Nanni Balestrini Il ritorno della signorina Richmond commentovisivodi GianfrancoBaruchello •J/ ritornoinItaliadr/lasignorinaRich· mondavvimrrul/'estalt1984,r coinride ra.r11almmctot nqurllodr/ .wohiografo in ver.ric,hedoporinqueanni di esilioin_ trrraprovmzalt tra statodalla gi,mizia italiana amahilmrnlt dichiarat/J innoantedripiùgraviatti di tem1rirmo politico•. • Goffredo Parise Arsenico con11n.raggiodi AndreaZanzotto ... ·te.riorivtlatort.Siaper i tm1itoccati, .riaperil continuoinm.rparsdi eldmato 11ell'inralzarder/la .rilllaHi e nrl/'impmnat11radel/miro. .riaperlaforza di un flusso atrahiliarr rhe invr.rtef,n da/l'inizio/'tlahorazionestilùtira, wo .riponein una zonarontiguaa arte .ri.rmograf,egaddiantoaddiritturaa Cllint• ... Giorgioe NicolaPressburger L'elefante verde Budapest, ottavo distretto. Un sogno e la sua interpretazione rabbinica si tramandano di padre in figlio. interrogazioni 11-111 Il ritornodel libro e li librodi Yuke/. Due nuovi passi nell'incessante percorso della scrittura. • Bibliot«aIn forma di parole• Pagine 200, lire 23.000 Pier Aldo Rovatti Il declino della luce Metafor.a e filosofia. Da Heidegger: Nietzsche, Bergson, Derrida, Lcvinas, Blumenbcrg. • Filosofia • Pagine 144, firc 20.000 Yves Bonnefoy Vimpossibileela libertà. SaggiosuRimbaud Da Rimbauda Rimbaudattraverso lascritturae il sapere di uno dei maggioripoeti contemporanei. •Saggistica• Pagine 128, lire 20.000 pagina 26 espressioni floridissime» (p. 16). Perfettamente conscio di ciò che è andato perso «dans le grand traumatisme de la pureté classique» (Barthes), Macchia si è sforzato di mettere in rilievo quanto d'irrazionale e di smisurato c'è nella letteratura francese: «Molta poesia del Trecento e del Quattrocento, la scuola ·lionese, i poeti protestanti del secondo Cinquecento, da Grévin a Du Bartas, da Sponde al grande Agrippa "d'Aubigné, l'interpretazione barocca di molta poesia (compresa quella del primo Malherbe), i burleschi, i violenti poeti realisti e satirici, i libertini in pieno 'grand siècle' [... ]» (p. 17), per limitarci al periodo di questo primo volume che si chiude, alla fine del Seicento, con la Querelle des Anciens et des Modernes». E questo lo ha fatto ovviamente non per diminuire l'importanza del secolo di Luigi XIV e tanto meno delle decadi 1650-1680 che vedono fiorire alcune tra le più alte forme espressive della letteratura francese (da Molière a Racine, da Pascal a La Fontaine, da Madame de La Fayette a Bossuet) ma per rendere più mossa e più ricca una letteratura che per fortuna sua «non è mai guarita dalle sue malattie» (p. 16). Riaffiora in questo volume il mito, tanto caro a Macchia, di Parigi «simbolo luminoso che affonda le proprie radici nel buio [... ] enorme organismo in movimento, bello perché[ ... ] vivo, animato nel suo divenire da una vita sotterranea, piena d'ombra e profonda», Parigi che il potere di Versailles non riuscì mai a domare fino in fondo. Paradiso della ragione la letteratura francese? Forse. Ma innanzitutto in quanto aspirazione o rivolta contro la ragione. Il lettore di Macchia che ben conosce il suo interesse per i «temi della follia, della malattia, della solitudine, del personaggio 'sequestrato', del rapporto fra la letteratura e la malattia» (Intervista) avrà capito che questo volume s'inserisce nel felice filone dei maggiori testi, dal Paradiso della ragione (1960) al Mito di Parigi (1965), da Baudelaire (1975) a L'angelo della notte (1979). Un volume di ben 1516pagine nei dettagli del quale non si può certo entrare qui anche perché si rischierebbe di perturbare il rapporto personale che Macchia, attivo intermediario, riesce a stabilire tra il lettore e i testi ampiamente citati. Dotata di rapide note biografiche e di un accurato apparato bibliografico, La letteratura francese di Macchia non è soltanto un utilissimo strumento di lavoro (e penso in particolar modo al saggio introduttivo Il senso della letteratura francese, pp. 3-33) ma anche - cosa più rara - un prezioso invito al piacere della lettura. Giovanni Macchia La letteratura francese Voi. 1: Dal Medioevo al Settecento Milano, Mondadori, 1987 pp. Ì516, lire 45.000 In nome dell'architettura . Silvana Borutti T esto scritto e immagini (l'apparato iconografico occupa circa la metà delle 120 pagine complessive) cooperano in modo coerente in questo volume a una ridefinizione della questione architettonica. L'idea centrale è quella di dar voce all'archiCfr tettura moltiplicando i luoghi da cui si parla di architettura, creando un incrocio di enunciazioni che è un incontro disciplinare: il lessico e le modalità enunciative dell'architettura (Angelo Mangiarotti), dell'ermeneutica filosofica (Luisa Bonesio), della filosofia della scienza (Lorenzo Magnani) si intrecciano richiamandosi l'un l'altro - all'interno della cornice tracciata da Monica Luchi, che esplicita gli intenti programmatici dell' o·perazione. «In nome dell'architettura» significa per una sua «autenticità», e quindi in primo luogo nella sospensione del nome dell'architetto. Nei saggi ricorre il tema della necessità (che investe poetica eriflessione insieme) di porsi in una prospettiva che riduca la portata dell'elemento soggettivo all'interno del processo architettonico nella sua complessità. Ciò non contrasta con l'omaggio che il testo viene infine a rappresentare alla poetica di un protagonista dell'architettura contemporanea. L'intervento iniziale di Mangiarotti trasforma di fatto l'omaggio al (proprio) nome di architetto in omaggio al nome dell'architettura. Egli esplicita il senso della propria esperienza intellettuale e artistica come ricerca di un linguaggio corgnarla alla «materia», al «semplice factum est, il semplice esistere e imporsi dell'opera» (p. 32). Bonesio trova in Heidegger le parolechiave di questo programma teorico: la critica all'epoca post-cartesiana dell'immagine del mondo diventa in questo ambito tematico critica della riduzione dell'opera architettonica a «immagine» e del confinamento dell'uomo alla figura del soggetto-spettatore. Abbandonando il rapporto cognitivistico che contrappone il soggetto all'oggetto, si apre heideggerianamente la strada a una ridefinizione specularmente costitutiva dei poli della dicotomia. Lo spazio non è più così la sua rappresentazione oggettivata da regolarità geometriche: dello spazio emerge piuttosto la qualità simbolica, il suo esserci in quanto abitato, orientato da un soggetto che a sua volta si definisce come Dasein, come radicantesi nel mondo. Il discorso dell'architettura si raccoglie (Versammlung: raduno - altro termine heideggeriano) nel «tratto» (Riss), «nucleo unitario di profilo e disegno, taglio e contorno, racchiuso nella specifica lettura dei materiali» (p. 31), ma allo stesso tempo segno che inscrive l'istanza soggettiva (spogliata delle caratteristiche della genialità romantica, da cui etnie Scienza politica e cultura dei popoli minoritari n 14 S. Galli: 1945-48L: ameteoradell'ASAsRcuote Il Trentino - G. Gonnet: La"GlorleusReentrée" - M. Merelli/AP. orro: Elezioni politicheu:nasvolta? - M. Karpati: Sintie Romin Italia - M. Straniero: Il segretodi Coumboscuro - E. Beggiato: Una toponomastipcear Il Veneto - A. Pavan:Con i Clmbrl frale selve delCanslglio - A. Cucchi: I Berberdi ell'Altoe MedioAtlante - D. Patitucci: La lottadelKosovo - S. Stocchi: BinascIon fiamme - R. lacovissi.: "Friuli,regionemainata" - A. Paini: "Perchéla MadreTerranonsoffr.a. .!" - G. Hull: Lalingua"padanese" - A. Porro: VicendedellaproprietIànSardegna Larivistaèdistribuitainabbonament5o:numerLi .35.000- Europa L.40.000-Paesei xtraeurop(epi .aereaL) .70.000-Arretrati 1980/81/82/83/84/85/86L/8.7104.000- VersamenstiulCCP14162200 intestatoaMiroMerelliV, ialeBligny22,20136Milano-Tel.02/8375525 QuestonumeroL.7.000-IncontrassegnLo. 12.000-ETNIEèin venditanelleseguentlibrerie:MilanoF: eltrinellVi, iaManzon1i2e ViaS.Tecla5- Roma:FeltrinellVi, iaV.E.Orlando84/86-Bologna: FeltrinellPi, iazzaRavegnan1a- BolzanoA:thesiaL, auben41 retto, non irriflesso: di qui l'interrogazione sul «proprio» dell'architettura e il ricorso alla concettualizzazione filosofica. L'attenzione di Mangiarotti è rivolta alla cultura edilizia, al costruire in quanto pratica anonima, ma ricca di tradizione, radicata in forme di vita e nella complessità sociale, politica, economica dell'ambiente a cui è destinata. Il fare costruttivo come pensiero architettonico - secondo qtJel nesso Bauen-Denken (costruire-pensare) che è un tema heideggeriano (tema evocato anche da Kraus nel discorso sulla tomba di Loos: «Baumeister [non Architekt!] tu fosti [... ] Ciò che costruivi era ciò che pensavi»; cfr. M. Cacciari, Aldo/[ Loos e il suo angelo, in A. Loos, Das Andere/L'altro, Milano, Electa, 1981, p. 18). I saggi di Bonesio e Magnani trascrivono il programma architettonico di Mangiarotti attraverso semantiche filosofiche; si raccoglie così attorno a uno stile di lavoro una rete di riferimenti teorici capaci di situare l'architettura in un panorama di forme simboliche, e dunque nella complessità di una cultura. Per Bonesio «enfasi sul costruire» significa in primo luogo necessità di sottrarre l'architettura al dominio della visibilità e riconsevengono il feticismo della firma, l'inanalizzabilità del capolavoro, l'irripetibilità dell'opera). D'altra parte la componente oggettiva non si risolve più nell'irrazionalità disumanizzante della tecnicizzazione. Il mondo aperto dall'opera architettonica si rivela così «disperso in una molteplice congerie di linguaggi di corto respiro» (p. 31), un intreccio di esigenze e bisogni posti dalle forme di vita, e di qualità e funzioni implicate dai materiali. Il saggio di Magnani affronta gli stessi nodi problematici, ma nella prospettiva dell'epistemologia contemporanea. La centralità del soggetto-architetto, il suo egocentrismo all'interno dello spazio progettuale, sono qui posti in crisi dalla stessa considerazione di una molteplicità di linguaggi che si contrastano e si integrano - molteplicità letta secondo la metafora del processo epigenetico, che a sua volta allude a un approccio sistemico al problema. L'architetto non è il soggetto trascendentale che intenziona nel progetto una determinata idea, o un determinato convincimento estetico: è piuttosto un sotto-logos che si autorganizza insieme ad altri logoi (materiali, tecnologie di fabbricazione, ecc.) nella subordinazione a Alfabeto 108 quel logos astratto che è il progetto. Quest'ultimo si delinea come sistema dinamico che nasce dalle componenti messe in gioco. Partendo dalla riflessione di Jean Petitot, che osserva il rovesciarsi nella contemporaneità del primato tradizionale dell'ontologico sul politico a causa dell'imporsi dei tecnolinguaggi, Magnani vuole pensare una corretta tecnologia architettonica (e con essa i saperi scientifici che la supportano) non come corsa tecnologica finalizzata al dominio, ma piuttosto come ricerca di intelligibilità della realtà, a partire da una concezione qualitativa ed ermeneutica dei saperi scientifici. Ad esempio, la matematica viene concepita non come strumento applicativo, ma come forma di immaginazione teorica, creazione di nuove oggettività. Forma e materia in architettura devono pensarsi reciprocamente, rendendosi malleabili - assieme agli altri elementi della progettazione - ai contesti reali, alle esigenze antropologiche che devono in prima istanza dettare le modalità del costruire. Angelo Mangiarotti Monica Luchi, Luisa Bonesio Lorenzo Magnani In nome dell'architettura Milano, Jaca Book, 1987 pp. 120, lire 20.000 Libri sul rock Toni Robertini S ebbene il rock sia investito continuamente da un costante e pervasivo eccesso di informazioni, sembra che la pubblicistica sull'argomento sia ben lontana dall'averne colto la reale complessità. Due libri di recente pubblicazione (ambedue di autori stranieri) sembrano invece sottrarsi al generale pressapochismo che caratterizza il settore. Si tratta di Rock. Star System e società dei consumi di David Buxton, e di Ritmi urbani di Iain Chambers. Comune ai due volumi è il tentativo di un approccio in qualche misura «colto» alla musica rock, utilizzando contributi provenienti dalla sociologia e anche dalla filosofia. Il punto di partenza delle analisi di Buxton è il Baudrillard della critica dell'economia politica del segno. L'idea che il capitalismo avanzato non produca più merci ma messaggi, trova conferma, secondo Buxton, proprio nel mondo del rock. La sua storia testimonia come determinate merci (in particolare: i dischi) diventino oggetti dotati di un significato che eccede ampiamente la loro mera funzione di «passatempo». I dischi, e successivamente ogni tipo di gadget collegato in qualche misura alle rockstar, producono segni, istituiscono un vero e proprio linguaggio. E tale linguaggio discrimina i fan e li costituisce in gruppi. La storia del rock, così, non è solo storia di musicisti, ma di mode e ideologie a essa collegate. E dunque le subculture di cui il rock si nutre, e che marcano i diversi tentativi di differenziazione sociale, divengono in realtà potenziali creatrici di bacini di consumo. E non è casuale, sostiene Buxton, che le subculture (e la stessa controcultura) nascano quando le teorie ingenue sul consumismo sono al tramonto, e anche gli operatori di marketing più smaliziati si rendono conto che i consumi vanno differenziati. Mods e design non a
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