Biblioteca di Storia Contemporanea diretta da Gabriele De Rosa Giorgio Rumi Lombardia guelfa.Saggi pp. 238, 1-. 22.000 Documentazione inedita e ricostruzione storica della Lombardia cattolica degli ultimi due secoli: dalla riorganizzazione delle parrocchie promossa da Giuseppe Il nel 1787 all'episcopato del card. Colombo. Nicola Antonetti Sturzo, i popolari e le riforme • istituzionali nel primo dopoguerra _ Premessadi GabrieleDeRosa pp. 194, L. 20.000 Un'accurata indagine storica che getta luce sulle più scottanti questioni politiche del presente. Gabriele De Rosa Da Luigi Sturzo ad Aldo Moro pp. 230, L. 22.000 Le figure e gli awenimenti centrali della vicenda politica italiana dagli Anni Venti ad oggi. Morcel Iiana '. d ( J tìt '.-, 1 - ,::'' • t:.. • •1r1 ••J Nanni Balestrini Il ritornodella signorinaRichmond commentovisivodi GianfrancoBaruchello "Ilritornoin ItaliadellasignorinaRichmondavvienenell'estate1984,ecoincide casualmenteconquellodel suobiografo in versi,chedopocinqueanni di esfiioin_ terraprovenzaleerastatodalla giustizia italiana amabilmentedichiarato innocentdeeipiù graviatti di terrorismo politico". Goffredo Parise Arsenico conun saggiodi AndreaZanzotto ... "te.riroivelatoreS. iaper i temitoffati, .riaperil continuoincre.rpardseildettato nell'incalzaredella sintassie nell'impennaturadel lessico.r, iaperlaforza di 11nflusso atrabiliare che inve.rtefin da/l'inizio/'elaborazionsetilistica,e.rso • .riponein una zonacontigua certesismografigeaddianeoaddiritturaa Cé/ine" ... Edizioni Becco Giallo Via Garibaldi 31026 Oderzo (TV) Te!. (0422) 712•i72 pagina 18 degli altri cosiddetti war-poets (Edmund Blunden, Rupert Brooke, Robert Graves, Wilfred Owen, Siegfried Sassoon), Rosenberg, figlio di ebrei lituani fuggiti alle persecuzioni zariste, non è ufficiale, non ha background accademico. Come rileva Esther Menascé presentando il volume, curato da Maria Cecilia Rizzardi, delle Poesie di Rosenberg, proprio la marginalità di censo e il fatto di essere completamente autodidatta hanno reso Rosenberg, ancora oggi, un poeta largamente ignorato nei paesi non anglofoni. E questo, malgrado un maestro di anglistica del calibro di F.R. Leavis ne abbia accostato la poetica a quella di John Keats. Poeta e pittore, poeta per poeti, Rosenberg riassume in sé due culture: quella familiare dello shtetl baltico (il padre, religiosissimo, aveva scelto di esercitare il mestiere di venditore ambulante per poter osservare il riposo del sabato) e quella acquisita nella Londra georgiana, animata dai fermenti innovatori di imagisti e vorticisti. E per sincerarsi dell'imagismo di Rosenberg baste!-scorrere composizioni quali In Piccadilly: purtroppo occorre farlo nella lingua originale («The sheen of eyes that lust, I Dew, time made your trust, / Lights your passionless dust») perché nella versione italiana («Lo sfavillio di occhi che bramano,/ la rugiada, che il tempo vi ha affidato, I illumina la vostra polvere senza passione»), perdendosi il prezioso intarsio ritmico monosillabico, poco rimane della ragion d'essere del testo. Se, leggendo versi quali quello di apertura di On Receiving News of the War («Neve è una strana parola bianca»), non si può non convenire con Binyon - che per altro ebbe modo di frequentare personalmente Rosenberg - quando afferma come egli pensasse direttamente in immagini, scorrendo il volumetto della Guerini e Associati ci si convince ulteriormente come sia legittimo che il nome di Rosenberg resti legato alle Trench Poems (Poesie di Trincea), più che ad altri testi, in cui il poeta tenta di gettare un ponte tra le proprie radici culturali e la nuova ragione poetica giungendo a risultati alquanto ibridi: si vedano, a esempio, i brani dal Moses fedelmente tradotti dalla Rizzardi. Con Rosenberg per la seconda volta nella poesia di lingua inglese (e la prima fu con Burns: quindi, per l'esattezza, scozzese) il piccolo animale repellente (topo, pidocchio) diviene oggetto di pura poesia. Il topo, libero di passare di trincea in trincea (e quindi, ben più degli «umani», veramente cosmopolita), ha la funzione dell'allodola ungarettiana; il pidocchio è invece «l'immortale» («Li ammazzavo ma non morivano» è il primo verso di The Immortals)_ Ma numerosi, pur nella originalità intrinseca alle poesie di trincea, sono i rimandi che i versi di Rosenberg provocano. In certi casi anche per via di palesi semplici coincidenze; ma quanto, proprio per questo, essenziali alla memoria della poesia: Rosenberg: Spring 1916 (e la stagione è una «mascherata» dolorosa vista dalla trincea); W.B. Yeats: Easter 1916 (e il verde è «una terribile bellezza»). E se leggendo il Rosenberg della guerra e dell'imagismo è al Pound di Ripostes che inevitabilmente il pensiero corre («Green thoughts are / Ice block on a barrow I Gleaming in July»), scorrenCfr do il Rosenberg giovanile sono straordinarie le premonizioni eliotiane: nella composizione Fleet Street, risalente al 1906, a esempio («These streams of life, made manifest I Along the shaking quivering street»), come non scorgere la folla che poi sarebbe scesa lungo King William Street «to where Saint Mary Woolnoth kept the hours»? Ma l'imagismo diventa pelle realmente strappata (e allora è ancora imagismo?) allorché, all'interno della grande decisione - partire volontari - si insinua la piccola scheggiata decisione di proporsi per le missioni pericolose, dopo aver visto tanti mucchi di morti (Dead Man's Dump) e non essere riusciti ad accatastare un egual numero di mucchietti di pidocchi morti. Thomas H. Hulme Poesie A cura di Giancarlo Pavanello Introduzione di Tomaso Kemeny Amadeus, Maser, 1987 pp. 105, lire 13.000 Isaac Rosenberg Poesie A cura di Maria Cecilia Rizzardi Guerini e Associati, Milano, 1987 pp. 125, lire 14.000 minuti e quotidiani in cui di volta in volta, secondo cadenze di spazio e di tempo non esclusive, acquistano rilievo le altre figure. Gli spostamenti continui d'attenzione dell'osservatore nei confronti di altro, la ricognizione sarcastica e vivace delle figure in movimento e delle cose, danno luce intermittente al rilievo scenico (il meccanismo sociale), assimilato per gradi, con rigore e con dignitosa partecipazione. Di questa dignità l'io narrante si fa carico interamente ( cioè per sé e per le altre figure del rilievo), senza altro schermo che la sua voce: la dignità è l'habitus con cui si pone al centro della scena, autentico tra sostituti e comparse egli si rende riconoscibile come voce giudicante. Ma la dignità non porta consolazione: il_giudizio, l'imparziale presenza nelle cose, che sembrava essere il privilegio dell' osservatore, si rivela (a lui stesso certamente) come una sorta di disposizione dell'intelligenza, o forse solo come una consuetudine alla classificazione e alla precisione; la dignità che sembrava risanare e dare consistenza, apre ora ad un senso agro d'incertezza, ad una incrinatura, «Dove, dove cadremo?/così senza onore» E pure la dignità è dell'io nelCONCORSO DI POESIA con pubblicazione e diffusione gratuita di un'opera del I classificato chiedere regolamento a: LA NUOVA LUNA Casella Postale 13100 20130 Milano Tel. 02/5396423 ore 8,30 - 12,30 Museo interiore Antonio Riccardi M useo interiore è la quarta raccolta di versi di Valentino Zeichen, il quarto segmento di un percorso svolto dal 1974 (Area di rigore) senza fratture come ricerca di una· fisionomia poetica nettamente definita ed autonoma (ancorché sia riconoscibile tra altre la suggestione di Palazzeschi). In senso generale l'intento è quello di comporre uno scenario in cui l'io narrantelirico possa affermare di sé con sicurezza anche una centralità di personaggio, una propria valenza di osservatore. L'osservatore che dice io con coscienza è il polo d'attrazione posto al centro della scena, attorno a cui gravita ogni altro elemento del racconto poetico. Questa doppia calibratura concede all'io narrante la possibilità del distacco o del coinvolgimento sostanziale, e gli concede inoltre (elemento peculiare di poetica) i modi dell'ironia nella frizione tra le due condizioni. Il complesso della scena rimase sempre controllato (perché al contempo prov,ato dall'osservatore come esistenza reale e manipolato come racconto): è la serie mobile degli eventi l'incrinatura, non va perduta, anzi si definisce entro la scorza (un'apparente impassibilità) dell'osservatore come malinconia. I sentimenti, le passioni dell'io che dice ed osserva si compiono in questa tensione interna che è la misura d'esistenza, ordine di un «tempo lineare» in cui l'evento, qualunque evento di partecipazione, esprime somiglianza, ambiguità e dolore; «e se valida quella teoria che vuole/l'universo in espansione/ci allontaniamo l'uno dall'altra/come galassie, lasciando tracce/di sangue sullo SI;>ettrografo». Valentino Zeichen Museo interiore Guanda, Roma, 1987 pp.96, lire 15.000 La Cina di oggi attraverso i suoi poeti Virgilio Galassi U n pesce fossile rinato è una raccolta di 130 poesie cinesi, scritte_ fra il 1976 e il 1986; trentacinque autori (cinque donne), nati fra il 1905 e il 1963 nelle province più lontane: dallo Heilongjiang al Guangdong, Alfabeta 112 da Tianjin al Sichuan. Tutti assai attivi in campo letterario, giornalistico, editoriale, molti appartenenti alla ufficiale Associazione degli Scrittori, tutti ben inseriti nel sistema. Un panorama, quindi, vastissimo, un documento di prim'ordine per la conoscenza del loro mondo interiore e dell'aml,)iente politico-sociale (rinnovato solo parzialmente dopo l'era di Mao), con il quale essi appaiono più o meno volentieri convivere. Il curatore e traduttore, esperto conoscitore della nostra lingua, ha operato con intelligenza e modestia, rare doti in lavori del genere: non ha scelto di suo gusto, ha lasciato che gli autori stessi scegliessero gli scrittori da inserire nel volume, si autoritraessero per questa prima mondiale della poesia cinese di oggi. Certo si tratta di una traduzione letterale, parola per parola, riga per riga, interlineare, direi, ma senza testo; dove l'italiano - salvo qualche sintagma insolito, perdonabile a uno straniero- è sempre pulito, preciso, puntuale. Gli ultimi otto autori, nati dopo il 1948, appartengono a una corrente poetica, che usa nuovi mezzi espressivi, cioè un linguaggio in Cina definito talora come nebbioso, velato, incomprensibile, ermetico, multidimensionale, metaforico, strano, assurdo; talaltra come interessante, profondo, meraviglioso. Definizioni ingenue e un po' datate, per la verità, contenenti novità che, ovviamente, non emergono dalla traduzione, la quale finisce per uniformare il loro linguaggio a quello dei poeti precedenti. E forzatamente, poiché alle normali difficoltà del tradurre da una linea all'altra, anche dello stesso spazio culturale, si aggiungono le arduità di una versione dal cinese - privo di flessioni, tempi, modi, a struttura ancora fondamentalmente monosillabica - all'italiano, nel quale si perdono e il suono delle parole e la forma, la figura, la pittura degli ideogrammi. Ne consegue che la parte più interessante della raccolta è la prima, la maggiore, descrittiva di fatti e luoghi reali, carica di significati personali, di impegni offerti anche collettivamente; non sempre un canto, spesso un coro. Due soli esempi. Di Aiqing, l'autore più grande, 78 anni, tre volte candidato al premio Nobel, che iniziò a scrivere a Parigi negli anni venti: Bonsai, le piante nanizzate dalla diuturna bravura dei giardinieri; simbolo evidente, non solo nel contesto cinese, della riduzione al minimo dell'uomo naturale, che ancora ci sarebbe, nella statizzata società di oggi. E di Wei Yang, di famiglia contadina, nel 1949 volontario nell'Esercito Popolare di Liberazione, quindi funzionario rampante, il lungo componimento Se potessi rivivere la mia vita (riflessioni di un vecchio vicino alla morte), che sono piuttosto le sue confessioni, i rimorsi per le ingiustizie compiute, le menzogne pronunciate, le punizioni inflitte a compagni e non compagni, i crimini commessi da quando divenne importante, da quando «cominciò a osservare la nuova epoca / un certo giorno I dietro lo sportello della sua auto privata». E non-senso, non-speranza, vacuità, giochi sul nulla, che arrivano ad occupare interi componimenti, ingenuamente, esplicitamente; Lo Zero, o Un vuoto assoluto, che elenca se stesso nelle varie epifanie: «La povertà è un vuoto assoluto I la libertà è un vuoto
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