Alfabeta - anno X - n. 109 - giugno 1988

I Alfabeta 109 A più voci pagina 31 ormaziòiie culturale 1 Un sondaggio recente (realizzato dalla Computel per il «Corriere • della sera», 15 maggio 1988) su un campione considerato significativo di lettori di libri, sembra dar ragione a quello che «Alfabeta» ha pubblicato in una serie di «Taccuini» dal n. 101 in avanti. La sorpresa più rilevante è la scarsa incidenza della TV sulle scelte dei lettori (appena il 9%) Chi guarda la TV non legge quasi mai libri e comunque chi li legge diffida del ben noto «vo' cumprà» televisivo. Si era appunto notato su queste pagine che gli scrittori che si sono immolati alla televisione, di Stato o privata, sembravano dirigersi verso il nulla o, peggio, verso la perdita dell'onore nei confronti degli spettatori più sensibili. Qualcuno ha notato, ma con il «senno di poi», che la diagnosi era perfino elementare, degna del Dott. Watson, il medico amico e confidente di Sherlock Holmes. Ma tanto elementare non deve ancora essere se la pubblicità de «L'indice» di domenica 15 maggio 1988 recita così: «L'Indice orienta meglio di 24 pollici». Alla luce dei dati e delle «elementari» deduzioni di cui sopra, occorre allora chiedersi a chi è rivolto l'invito de «L'Indice». Permane una notevole confusione di idee sul ruolo del libro e della TV nella cultura di oggi. La TV è ancora un mito per molti intellettuali nonostante la sua perdita di incidenza che risulta sempre più evidente (anche negli USA). 2. Seconda sorpresa del sondaggio di cui al punto 1. è la rivincita della tanto vilipesa «recensione». Il 25% dei lettori si è orientato all'acquisto di un nuovo libro tenendo conto di una recensione apparsa sulla terza pagina di un quotidiano o sull'inserto libri. ,.,,lillll --.'· ·.: .;. ........ Qualcuno aveva affermato, con una sicurezza non si sa su che cosa fondata, che in Italia non si leggono le recensioni, contrariamente a quanto accade nei paesi anglo- ~assoni. In quella che è stata definita una probabile «Bibliopoli», con circa due milioni e mezzo di abitanti, il lavoro faticoso e ingrato del recensore di libri ha sempre importanza; la condizione è che il recensore si rivolga ai lettori e non parli ammiccando agli addetti ai lavori. La vecchia società letteraria si è in pa_rte dissolta o comunque ha perso l'importanza che aveva ancora vent'anni fa (basta leggere le lettere di Pier Paolo Pasolini, soprattutto il volume II dell'Epistolario completo pubblicato da Einaudi qualche mese fa); in compenso, e vantaggiosamente, ha preso consistenza l'opinione dei lettori: il 49% delle scelte è determinato dal «consiglio di amici, conoscenti, insegnanti». Diffidenza totale, invece, per le classifiche dei libri più venduti, persino un punto meno della TV: 8% di incidenza. Un no secco alle operazioni di marketing editoriale. Contrasta con questo atteggiamento salutare dei lettori lo spazio sempre maggiore concesso alle classifiche dai quotidiani. 3. Al Salone del libro di Torino il 19 maggio si è discusso del ruolo delle riviste dell'informazione culturale. Il dibattito è stato promosso da «L'Indice». Poco prima del Salone è uscita «Leggere». Naturalmente si è tentato di metterle tutte sotto processo, e non è la prima volta, soprattutto prima del Salone, da parte dei settimanali. L'impressione è che si continua a •fraintendere il ruolo e sottovalutare l'effetto moltiplicatore che invece le riviste specializzate hanno sempre avuto. Non si tiene neppure conto che.le riviste specializzate hanno occupato il posto lasciato libero da quotidiani e settimanali dediti alla cultura spettacolo che, come si è visto, interessa ben poco chi legge libri per puro piacere culturale o per necessità d'aggiornamento (gli operatori, gli insegnanti, per esempio). Le riviste mensili scommettono solo sul futuro? Può essere, ma sembra ci sia già un presente molto attivo e ricettivo. Per rendersene conto basta andare nelle scuole e parlare con gli studenti e con gli insegnanti più impegnati. Tutte le iniziative che hanno portato gli scrittori nelle scuole (quelle della Provincia di Roma o di Lucca) hanno dato buoni risultati e hanno mostrato con chiarezza che le valutazioni di merito che si danno nei licei o nelle università sono molto diverse da quelle della «cultura spettacolo». Quella degli scrittori nelle scuole è in-· fatti autentica e duratura informazione culturale. 4. C'è anche chi non sopporta qualsiasi segno di vitalità culturale che possa essere definito «di massa». Guai a chi va a vedere i quadri di Van Gogh ! Pensano che sia in gioco il livellamento del gusto, il trionfo del kitsch ecc. Sono i reduci della scuola di Francoforte? Adorno era contrario anche ai libri tascabili, tanto per ricordare q\lalcosa di macroscopico. Sembra che nel tempo delle «lotte senza classi» il vecchio bersaglio della classe media sia ancora in grado di produrre eccitazione. Sembra che nel tempo di molteplici e contrastanti convivenze (non connivenze) si rivendichino i diritti esclusivi di una cultura che si autoproclama «alta», di una cultura-guida, con nostalgia di «centralismodemocratico». Ma è proprio la convivenza planetaria di valori molto diversi ma non incompatibili (tra ricerca artistica di punta, Brancusi, Duchamp e Mary Reynolds a Villefranche, 1925 per esempio, e linguaggio della pubblicità) che impone un'informazione chiara, netta e non solo per addetti, che impone rispetto per il pubblico, che impone di ascoltare e osservare più che tranciare e disprezzare. Si richiede un giudizio politico nuovo non ripulsa acritica. 5. Per quanto riguarda la differenza, per non dire il rifiuto, da parte dei lettori di libri, o abitanti di «Bibliopoli» (di cui al punto 2.) della politica dei «best-seller» e del marketing editoriale ricalcato su quello di altri beni di consumo, c'è un dato che conferma i risultati del sondaggio Computel (cfr. punto 1.), un dato che dimostra l'obiettiva sconfitta di quella politica; riguarda la casa editrice leader del mercato, la Mondadori Editore. Nella relazione sul settore libri della società di Segrate pubblicata sull'inserto «L'Espresso affari» allegato al n. 19, 1988, si legge infatti che nel 1987 «Dieci novità Mondadori hanno superato le 50mila copie e quattro le centomila copie. Sono Perestrojka di Gorbaciov, Il sole malato di Enzo Biagi, Giorgio e il drago di Forattini e Presunto innocente di Turow». • Chi ha memoria delle pubblicità di lancio del 1987e dei tanti «best seller» annunciati si domanderà dove sono finiti quei successi e quanto spazio è stato occupato dal magazzino delle rese, ammesso che le tirature dichiarate fossero quelle reali. In questo scenario certamente inaspettato nel clima di trionfi manageriali cui ci eravamo assuefatti, l'informazione culturale corretta assume un'importanza che troppi avevano sottovalutato, in misura proporzionale alla sottovalutazione dell'intelligenza dei lettori e del pubblico in generale. * * *

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