Alfabeta 108 Il dodecaedro t• (faccia) Anche in una botte spazierebbe come nave - l'idea di me - nel taglio meduse di fuoco - le città - sferzano Prove d'artista Il dodecaedro ... 2• (faccia) Nel movimento spaziale - temporale infinita successione di griglie Gonfia tendopoli - ragazzi - L'icosaedro 2• (faccia) È quasi tardi nella direzione relativa - la porta - si spalanca nel cuore in fuga di stanze semibuie toglie il respiro pagina 35 aurore di boschi (bruciati) - torri del sogno - la stessa età ma non se stessi. a misurare le cose tutto sfuma - malinconia - nella velocità decantata schiacciante dove cresce ad anelli il silenzio Il segno profuma il tempo di un fiore si piega il mio spazio al richiamo Come la penna la prima era - d'oca - spennata divorata con ghigno umanizzata (a scusare dei lenoni gesta e stupri) nella spirale l'argento. Remoto labirinto transita fissità - vigore nell'essenza pungente modulata - il futuro - poi arrivò lo - stilo - così di stilo in stile s'impenna l'inchiostro da un punto all'altro si svena nel moto di una sfera. Nelle mani assediate come isole da sQlchi profondi - due uova - impressione vitale interagendo nascosti trasudano vigore i tuorli gravitano in fosforescenti laccioli d'albume L'affresco nel guséio staziona a culmi Dentro canapi di vene si rincqrrono sguardi cuori e vele alla finestra (Fra me e me pensando) inconsapevole la campanella segna l'ora - E domani? - nella patina porosa succede sensuale - pulsione - Nel segno del sogno il fondo il movimento le distanze macerano nell'ordine il tempo di ombre frastagliate nodose in parte sul spalancata sul vuoto - assedio del nulla - muro - modulata energia - come di rami secchi sacrificata l'essenza in fumo addita - palpiti - Blasone corporale Oh corpicino mio come ti amo tu sei caro e gentile e fatto a modo tu fosti in gioventù come un richiamo di seduzioni e perfino i leoni venivano a mangiarti nella mano tu fosti come scatola intarsiata tu fosti come tenda ricamata tu fosti come guscio di lumaca fragile protezione e bell'aspetto ma quel che custodivi non ho detto. Quando apri gli occhi certo non ti incanti a disquisire sul brutto e sul bello nella rètina ti abita un uccello con becco lungo e con ali importanti che vuol vedere le cose dall'alto che non vuol essere mangiato dal gatto ma dall'aquila sì se non c'è.scampo è un uccello un po' guercio e un po' bislacco quello che vede non è proprio esatto ogni volta lo devo riformare per non subire un notevole scacco devo inventare una nuova misura e devo ordire un'altra tessitura devo tenere insieme tutto quanto per non vedere i frammenti del mondo fuggir veloci e disperdersi intorno. Hai la bocca di rosa e di cinabro che pare un melograno novembrino un filo di saliva sul tuo labbro può far nascere pensieri senza scampo in chi già conoscesse quel sapore in chi già immaginasse quel calore in chi sapesse come è dolce avere e morsi e baci e leccatine audaci tutto per preparare quel piacere che nella bocca si può prevedere. Dentro ci sono i denti per mangiare e carni e frutti ed altre leccornìe uno è un po' rotto e un altro un po' giallino ma fanno un bel sorriso persuasivo. Invece se la lingua fa parole non è certo che dica quel che vuole spesso si incanta e scivola di lato Domani ragazzi sul piano ortogonale inventate - L'AURORA - Carla Vasia spesso sibila e fischia e con la voce una parola forma senza pace perciò stia nella bocca imprigionata una tagliola una morsa serrata se proprio vuole per forza parlare tu prima falle leccare del miele che si addolcisca il sapore di fiele e dopo venga pure a recitare e versi e strofe e canti e filastrocche e storie e scioglilingua e ritornelli e tutte quante queste cose sciocche purché non dica quel nome segreto che scioglierebbe il raro indovinello che ti rimane nascosto nel petto. Restan da dire cose a non finire. Il collo è come torre di castello le spalle hanno la giusta inclinazione di chi non regge il mondo ma un fardello da vagabondo legato alla meglio che questa è la tua vera condizione la gabbia delle costole trattiene un tamburo che batte nelle vene in sintonia col ruotare del cosmo anche se perde un colpo non fa niente sarà quella che passa e non si tiene perché quando si rompe l'armonia la malattia si insinua a ventre piatto e puoi perfino diventare matto. Ma per pene minori e per tormenti come per riso e gioia e per contenti si alzano e si abhassano affannate due melucce rotonde e profumate che sul davanti sono maturate. Hai le braccia lunghette e ben tornite che braccio abbraccia è fatto derivato ed è l'unica cosa che può fare non potendo dei pesi sollevare che all'uomo spetta ormai di faticare le Veneri si sa non hanno braccia come ci mostra la scultura antica se mai uno soltanto per portare la mano su qualcosa da coprire oppure da velare o titillare insomma da indicare e profferire al piacere di chi la sta a guardare che il pudore non vuole praticare chi possiede qualcosa da spartire. Certo ce l'hai anche tu nascosta in mezzo la tua scimmietta la tua paperella tutta quanta segreta e tutta bella lavorata a bulino e filigrana risuona come piccola campana e per farla contenta ti è toccato di vivere sovente nel peccato. Hai gambe dritte e caviglie sottili hai piedi arcuati con la pianta stretta che hanno camminato sempre in fretta perché quando imboccavano una strada volevano sapere dove andava così molti paesi han traversato cercando di raggiungere !'altrove ma sempre si trovavano in un dove diverso da com'era immaginato. Ma tu non sei divino corpo mio ed è un peccato che debba morire e prima ancora che debba invecchiare ci sarà chi lo dovrà ricordare senza bellezza e senza alcun ardire e tuttavia non resta che aspettare anche il ricordo si dovrà lasciare e col distacco poi dimenticare. Come ti piango nel tuo bel fiorire e mi dispiace vederti appassire. Ogni capello cadrà dalla testa uno per uno e grigio e liscio e matto nell'occhio ci sarà una lacrimetta non per amore più ma per bruciore della palpebra rossa e forse infetta la carne sarà molle e poi rugosa le spalle curve e le ginocchia molli con piedi storti e dita rattrappite. Oh corpicino mio che dispiacere così ridotto non ti so vedere. Ma un giorno superate le premesse sarai uno scheletrino ben connesso un bel teschietto con zigomi alzati un bel sorriso di trentadue denti se quelli finti non sono cascati e tutto il resto ben proporzionato _scricchiola un po' ma non potrai evitarlo di tutto questo è meglio che non parlo. Resta da dire il nome che hai portato venti secoli fa fu accreditato in rune antiche è scritto sulla stele in caratteri unciali è ripetuto a Vaison la Romaine è collocato un nome di sorgente consacrato chi non ci crede legga nel trattato di quel Grenier che i celti ha raccontato. Ancora hai gli occhi chiari e il crine biondo ti piace l'acqua di cui manca il fondo l'acqua limpida e chiara di sorgente che ti ricorda la perduta gente eran nomadi e maghi gli antenati or siam rimasti in pochi e sradicati e raccontiamo favole incantate e custodiamo insieme quel segreto come una pietra incisa in mezzo al petto. Perché vi ho quasi tutto raccontato ma la chiave di tutto non vi ho dato non vi conosco abbastanza per dire quel che nessuno dovrà mai scoprire rimane quel segreto che non dico che resta in bocca come un sasso antico. Detto anche questo non c'è altro da dire che questa storia dovrà pur finire ma prima ci dobbiamo accomiatare da chi più a lungo c'è stato a ascoltare e prima vi vorrei raccomandare che ognuno il suo blasone voglia fare se deve in altra vita ritornare e bocca e occhi e mani ha da cambiare insomma un altro corpo ha da indossare e perderà la memoria e il pensiero che questo gli farebbe ricordare e perderà la vita singolare che può sì bestemmiare o benedire ma sempre gli dispiace di finire. Addio mia cara gente amici addio torno a tacere dentro al corpo mio.
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