Alfabeta - anno X - n. 109 - giugno 1988

PierAldoRovatti Il declino della luce Metafora e filosofia. Da Heidegger: Nietzsche, Bergson, Derrida, Levinas, Blumenberg. •Filosofia• Pagine 144, lire 20.000 Stefano Petrucciani Eticadclia' rgomentazione Ragiones,cienzae prassi nelpensiero di Karl-OttoApel Interrogare Apel per una razionalità filosofica "forte" Edoardo Sanguineti Ghirigori ltalianese 1979-80. Un diario di bordo ironico e feroce. • Saggistica • Pagine 194, lire 23.000 Yves Bonnefoy L'impossibielela libertà. Saggio su Rimbaud Da Rimbaud a Rimbaud attraverso la scrittura e il sapere di uno dei maggiori poeti contemporanei. • Saggistic,1 • Pagine 128, lire 20.000 Novità Eric Weil HEGELE LO STATO e altri scritti Hegeliani Hegel, la politica e la storia nella originale rilettura di uno dei più grandi filosofi del nostro tempo «Socrates», Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, pp. 269, L.28. 000 M. Ferraris E. Franzini T. Griffero F. Vercellone CIÒ CHE L'AUTORENON SA Ermeneutica, tradizione, critica Brevi e incisivi saggi sul dialogo tra l'opera e il pubblico. Ermeneutica come gioco sempre rinnovato di lettura dei testi. «Saggi» pp. 136, L. 15.000 Rosario Assunto ONTOLOGIAE TELEOLOGIA DELGIARDINO Il giardino come luogo di origine, Eden, Paradiso Terrestre, idea universale e· auspicato luogo di felicità. «Kepos», pp. 182, L.20.000 Grazia Marchianò LA COGNIZIONEESTETICA TRAORIENTEE OCCIDENTE Le costanti della creazione poetica nell'affascinante confronto tra pensiero orientale e filosofia dell'occidente. «Saggi», pp. 204, L. 21.000 EASSOCIATI pagina 20 stume dell'autrice di scrivere al maschile (abitudine, questa, contratta nell'infanzia). Walter Siti, nella presentazione al volume della casa Einaudi, ha parlato di un «vuoto metafisico»: la preponderante fisicità della poesia dell'Annino è il necessario pendant di questa assenza. L'ossessione delle cose•,della realtà alterata apparentano piuttosto l'opera di Cristina Annino a certe esperienze figurative; penso ad esempio a quella di Bacon, che alcuni versi di Conferenziere con sciatica sembrerebbero richiamare: «Ho il quadro / del mio intestino ben più umano / davanti. Lo tengo/ come santo, in alto sul comodino». E nei testi dell'autrice, come già in Bacon, c'è tutto il senso di un disfacimento ineluttabile che è impietosamente e nitidamente registrato dall'occhio: «lo lascio che le cose / vengano a me e tutto finalmente si somigli», leggiamo in Madrid. È la dimensione tutta presente di ciò che è organico - non a caso predominano le forme verbali al presente, a sottolineare l'immediatezza del basso corporale (così potremmo parlare di una poesia dell'antimemoria, calata com'è nell'immanenza delle cose, dei fatti, nel vasto contenitore del corpo). Tuttavia non bisogna dimenticare che Cristina Annino partecipò a suo tempo al lavoro sperimentale del fiorentino «Gruppo 70», di cui condivise la volontà di ampliamento e rinnovamento del linguaggio poetico rispetto alla cultura ermetica. Questo retroterra è percepibile nel tipo di sintassi scelta dalla Annino per la propria poesia, una sintassi più giustappositiva, paratattica che subordinante. Il suo periodare, da un punto di vista puramente grammaticale, è semplice, lineare, molto breve, scattante; ma le proporzioni sono frequentemente ellittiche a far saltare i normali nessi logici del linguaggio, a dilatarne, polarizzarne la portata metaforica. In Madrid siamo di fronte a una narratività in apparenza più distesa, ma queste forme aperte, in realtà, sono minate, inficiate da un ritmo franto (anche dalle pause della punteggiatura abbondante), reso ancor più frammentario, ad esempio, dalla pressoché costante durezza delle clausole. Si tratta insomma di un andamento ritmico che non intende essere banalmente prosastico: «Le parole immense sono I mosche ai miei piedi. Tutto già fatto fuori, già/ stato nell'universo che è curvo. lo vedo / un treno tremolante da dimensione a dimensione sfarsi, / e poi daccapo in un altro luogo dov'è» (La Storia), oppure «Salutiamo, signori,/ sigari anche noi, uno per volta o insieme dove vanno / a finire, i gol, lanciati / più in là della rete visiva di porpora. Ma lui / li riporta qui» ( /I fumatore d'occhio). Come dire, un cammino poetico teso a rovesciare, a mettere in mostra la piega, le viscere delle cose e del linguaggio; un modo di porsi davanti al mondo in sfacelo con un'ironia che sconfina sovente nel sarcasmo (qui quanto mai a proCfr/Conve Psicoanalisi, pittura, colore Mario Spinella I n un saggio recentemente pubblicato su «Alfabeta» (aprile 1988), C'è ancora una macchia qui. I colori e la guerra in psicoanalisti, lo psicoanalista Sergio Finzi dà una notizia della individuazione da lui compiuta attraverso la clinica, di una forma specifica di nevrosi: la «nevrosi di guerra in tempo di pace». Tra le caratteristiche che distinguono tale sindrome, fondamentale appare quella per cui «la semeiotica per cui si riconosce una nevrosi traumatica di guerra in tempo di pace non sono le espressioni linguistiche o comportamentali dei pazienti, i lapsus, le azioni sintomatiche, ma determinati aspetti e vicissitudini della luce e dei colori». Il colore, e dunque la pittura, la figurazione, il raffronto con le pieghe dell'espressione linguistica: un tema che fu già del Laocoonte di Lessing, «sui limiti di pittura e poesia». Da qui il titolo della giornata di studio, organizzata da «La pratica freudiana» di Milano, che Finzi dirige, e dall' Amministrazione provinciale di Mantova il 16 aprile scorso: Il nuovo Laocoonte sui limiti di psicoanalisi e pittura; che tuttavia assumerà, nella relazione di Finzi su Globo dipinto; le formazioni psichiche e il marchio della «discesa dell'uomo», una più ampia connotazione. Laocoonte, la scultura questa volta, con il suo viluppo di membra umane e animali, richiamerà, insieme alla psicoanalisi (la «fobia» per gli animali) e a Darwin, in particolare, appunto, alla sua Discesa dell'uomo. Una presenza, questa di Darwin, che è stata oggetto previlegiato dei seminari svolti da Finzi per «La pratica freudiana» in questi ultimi anni, e che ha dato luogo a una serie di scritti sull'argomento, via via pubblicati sulla rivista «Il piccolo Hans». In un complesso itinerario, che va dal Viaggio di uno psicoanalista intorno a Darwin, (1984-1985), sino al recente intervento, nella giornata di studio dedicata in marzo, a Firenze, a Forme della natura e del soggetto, le forme, appunto, della natura, indagate da Darwin, e quelle del soggetto penetrate da Freud hanno ritrovato una loro convergenza e un loro intreccio nella psiche. È, questo, un percorso che ha stretta attinenza con quello compiuto da Freud - come leggiamo nella presentazione di Finzi all'incontro mantovano - con «il passaggio dall'inconscio all'Es, da un inconscio nell'apparato psichico, esteso, con una direzione, un orientamento e delle barriere, a una struttura in cui prendono il sopravvento le qualità cromatiche e luminose, il gioco delle forme, la fisiognomica, e in generale un punto di vista morfologico. Laddove l'apparato psichico si commisurava all'artificiale, alla protesi, l'Es imita l'impasto e il disimpasto delle forme naturali». La relazione sul Globo dipinto elabora i termini di un itinerario, entro la psiche, che, muovendo dalla perduta capacità infantile di realizzare, con grande facilità, un disegno (un animale, una casa, un albero), una perdita che è una rimozione, enuclea il riaffiorare, nei sogni - in una successione di gradazioni di colore, di strisce, di macchie - di un globo colorato, che ha una stretta parentela con il formarsi di un ocello negli animali, in natura, quale è stata descritta dal Darwin della Discesa dell'uomo. L'ascolto psicoanalitico che sappia essere attento a questo aspetto specifico della vita psichica ne trae una nuova possibilità di affrontare quelle forme al limite della psicoanalisi, che sono la perversione e la psicosi; il soggetto stesso, attraverso un lavoro di ricomposizione, di tessitura, si apre al riconoscimento del trauma dell'impatto sessuale legato alla insopportabilità del godimento del padre. «Psicoanalisi e pittura» sono state di nuovo al centro della relazione dello psicoanalista Jorge Canestri, La risonanza e lo scarto. Un'analisi delle relazioni tra gli «elementi » della pittura (Kandinskij) e la parola. Egli ha voluto fondamentalmente rifarsi a uno dei tentativi più avvincenti di costituire una «scienza» dell'arte: quello compiuto da Vassili Kandinskij nei suoi scritti teorici, e particolarmente in Dello spirituale nell'arte e in Punto e linea nel piano. L'interrogarsi di Kandinskij sull'autonomia del linguaggio pittorico, sul suo costituirsi in base a proprie leggi interne, il nesso tra gli elementi essenziali della pittura (il punto, la linea, il piano) e la «pulsazione interiore», la «risonan_za» che essi hanno nella psiche sono altrettanti campi tematici ove il rapporto tra immagine e parola trova nell'esperienza e nella teorizzazione del lavoro psicoanalitico ampie modalità di indagine e di messe a punto. Cesare Segre ha voluto soffermarsi nella relazione su un aspetto specifico delle particolarità, rispettivamente in poesia e in pittura, della rappresentazione: il movimento. La rappresentazione poetica - e letteraria in genere - si esprime in un discorso «lineare», temporale; è, di per se stessa, movimento. La sua sequenza si impone direttamente al fruitore, al lettore. La pittura, al contrario, svolge il suo discorso nello spazio, in uno spazio fissato, delimitato. E qui colui che guarda, il fruitore, sebbene possa essere indotto, con vari accorgimenti, a una scelta voluta dal pittore, sceglie, in ultima analisi, il percorso: dal centro del quadro, in verticale, in orizzontale, in diagonale, ecc. Tuttavia anche nella pittura si dà rappresentazione del movimento; per cenni, per allusione, per suggestione. Così - tra i vari esempi recati da Segre - avviene, per esempio, nei molti artisti che hanno raffigurato, traendola dai Vangeli, dalle «scritture», l'Annunciazione. Qui la posizione del piede nell'angelo, l'ampiezza e la situazione delle ali, il protendersi o il ritrarsi della Madonna, danno idea, appunto, dello svolgersi di un' «azione», nella sua temporalità. E così vengono perAlfabeta 109 posito nel significato originale greco sarkazein: «lacerare la carne» ... ), cioè nella demolizione delle consuete, ufficiali relazioni metaforiche, a cui concorrono lingua della tradizione più cultura, parlato quotidiano, neoformazioni lessicali - come salamità, sciaticamente - organizzati secondo quell'insolita grammatica alla quale alludevamo prima. «Mai ho il senso della fine quanto percorrendola», afferma Cristina Annino nel componimento Tutte le conseguenze sono state fatte: l'opera dell'autrice propone un tragitto originale verso la distruzione di una «poeticità» che, se è ancora suggestiva, pare comunque ormai incapace di imitare - in senso forte - il mondo delle cose e degli uomini. Cristina Annino Madrid Milano, Corpo 10, 1987 pp. 86, lire 10.000 • cep1t1, recepiti, dalla mente: Il movimento come fatto mentale, come suona il titolo di questa relazione. Italo Viola, riferendo su Un nodo barocco di poesia e pittura si è soffermato sul grande mutamento della gerarchia dei cinque sensi che ha compiuto, tra il XVI e il XVII secolo, nella nostra cultura, il passaggio dal primato dell'«udito» (la parola, la Sacra Scrittura tramandate dalla Chiesa) alla vista, strumento della «nuova scienza» sperimentale. Ma già Ignazio di Loyola, con i suoi Esercizi spirituali, accede a questa diversa impostazione: la fede, la pratica stessa dell'ascesi, saranno sostenute da «una trama graduata di 'vedute'», formate («con la vista dell 'immaginazione») di elementi naturali e storici. Il barocco segna il trionfo della «vista» nel campo dell'arte, e pone nuove esigenze e nuovi interrogativi alla poesia. L'analisi della Galeria di Marino rende conto della tensione cui il ruolo della parola è sottoposto; espressione, la parola, di una «vista interiore» che si articola in una «lingua delle immagini», «geroglifici e libri, ond'altri pote/de' secreti del cor legger le note», come lo stesso Marino scrive nell'Adone. L'autore di questa nota, infine, ha tracciato un sintetico excursus entro la storia della simbologia del colore quale si è andata manifestando e si manifesta nella antropologia e nella cultura popolare, un itinerario volto a mostrare come in Freud, ove appaiono in forma rilevante, i colori svolgano una funzione ben diversa, quella di nodi, o forme, intorno a cui possono articolarsi - come avviene per determinate parole-ponte - gli intricati percorsi della «interpretazione» psicoanalitica. Il nuovo Laocoonte sui limiti di psicoanalisi e pittura Giornata di studio organizzata da «La pratica freudiana» e dall'Amministrazione Provinciale di Mantova Mantova, 16 aprile 1988

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