura pubblica. Il filo rosso che unisce gli interventi degli autori, un pedagogista, Duccio Demetrio e tre psicoanalisti, Marsicano, Bellisario e Rosenholz, è la valorizzazione della creatività del gioco infantile da un lato e l'ascolto di quanto attraverso esso il bambino esprime dall'altro. Fare di questa tesi il perno intorno a cui far ruotare le scritture non è cosa scontata. Significa contrapporsi, ad esempio, all'ideologia dei «giochi didattic_i» quando essa si ponga in alternativa al gioco creativo: è solo quest'ultimo, infatti, sottolinea la Bellisario a liberare, invece di rimuovere, l'immaginario infantile. Questa posizione è tanto più sottoscrivibile quanto più va, in qualche modo, controcorrente: in una società tesa all'addestramento, anche molto precoce; all'apprendimento controllato, alla valorizzazione e quantificazione dell' «intelligenza», alla promozione, insomma, del bambino superdotato, l'attenzione al gratuito, all'eccedente, alla diseconomia dell'inconscio, mantiene aperto uno spazio che tutto tende ad otturare. Ma che cosa va «educato» nell'adulto perché non risulti patogeno per i suoi piccoli? Freud non parla mai di pedagogia in quanto azione consapevoimente esercitata, ma di formazione dell'inconscio dell'adulto educatore attraverso un'analisi che gli permetta di saper ascoltare il bambino: è la profilassi. Se questo non avviene e il bambino mostra segni di conflitto psichico, si interviene con una terapia «correttiva» che rimedi a un ascolto carente o errato. Il maestro, dallo spettacolo Quello che penso ti dico; foto di Vasco Ascolini I bambini devono poter giocare - è il messaggio dell'autrice - non solo, devono poter incontrare adulti che sappiano ascoltare il linguaggio del gioco. Ma per essere in grado di ascoltare devono loro per primi saper giocare o riapprendere a farlo se, come insegna Freud, il gioco, la battuta di spirito, il Witz sono il modo privilegiato di espressioni dell'inconscio. Concluderei con la citazione di un famoso allievo di Jacques Lacan, Octave Mannoni, che farebbe da ottimo esergo a questo testo: Nella seconda serie di lezioni di Introduzione alla psicoanalisi Freud mette in rilievo l'effetto nefasto sul bambino del Super-io rigido ed esigente del genitore o di Freud e quella di Melania Klein hanno messo a punto una teoria e una «tecnica» dell'analisi infantile sostanzialmente divergenti: mentre la prima sostiene la necessità di un'analisi «pedagogica», la seconda critica questa tesi e ritiene l'orientamento analitico antinomico a quello pedagogico. Per Melania Klein non si tratta di rafforzare l'Io del bambino e di sottomettervi le pulsioni, quanto di far leva sull'inconscio per ottenere la caduta delle rimozioni: la debolezza dell'Io del bambino facilita, anziché ostacolare, l'accesso all'inconscio. Klein; rispondendo con sincerità al bambino, specie alle sue domande sulla sessualità; sostituendo, di conseguenza, all'autoritarismo superegoico l'autorità delle parole. Questo compito, seppure riassumibile in una formula, non è di facile esecuzione. La proposta della Klein non è quella di una pedagogia analitica, dato che ritiene i due ambiti, psicoanalisi e pedagogia, non sovrapponibili, ma auspicio che gli educatori beneficino di un'analisi per non abusare del proprio ruolo e rinunciare al narcisismo che fa collocare il bambino Torino. 1° Salone del Libro. Premio per la copertina più bella. tori «infantili» causato dall'immis-. sione precoce dei bambini nei nidi e nelle scuole materne. Se solo trent'anni fa la patologia infantile si riferiva prevalentemente al contesto familiare (l'asilo non si apriva prima dei quattro anni) oggi l'ingresso massiccio delle donne nel mercato del lavoro affida il bambino all'istituzione molto più precocemente, sin dai primi mesi di vita. L'organizzazione psichica della «piccola infanzia» non si compie più solo, o soltanto, in famiglia ed il referente adulto del bambino si frantuma in una molte- «Il soggetto dell'inconscio non ha sesso né pretese. La sua attività è un gioco. Si trova, per esempio, all'origine del Witz (moto di spirito) e degli squiggles (scarabocchi). La serietà concerne l'Io. Quindi a volte il falso seif.» Gioco e simbologia degli affetti A cura di Laura Bellisario Guerrini e associati, Milano, 1988 pp.163, lire 18.000 Anche il testo vuole la sua parte.

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