Jean Jacques Lebel Tutti gli artisti dovrebbero «andare in esilio» per qualche tempo, farsi dimenticare e dedicare tutto questo tempo alla riflessione, alla ricerca, ma anche a se stessi. È un'utopia perché il mercato e i suoi meccanismi di tipo soprattutto comunicativo richiedono la presenza, una costante identità, l'esserci. E l'esserci coincide con il fare e non tanto con il pensare, il riflettere oppure con il dedicarsi ad altre attività culturali. Ci sono eccezioni: è il caso di Jean Jacques Lebel che si è presentato dopo esattamente vent'anni di silenzio artistico con una mostra di pitture, disegni e collages alla Galerie 1900-2000 di Parigi (14 giugno-29 luglio): il titolo è emblematico, Retour d'exil. Come scrive in uno degli interventi del catalogo il filosofo Félix Guattari, «Lebel non ha mai fatto della pittura per essere un artiste-peintre ma, come nella grande tradizione della cartografia surrealista, ha sempre cercato di costituirsi, di definirsi attraverso un modo di operare aperto, una sorta di work in progress». La sua ricerca è tutta all'insegna della traversalità, ovvero, una straordinaria curiosità nei riguardi di ogni tipo di materiale, di ogni genere di processo comunicativo, di tutte «!es pratiques esthétiques, sociales, affectives, etc ... » come scrive Guattari. Nella mostra sono presenti cinquanta opere, ma l'elemento più straordinario di questa antologia di esperienze, dopo vent'anni di silenzio, è costituito dalla documentazione, presente nel catalogo, di tutte le sue attività di organizzatore, provocatore, realizzatore di happenings che hanno Mario Perniola 1. C. Campo Gli imperdonabili Adelphi, Milano, 1988 pp. 182, lire 20.000 Cfr evidenziatore sempre accompagnato la sua ricerca artistica. In questo senso è necessario parlare di traversalità di Lebel, di onnivorità estetica: l'estetica è dovunque, basta saperla individuare e riprodurla concettualmente. Jean Jacques Lebel è stato l'ideatore e l'organizzatore, insieme ad altri artisti e intellettuali, di manifestazioni a Parigi, Milano, Venezia, New York come l'Anti-Procès (1960-1961), il Festival della Libera Espressione (1964-1967), Polyphonix (dal 1979 al 1988), Guerre à la guerre (1982), e altre ancora, sempre coinvolgendo ogni genere di espressione artistica, all'insegna di una totalità estetica praticata e non solo teorizzata. Proprio in questa volontà di non separare le arti, ma anche nell'impegno a non tradire mai ogni singolo linguaggio e la sua specificità, risiede il senso fondamentale della ricerca di Lebel: i luoghi tradizionali dove accade l'espressione artistica sono costantemente sollecitati, quasi provocati, da una serie di pensieri, di azioni che sembrano, agli occhi dei dilettanti e dei loro falsi specialismi, appartenere a un altro mondo. Ma questo, oltre a non essere vero, è il tipico atteggiamento dell'artista di professione, cioè del non-artista inteso come ripetitore di se stesso. Se scorriamo i nomi di artisti, poeti, scrittori, intellettuali che hanno collaborato all'arte di Lebel, potremmo comprendere meglio la sua traversalità: prima i grandi Marce! Duchamp e Max Ernst, poi, in ordine sparso ma voluto, perché anche la sequenza dei tempi e degli spazi di ogni artista sono indicativi della sua poetica, John Cage, Vietor Brauner, Wifreod Lam, Alain Jouffroy, Jean Paul Aron, Judith Malina e Julian Beck, Félix Guattari, John Giorno, Valerio Adami, Tancredi Roberto Crippa, Sebastian Matta, Piero Manzoni, André Breton, Gregory Corso, Gérard Deschamps, Daniel Spoerri, Yoko Ono, William Burroughs, Alleo Ginsberg. Rauschenberg, Susan Sontag, Nanni Balestrini, e altri ancora. I dipinti di Lebel, i suoi collages, rivisitano i diversi linguaggi, progettando nuove, imprevedibili relazioni; il tutto finalizzato non tanto alla definizione di un'identità artistica immobile, quanto alla ricerca di una teoria e una pratica dell'arte sempre al di là dell'ordine costituito, dai codici già appresi e sedimentati. Così recitano i pnm1 quattro versi di una poesia di Balestrini dedicata alla pittura di Lebel: à dynamique continue ou intermittente I allegro scherzoso qui perturbe le concert I appropriation originale qui lui permettait I à travers de vieux trous les grands mouvements /. Questi versi rappresentano una guida giusta per entrare dentro il cuore e la mente di Jean Jacques Lebel. Aldo Colonetti Glasnost Quando alcuni giorni fa mi hanno fatto notare, con una certa durezza, che la mia abituale traduzione della parola ressa glasnost era falsa, ci sono rimasto male perché non mi ero accorto di seguire acriticamente la scia di una interpretazione errata. Come molti ho sempre pensato: «trasparenza», e vedo che la stessa traduzione passa con disinvoltura anche nel fascicolo intitolato Perestrojka amici e nemici, allegato all'«Unità» del 16 giugno 1988, dove si aggiunge una variante: «pubblicità», data come «letterale». I miei amici che sanno il russo (quelli che mi hanno criticato) mi hanno spiegato che glasnost deriva dalla parola paleo-slava glas che significa «voce». Il nost fa passare glas dal concreto all'astratto; dunque la vera traduzione è «parlare apertamente», o meglio libertà di espressione, e anche di opinione. Glasnost significa esprimere liberamente le proprie opinioni, renderle pubbliche e, se proprio vogliamo, dare pubblicità al proprio pensiero. Si può ancora dire glas per «voce», come usava Puskin, ma suona arcaico; nessun dubbio invece per glasnost. C'è da chiedersi se questo errore di traduzione abbia un significato politico tutto italiano oppure sia il semplice inganno di un falso suffisso, quel glas che ci ricorda il vetro o il bicchiere. Forse le due cose vanno insieme, come il cieco che conduce gli altri. Sta di fatto che se traduciamo correttamente glasnost con libertà di espressione il nostro modo di osservare la nuova realtà sovietica deve modificarsi; di conseguenza possiamo capire meglio che cosa intendeva dire Tichonov nel famoso documentario trasmesso dalla TV sovietica dopo un blocco durato molti mesi e ripreso dai Raitre con il commento di Andrea Barbato. Tichonov ha detto con semplicità che l'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche deve aprirsi alla libera democrazia, interpretando coerentemente la glasnost di Gorbaciov. Se così stanno le cose, e non c'è 1111!!! • ..., ___ motivo di dubitarne, è urgente deAlessandro Dal Lago dicare più attenzione alla glasnost e lasciare un po' da parte la più generica perestrojka, il cui significato, ricostruzione, è ormai buono per tutti gli usi, tanto che ne ha parlato anche Sergio Pininfarina, neo-presidente della Confindustria, come di una urgente necessità per lo Stato italiano. Certo, anche ricostruzione è un vocabolo forte, tanto che in un primo tempo era stato addomesticato in «rinnovamento». Ricostruire, infatti, presuppone distruzione e macerie, guerra o catastrofe naturale, sgombrare, in definitiva, il terreno dalle rovine del socialismo «realizzato», per tornare alle origini dell'idea stessa di socialismo. Antonio Porta Balestrini Scrive Mario Spinella nell'introduzione alla ristampa negli Oscar Mondadori di Vogliamo tutto di Nanni Balestrini: «Ma pure, sembra suggerire Balestrini, se il 'voler tutto' ha mancato i suoi fini - e tanto più negli Invisibili, storia di un'intrapresa feroce e assurda - ciò che è stato non si cancella. Meno che mai si cancella nella sua peculiarità espressiva, nella resa tesa, amara, coinvolgente, nelle pagine di uno scrittore, in quel deposito di verità che è la letteratura.» Vogliamo tutto è stato pubblicato nel 1971 e la rilettura di oggi impone alcune riflessioni. La prima è in linea con le parole di Spinella: quello che poteva essere letto come un pamphlet nell'aria ancora troppo calda del tempo (un tipo di lettura che aveva irritato molti) ora si presenta come filtrato dagli anni. Il risultato può sembrare sorprendente. Vogliamo tutto è 4. Y. Bonnefoy L'impossibile e la libertà Saggio su Rimbaud Marietti, Genova, 1988 pp. 114, lire 20.000 1. Hannah Arendt Rahel Varnhagen Storia di un'ebrea A cura di Lea R. Santini Biografia 4. Simone Weil Oeuvres complètes voi. I Premiers écrits philosophiques 2. Ph. Ariès - G. Duby La vita privata 5. G. Raboni Il Saggiatore, Milano, 1988 pp. 257, lire 38.000 A cura di Gilbert Kahn e Rolf Kiihn Filosofia Laterza, Bari, 1988 voi. I, pp. 532, lire 40.000 voi. II, pp. 566, lire 40.000 voi. III, pp. 542, lire 42.000 voi. IV pp. 530, lire 42.000 3. P. Sloterdijk Critique de la raison cynique Bourgois, Parigi, ~987 A tanto caro sangue Mondadori, Milano, 1988 pp. 152, lire 20.000 6. L. Terzi L'imperatore timido Guanda, Parma, 1988 pp. 140, lire 18.000 ... 2. Karl Lowith La mia vita in Germania prima e dopo il 1933 Prefazione di R. Koselleck Etografia Il Saggiatore, Milano, 1988 pp. 212, lire 24.000 3. Filosofia 87 A cura di Gianni Vattimo Filosofia Laterza, Bari, 1988 pp. 232, lire 18.000 Gallimard, Paris, 1988 pp. 448, FF. 185 5. Vladimir Nabokov Fuoco pallido Narrativa Guanda, Parma, 1988 pp. 257, lire 20.000
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