Alfabeta - anno X - n. 110/111 - lug./ago. 1988

Alf abeta 11O/111 un racconto di una bellezza insospettata, è letteratura nel senso più nobile e duraturo del termine. La durezza delle lotte si è raffinata e trasformata passando da una superficie puntuta a una persuasiva verità di fondo. La seconda riflessione riguarda la capacità della nostra lingua e della nostra narrativa di affrontare problemi di attualità senza scadere in sottoletteratura. Qui c'entra la bravura del poeta Balestrini che sa «lavorare» al meglio con il linguaggio, con un senso della misura e delle pause che il passare degli anni mette più in evidenza. La terza riflessione riguarda il protagonista narrante, l'operaio-massa Alfonso. La scrittura di Balestrini, di tipo seccamente diaristico, fa emergere a poco a poco sia la persona che il personaggio, uniti. È in questo punto di sutura che letteratura e verità vengono a coincidere. Corollario. È parso strano, alScenarì del disincanto Bruno Accarino I l seminario pubblico sul tema Etica, filosofia e politica nell'epoca della secolarizzazione si è svolto a Milano dal 2 al 4 giugno, organizzato dalla Casa della cultura con il patrocinio della regione Lombardia e con il contributo di «Alfabeta» e «Micromega». I lavori si articolavano attorno a quattro gruppi tematici: «La polis nella tarda modernità: il. disincanto e l'impegno»; «I percorsi della secolarizzazione tra teologia politica e filosofia dell'impolitico»; «Per uscire dall'impasse del dominio: filosofia pubblica o scholé?»; «Etica e saperi: i soggetti». Erano previste relazioni introduttive di Paolo Flores d'Arcais, Gianni Vattimo, Alessandro Dal Lago, Roberto Esposito, Giacomo Marramao, Salvatore Veca, Carlo Formenti, Pier Aldo Rovatti. Sono inoltre intervenuti: Bruno Accarino, Angelo Bolaffi, Giuseppe Duso, Sergio Givone, Alberto Melucci, Salvatore Natoli, Fulvio Papi, Marco Santambrogio, Livio Schirollo, Carlo Sini, Federico Stame, Mario Vegetti, Danilo Zolo. Ci sono parole-chiave che danno il senso, se non di un'epoca, almeno, più modestamente, di una fase. A un certo punto del convegno è accaduto che Sergio Givone abbia spezzato una lancia a favore di un classico ormai poco amato e ancor meno frequentato come la Dialettica .del/'Illuminismo di Adorno e Horkheimer: lo ha fatto in riferimento al mito, e sul mito erano già intervenuti o sono poi intervenuti, con prospettive diverse, parecchi relatori, da Alessandro Dal Lago (il ritorno di attualità dei miti gnostici) a Giacomo Marramao (il mito moderno del progresso), da Carlo Formenti (la complicità, di ragione e mito nei paradigmi di una certa razionalità scientifica) a Pier Aldo Rovatti. La difficoltà teorica non risiedeva nell'approntare o nello smantellare vecchie e nuove rappresentaziomeno agli osservatori più attenti, che Nanni Balestrini scrittore della Bompiani con Gli invisibili abbia cambiato editore per ristampare Vogliamo tutto. Il successo degli Invisibili è stato senza dubbio buono e non vi possono essere motivi di «disaffezione» da parte della Bompiani. Allora perché? ' Leggendo «L'Unità» di domenica 12 giugno 1988 si comincia a scoprire qualcosa, qualcosa di stupido e di inquietante insieme. Mario Spinella, che come abbiamo visto ha scritto l'introduzione della ristampa di Vogliamo tutto, nella rubrica «Giorno dopo giorno» intitolata Sistema Fiat e dignità umana, scrive quanto segue: «Può accadere infatti - ed è accaduto - che all'autore di un libro di narrativa che aveva il torto di essere contrassegnato da una esplicita messa in questione della Fiat, venga 'suggerito' di rivolgersi per una ristampa, altrove». Mario Spinella non ha fatto noni mitiche, quanto nel definire ciò che del mito è, in una certa tradizione culturale, il compagno naturale: il disincantamento (come io preferisco dire in luogo di «disincanto»). L'elaborazione si va facendo, a questo proposito, piuttosto tormentata. Il disincantamento è una nozione che matura all'interno della sociologia weberiana della religione e che forse non la abbandona mai, nel senso che solo per traslazione o per metafora può trasmigrare altrove. Tradotto alla lettera, il disincantamento è demagificazione, cioè superamento di una specifica mediazione, la magia, nella tessitura della trama della religiosità. Tecnicamente, il disincantamento è esso stesso religioso: implica il trapasso da una religiosità che usufruisce di supporti magici ad una religiosità che può prescinderne (era il caso, secondo Weber, del protestantesimo). Solo per. approssimazione lo si potrebbe evocare per indicare il passaggio netto e senza residui ad una condizione di irreligiosità o di laicità. Lo stesso Weber ha incoraggiato un uso improprio del concetto, che lo rendeva irriconoscibile rispetto alle sue origini. Entrato nel circuito lessicale della sinistra italiana, il disincantamento assomma oggi le premesse e gli effetti dell'absolescenza delle «grandi narrazioni» e del venir meno di un éschaton dell'agire politico. Eppure, un mondo disincantato è uno scenario nel quale le armi della trasformazione della realtà posso_no anche affilarsi, moltiplicando la propria efficacia. Weber riteneva che solo in uno scenari<;> siffatto fosse rivitalizzabile la grande politica, perché solo in esso la politica come scontro di passioni e di volontà di potenza avrebbe potuto emanciparsi da ogni piccineria burocratica. Il patrimonio del disincantamento è finalizzabile a più di un progetto, perché è più elastico e meno costrittivo di quello veicolato dalla secolarizzazione (dal quale non è lontanissimo ma con il quale viene a torto fatto coincidere): esso dice Cfr mi ma l'indicazione è precisa. Davvero la Bompiani può essere considerata un'ancella della Fiat da qualche servo sciocco, da qualche zelante funzionario più «realista del re»? Il valore di Vogliamo tutto dovrebbe piuttosto «lusingare» la Fiat, la Fiat in quanto protagonista di un pezzo di storia; «lusingare» perché occupa il grande sfondo, sia pure minaccioso e minacciante, di un affresco che ci appare oggi perfettamente riuscito come opera d'arte. ... Stavo preparando questo «evidenziatore» e ho visto, con fortunata coincidenza, su «Il Sole 24 Ore» di martedì 14 giugno 1988, la relazione di Gianni Agnelli, letta al Queen Elizabeth II Conference Center di Londra, in occasione del congresso del!'Associazione Internazionale degli Editori. Interessante citare due passaggi. Il primo: «Nessun altro sistema di comunicazione entra più direttamente in contatto con la personalità solo che è venuto a consunzione un rapporto totalizzante e onnipervasivo tra uomo e mondo, ma non dice anche che l'intero dispiegarsi della modernità sia il prodotto di un affievolirsi, di un impoverirsi e di un riconvertirsi del retaggio cristiano. Quando saranno disponibili tutti i documenti del dibattito tra Karl Lowith e Hans Blumenberg (un primo ausilio informativo è nel fascicolo monografico di «Aut Aut», n. 222, su Lowith), sarà più agevole tracciare una linea di demarcazione tra disincantamento e secolarizzazione. Il moderno trae la propria legittimità da se stesso, dalla propria forza e dalle proprie inquietudini (dalle proprie domande), e non dalla propria capacità di secondo grado di surrogare e di metabolizzare tradizioni antiche e medievali: è questa, nella rapida ricostruzione accennata da Alessandro Dal Lago, la linea di Blumenberg. È una linea interpretativa che, nella sua ispirazione severamente discontinuistica e nella sua talvolta raffinata abilità nel capovolgere percorsi codificati di storiografia filosofica, offre misure profilattiche contro il pericolo di un appiattimento gergale della lettura del moderno, in chiave di secolarizzazione. È fuori discussione che lo svecchiameno e la vivacizzazione del dibattito siano debitori, in Italia, anche alla riscoperta del paradigma della secolarizzazione. Se però si accogliesse una linea di discendenza diretta del concetto moderno di rivoluzione dalle dottrine escatologiche cristiane, quasi secondo un meccanismo di sostituzione a calco, si riuscirebbe bensì a ridimensionare la novità e l'originalità dei fenomeni rivoluzionari, ma non a individuare altre componenti tragicamente presenti in ogni processo di trasformazione radicale. Un primo correttivo potrebbe essere dato dalla costruzione di un autonomo binario di riflessione per il campo ascrivibile alla teologia politica, la quale dispone intrinsecamente di un armamentario pagina 23 dell'individuo. Per queste ragioni consideriamo il libro fondamentale nella società di oggi e del futuro». Da sottoscrivere pienamente da parte nostra. Ancor più da sottoscrivere il passo immediatamente successivo: «Su questo terreno gli editori hanno una doppia responsabilità. La responsabilità etica, che riguarda la scelta delle pubblicazioni, la modalità della loro diffusione, l'autonomia da condizionamenti ideologici. La responsabilità economica che compete a ogni imprenditore ... » Alla luce di questo intervento di Gianni Agnelli come dobbiamo giudicare l'infortunio della mancata ristampa da parte della Bompiani di un successo come Vogliamo tutto? Un errore casuale e non ripetibile o il sintomo di un malessere pericoloso? Antonio Porta a prova di moda culturale. Il lascito trasmesso dalla teologia politica consente intanto di seguire, come ha rammentato Roberto Esposito, quel processo di de-politicizzazione su vasta scala che segna parte del moderno. La politica non è più un metalinguaggio - ma forse non lo è da tempo o non lo è mai stata. Che sia o meno un sistema accanto ad altri sistemi, come suggerisce l'accezione funzionalistica, la politica si assottiglia, si colloca ai margini, si candida a una collocazione periferica. Ebbene, la matrice lontana di questa perdita di spessore potrebbe essere rintracciata in un assunto monoteistico che attinge all'antitesi bene/male. La politica è un male necessario da revocarsi in una superiore civitas: ma essendo il male solo privatio boni, cioè solo qualcosa che limita il bene ma che non ha una realtà ontologica, la politica può essere riassorbita nell'universale pacificazione, umana e religiosa. E con essa possono essere riassorbite le fonti di conflitto e le minacce alla pace. Con una radicalità classificatoria per lei inconsueta, e scegliendo forse bersagli polemici non del tutto appropriati, Hannah Arendt ha scritto: «La grande fiducia di Hegel e di Marx nel 'potere dialettico della negazione', in virtù del quale gli opposti non si annullano ma si evolvono piano piano l'uno nel- .l'altro perché le contraddizioni promuovono e non paralizzano lo sviluppo, si basa su un pregiudizio filosofico molto più antico: che il male non è altro che un modus privativo del bene, che il bene può anche derivare dal male; che, in breve, il male non è altro che una temporanea manifestazione di un bene ancora nascosto» (Sulla violenza, in H.A., Politica e menzogna, Milano, 1985). Di questo processo di de-politicizzazione e di pacificazione abbiamo avuto finora una percezione limitata al periodo post-bellico (iri Italia all'ultimo decennio), e filtrata dalle teorie, di derivazione americana, sull' «apatia politica». Oggi si avverte l'esigenza di ~na Einaudi PrimoLevi Opere Volumseecondo Romanezipoesie I romanzi di invenzione (La chiavea stella, Se non ora, quando?) con cui Levi si è affermato scrittore a pieno titolo, e le poesie (Ad ora incerta), originale elaborazione dei suoi temi civili e umani. Introduzione di Cesare Segre. «Biblioteca dell'Orsa», pp. xxxv64o, L. 42 000 FabriziRaamondino Ungiornoemezzo Napoli, settembre 1969: la storia di una generazione divisa tra la passione d'un futuro da inventare e lo smarrimento d'una perduta misura del vivere. «Supercoralli», pp. 207, L. 22 ooo lanMcEwan Bambinieltempo _ Il mistero di una bambina rapita e inutilmente ricercata attraverso i percorsi della memoria, è al centro del nuovo romanzo del piu sottile e inquietante scrittore inglese d'oggi. Traduzione di Susanna Basso. «Supercoralli », pp. 221, L. 22 ooo ArduinCoantàfora Quindicsitanze perunacasa Quindici storie visionarie costruiscono una minuziosa architettura dell'immaginario. «Nuovi Coralli», pp. 255, L. 16 ooo Louis-FerdinaCnédline Casse-pipe Le disavventure del corazziere Céline, ovvero un viaggio al termine di una sola incredibile notte, alla vigilia della Grande Guerra. A cura di Ernesto Ferrero. «Nuovi Coralli», pp. 123, L. 10 ooo Jean-JacquPeasuvert Sade Un'innocenszealvaggi1a7. 40-1777 Sade privato: gli inizi d'una tragica carriera di libertino. «Saggi», pp. xx-344, L. 34 ooo Letteratuirta liana direttdaaAlbertAosorRosa Storiaegeografia Il. L'etàmoderna Tomoprimo L'apogeo e la crisi della civiltà letteraria italiana: la produzione delle Città-Stato e dell'Umanesimo, Firenze, Siena e la Toscana, Bòlogna, Ferrara e l'Emilia, Milano, Mantova e la Padania, Napoli e il Meridione, Urbino e le Marche, Venezia e il Veneto. pp. xn-741, L. 80 ooo

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