Alfabeta 107 Thijs Berman. Qual è stata fino ad oggi la sua opinione sul rapporto tra Heidegger e il nazismo? Emmanuel Lévinas. Sapevo che era legato al nazismo. Recentemente la casa editrice La Manufacture, (nella collana Qui suisje?) ha pubblicato un libro su di me e in generale sul mio pensiero, in cui affermo che è un'onta che - lleidegger che pure ammiro e tra poco ne dirò le ragioni - fosse un nazista. Le fonti delle mie informazioni erano prima di tutto ciò che mi era stato detto sul Discorso di Rettorato. Inoltre, quel che è certo è che nell'intervista a «Spiegel», pubblicata dopo la sua morte, non c'è una parola sull'aspetto più terribile, e non perché riguarda gli ebrei, ma perché riguarda lo sterminio, l'assassinio preordinato, tutto l'orrore del nazismo; e questo va al di là di qualsiasi politica. Su ciò egli non ha detto nulla. La cosa più grave secondo me non è tanto che avrebbe potuto fermarsi prima, questo è un altro problema, ma il fatto che - in pieno periodo di pace - non abbia dato spiegazioni su ciò. Aggiungo che simpatizzava per il movimento e che poi è diventato Rettore. Di conseguenza il libro di Farias non mi ha detto niente di nuovo, se non aspetti di minore importanza. Berman. Eppure Heidegger è stato un filosofo importantissimo per lei. Lévinas. La pubblicazione di Essere e tempo, libro uscito attorno al 1926-1927, è diventata il grande avvenimento del XX secolo, un grande avvenimento della storia di tutta la filosofia. Per un filosofo questo testo è la meraviglia delle meraviglie. Berman. Nel 1929 lei studiava a Friburgo, dove ha assistito ai corsi Ji Husserl e di Heidegger. Lévinas. Sì, ero infatti a Friburgo durante il periodo di transizione tra l'ultimo semestre di Husserl e il primo semestre di Heidegger. Ma poiché non si badava alle inclinazioni dei professori, non potevo sospettare che fosse in qualche modo coinvolto nel nazionalsocialismo. E ciò non traspariva neppure dal suo atteggiamento nei confronti degli studenti: niente lasciava supporre che a quell'epoca egli fosse antisemita. Nei confronti di Husserl aveva un atteggiamento di grande stima. Husserl e sua .moglie erano ebrei convertitisi in un 'epoca, alla fine del XIX secolo, in cui molti consideravano l'ebraismo finito. Per lui probabilmente ciò costituiva un ostacolo; del resto non era legato alla religione ebraica. Per integrare la mia borsa di studio davo lezioni di francese alla signora Husserl, che me l'aveva chiesto per farmi un favore. A volte diceva die Juden, come se parlasse di altri (Lévinas ride), ma non era antisemita e in seguito dovette molto soffrire a causa del nazismo. Avevo l'impressione che il rapporto tra Heidegger e Husserl fosse cordiale e che fosse stato Husserl stesso a chiamarlo per sostituirlo. Husserl inoltre ha pubblicato Essere e tempo nello «Jahrbuch», che era la pubblicazione ufficiale della fenomenologia husserliana: essere accettato in questo periodico era una sorta di consacrazione. D'altro canto Hannah Arendt racconta nei suoi ricordi di Marburgo che la signora Heidegger abbracciò molto presto il nazionalsocialismo. Ma attorno ad Heidegger c'erano sempre studenti ebrei, che non si lamentavano afA più voci Taccuini fatto. Anzi, dopo aver lasciato Marburgo, arrivò a Friburgo con grande solennità, perché tutti i suoi studenti, e tra questi parecchi ebrei, si trasferirono con lui. Arrivò insomma con il suo seguito: è un ricordo molto impressionante. Berman. Nel 1929 lei ha assistito a un incontro, a Davos, tra Heidegger e Cassirer. Che tipo di incontro è stato? Lévinas. È stato straordinario. L'organizzatore di quegli incontri era un professore ebreo di economia politica a Francoforte, di cui ho dimenticato il nome. Aveva uno spirito vivacissimo e concepiva quegli incontri già nell'ambito del riavvicinamento franco-tedesco. Noi studenti eravamo Dmitrij Zykalov, La giubba del maggiore, /986; tempera su legno, cm. 94x47x 18 tutti dalla parte di Heidegger, perché (e Lévinas ride) era questo il pensiero dinamico, non è vero? Berman. E non vedeva in ciò un pericolo? Lévinas. È dopo il fatto compiuto che iniziano i rimorsi. Berman. Qual era la posizione di Cassirer, che cosa rappresentava? Lévinas. Cassirer era un uomo molto aristocratico e di stile alto borghese, con la sua chioma bianca; era un uomo molto raffinato, neo-kantiano e di grandissima cui- • tura, sia filosofica che scientifica ed estetica. Era il grande umanista di quell'epoca. La sua posizione consisteva nel dire che il modo di esistere, di cui aveva scritto Heidegger, era il terminus a quo, era là dove l'umanità inizia, e non era il terminus ad quem, non era là dove l'umanità finisce. Capisce? La visione heideggeriana del mondo era a quell'epoca stupefacente, era la visione dell'essere-nel-mondo; c'era in ciò l'angoscia dell'esistenza, della morte, della fine dell'esistenza con la morte. In altre parole un'esistenza molto drammatica, impegnata nell'essere. Per Cassirer mvece il vero uomo era quello che contempla, che gode dell'arte, colui che vive in una società in cui regna l'eguaglianza universale. È l'uomo che ha superato il particolarismo dell'impegno heideggeriano. Berman. Considerava Heidegger un reazionario? Lévinas. Non •siusava affatto questo termine, un po' peggiorativo; Cassirer diceva: «Voi vedete questa umanità, ma è una umanità ai suoi albori, l'inizio dell'umanità. E la vera umanità è quella verso la quale la storia sta progredendo». pagina s 1 Berman. E come rispondeva Heidegger? Lévinas. Evidentemente si opponeva a questa filosofia ottimista del progresso nella civiltà scientifica, filosofia che ignorava quell'impegno anteriore che era il Dasein, la filosofia dell'Esserci, secondo Heidegger. Era molto bello. Heidegger parlava di Kant e l'interpretava a modo suo, mentre Kant era la specialità di Cassirer. E la specialità di Heidegger era Heidegger ed era Cassirer che parlava di lui. Gli studenti erano molto più sensibili a Heidegger, per lo meno il gruppo di cui facevo parte. C'era Leon Brunschwig che pensava come Cassirer e c'erano studenti della Ecole Normale Supérieure che avevano conosciuto là per la prima volta quella cosa straordinaria che era Heidegger. Eravamo un piccolo gruppo in un angolino, c'era la neve e ancora un po' d'erba, e (ride) era straordinario: ho spiegato loro alcuni aspetti della teoria heideggeriana. Erano molto impressionati. Berman. Come si può ammirare un grande filosofo che è stato nazista? Lévinas. In primo luogo non lo sapevamo e il fatto che Heidegger fosse nazista non toglie molto, secondo me, alle sue pagine iniziali che, secondo noi a quell'epoca, non conducevano al nazismo. E bisogna capire che, con tutto ciò che si sa ora, si può disprezzare Heidegger, ma non basta rifiutarlo! Bisogna anche confutarlo. E questo dovere di confutarlo è un omaggio nei suoi confronti. E allora vi trovate davanti a un'intelligenza straordinaria, forse con dei riflessi diabolici; il diavolo in fondo non è semplicemente il maligno, ma ha anche una intelligenza di prim'ordine. Evidentemente Heidegger non è il diavolo, ma in ogni caso il diavolo è riuscito a penetrare all'interno del suo pensiero. Dunque bisogna cercare nelle sue opere filosofiche, in una ricerca lunga, difficile e incerta, per trovarvi qualche elemento. Forse in Essere e tempo. Di conseguenza è un dramma personale. Vi trovate di fronte un'opera di cui non potete contestare il vigore - non dico la verità! - il vigore intellettuale. Vi trovate di fronte a un uomo che è stato sicuramente tra i più grandi della storia della filosofia, che sono molto pochi, e poi venite a sapere che è stato nazista e non riuscite ad accettarlo. Ma oscillate costantemente tra la necessità di resistergli intellettualmente e l'orrore ispiratovi dal nazismo. Posso perfino affermare che è un dramma del tutto nuovo. Berman. Non ha provato una certa diffidenza nei suoi confronti? Lévinas. Sì, ma molto tardi. E non si può affatto sostenere che dalla sua opera si possa dedurre direttamente il nazionalsocialismo. Non dico neppure che è un'opera che mi è cara, ma è un'opera considerevole, nella quale ci sono alcuni elementi che mi sono estranei. In essa c'è una sorta di virilità (Lévinas si protende in avanti sulla sedia) un po' germanica. E nella sua filosofia c'è un errore che non si definisce nel rapporto che qualcuno ha con gli altri, ma, ancor prima del male che si fa agli altri, nel rapporto con se stessi. Berman. In che cosa consiste questo errore? Lévinas. È molto difficile da spiegare, perché si tratta di una falsa padronanza di sé. Questa padronanza non è completa. Qui il
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