Alfabeta 108 Nestore Pirillo L'uomo di mondo fra morale e ceto Kant e le trasformazioni del Moderno Bologna, il Mulino, 1987 pp. 360, lire 34.000 Emilio Bonfatti La «civil conversazione» in Germania Letteratura del comportamento da Stefano Guazzo a Adolph Knigge 1574-1788 Udine, Del Bianco, 1979 pp. 276, lire 25.000 Carlo Ossola Dal «Cortegiano» ali' «Uomo di mondo» Storia di un libro e di un modello sociale Torino, Einaudi, 1987 pp. 190, lire 20.000 G adamer, nel primo capitolo di Verità e metodo, passa in rassegna i concetti-guida umanistici di cultura, sensus communis, giudizio e gusto, consegnati poi, a fine Settecento, alla soggettivizzazione operata dalla critica kantiana. Nascerebbe così, per Gadamer, quella sfera «estetica», in senso moderno, che porrebbe nuovamente la questione della verità - affrontabile da un'ermeneutica del dialogo. Tale discorso gadameriano offre un'interpretazione storiografica di uno dei passaggi cruciali del moderno che, per le sue implicazioni teoretiche, non sarà mai interrogata abbastanza, magari su un terreno più strettamente storiografico. Ora, il libro di Nestore Pirillo L'uomo di mondo fra morale e ceto può essere adoperato (anche) coml°-u:n contributo in tal senso: un'opera pignola, essendo l'autore costretto a ciò dal compito di mostrare in che modo Kant rassetta l'intero vocabolario etico che regola la sua età. Inserendosi questo libro nel filone della Begriffsgeschichte, vanno innanzitutto menzionati gli altri materiali su cui Pirillo misura gli scritti kantiani. Sono i testi della letteratura del comportamento, di ormai lontana ascendenza rinascimentale (saggi, trattati di filosofia pratica, voci enciclopediche e di vocabolario - oltre a opere organiche), tematizzanti appunto la disciplina del gesto e della parola. In questo intreccio, ci si può ben orientare grazie alla storia raccontata da Bonfatti: quella della ricezione di un testo classico della letteratura del comportamento, la Civil conversazione del Guazzo, in Germania (e subito si nota che la trattatistica comportamentale italiana in Germania, oltre a essere filtrata dalle rielaborazioni francesi, si inserisce in una tradizione autoctona: ordinamenti cittadini relativi alle articolazioni cetuali, precettistica sulla morale domestica e nobiliare introdotta dalla Riforma, ecc.). È su tutto questo sfondo che va visto il tema del libro di Pirillo, l'operazione eseguita da Kant sulla doppia scissione del moderno, pubblico/privato e interiorità/esteriorità: progettare la «costituzione di un soggetto dell'obbedienza» più forte di quello protomoderno, rivederne la psicologia e riscriverne la cultura comportamentale, fidando in una metafisica «conformità di ragione, potere e soggettività» (p. 322). Con una puntigliosa analisi dei testi, viene innanzitutto ricostruita la separazione kantiana tra l'etica cetuale, modellata sull'esempio della corte, e la (progettata) etica di un ceto generale, cosmopolita - attuata opponendo un paradigma del rapporto comando-obbedienza forte a uno debole. Il nuovo virtuoso non mirerà più direttamenI pacchetti di Alfabeta pagina 13 buone maniere dell'etica Pietro Kobau te alla felicità, ma all'essere degno di felicità, spererà di essere felice (niente di più, niente di meno). Da qui in avanti, il metodo kantiano dispiega altre serie di distinzioni, intersecate tra loro. Innanzitutto, si separano abilità (tecnica, sapere dei mezzi, in vista del fine naturale, ovvio, della felicità) e prudenza (posizione di fini più accorta e complessa e, quindi, revisione della tecnica). Poi, in base a questa lista, viene tracciato un quadro di soggetti: il Weltmann (l'uomo di mondo) e il Weise (il saggio), entrambi opposti (verso il basso) all'«uomo di natura» e (verso l'alto) al «santo». E l'uomo di mondo va reso saggio, tenendo d'occhio il santo: così, passando da abilità a prudenza (al sapere di un fine difficilmente denominabile, ora che l'ovvietà dei desideri si è rivelata pericolosa), muta il suo mondo interno, si complica la sua fenome- .. conoscere teoreticamente il mondo e partecipare al gioco della mondanità. Di nuovo, le opposizioni si intrecciano: il conoscere il mondo (il conoscere gli altri) si oppone (verso il basso) al sapere imponente escolastico del «pedante» e (verso l'alto) al conoscere se stessi (la moralità). Il We/t haben risulta così inscritto in uno schema a più dimensioni: si hanno infatti «l. Una conoscenza che si può applicare al mondo sociale (tecnologia) in opposizione a una conoscenza scolastica non applicabile al sociale [... ] 2. Un attore ( di questa conoscenza) che non guarda, non contempla, ma partecipa al grande gioco della vita [... ] 3. Un processo che secondo la scala non solo. di abilità e prudenza ma anche di saggezza connette tecnica e costume all'altezza della morale» (p. 170, corsivi miei). Rilevando come al pedante difetti non solo la pratica, • I [NliI • c·E>T LUI • Il pagliaccio è lui! nologia - al che interviene la metafisica operando un «capovolgimento del fine perseguito come metonimia dell'inappagamento del desiderio» (p. 317). La ragione salta sull'altro lato della scissione interno/esterno, attuando il suo piano così: 1. scindere godimento e dovere, 2. risolvere il conflitto tra i due con l'esclusione del primo, 3. «Una volta che il disciplinamento ha invaso e si è impossessato saldamente [... ] del mondo interno, ciò che è escluso può rientrare: si possono accogliere gli aspetti della dottrina della prudenza come l'utilità, la convenienza, il piacere» (p. 146). Il disciplinamento di affetti e passioni si traduce nel disciplinamento dei comportamenti, l'operazione psicochirurgica si ammorbidisce in un'operazione culturale: impadronendosi della comportamentistica cortese (in questo senso, non è innocente l'opposizione tra l'uomo di mondo, in quanto attivo, «fuori di sé», e gli introspettivi, entusiasti o ipocondriaci). Strategica si rivela allora la distinzione kantiana tra Welt kennen e _}'V elt haben, tra ma anche un'estetica (oltre alle «massime», il «gusto»), si innesca un 'ulteriore elaborazione della figura del Weltmann, si passa alla fenomenologia delle sue pratiche di simulazione-dissimulazione, giudicate come illusione positiva, non mero inganno, «abito», non «trucco». Quando l'uomo di mondo, rieducato, diventa cittadino del mondo (Weltburger), si delinea una nuova estetica del comportamento. E quindi si innesta immediatamente una riflessione politico-morale sulle differenze nazionali. In sintesi: ne va dei diversi rapporti tra estetica dell'azione e politica, nella corte e nel mondo borghese - chiaramente leggibili nelle trasformazioni subite dalla letteratura del comportamento, ai suoi transiti di frontiera. S u ciò, risulta di nuovo illuminante Bonfatti: se i modelli classici di tale letteratura sono quelli italiani rinascimentali, essi, trasposti in altre realtà (in altre nazioni e in altri filoni letterari), assumono altre funzioni, cancellandosi in essi i segni della crisi del mondo cortese. ,,., Così, afferma Pirillo: «La conversazione del modello francese che giunge a Kant, pur essendo legata alla scena di corte, si era sciolta dal sociale e poteva essere accolta [... ] in una situazione come quella tedesca dove si dava [... ] non solo la separatezza di funzione intellettuale e ruolo politico, ma anche di dotto e mondo sociale» (p. 246). Questa condizione, che le storie chiamano «miseria tedesca» (paradosso di arretratezza feudale e radicalità della riflessione modernizzatrice ), ha in Kant conseguenze decisive: «La dottrina della prudenza è recepita secondo un punto di vista (privato) che spacca la simbioticità della società-stato, fondamento della casa nel suo complesso, e della formazione del We/tmann (... ] La conversazione si sposta: dalla corte, vicina o lontana, diventa funzione comunicativa tra privati-virtuosi» (p. 279). La costituzione della persona, uomo di mondo più forte, si attua attorno a una tavola imbandita privata, differente da quella del passato: qui l'esteriorità dei commensali è omologata a un'interiorità nuova, tutta controllata. A un tale convito, per esempio, sparisce la scissione platonica arte culinaria/arte medica. Se per Platone «la culinaria sta alla medicina come la retorica all'amministrazione della giustizia e il saper vestire alla ginnastica» (p. 282), per Kant queste distinzioni, già classiche, vengono aufgehoben all'interno di un nuovo vocabolario totale. Dopo tutto ciò, vale la pena di soffermarsi sull'ipotesi storiografica presentata da Ossola nel primo capitolo del suo libro. Vi si narra in breve di come il bon ton, il tono della dissimulazione, da cortese si sia fatto tono borghese, illuminato, consegnandosi quindi all'omologazione totale dell'uomo di mondo moderno; indi, segnalato il nesso (oggi obliato) tra pensiero-dimorte ed esercizio della distrazione, si propone il Cortegiano del Castiglione come esempio di fondazione e morte del ceto rinascimentale, paradigma del suo divertirsi. Così, nel capitolo La nascita del modello, viene fornita un'analisi del Cortegiano come monumento alla crisi dell'etica di corte italiana (proprio quel senso che non filtra nel circuito europeo della letteratura del comportamento, come si è visto), spiato nel suo farsi, da gesto istitutivo, mera letteratura - fino al decomporsi stilistico dei moduli della «sprezzatura» e dell'esemplificazione e contrario, prodotta in base all'esibizione del «difforme» (processo poi inseguito analizzando altri testi). Ricordando l'iniziale spunto gadameriano, va detto allora qualcosa sull'ultimo capitolo di questo saggio. Forse, se avesse voluto sviluppare un discorso sul moderno, Ossola si sarebbe mostrato più comprensivo per la critica di De Sanctis, Croce e· Gramsci alla cultura di corte rinascimentale italiana. Certo, è interessante opporre Burckhardt a costoro: in effetti, «La lettura burckhardtiana [... ] sposta [... ] la 'funzione della corte' dall'ambito prevalentemente etico [... ] della 'storia degli intellettuali' (... ] a quello, più proprio, dei 'modi' della gestione del p,)tere e della sua 'rappresentazione'» (p. 171), fornendo buoni spunti interpretativi. Però, se lo scopo è considerare un comportamento politico in quanto estetico, oltre a tener presente Burckhardt, andrebbero seguiti (magari implicitamente) anche gli strani ghirigori disegnati dalla Wirkungsgeschichte internazionale.
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