Alfabeta - anno X - n. 107 - aprile 1988

yagina 6 rapporto con se stessi è più importante del rapporto con gli altri. Ma è soltanto nelle ultime cose che si può individuare ciò, non è affatto visibile immediatamente. Berman. Ed è lo stesso anche per la sua visione della morte? Lévinas. Certo. Ciò che sarebbe conforme alla mia visione delle cose, ciò che io penso essere la visione del mondo giudaico-cristiano è che la morte dell'altro precede la mia. E che la santità consiste nel pensare che la morte dell'altro è una preoccupazione che precede la mia morte. Questa santità è il più alto valore nel mondo che scaturisce dalla Bibbia. Berman. Lei mette al centro di tutto la Passione del Cristo. Lévinas. E anche la passione del popolo ebraico. Nella vita quotidiana ci sono, fondamentalmente, espressioni come «Dopo di voi, signore»; ma non è soltanto davanti a una porta che si dicono. E il fatto che non lo facciamo, il fatto di prendere tutto, fa sorgere la cattiva coscienza, che è un modo di richiamare il valore della santità. Berman. Ed è questo che lei contesta ad Heidegger? Lévinas. No, non è con una parola che si può liquidare Heidegger, ma ci si può chiedere se per lui esiste questa priorità, questo ideale di totale padronanza di sé che è il valore upremo. «Essere padroni di sé e dell'universo, prendersi cura del proprio essere». Allora io dico: sì, ma questo non è l'uomo. C'è la materia racchiusa nell'atomo, gli animali che lottano per la vita, e voi sapete quanto l'egoismo umano sia diffuso. Ma nell'umano c'è questa straordinaria possibilità di sacrificarsi per l'altro, benché, evidentemente, non lo si faccia tutti i giorni. Quando si dice che bisogna prima di tutto guardare se gli altri hanno da mangiare e poi dare la propria parte, ecco per me que ta è la prima definizione dell'umano. E in questo senso mi libero di gran parte della filosofia heideggeriana, il che non è così facile, perché, nonostante tutto, rappresenta la maggior parte della esperienza empirica. Ma il tentativo di vedere l'uomo nella sua possibilità di santità è opposto alla preoccupazione iniziale di autoaffermazione. Secondo me l'uomo si afferma dandosi. In questo senso si potrebbe quasi dire che è una padronanza ancor più grande. Fino al sacrificio. Ma, ripeto, non è con il libro di Farias che si può liquidare Heidegger. (Ride) Purtroppo! Molti dicono: «Ah, ora ... » E non ora bisogna confutarlo. E la questione è tanto più delicata in quanto non si tratta di confutare affermazioni maligne, perché non ci sono simili affermazioni. Berman. Comunque Farias ha dimostrato chiaramente che Heidegger aveva mentito sul suo passato. Lévinas. Non lo nego. Non dico che Farias abbia detto cose irrilevanti, non ci sono solo malintesi nel suo libro. Ma non c'è una sola parola di filosofia. Non ho bisogno di lui per dire che Heidegger è colpevole. Considero un dato acquisito che non ci sia una parola nelle sue giustificazioni, non una parola sulla Shoah, come se non fosse esistita. Neanche una semplice parola di rincrescimento, per dire che in quel mondo c'era almeno una cosa che ... e che non era soltanto perché si trattava di ebrei. Per non parlare di tutti gli orrori. Una delle scene più terribili nel film di Lanzmann, quella del parrucchiere che era costretto ad acconciare la propria sorella, credo, prima di ... (silenzio). Berman. E tante altre scene. Lévinas. E benché il film di Lanzmann sia molto forte, non offre immagini false, presenta storie vere. Ma Heidegger non ha detto niente. Al contrario, il filosofo Philippe Lacoue-Labarthe ha trovato un testo di Heidegger in cui si afferma che l'agricoltura meccanizzata e motorizzata è secondo lui un fatto molto grave, perché è contrario all'invasione del mondo dell'essere da parte della tecnica. Afferma inoltre di considerare questo cambiamento grave quanto la <: Apiù voci camera a gas - almeno riconosce l'esistenza delle camere a gas - quanto il fatto di affamare i paesi sottosviluppati o di costruire la bomba atomica. Queste quattro cose sono messe sullo stesso piano. L'olocausto è dunque la stessa cosa dell'agricoltura meccanizzata. È un giudizio di valore. E naturalmente il fatto che gli americani abbiano costruito e usato la bomba all'idrogeno fa parte dei crimini politici. Ma l'olocausto è al di là della politica, è diabolico, è il male puro, la pura cattiveria. Ecco. Che altro c'è? Berman. Conosce le opere di Heidegger su Abraham e Sancta Clara? Era un pensatore cattolico del XV II secolo violentemente antisemita. Ha scritto, ad esempio: «Eccettuato Satana, gli uomini hanno come grandi nemici solo gli ebrei. Per le loro credenze essi meritano non· solo la forca, ma anche il rogo». Heidegger fa un elogio di Abraham a Sancta Clara nel 1910 e ancora nel 1964. Scrive: «È importante fare attenzione al modo in cui Abraham dice quello che dice. Avremo allora un'idea del singolare potere e della ricchezza del suo linguaggio». Lévinas. Sì, ma non cita mai quei testi antiria è più ristretto del campo della debolezza. Di conseguenza posso perdonare molte cose. Ma Heidegger è stato assolutamente indegno per il modo in cui si è scusato con la signora Husserl per non aver partecipato, nel 1937, ai funerali del marito, che era pur stato suo maestro. Ha giustificato il suo comportamento come «umana debolezza». Si è scusato per la natura umana che è finita. Non ha avuto vergogna di dire che si trattava di un momento di debolezza, mentre su tutto il resto ha taciuto. È imperdonabile. Berman. Che importanza avrà secondo lei questa ricerca di Farias? Lévinas. Ha trovato fatti che non si conoscevano e in ogni caso costituisce una memoria. Forse la cosa migliore è la ripercussione che ha avuto il libro. Le cose si dimenticano, capisce? Ma d'altra parte avrà un destino difficile perché ha ferito molte persone rimproverando loro di essersi ingannate a proposito di Heidegger, mentre non si erano ingannate affatto. Berman. Crede che il nazismo sia stato sconfitto nel pensiero del XX secolo? Lévinas. È difficile a dirsi. C'è Le Pen ... Oleg Vasiliev, Ricordo, 1987; olio su tela, cm. JOOxl30 semiti e parla solo della qualità del linguaggio di quello scrittore. Ho conosciuto Heidegger: nei suoi rapporti e nei suoi libri non c'è nessun legame con l'antisemitismo di Abraham. Berman. Eppure nel 1933 ha scritto lettere di denuncia, nelle quali si trova questa frase: « ... è strettamente legato con l'ebreo ... » Lévinas . ... Fraenkel, sì, lo si cita sovente (ride), ma era il momento dell"'hzione e, a mio avviso, il suo silenzio è molto più sconfortante di ciò. Non voglio giustificarlo, ma bisogna anche dire che in un paese con un regime totalitario la morale non ha affatto le stesse possibilità che in un paese di diritto. Il criterio grazie al quale si possono tollerare atti indegni è molto più vasto quando la gente vive in un regime di terrore permanente. Ciò significa che non si possono condannare così facilmente azioni di questo tipo. Certo, si tratta di prudenza o di vigliaccheria, ma vigliaccheria è un altro termine per significare debolezza. E in un regime totalitario il campo della vigliaccheMi chiede se il diavolo è in terra. E io non posso dirlo. Berman. Perché non lo sa? Levinas. Non lo so. Mi sta chiedendo se il Messia è venuto! Berman. Le chiedo anche: ci sono elementi dell'ideologia nazista penetrati nel pensiero di persone del XX secolo, che però non si considerano affatto naziste? Levinas. È un problema del tutto empirico. Certo questo non è un momento in cui queste idee trionfano, ma possono rinascere, ritornare, non mi stupirebbe. Altrimenti, davvero, il Messia sarebbe venuto. E forse non verrà mai. Ma dobbiamo capire che il bene non è ricompensato, che esso costituisce una ricompensa di per sé. La religione è senza promesse. Riprendo qui l'idea di Fackenheim, un filosofo ebreo che vive in Israele, che dice: molti ebrei che erano nei campi hanno visto che Dio non è intervenuto. È forse una ragione per abbandonare la Torah, per farsi beffe della Legge? L'uAlfa beta 107 I manità oggi si trova in una situazione estremamente strana, con tutti quelli che sono morti, con il trionfo del male. Ma la sofferenza non è una ragione per abbandonare l'obbligo al bene. Berman. Ciò mi sembra molto vulnerabile. Lévinas. Ma è assolutamente evidente. Per il fatto di essere usciti dai campi, ci si deve ora legare agli assassini? Non c'è happy end. Berman. E se la criticassero dicendo che lei offre un'etica da cui non si possono trarre immediate conseguenze politiche? Lévinas. Il politico richiama l'idea del numero e di conseguenza io non posso dare tutto al primo venuto, non è vero? Devo pensare alla distribuzione. E se penso alla distribuzione ecco che subito appaiono tutte le letture di tutti i saperi, tutte le idee generali che sono necessarie. Ma la necessità di operare una distribuzione presuppone, malgrado tutto, questa prima esperienza che io chiamo l'esperienza del volto umano, a cui si deve tutto. Parlargli è già l'universo. Berman. Poco fa parlava di un filosofo ebreo. Secondo lei, che cos'è un filosofo ebreo? Lévinas. È come tutti gli altri filosofi, il che significa che è costretto a render conto. Nient'altro, e se ha delle consolazioni, malgrado ciò che dice la ragione, è problema suo. E certamente un filosofo ebreo può anche basare la sua filosofia su altri dati provenienti da un'altra tradizione. Berman. C'è un'altra domanda da porre: che cos'è un filosofo non ebreo? Lévinas. La filosofia parla un linguaggio greco. Berman. Allora lei è d'accordo con Heidegger? Lévinas. Sì, solo che io chiamo greco il linguaggio che si parla in Europa. Nelle università giapponesi c'è la stessa struttura del discorso. Ci sono i progetti, i dati, le conseguenze e un discorso comunicabile a tutti. Ritengo che sia l'eccellenza del linguaggio europeo ad essere arrivata fin là. Berman. In Francia lei non è mai stato al centro de~'attenzione come Sartre. Si direbbe quasi che lei sia più noto all'estero. Come mai? Lévinas. Sartre a suo modo era geniale. Ero alla Sorbona, ora sono in pensione da dieci anni, ma i miei libri vendono poco. E la Francia è un paese molto ricco di geni. Berman. Jacques Derrida, in una sua lezione, ha detto recentemente: «La stupidità è la sola proprietà dell'uomo cui è ancora possibile .çredere». Questa osservazione è contraria a' ciò che lei crede? Lévinas (ridendo). È un po' facile, ma va bene. Io lo dico in un altro modo, al contrario, dico sempre che l'uomo è un essere irragionevole. Irragionevole. Ma il fatto che l'etica non sia praticata non dimostra che essa non presieda al comportamento umano. C'è un vecchio midrach nel Talmud, che dice: quando l'uomo stampa i soldi usa un cliché e con un cliché fa qualsiasi tipo di moneta. Tutti i pezzi sono simili. Ma quando Dio ha creato l'uomo, come modello aveva la propria immagine. E tutti gli uomini sono diversi. Non perché hanno un colore di capelli diverso, o ciascuno ha un naso con una propria forma, non perché hanno attributi particolari a ognuno, ma perché ciascuno è «io». Dire «io» significa affermare la propria singolarità, la propria unicità, come se si fosse altro dal genere umano. È un isolamento ingiustificato, ingiustificabile, non è vero? Allora il Talmud aggiunge: è per questo che possiamo dire che l'universo è creato da me. E un talmudista della Lituania aggiunge: «Sì, e ciò significa che sono responsabile di tutto». Berman. Ma è una responsabilità terribile. Lévinas. E questa è la dignità umana. (Ride) Ecco. Traduzione di Luisa Cortese

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