- Alfabeta 109 «rappresenta il massimo realismo toccato alla nostra epoca» che ha , assistito alla crisi di opposti massimalismi e che sceglie il sapore che può derivare dall'incontro di piccole cose. «La colpa, commenta Pedullà, da qui da dove guardiamo è evidente, è della struttura, dello scheletro portante di una società che non vuole soffrire per i grandi progressi». Donna Rosa Ramino non riesce a raggiungere il piacere con il marito, il conte Liccio, finché non scopre l'eccitazione di farsi guardare da un giovane soldato mentre è fra le braccia maritali: tutti assieme, i protagonisti del triangolo perverso ma efficiente, sono le figure di una dialettica leggibile in tanti luoghi delle più recenti dinamiche sociali, dai rapporti tra i nostri maggiori partiti a quelli tra forze economiche, operaie e terziarie. E ancora tanti altri esempi, da rendere con la scrittura «creativa» di Pedullà: vediamo scorrere, come su un palcoscenico, tutti i temi nodali della società italiana tra boom economico e marxismo critico, tra anni «desideranti» e anni di piombo, tra cultura d'avanguardia e cultura del consumo, tra televisione di Stato e televisione di mercato, tra critica delle istituzioni e viaggio nel loro interno. Su tutti questi motivi si gioca il rapporto tra questo libro e il romanzo di Palazzeschi: e qui giungiamo a quella triplice ottica che presiede alla costruzione del testo e alla relativa lettura: una triplice valenza di prospettive e di significati. Il libro di Pedullà può esser letto sull'orizzonte delle teorie della letteratura e delle metodologie critiche; appartiene alle tematiche dell' «estetica della ricezione» da Jauss a Iser, alle più recenti riformulazioni statunitensi, l'idea di una letteratura come specchio della società che ne fa uso, del testo come partecipe di un dialogo con il lettore che ogni volta svela significati di contemporaneità. Pedullà riesce a compiere un'operazione di radicale attualizzazione del testo, propone un ideale molto produttivo e spesso obsoleto: la lettura come ricerca di risposte dal testo sul mondo contemporaneo, come riformulazione totale dei significati della scrittura a partire dal suo funzionamento, nel qui e ora. Ma ancora Il ritorno dell'uomo di fumo, a partire e al di là del primo livello di cui si è detto, può essere affrontato come una breve condensata e parzialissima storia della letteratura novecentesca: quella letteratura che può essere attiva come forma di conoscenza, di critica, di analisi. Tra le righe del libro circolano molti nomi: tutti quelli «buoni» di una vicenda novecentesca di sperimentazione e di critica delle istituzioni di cui sappiamo bene come Pedullà sia attento indagatore. Si può percorrere le pagine del Ritorno dell'uomo di fumo seguendo il filo rosso di una sorta di storia della letteratura «alternativa». I nomi di questa «tradizione», una volta che si è entrati in tale ottica, sono quasi obbligati: oltre a Palazzeschi, i Futuristi, Savinio, Landolfi, Gadda, la Neo-avanguardia, Pizzuto, Malerba, mentre sul versante teorico-critico si affiancano i nomi di Bachtin, Blanchot, Barthes, il «maestro» Debenedetti. E sicuramente non è un caso se, accanto a quelli al teorizzatore della letteratura carnevalesca, i riferimenti più costanti sono rivolti a tre critici-scrittori: mai co- ----- . - -·--·. -- - --- me questa volta in Pedullà la scrittura tende a raggiungere una misura capace di soddisfare alle opposte esigenze dell'analisi e della riflessione, del linguaggio critico e del metalinguaggio che mette in scena le valenze polivoche delle parole. Proprio a questo punto s'innesta il terzo livello di lettura di questo testo, la terza prospettiva in cui è possibile proiettarlo, che è quella della critica letteraria come discussione del presente, dei linguaggi, delle culture, delle esperienze, dell'oggi. La dichiarazione, quella che circola in queste pagine, proprio nel momento in cui si esibiscono i giochi delle parole e dei simboli, è di «non stare al gioco» e quindi cercare nuovi strumenti d'analisi e di razionalizzazioni critiche, di denunce, dell'ideologia ma anche dell'utopia e anche dell'eccessivo pragmatismo. Al di là di questa opera, è una critica capace di essere tanto radicalmente presente quella che oggi occorre, nel panorama asfittico della letteratura «militante». Lo studio dei testi come occasione di una «battaglia delle idee» è quello che da troppo tempo ci manca. Il fatto che Pedullà ce lo ricordi e che riesca a farlo in modo così lucido è ciò che rende questo libro profondamente palazzeschiano. Walter Pedullà Il ritorno dell'uomo di fumo Viaggio paradossale con Palazzeschi in un paese allegro e innocente Venezia, Marsilio Editori, 1987 pp. 270, lire 30.000 Greimas: l'imperfezione Tarcisio Lancioni <~ (?ualcosa a~riva improv- VISO, non SI sa cosa: né bello, né buono, né vero, ma tutto ciò a un tempo. Neanche: altra cosa.Cognitivamente incatturabile, questa frattura nella vita è suscettibile, a cose fatte, di ogni interpretazione: si crede di ritrovarvi l'attesa insospettata che l'aveva preceduta, si crede di riconoscervi la madeleine rinviante alle fonti immemoriali dell'essere: fa nascere la speranza di una vita vera, di una fusione totale del soggetto e dell'oggetto. Nello stesso tempo in cui il sapore dell'eternità le lascia il retrogusto dell'imperfezione» (pp. 72-73). Questa frattura nella quotidianità e della quotidianità è l'esperienza estetica quale appare dall'analisi di cinque frammenti letterari: l'abbigliamento che coglie il Robinson di Tournier, il guizzo di uno sguardo del Palomar di Calvino, la realtà che cerca d'assorbire, invadente, la giovane pianista di Rilke, la decomposizione di un'oscurità abbagliante di Tanizaki, la catarsi del lettore sibarita di Cortazar. Esperienze estetiche a loro volta estetizzate, esperienze di carta, che Greimas interroga, in quanto modelli discorsivi di esperienze reali, senza trascurare il doppio problema della adeguatezza di questi simulacri agli eventi «storici» e «reali» e della relatività culturale di queste esperienze, pur sempre rilevanti di un episteme localizzabile: in fondo è solo dallo scorso secolo, con la «rivoluzione» romantica, che l'«estetico» fin allora relegato agli oggetti creati, penetra la vita che diviene così luogo di incontro di questi eventi eccezionali a loro volta narrabili in quanto, appunto, momenti di vita. Cfr Con nostro piacere Algirdas Julien Greimas ritorna dunque al testo, ancora una volta per farlo parlare di se stesso e, allo stesso tempo, del punto di vista che lo interroga, ma non soltanto; infatti il testo, il «selvaggio» del semiologo, è invitato a parlare anche della nostra condizione di uomini, condizione di cui !'«imperfezione» è elemento costitutivo, in quanto costitutiva dell'apparenza; ma andiamo con ordine e consideriamo individualmente ognuno di questi tre livelli di interrogazione. Dal testo innanzitutto. I cinque frammenti presi in considerazione condividono l'oggetto rappresentato: l'esperienza estetica, evento unico ed eccezionale che si presenta come rottura, squarcio nel velo fumoso dell'imperfetta apparenza, che conduce il soggetto dell'esperienza verso una unione totale con l'oggetto: verso la «perfezione». Una perfezione futura che l'esperienza estetica permette di presentire e di cui fa sentire la nostalgia, nostalgia di un qualcosa a venire Mentre interroga il testo il procedimento greimasiano chiede allo stesso e nello stesso tempo, come abbiamo detto, una sanzione sul punto di vista dal quale lo si interroga e quindi sulla teoria che lo sottende. In questo caso non vediamo dispiegarsi nella sua imponenza tutta la teoria semiotica che Greimas va elaborando da oltre un ventennio, come avveniva ad esempio in Maupassant del 1976, opera emblematica di questo genere di ricerche, tanto che l'analisi, più «lieve», ricorda in qualche modo l'«andatura» di Roland Barthes. Dall'opera appena citata la presente si discosta anche da un punto di vista che potremmo dire «aspettuale»: se prima giungeva infatti a conclusione e verifica di un certo lavoro di ricerca ed elaborazione teorica, questa segna più che altro un punto di partenza lasciando intravvedere nuovi obbiettivi e invitando il semiologo a ritornare ai fondamenti della propria disciplina per elaborare gli strumenti necessari a conseguirli. etnie Scienza politica e cultura dei popoli minoritari n 14 S. Galli: 1945-48L: ameteoradell'ASAsRcuote li Trentino - G.Gonnet: La"GlorieusReentrée" - M. Merelli/AP. orro: Elezioni politicheu:nasvolta? - M. Karpati: Sintie Romin Italia - M. Strani~roI:l segretodi Coumboscuro - E. Beggiato: Una toponomastipcear li Veneto - A. Pavan: Con I Cimbrfirale selve delCanslglio - A. Cucchi:I Berberdi ell'Altoe Med1oAtlante - D. Patitucci: LalottadelKosovo - S. Stocchi: Binascionfiamme - R. lacovissi.: "Friuli,regionemainata" - A. Paini: "Perchéla MadreTerranonsoffr.a.. !" - G.Hull: Lalingua"padanese" - A. Porro: VicendedellaproprietiànSardegna Larivistaèdistribuitainabbonamdnt5on: umerLi .35.000-Europa L.40.000-Paesei xtraeurop(epi.aereaL) .70.000-Arretrati 1980/81/82/83/84/85/86L/8. 1704.000- VersamenstiulCCP14162200 intestatoaMiroMerelliV, ialeBligny22,20136Milano-Tel.02/8375525 QuestonumeroL.7.000-IncontrassegnLo.12.000-ETNIE è in venditanelleseguenltiibrerie:MilanoF: eltrinellVi,iaManzon1i2e ViaS.Tecla5- RomaF: eltrinellVi,iaV.E.Orland8o4/86-Bologna: FeltrinellPi, iazzRaavegnan1a- BolzanoA:thesiaL,auben41 che le nostre lingue, come ha rilevato Miche! Butor, non sanno esprimere. Esperienza che lascia muti e disorientati e che si lascia dire solo a cose fatte, magari attraverso un commentario «vagamente filosofico» che rischia di sciuparla un po', come nel caso di Tournier. Nostalgia di una futura perfezione ma allo stesso tempo momento di conflitto tra soggetto e oggetto che si contendono il ruolo dominante. Conflitto che lascia il soggetto, costretto a difendersi dall'invasione totalizzatrice dell'oggetto, esausto. Questi elementi sembrano caratterizzare l'esperienza estetica nelle diverse rappresentazioni prese in considerazione; rappresentazioni che per altri versi non possono non differire, se non altro per la diversa concezione che gli autori hanno della perfezione: il classicismo di Tournier chiede alle «cose» di pietrificarsi in una sfericità che non è che il risultato del movimento a ritroso dalla sinuosità «barocca», mentre quello, più morbido, di Palomar-Calvino si accontenta di seguirne il disegno a una certa distanza e Tanizaki cerca la perfezione nella materialità di un frammento; ma che differiscono anche nella qualità del conflitto tra soggetto e oggetto: solo i soggetti di Rilke e Tanizaki, ad esempio, saranno costretti a difendersi, a rientrare in sé, per non soccombere, mentre per quello di Cortazar non ci sarà via di scampo. Tra questi obiettivi messi in luce dal nuovo lavoro quello principale sembra essere l'estensione della teoria semiotica, finora, almeno per quel che concerne la scuola parigina,-quasi esclusivamente votata all'analisi del piano del contenuto, al piano dell'espressione. Estensione, la cui necessità era già stata rilevata nella conversation con Alessandro Zinna («VS», n. 43, 1986), che richiede in primo luogo l'identificazione degli elementi comuni alle diverse pratiche significanti; identificazione che deve a sua volta fondarsi sull'analisi dei rapporti uomo-mondo, quindi su di un'adeguata teoria della percezione, e che deve interrogarsi sullo statuto più o meno pregnante degli oggetti del mondo. A proposito di quest'ultimo punto, che sembra costituire uno dei principali argomenti di dibattito degli ultimi tempi in ambito semiotico, Greimas, seguendo alcune osservazioni di Paolo Fabbri sul ruolo del soggetto nella descrizione delle «figure del mondo» di Gaston Bachelard, .evidenzia il modo in cui il testo mette in gioco gli oggetti dell'esperienza estetica, propendendo verso una posizione che nega la pregnanza di questi e mettendo piuttosto in rilievo il ruolo dell'orizzonte d'attesa del soggetto. Veniamo al terzo e ultimo punto. La semiotica chiede al testo di dire qualcosa anche sulla nostra condizione di uomini; la domanpagina 25 da, a prima vista eccessiva, appare del tutto legittima considerando che viene posta da una disciplina che non si vede solo come una teoria ma anche come assiologia e in fondo come lo stesso Greimas rileva «tra due interrogazioni: come s'introducono i valori', trascendenti per definizione, nei comportamenti quotidiani del soggetto, e come possono - o potrebbero - essere integrati, non vi è che un passo spesso impercettibile» (p. 90). Il lavoro si conclude con una diagnosi, non certo rosea, della nostra quotidianità segnata dall'uso e dall'usura delle cose e dei rapporti interpersonali e lascia intravvedere una possibile cura nell'estetizzazione dei piccoli particolari che ci circondano, attraverso la predisposizione di quegli «orizzonti d'attesa» che sembrano caratterizzare ogni esperienza estetica. Ma quand'anche sia possibile partire dall'estetica per orientare i nostri giudizi sul mondo, e quindi . per regolare la nostra vita (per l'omologazione delle categorie di giudizio cfr. Omar Calabrese, L'età neobarocca, Bari, Laterza, 1987), non si rischierà di cadere nell'uso e nell'usura dell'estetica? Per Greimas vale la pena di tentare. Algirdas J. Greimas L'Imperfezione Introduzione di Paolo Fabbri Palermo, Sellerio, 1988 pp. XXV-78, lire 12.000 Una lapide sulla madre Giampiero Moretti N on si può che salutare con vivo interesse la traduzione in lingua italiana della prima parte dell'opera capitale di Johann J. Bachofen; giurista e storico delle religioni, Bachofen pubblicò il Matriarcato (Das Mutterrecht) nel 1861, dopo una gestazione abbastanza lunga e movimentata. Giurista di formazione, si diceva, Bachofen diviene storico delle religioni e filologo per vocazione, per quella «necessità romantica», potremmo dire, che, a partire da Novalis, ha cercato di configurare· un'unificazione essenziale fra le scienze dell'uomo, quell'unità nascosta e segreta che si riteneva vigere nel profondo della realtà stessa. Bachofen aveva assistito già nel 1841, a Bonn, a un convegno di filosofia, nell'ambito del quale era stata presentata, da parte del Fellow, una relazione sulle scoperte da lui effettuate in terra licia. Nel 1847 il Convegno di filologia si tenne a Basilea, dove soggiornava la ricca famiglia di Bachofen, il quale partecipò alla sua organizzazione. Negli anni seguenti, Bachofen si allontanò dalla partecipazione pubblica alle riunioni filologiche a causa del suo lavoro alla Storia dei Romani, che lo impegnava molto. Nel periodo che va dal 1848 al 1859, fino a due anni prima cioè della pubblicazione del Matriarcato, Bachofen compì tuttavia il suo secondo e terzo viaggio a Roma, la città che lo attraeva più di ogni altra in quanto· fonte del diritto ed erede delle concezioni simboliche più antiche, un viaggio in Grecia, e, soprattutto, rese pubbliche per la prima volta a Stuttgart, nel 1856, in occasione di un'altra riunione di filologi, le sue teorie sull'esistenza, nell'antichità, di un diritto femminile. Nel 1859, Bachofen aveva poi pubblicato la Simbolica
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