I Alf abeta 109 a offrire il dato nudo, si muoveva in senso contrario a chi avrebbe dovuto cogliere le necessarie conseguenze sul piano socio-politico: questo però è un altro discorso da quello che affrontiamo in questa sede, ed è per di più un discorso molto complesso.) Un ultimo caso di travestimento in abiti femminili che voglio proporre all'attenzione del lettore è nel romanzo postumo di Palazzeschi Interrogatorio della contessa Maria; che è un grande libro. Qui lo scrittore, che era omosessuale, si è travestito per affermare il diritto a una sessualità libera, mettendo in scena l'eterno principio del desiderio naturale contrastato dall'ipocrisia della società. Interrogatorio è quindi un libro polemico, di scatenata comicità, aggressivo nei confronti del perbenismo e della morale corrente, strutturalmente collegato al particolare futurismo di Palazzeschi. Purtroppo non si legge, né nella Nota che accompagna l'edizione né nell'intervento che il curatore gli ha dedicato su questa stessa rivista («Alfabeta», n. 106) l'inU n merito difficilmente contestabile a Jacques Derrida è di aver mostrato che scavare nelle parole non è mai tempo perso. Così il suo recente intervento sulla questione dei rapporti fra Heidegger e il nazismo (De l'esprit.Heidegger et la question, Parigi, 1987) non può non suscitare forte interesse, e l'articolo che Maurizio Ferraris dedica a De l'esprit su «Alfabeta» di marzo conferma la legittimità di quell'interesse. La tesi, molto semplificando, propone una continuità inquietante e paradossale tra umanesimo e nazionalismo totalitario: lo stesso nazismo sarebbe una degenerazione in qualche modo necessaria dell'umanesimo, nel segno comune dello «spirito» o Geist come elemento distintivo dell'uomo (della soggettività) dall'oggettività naturale, animale, e, al limite, dalla barbarie. La linea suggerita da Derrida e ripresa da Ferraris rischia tuttavia di lasciare in ombra altre linee possibili, e forse decisamente antitetiche. Mi limito qui a poche osservazioni. La prima è che l'ambiente culturale di Weimar, o almeno aspetti esA più voci terpretazione del travestimento che invece è sicura e, devo riconoscere, molto evidente. E come sempre, l'acquisizione di una certezza apre la strada per altre acquisizioni: senza dover fare congetture astruse, risulta anche evidente perché Palazzeschi, pur avendo prevista la pubblicazione del testo nel 1926, lo conservò nel cassetto: perché sapeva che i lettori di allora, più intelligenti o forse soltanto più maligni di qualche lettore di adesso, lo avrebbero colto in flagrante, e inoltre perché, nel contesto repressivo di quell'anno, con una simile sfrontata polemica dissacratoria, si sarebbe esposto a reazioni poco piacevoli. Né le cose andarono meglio negli anni successivi, sicché il manoscritto restò inedito; ma suppongo che la data di composizione sia assai precedente al 1926. La cosa interessante è che tutti i personaggi femminili considerati qui sopra sono positivi; tranne Rosetta, che però è un personaggio creato automaticamente, come proiezione diretta del modo in cui Pavese aveva introiettato la morte: come autodistruzione. Anzi, Rosetta non è neanche un personaggio perché è un dato. Non aveva quindi bisogno di essere costruito, ma solo nominato e rappresentato: la sua marginalità nel romanzo rimanda invece alla straordinaria dimensione con cui viveva dentro Pavese. Ora, la crisi del personaggio, e quindi la crisi del personaggio maschile come antagonista di quello femminile e a esso irriducibile, non è possibile senza la crisi del personaggio principale, cioè dell'uomo scrittore. 1n tal senso, queste schede e altre estraibili da altri testi italiani ed europei, sono diretta conseguenza di un grande fenomeno storico ottocentesco (senza per questo negare la possibilità che altri casi possano essere reperiti in climi culturali diversi, magari quello libertino, e altri ancora). Se questo è vero, si può anche affermare l'esistenza di una parentela tra queste «donne» e i personaggi maschili inetti, ammalati, regressivi, o i bambini (considerati come asessuati). Personaggi maschili negaTaccuini Sul eist Una lettera di Flavio Cuniberto senziali di quell'ambiente (a cui lo Heideg- qualche esempio, lo Jung di scntt1 come ger di Sein und Zeit appare legato non solo Seele und Erde (1927), e più ancora il Woper ragioni di cronologia), sviluppa un va- tan del 1936, Erich Neumann, e, direi sosto attacco, si potrebbe dire «corale», con- prattutto, Alfred Baeumler, entusiasta lettro la sfera del Geist proprio nel senso tore di Bachofen (molto lontano dal Geist) umanistico di ratio, differenza specifica e e autore nei primi anni trenta di corsi unioppositiva del soggetto umano dalla sua versitari in cui la tesi famigerata del «Volk base animale. Sembra persin troppo ovvio ohne Raum» è oggetto di sorprendenti sviparlare di un clima «irrazionalistico» in luppi teorici: l'«assenza di spazio» viene inrapporto a quegli anni: è come riproporre terpretata come la riduzione della soggettisenza diaframmi critici il Lukacs della Zer- vità (e il Volk è soggetto collettivo) a pura storung der Vernunft. Ma il testo di Derri- astrazione razionalistica, separata dalla sua da fa coincidere la compromissione di Hei- base fisica, dalla sua estensione ambientale <legger col nazismo (per esempio nel Di- (le convergenze con la nozione di Dasein scorso di rettorato) con un suo inatteso ri- come «apertura» sono innegabili). torno alla nozione di Geist in chiave non Non si tratta dunque di affrancare l'itinepuramente retorica. Ora, un testo sintoma- rario di Heidegger dal panorama complestico come Der Geist als Widersacher der sivo di quegli anni. Si tratta piuttosto di Seele di Ludwig Klages (1929) suggerisce affinarne la diagnosi, riconoscendo ancora con evidenza programmatica che il «nemi- una volta accanto alla vocazione «tecnica» co» è appunto lo spirito - il luogo dei con- del nazismo - e in questo senso «metafisicetti - a cui contrapporre la Seele come ca», forse «spirituale» - una non meno dimensione fluida, cosmica, anteriore al- spiccata vocazione ctonia e organicistica, a l'opposizione cartesiana di soggetto e proposito della quale si potrebbe senz'altro mondo. parlare (con Lévi-Bruhl nei suoi studi sulla Su questa linea, solo per aggiungere mentalità primitiva) di un «abaissement du -----------------------'------------------------ La sposa nuda pagina 9 , tivi che magari scontano il peccato d'esistenza della letteratura sono fratelli (come Pietro di Con gli occhi chiusi e altri personaggi tozziani lo sono di Adele e Rachele) o antenati delle donne positive: volitive come Clelia, sbrigliate goderecce come la Contessa Maria, innamorate come quelle di Cassola: troppo sane per non rimandare alla malattia o soltanto al disagio dello scrittore maschile che le crea. E rispetto alla crisi del personaggio ottocentesco il Novecento aggiunge dunque molto. Perché nel caso Flaubert/Bovary la trasposizione sarà stata di condizioni psicologiche, di impulsi trasgressivi ecc.; ma quando gli scrittori cominciano a prestare ai loro personaggi femminili dati della propria biografia esterna, quelli che normalmente si elencano in una scheda biografica (mestiere, rapporti familiari e sentimentali, circostanze ambientali ecc.) allora maschile e femminile da contigui che sono diventano comunicanti, interscambiabili e parzialmente sovrapposti. niveau menta!», dunque di una estromissione su vasta scala del Geist identificato con la corruttela occidentale (abendliindisch; l'arianesimo è invece «orientale», al limite «tibetano»). La seconda osservazione è che l'antisemitismo ha una palese connotazione «antispirituale»: lo spirito (che soffia dove vuole) è l'elemento nomade, erratico, sradicato, a cui l'arianesimo oppone i valori crepuscolari e premoderni della stanzialità, del suolo e della foresta. E il popolo ebraico è il popolo dello Spirito per eccellenza: il popolo della ruah, la voce divina che chiama dall'alto. È evidente che per il talmudico Jacques Derrida il Geist metafisico del nazismo è un'altra cosa. Ma una rilettura di quegli anni, e dello stesso Heidegger, in termini di Seele, indurrebbe forse a ridimensionarne l'importanza. E non è escluso che la ricomparsa del Geist nel Discorso di rettorato possa tornare a essere un semplice «espediente retorico».
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