Alfabeta - anno X - n. 107 - aprile 1988

Alfabeta 107 Prove d'artista pagina 35 New Orleans I È mezzanotte alla Napoleon House di New Orleans. Le note della Sinfonia n. 1 in re maggiore di • Gustav Mahler si diffondono sommesse attraven,o le sale del vecchio edificio dalle pareti color giallo-grigio scrostato. Nel patio interno, accanto alla scalinata che conduce al piano di sopra, il nostro tavolo - un lumino che tremola fioco nel mezzo - è ingombro di bicchieri calici e boccali. Abbiamo chiacchierato a lungo, Theo, Angelo, Maarten, Alden e io, e abbiamo bevuto birra, e rhum, e gin and tonic, e bourbon; e ora la lunga giornata, densa del caldo umido di New Orleans, comincia a pesarci addosso. Ho bisogno d'una buona notte di sonno e così, mentre Mahler esplode nel finale della sua Sinfonia, mi alzo, saluto tutti e mi dirigo verso l'uscita deciso a far ritorno all'albergo di Dauphine Street. Ma la notte nel Vieux Carré è maliarda. Appena in strada, m'avvolge il profumo dolciastro e inebriante delle magnolie e degli oleandri, e la spossatezza svanisce. M'incammino, e non sono più tanto sicuro di voler andare a dormire, perché - come canta Sting - C'è la luna su Bourbon Street stanotte I Vedo le facce passare sotto la luce pallida dei lampioni / E non ho altra scelta che obbedire a quel richiamo I Le luci brillanti, la gente, la luna, e tutto ... Verso Bourbon Street, allora, attraverso i ricami e i merletti del Vieux Carré, dove un tempo abitavano i Creoli e i fratelli Lafitte organizzavano la pirateria del Golfo ... II. Il Vieux Carré (o French Quarter) è il cuore di New Orleans. Lo è da quanto, nel 1718, i francesi decisero di dare una capitale ai territori alla foce del Mississippi, ecostruirono un quadrato - una griglia regolare di strade parallele e perpendicolari al fiume -, chiamandolo La Nouvelle Orléans. Quel nucleo originario è rimasto. Sette vie orizzontali (dalla riva: Decatur, Chartres, Royal, Bourbon, Dauphine, Burgundy, Rampart). Quindici verticali (da sinistra, le spalle rivolte al fiume: Canal, Iberville, Bienville, Conti, St. Louis, Toulouse, St. Peter, Orléans, St. Anne, Dumaine, St. Phillip, Ursuline, Gov. Nichols, Barracks, Esplanade). Due corte viuzze (ai lati della bianca cattedrale di St. Louis e del retrostante giardino: Pirates' Alley - già Orléans Alley - e Père Antoine). L'ampia Jackson Square, già Piace d'Armes (davanti alla cattedrale, dirimpetto al Mississippi). E poi: tanti vicoli e passaggi, tanti deliziosi cortili e patios, tante incredibili balconate bianche e verdi, in ghisa e ferro battuto, a incorniciare il primo piano delle case basse, una sorta di fregio continuo, un pizzo, un mirabolante ghirigoro che si srotola attraverso le strade. Qui, dunque, in questo gioiello incastonato fra le paludi del Delta, abitarono i francesi dopo il 1718, e videro giungere il solito afflusso d'immigrati che fece l'America attraverso i decenni e i secoli: tedeschi, irlandesi, italiani, polacchi ... Intorno alla metà del secolo, vennero anche altri francesi, gli Acadians del Canada, e si stabilirono nel labirinto dei bayous - i fiumiciattoli fangosi che in un intrico di vegetazione si gettano nelle ultime anse del «grande fiume», nelle terre che erano state degli indiani Natchez e Choctaw. Nel 1762, la città cambiò padrone: Luigi XV di Francia regalò La Nouvelle Orléans al cugino Carlo III di Spagna. Lo fece di sorpresa e in gran segreto, per alleviare le tristi finanze reali, e gli abitanti della città lo vennero a sapere solo un paio d'anni dopo. Il dominio spagnolo durò fino al 1800 e, sebbene iniziato sotto i peggiori auspici, coincise con il decollo economico della città. Nel 1800, tornarono i francesi, ma per poco: nel 1803, Napoleone vendette infatti la Louisiana agli Stati Uniti, per 15 milioni di dollari. Dai francesi agli spagnoli, dagli spagnoli ai francesi, quindi agli americani: New Orleans è sempre stata un incrocio di Mario Maffi culture, di lingue, di tradizioni, di razze. Lo si vede nella sua architettura, lo si sente nella sua lingua composita, lo si legge nei suoi ritmi di vita e nella sua cqjtura. I Creoli, discendenti dei francesi e degli spagnoli, con progressive mescolanze di sangue nero, fecero del Vieux Carré il proprio regno esclusivo e, quando la Louisiana passò in mani americane, dovettero assistere inorriditi alla calata dei «nuovi barbari», dei gros américains, come vennero subito detti. Gli yankees, ricchi affaristi e piantatori, si stabilirono fuori del French Quarter, subito oltre Canal Strett, in quell'area che prese poi il nome di Garden District, e nel folto del verde cominciarono subito a edificare le imponenti ville in Greek Revival Style, simboli tangibili di opulenza e di potere. Perché, grazie al traffico degli schiavi e all'utilizzo di questa manodopera nelle piantagioni di cotone e di tabacco, erano giunti i tempi d'oro di New Orleans: il commercio fluviale, gli splendidi battelli a vapore immortalati in seguito da Mark Twain, le banconote da dieci dollari con ancora stampigliata la parola francese Dix (da cui Dixie), il fermento degli affari e l'alternarsi delle fortune, l'aggressività yankee e la sensualità creola, lo sfarzo e la perdizione, l'inMaxim Kantor, Sala d'aspetto, 1986; olio su tela, cm. 300x400 contro fra rigore puritano e temperamento latino, la rete complessiva di rapporti fra Creoli, americani, neri e meticci... E, sopra tutto e sotto tutto, la schiavitù, l'obbrobrio che non cessava di condurre in ceppi i neri del Senegal e del Dahomey, della Guinea e dei Caraibi, perché ammassassero merci sulla banchina davanti a Jackson Square e accumulassero capitale per mercanti e proprietari terrieri, facendo di New Orleans un porto di prim'ordine nella geografia economica e sociale d'America. Le piantagioni si stendevano verso il Lago Pontchartrain, verso il lago Maurepas, verso Baton Rouge e oltre. In mezzo ai campi di cotone, di tabacco, di canna da zucchero, le imponenti mansions padronali, dai nomi romantici a volte presi a prestito da sir Walter Scott (Ashland-Belle Hélène, Asphodel, Dulcito, Houmas House, L'Hermitage, The Myrtles, Oaklawn Manor, Rosedown, Shadows-on-the-Teche): le grandiose facciate a due piani, il bianco accecante del marmo, le alte colonne rastremate, il singolare miscuglio di elementi architettonici indigeni ed europei, in un sogno patetico di eleganza classica e paternalismo feudale. Ci fu poi la Guerra Civile, quel trauma profondo che gli americani non sono mai riusciti a sanare. I Creoli vennero declassati a cittadini di second'ordine, e assistettero a un'altra invasione, a due passi da quello che era stato il loro regno dorato e raffinato: gli ex-schiavi neri, ora liberi e diventati proletari, sottoproletari e braccianti in miseria, presero ad abitare la cintura intorno al French Quarter, e in particolare la zona fra Canal e Rampart. I meticci e gli ex- «aristocratici» franco-spagnoli, famosi per le quadriglie e i minuetti, vivevano ora gomito a gomito con gli ex-schiavi di colore, che del proprio passato africano custodivano ancora gelosamente ritmi e danze tribali trasformati dal lavoro nei campi e dalla vita nelle piantagioni. III. Verso Bourbon Street, allora, verso le luci brillanti, la gente, la luna, e tutto il resto ... Ma prima fermiamoci un attimo sul marciapiedi davanti alla Napoleon House: perché New Orleans è intessuta di storia e di storie, e di quell'intreccio affascinante - in cui è arduo dire se sia più fantastico l'elemento storico o quello leggendario - quest'edificio un po' cadente, al 500 di Chartres Strett, angolo con St. Louis, è un ottimo esempio. Lo costruì nel 1797 il sindaco Girod, ardente sostenitore di Napoleone, e quando l'imperatore finì all'Isola d'Elba, Girod gli offrì la propria casa. Napoleone rifiutò. Ci furono poi Waterloo e infine Sant'Elena. Girod tornò alla carica: ingaggiò il pirata Dominique You, fratello del celebre Jean Lafitte, e l'incaricò di raggiungere l'isola, di «rapire» Napoleone, e di portarlo in salvo a New Orleans, da dove avrebbe potuto muovere alla riscossa. Ma, prima che il piano venisse attuato, l'imperatore morì. Una leggenda afferma comunque che Dominique You giunse in tempo a Sant'Elena e riuscì .a imbarcare Napoleone, che però sarebbe poi morto durante la traversata. Sempre secondo questa leggenda, le sue ceneri riposerebbero non nella Cappella degli Invalidi a Parigi, bensì da qualche parte in Louisiana ... Storia? Leggenda? Io so soltanto che, con buona pace di Napoleone e di monsieur Girod, la Napoleon House è oggi uno dei locali più affascinanti del Vieux Carré. E a proposito di case: al 1140 di Royal, c'è la «Haunted House», la «casa stregata». Nel 1831, in questo luogo sorgeva la dimora di Delphine LaLurie, una delle donne più ricche del French Quarter, che aveva fatto della propria casa un centro di mondanità cittadina. Presto però cominciarono a circolare voci insistenti circa la crudeltà con cui madame trattava la propria servitù. Quando una giovane schiava morì d'improvviso, ci fu un'inchiesta, ma il processo si concluse con una semplice ammenda. Poi, nella notte del 10 aprile 1834, un incendio divampò nell'edificio: New Orleans ha una lunga, drammatica storia d'incendi, e dunque la gente subito accorse per aiutare nello spegnimento. Un gruppo di vicini riuscì a penetrare in casa LaLurie per portare in salvo le suppellettili e, forzata una porta chiusa a chiave, trovarono sette schiavi disgraziati, sfiniti per la fame e i maltrattamenti, il collo e le gambe incatenati nei modi più crudeli. Quando la notizia si diffuse il mattino dopo, una folla indignata s'accalcò davanti alla casa. D'improvviso, si spalancò il portone e ne uscì a tutta velocità una carrozza, che portò in salvo i LaLurie. Infuriati, i presenti rasero al suo l'edificio. Delphine LaLurie, già regina del bel mondo creolo, non fece più ritorno a New Orleans: vi tornarono solo le sue spoglie, qualche anno dopo,~ vennero sepolte in gran segreto. Oggi, leggenda vuole che di notte, dall'edificio costruito al posto di maison LaLurie, si levi agghiacciante il sibilo della frusta, accompagnato dai lamenti delle anime di schiavi e servitori torturati senza pietà. e osì, da una casa all'altra, da una storia all'altra, si va attraverso Chartres, St. Louis, Royal, Orléans, le vie preziose del French Quarter, dove s'aprono gallerie d'arte, studi di pittori, negozi d'antiquariato, boutiques e vecchie librerie, e il passato s'intreccia al presente in una trama fitta quanto un arabesco delle balconate in ferro

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