Alfabeta - anno X - n. 110/111 - lug./ago. 1988

Alfabeta 1101111 Parise e ancora Parise Clelia Martignoni L a fotografia di un Parise giovane (venticinquenne) dal viso intenso e sornione, con capelli folti e scunss1m1, scompigliati e indocili, fa compagnia (sul cofanetto del primo volume delle Opere dei Meridiani Mondadori) alla lettura della sua produzione narrativa dagli esordi sino al Padrone, 1965, (cioè sino ai trentasei anni dell'autore), seguita da un blocco antologico cronologicamente pertinente, testimone di generi vari: Racconti, una pièce teatrale, pagine di viaggio e Fogli sparsi. Edita alla fine del 1987, poco dopo una densa giornata di studi trevigiana (di cui sono prossimi gli Atti), l'opera è impreziosita da una penetrantissima - non occorre dirlo - Introduzione di Andrea Zanzotto, e sostenuta con grande abbondanza di notizie biografiche e bibliografiche dal lavoro dei due giovani curatori, Bruno Callegher e Mauro Portello. Ottimo viatico sono le pagine prefative di Zanzotto, da tempo lettore tra i più illuminati e partecipi di Parise: qui ci sollecita passo passo a ripercorrere l'itinerario di un autore in qualche modo - come subito e di continuo sottolinea - «eccentrico» e difficile, stabilendone le costanti base: «Parise è un fianeur, uno che non può soffermarsi in nessun posto», quindi Parise è imprevedibile e in fondo solitario, anticonformista e impertinente, vagabondo e umorale sia nelle letture sue personali (tra idiosincrasie e passioni) sia ovviamente nei modi correlati del suo lavoro. All'interno di questi elementi direzionali, ne rifà dall 'interno la storia: dall'esordio di enfant prodige ( e forse Zanzotto continua a prediligere, nell'arco della composita carriera, la «scatenata fantasia» del Ragazzo morto e le comete, almeno per la sua forza dirompente: «era veramente il nostro libro») si passa dalla zona realistica (Il prete bello, ecc.) sino al Padrone - opera cruciale allora, ma tuttora «di attualità folgorante», immersa ferocemente nella diagnosi sociale e industriale degli anni sessanta. Donde «la necessità» depurante del «vero grado zero» ( è ancora Zanzotto che parla): i due Sillabari, cui è dedicata un'analisi finissima. Naturale che Zanzotto si soffermi poi con particolare amore sul racconto Arsenico (1962-1986), sottolineando l'espressionismo e appoggiandosi nientemeno che ai grandi nomi di Gadda e Céline. Non meno carico di talento appare Parise nelle pagine di viaggio, nei reportages sul campo (spesso audacissimi), nei ritratti di amici letterati (qui in parte testimoniati, e alcuni davvero notevoli: come il longanesiano e il gaddiano). Di fronte a questa serrata e lucida perlustrazione-testimonianza dell'amico scomparso da parte di Zanzotto, viene alla mente il non meno caloroso saluto - questa volta all'esordiente - proe nunciato da un altro grande veneto, Giovanni Comisso, che presentando Parise appena venticinquenne nel 1954 concludeva auspicando: «Benvenuto Goffredo Parise tra noi, puoi essere certo della tua arte e proseguire» (testo che abbiamo letto in un numero di «Scena illustrata», agosto-settembre 1984, n. 8-9). Su altro terreno, di fronte al benvenuto lontano e persuaso di Comisso e alla fiducia vicinissima di Zanzotto, illustri maestri conterranei, sta ora lo sforzo paziente e intelligente dei curatori Callegher e Portello - benemeriti perlustratori e archivisti delle carte parisiane. Proprio di qui, dall' Archivio Parise della Casa di Ponte di Piave (sua residenza degli anni ottanta), dove sono riuniti i materiali dello scrittore salve poche eccezioni (qualche importante testo è pervenuto anche al Fondo Manoscritti di Autori Contemporanei dell'Università di Pavia: e il recentissimo catalogo della mostra dell'aprile 1988 Autografi, Pavia, 1988, ne dà conto alle pp. 61 e 63), è giusto che nascesse e si concretasse il corredo documentario e informativo ai testi. Corredo che infatti è abbondante e preciso, ricco di dati nuovi, soprattutto perché Cfr • • ecens1om alimentato da documenti irrediti (lettere, numerosissime e preziose, ai corrispondenti più svariati; indagini tra i manoscritti e il materiale di lavoro dello scrittore), o da fonti poco note e di difficile reperimento (interviste varie, sostegno di testimonianze orali): ne deriva una vasta mole di notizie anche minute disseminate qua e là, di cui il tempo farà apprezzare l'importanza. E ciò avviene sia nella puntigliosissima Cronologia (dove forse l'amore del dettaglio pare talora persino un po' eccessivo), sia nelle esaustive Note ai-testi, sia nell'attenta Bibliografia. Goffredo Parise non è autore che abbia evidentemente bisogno «Napolium», 1941 di riscoperte o rivalutazioni: tanto è recente la sua memoria, intensa la sua fisionomia letteraria e umana, e vigile la sollecitudine degli amici letterati che dopo la morte precoce (1986) continua ad accompagnarlo con affettuose e importanti iniziative. Ma proprio qui sta il punto, ed evident~mente non solo per Parise, ma per gran parte della letteratura novecentesca, la più vicina a noi, e 1quelladel primo Novecento (ormai tanto lontana da potersi dire estinta al pari di quella dei secoli passati - ma senza i vantaggi di un'avvenuta sistemazione storico-documentaria). Ciò che avviene in questo libro e intorno a questo libro (grazie alla fortunata è ben assistita esistenza di un compatto archivio d'autore, seguito con intelligente passione dagli amici più cari, Giosetta Fioroni e Nico Naldini) è meritevole di segnalazione. Poiché proprio la conservazione, la concentrazione, e poi l'uso critico dei documenti originali di un autore (autografi e lettere prima di tutto, ma anche i più modesti e nienteaffatto trascurabili ritagli di giornali di varia natura) sono elementi essenziali e preliminari per fare dall'interno e cioè per fare davvero, pezzo su pezzo, dato su dato, la storia della nostra cultura. Storia che, se non è fissata nei suoi contorni esterni e reali, quando è ancora fresca e inalterata (ciò che qui per fortuna succede) rischia, come spesso e irreversibilmente si verifica, di essere inghiottita nel nulla, mentre di carte, di autografi, di testimonianze dirette si perde o si confonde la traccia. Allora la rete di dati - inafferrabili, sommersi, perduti - tende a svaporare e peggio a travestirsi in quelle perniciose formulette critiche che con il dato reale non hanno quasi più nulla da spartire, e che si trascinano per forza pagina 29 d'inerzia di manuale in manuale, senza il conforto di verifiche (o smentite) puntuali. Lunga e operosa vita dunque ali'Archivio Parise, che promette di trasformarsi in un centro studi; e viva aspettativa per il secondo promesso volume, dove molti attendono di leggere gli indimenticabili e deliziosi Sillabari. Si diceva del generoso zelo degli amici veneti e romani di Parise: un altro libro è infatti da festeggiare, di tutt'altra natura rispetto al «Meridiano», ma di grande e sottile suggestio~e~ Alludo al bellissimo omaggio Veneto Barbaro di Muschi e Nebbie: indovinato montaggio di immagini e testi, introdotto da due affilate testimonianze di Alberto Moravia e Nico Naldini, e confezionato sulla base di splendide fotografie di Lorenzo Capellini. Non più di quattro, e tutti rigorosamente veneti nella scelta tematica, i racconti di Parise integralmente riprodotti, uno dei quali dà il titolo alla raccolta. Si tratta in sostanza di un·a biografia parisiana per immagini, costruita sull'asse veneto: Parise dentro il Veneto e il Veneto dentro Parise: silenziosa ed eloquente insieme, da percorrere senza fretta tra i molti spazi bianchi e la grande eleganza compositiva. Le illustrazioni alternano, su un filo all'incirca cronologico, tutti i luoghi della sua terra splendidamente ritratta: con un repertorio svariatissimo di immagini: dalle note e notissime, alle recondite, a particolari più segreti o bizzarri o minori; ma non mancano, anzi via via si infittiscono, foto di Parise en plein air (Cortina, o le rive del Piave) e dei suoi interni domestici (quanti occhiali su questa ingombra scrivania di p. 189 !, e si pensa per analogia irresistibile alla forza di osservazione della sua scrittura). Passo passo le immagini sono affiancate da commenti variamente estesi, estratti da libri di Parise, o più di rado da essenziali micro-schede esplicative dei discretissimi curatori, distinte dal corsivo. Il lettore-osservatore curioso e appassionato, incantandosi di volta in volta sulle illustrazioni e correndo poi ai testi potrà divertirsi a interrogare la sua memoria, poiché i curatori - o per eleganza, o per malizia, o per capricciosa e maliziosa eleganza - non hanno voluto annotare la provenìenza dei passi d'autore. Il lettore, se è non dico un bibliografo ma almeno un lettore di mestiere, dovrà presto arrendersi alle leggi imposte dal libro: e persuadersi, come in fondo conviene, a un itinerario ricchissimo e un po' enigmatico, godendone proprio la lentezza, schiacciando l'impazienza (tanto più quella bibliografica) come cattiva consigliera. L'opera infatti va gustata e attraversata con tutta calma, concedendole l'indugio che merita. Si finirà per seguire volentieri il consiglio di Parise stesso, formulato per l'ipotetico viaggiatore veneziano - meglio se in coppia - in delizioso baedeker qui riportato alle pp. 58-60 (tratto da? inutile chiederselo): «Uscire e inoltrarsi a caso [... ] sperando di

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