pagina 36 In ogni luogo nessun luogo Lo so, è andato a stare dove potrebbe anche non esistere il candore del mare. Quali rocce ne svelano del cupo lo splendore nel frangersi, nel suo intaccare il tutto in un minuto gocciolio di piante. Per questo ho visto il suo celeste fianco ferirsi fra gli schizzi sulle bianche scogliere che dai vetri altalenanti dell'hovercraft tagliavano orizzonti della mia vita che andava impossibile alla propria cancellazione, e spiagge non mantenere allucinanti l'orma tra fughe di granchi e di scarabei stercorari sotto la rena che friava sotto i miei passi, non quelli dell'aligero Mercurio, o fossero del vento che isolava nei suoi mulinelli i sassi, o le sassifraghe aggrappate alle rocce scompigliava sui dirupi - erano i capelli dell'etere sferzanti su una muta bocca? Non taceva la mia, prestata al vento. Era una via inesistente quella che vedevo aprirsi tra le erbe?, tramutarsi in se stesse le rocce, mute arsi di un lungo discorso serpeggiante verso alture allucinate farsi sangue repente nella sera, in una luce viola giù nell'ombra andare quasi traccia lucente d'una lacrima che cercasse giù ancora il proprio inferno tra le guance di fuoco del deserto mentre che la versava andava incontro al suo Dio. Il fumo si stacca dal fuoco, così il poco che so ho consegnato agli anfratti che lungo quegli uadi ululavano al vento raggelato, vento che ho visto improvvido attizzare i fiori del demente, nella mia povera e certo non caritatevole sorpresa, in altra via. Ma è che siamo ... Siamo dove non si è arresa la luce che bruca un fiore come, abbandonata nella notte, una capra bruca e bela, voce che piange dietro a una porta. Laboratorio italiano 88/Letteratura Si è mantenuto per poco in equilibrio l'inequilibrabile. Il soffio sortito dalla morte è ancora vita. La caverna abbandonata dai fantasmi seguita a versare: è un orcio rovesciato, un'epifania al suo ultimo stato. Il nemico passato, o è l'amico, che ha preso a calci l'ombra? La penombra dell'essere contraddistingue appena quello che riusciamo a intravedere prima del sonno, ma è già troppo, o è almeno quanto basta per dirti che saremo non so se più felici o meno dove non siamo mai stati. In ogni luogo per chi ama è nessun luogo, o almeno è il luogo dove passa lo sconosciuto anche a se stesso. È per questo che il lento veleno che mitridatizza l'amore ti porgo, anche se i polpastrelli sfiorano protési non so se qualcosa più di te o di me stesso. Certo, posso dirti, ti ho portato con me dove non ero, incerto se il tuo volto mi vedeva dove sarò. Fu ieri che ti vidi nella dimora quasi andassi incontro altèra a un grido soffocato. Io ero dietro di te, ti seguivo: ho amato ogni amore futuro nel passato, se questi bruca, o brucia, il tempo: è stato quanto sarà fino a non riconoscersi né in me né in te. Ma lì era, l'amore, nemmeno più un ricordo, era una liscia parete, il guizzo attento d'una biscia, il non luogo segnato dalla striscia lenta di un'ombra su una meridiana. «Il bar», 1908-1910 ca Alfabeta_110/111 È per questo che non so se io sono l'inseguitore o l'inseguito. So soltanto che il viaggio che ho percorso è stato per diminuire quanto del conoscibile era sconosciuto, ancora sconosciuto a ogni episodio tolto all'insieme d'ogni epifania, tolto all'enigma in cui il muto ho udito parlare, quasi il muezzin nel vento alato dell'estate: si levava il canto - non era quello del mare, i suoi anfratti cupidi negli occhi - dai vichi nell'oscurità. Io voglio, o spero, o temo, che sia quello l'attimo che tutto sarà chiaro, che potrai dire alfine che non potrai sapere, né vorrai, altro che quanto le sere portano seco: non sollievo, l'ancora del tempo salpa continuamente dal suo fondo cedevole, è la mente che aiuta la catena a rientrare nella cubfa. Non so altro mestiere che quello che non ho imparato, né ormai imparerò, di raccontarti, stanco, stanco più ancora di magarti; alza gli occhi dal fuoco, i morti sono scaltri ancora per poco, sono incerto se erano seduti insieme a noi ad ascoltare. Voglio ormai ascoltarti, mentre spegni la fiamma nel doppiere con le dita che rosee vi si scottano, nel tuo silenzio che ha mentito come il grapo senza vento nella notte. Sarà un istante, una di queste sere: non vedrà né il passato né il futuro, il gemito non ode della nascita né quello della morte, se hanno pianto per lui le scogliere intravedute mentre strideva nella sua cubfa la catena del cuore. Era la mia, o la tua, rannicchiata certezza che cedeva, già pronta ad affondare nella più opaca lucentezza dove nulla di te né di me si ripete. L'amore alita, brezza sullo specchio dove nemmeno di Nessuno è traccia. L'infinità del mare gioca coi sassolini lasciati da un fanciullo a limarne l'incanto, e un frullo d'ali sulla marea che cresce e decresce.
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