Alfabeta - anno X - n. 110/111 - lug./ago. 1988

pagina32 sivamente i due livelli. In basso continuano il gioco dei dadi, le bevute, la conversazione stereotipata dei clienti fedeli. In alto si proiettano le ricostruzioni morbose e fantasiose della scena tra le due donne, superando così il senso frustrante di esclusione. Ma la stanza della Chunga diventa anche il luogo in cui si rivelano risvolti inediti degli stessi «inconquistabili», i loro sogni e le loro trepidazioni infantili, rimossi e livellati dall'ostentazione maschilista. Nel contrappunto tra queste due dimensioni si sviluppa la raffinata operazione di Vargas Llosa. Lo scrittore sembra sempre più convinto dell'autosufficienza del fare letterario. Persegue una letteratura che si alimenta di letteratura e che, sempre più, ha come oggetto il problema della letteratura. Questa schematizzazione, volutamente esasperata, potrebbe far pensare a un'operazione asettica e libresca, ed effettivamente lo scrittore, nel periodo più recente, si muove spesso sul filo del rasoio dell'autocompiacimento, sostenuto da quel narcisismo che si rivela ampiamente anche nelle sue attività extraletterarie. Ma interviene poi sempre, come salutare antidoto, il legame con l'esperienza concreta di Piura, la città del nord del Perù dove lo scrittore ha trascorso buona parte dell'infanzia e che ritorna come mito costante nelle sue opere. Di lì provengono, come egli stesso ha ripetutamente chiarito nei contributi autoesegetici di cui è prodigo, le suggestioni che hanno alimentato La Casa Verde e oggi danno corpo a questo suo tardivo rampollo teatrale. La verifica più significativa, ovviamente, si ha a livello del linguaggio. Il registro di base è dato dai discorsi d'osteria degli· «inconquistabili», percorsi da un turpiloquio aggressivamente esibizionista. Esso si intreccia con il linguaggio duro ed essenziale della Chunga e con quello sentimentale, impregnato di una cultura da radiodrammi, a cui a turno si abbandonano i personaggi. In questa selva stilistica Ernesto Franco si è mosso con puntualità ed eleganza, restituendo in italiano un testo ricco di sapore e, insieme, di ambiguità. Mario Vargas Llosa La Chunga Traduzione e cura di Ernesto Franco Edizioni costa & nolan Genova, 1987 pp. 69, lire 12.000 Gli angeli di Bateson Franco La Cecla Q uando ha scritto Mente e Natura Bateson sapeva di avere pochi anni di vita. La scrittura si fa più densa, ma lascia trasparire qua e là la voglia di andare verso nuove conseguenze del suo stesso pensiero. Si sa del tema così importante per Bateson della metafora e del suo costante tentativo di costruire una epistemologia che ne tenga conto. In Mente e Natura accenna poi a questioni riguardanti l'estetica delle forme come manifestazione di una logica «non lineare», l'estetica, il mito, la religione. In Mente e Natura aveva fatto i conti con suo padre, con un grande biologo che aveva avanzato una ipotesi sulla trasmissione dei caratteri acquisiti in un certo tipo di rospi. Poi Gregory sta sempre meno bene e Cfr chiama di nuovo sua figlia, Mary Catherine Bateson ad aiutarlo a stendere un nuovo testo, come ha già fatto per Mente e Natura. Gregory muore il 4 di luglio del 1980. A chi chiude l'ultima pagina di Mente e Natura viene una gran voglia di andare avanti, di saperne di più. Cosa intendeva Bateson quando diceva che si occupava di mazione: «Essere consci della natura del sacro e della natura della bellezza è la follia del riduzionismo». A chi lo vorrebbe spingere a occuparsi di sacro e di estetica risponde che un prossimo libro dovrebbe chiamarsi Dove gli angeli hanno paura di posare il piede, rimprendendo un verso di Alexander Pope che suonava «Chè gli PREMIOCAMPIELL1O988 Unuomo e unadonna tracoscienzalaica e coscienzacristiana Novità Marsilio verità delle verità e non della verità delle cose? Perché poi giocava tanto tra la dimensione epistemologica e quella ontologica lasciando a volte sentire che tra le due doveva esserci un qualche legame e insistendo però sulla natura tutta mediata e contestuale e intersoggettiva del modo di procedere della «mente»? Ma nell'ultimo metalogo di Mente e Natura c'è questa afferLa morte all'opera, 1915 ca stolti si precipitano là dove gli angeli hanno paura di posare il piede». Dunque dopo sette anni la figlia Mary Catherine fa uscire un libro «postumo» ma a due mani, la sua e quella del padre ..Cosa ha fatto? A prima vista inorridisco: ha pubblicato sì il materiale che Gregory stava cominciando a raccogliere sulla «paura degli angeli» (il titolo del libro, pubblicato a New York Alf abeta,1101111 dalla MacMillan è Angels Fear, una bella ambiguità tra «Angelica Paura» e «Paura degli Angeli»), ma ne ha fatto una vera e propria compilation. Ha rimpiazzato parti mancanti con parti di Mente e Natura, ha corretto o semplicemente «steso» appunti per conferenze fatte dal padre dal 1976 al l980; soprattutto ha inventato di sanapianta dei «metaloghi». Dove fino a ora era stato Gregory a inventarla nei dialoghi, adesso è lei che evoca letteralmente dall'aldilà e a volte con uno strano humour la «mente» del padre. Se però si leggono le sue continue dichiarazioni su quanto è aggiunto e quanto è originale e se si pensa che Gregory stesso le aveva chiesto questa forma, le cose prendono un'altra piega. Certo, Mary Catherine è diversa da Gregory: non si occupa delle sue stesse cose. Il padre l'ha distolta al suo lavoro di «scienziata politica» a Teheran, e l'ha spinta a cercar di mettere ordine in una gran confusione. Nei metaloghi Gregory viene spesso rimproverato perché «non leggeva mai cose recenti», perché si ostinava a usare un linguaggio sibillino, perché sosteneva alcune posizioni un po' reazionarie (come l'importanza della esistenza dei segreti!). Ma in realtà non si capisce se questa è una deliziosa strategia per far venire fuori come vivo il pensiero del padre, o se sono davvero discussioni che avevano in vita. Alcuni dei pezzi di Gregory però sono bellissimi e valgono l'intero libro. Sì, per quanto poco, la matassa che era contenuta nelle intenzioni di Bateson si comincia a srotolare. E Bateson parla di Dio, ovviamente, parla dei fondamenti, della «necessità», di quelle che Sant' A-

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