Alfabeta - anno X - n. 107 - aprile 1988

Alfabeta 107 sto caso stretti parenti e portano lo stesso cognome -, il lungo lavoro con cui il bambino, strutturando il proprio «romanzo familiare», allontana la propria, di attenzione, dal luogo della nascita verso gli sviluppi della nevrosi. Difendendosi da una «manovra di transfert» che la vede trasposta in provetta, è la bambina che si installa al posto dell'analista. A rendere così perspicua la supervisione dei casi di psicosi e di psicoanalisi o psicoterapia dei bambini è il fatto che in tale ambito si attua una sorta di Rischiaramento da cui appare che il torbido (il caratteriale, il provocatorio), ciò che di insostenibile vi è a volte nella situazione, cui vanno incontro farmaci e istituzione, dipende in gran parte da questa inversione di ruoli: l'analista è tratto in inganno, realmente ·•confuso, perché lo psicotico, come il bambino, ciò che detiene e talvolta gli rilascia non sono tanto dei sintomi quanto delle interpretazioni. Vediamo che di Sabrina è l'iniziativa, e l'invenzione, che rimette al suo posto, e cioè al bavero della sua psicoterapeuta, la «spilla» del transfert. Un giorno Sabrina fa il ritratto, a colori, con i pennarelli, della sua terapeuta, poi lo racchiude in un altro foglio protocollo sul quale ha disegnato un cuore, infila tutto in una busta e ripone il pacchetto in un cassetto sul quale da allora in poi eserciterà uno stretto controllo per assicurarsi che nessuno lo manometta. Àgalma. Come Socrate, brutto di fuori e bello di dentro, un'immagine di bellezza è sottratta agli sguardi. Una Icona è stata costituita che è oggetto di un culto silenzioso e pudico, una realtà preziosa sottratta a qualsiasi uso e consumo. Il transfert si gioca ora su una protesi, il foglio protocollo ripiegato, per contenere il cuore, a cartella, luogo del sapere invece che della genitalità, nel quale appare ora come funzione simbolica una diversa «trasposizione» operata da Sabrina: è sulla sua cartella nuova che appare infatti la scritta Naj-Oleari di cui Sabrina stessa indica alla analista il trattino che divide: due nomi, ora finalmente diversi. Silence, exile, cunning ... il silenzio, l'esilio, l'astuzia posti in essere dalla confezione ed esclusione del «ritratto», ricreano le condizioni perché la bambina-trattino, «giovane artista» sul sentiero indicato da Joyce nel Ritratto di un artista da giovane, possa andare alla ricerca della «coscienza increata della razza», increata in quanto non più tenuta a dare al mondo testimonianza, eventualmente come nel nostro caso, falsa, che ci sia stato rapporto sessuale. Non seguirò oltre lo sviluppo positivo, entusiasmante, di questo bel caso di analisi dei bambini. Quello che mi interessa mettere in rilievo è la natura formale, non psicologica e neppure linguistica del transfert. È con la scoperta e la valorizzazione del colore, di zone, di macchie di colore, e insieme con la loro messa fuori circuito, che avviene un passo di fortissima soggettivazione. In realtà nella busta chiusa di Sabrina i cuori erano due. Uno dei due, quello che rappresenta il cuore della mamma, è come spaccato a metà da una lunga striscia rossa e intorno intorno è circondato da un filo nero, arricciato. L'altro, attribuito come abbiamo visto alla terapeuta, è diversissimo: il rosso, drammatico, del primo disegno si è ritirato verso il bordo dei lobi superiori e lì forma due graziose lunette. Verso la punta inferiore invece, a circa un terzo della grandezza del disegno, incomincia una zona dipinta di azzurro che riempie tutto il triangolo finale. La nuvola filiforme intorno al cuore è scomparsa. Il confronto permette una sola lettura. Il cuore della mamma è simile a un genitale femminile perpetuamente mestruato, infecondo. Il nero che lo incornicia evoca i peli, ma anche la chioma irta, orrenda della testa, grondante sangue, della Medusa. Saggi Il bacino calmo nel cuore del cuore della giovane psicologa, celeste e ben delimitato come un lago, è invece simbolo e pegno di una serena fecondità. Ora sì che un'analisi può incominciare, ora che i due cuori sono stati disegnati e disgiunti, ora che la questione dell'origine è stata, come si conviene, sospesa e a Sabrina pare di poter stornare il «ruolo» che le si vuole assegnare di un'incarnazione che non smette, come il Cristo di soffrire, che non smette mai, fosse pure solo per il solletico, di godere. E all'analista, al cuore che ne disegna il volto appuntito dall'attenzione, sono spuntate, arrossate agli orli un po' dalla vergogna e un po' da un nuovo d~iderio di capire (cioè di non capire, il disegno chiuso nel cassetto), sono spuntate le orecchie per ascoltare. Se nell'analisi di un bambino, il colore, e la forma, del disegno corrisponde ancora a qualcosa che viene comunicato, la storia, e lo sviluppo nevrotico, che distanzia l'adulto da quel nucleo di verità infantile in cui la fobia rivela ancora il rapporto con l'animale, invece lo cancella. Ciò che preme all'adulto comunicare, o meglio al suo inconscio, è la rimozione stessa cui il rapporto con l'animale è sottostato ed è nell'analisi degli adulti che cominciamo a renderci conto forse dell'interesse per la psicoanalisi di chiazze di colore, apparentemente prive di significato, senza senso diciamolo pure, dato che non c'è più alcun linguaggio dei colori, alcun simbolismo delle forme. Vediamo da un altro caso, un caso al contrario di ignoranza delle macchie, come simili macchie si rivelino cariche di tutta la verità rifiutata non solo dal soggetto su di sé, ma, come vediamo con Darwin, dall'uomo sull'uomo. La paziente di un giovane psicoanalista che vedo per un controllo e che è ancora in analisi con me gli dice di essere preoccupata perché non è riuscita a fare la pipì prima della seduta. Egli la invita a soffermarsi su questa sua abitudine a «depositare» ogni volta la sua pipì prima di raggiungere il luogo dell'analisi, possibilmente nel bar appena sotto, comunque nelle immediate vicinanze. Si schermisce, naturalmente, affermando di farlo per evitarsi un incomodo e per non trovarsi anche a dover chiedere di andare in bagno. I I suo analista le ricorda tuttavia uno dei primi sogni da lei riferiti. C'era il lettino dell'analisi, che non era però una chaise longue, ma un vero letto, che in mezzo aveva una larga chiazza di urina. In un angolo della stanza due animali lottavano accanitamente. Nel corso delle sue associazioni che la riportano all'infanzia la paziente parla dei suoi violenti litigi con il fratello. L'analista la distoglie però da ciò per ricondurla, come dice in supervisione, al «corpo», cioè all'insieme di sintomi isterici che hanno accompagnato una sua tumultuosa relazione sessuale con il cognato. In questo modo egli, che pure aveva notato come il comportamento della paziente si ricollegasse a qualcosa che essa continuava a lasciar fuori dalla sua analisi, la riporta all'usato perdendo di vista che non si tratta qui di «cognati», ma di «fratelli», di qualcosa dunque di più antico e radicale: come è una macchia a sancire negli ultimi nati di una specie animale la discendenza dal capostipite, la lotta tra fratelli indica la pertinenza della macchia alla figura del padre primordiale. Ma questa figura, ignorata, il nostro analista la introietta. «Non cedere sul proprio desiderio», con questa massima fissata in testa nella quale crede di riconoscere tutto il succo della Jacaniana éthique de la psychanalyse, l'analista non vede neppure la macchia in quanto macchia: la macchia sta per lui per la funzione fisiologica e la funzione per l'insieme delle funzioni fisiologiche, per il «corpo» quindi cui l'analisi pagina 31 sarebbe debitrice di un godimento senza intralci. Come intende a questo punto il suo compito l'analista? In cuor suo egli traduce la formulazione «lasciare la pipì dappertutto» nella formula che la sua paziente usò prima di rinunciare al legame con il cognato: «fare l'amore dappertutto», una formula e un modo di agire che non sembrerebbero, come non lo sembra la formula lacaniana ricordata, e diversamente dalla forma e dal colore di una semplice macchia, essere senza un senso. Si delinea così una battaglia intorno, per dirla con Merleau Ponty, a senso e non senso in analisi. Egli dice «corpo», io gli dico «macchia» e il Sogno (non il sogno sognato, ma il sogno sognante, a ricalco dell'antica distinzione tra Natura naturata e Natura naturans) e il Sogno sognante, funzione della Natura e dell'Es, dà ragione a me. Il doppio corso del transfert, tra l'analista in formazione e la sua paziente, tra questo analista e me, ha permesso un'evidenziazione: il transfert come supporto del sogno sognante mette in risalto, di contro a una funzione fisiologica del sogno, al servizio del bisogno di dormire e a modello di un'attività terapeutica che fomenta una liquidazione delle tensioni nel reale, anche se questa liquidazione come nella Montagna incantata o nell'Uomo senza qualità, e come anche nell'esperienza di vita di gran parte dell'intelligenza europea del '900 a eccezione di Keynes e di Joyce, debba sfociare nella guerra, l'altra funzione: più fisiognomica direi, che procede invece, come noi abbiamo fatto qui, dalla guerra e che all'angoscia accumulata da antichissimi fatti traumatici non offre una scarica, una precipitazione nel reale, ma la forma di un pensiero capace di attuare una elaborazione del trauma. Sogna dunque, questo analista, che discende verso di lui da uno scalon!:!una signora che ha perso di vista da moltissimo tempo. Ricorda di averla frequentata in un certo periodo al suo paese nell'Italia Centrale e di averla cercata in seguito per proporle di acquistare un cavallo di cui intendeva sbarazzarsi. Il cavallo aveva ricevuto da lui un nome, in onore dello psicoanalista che aveva affidato la sua originalità all'aver svelato il «campo del godimento», Godimento ne era diventato il nome. Ma la signora aveva declinato l'offerta. Come nella divisione lacaniana tra campo del godimento e campo del soggetto, anche questo sogno è diviso in due campi, in due zone distinte. E dalla parte del soggetto, presso il sognatore, compare una forma inquietante, un animale, una cosa rugosa, forse un rospo. La donna di cui l'analizzante ha sottolineato a due riprese che «è senza un senso», tanto la sua presenza nel sogno gli appariva immotivata, gli richiama un'altra donna, da lui intensamente amata, la quale in seguito a un'operazione chirurgica al seno, era rimasta senza quel «rospo» che egli ora si ritrova accanto, orribile da baciare. Orribile da ingoiare. Per questo è così lungo e difficile formare uno psicoanalista. Perché un'analisi, il progresso di un'analisi, avviene a spese del fantasma dell'analista ed è da quanto lo psicoanalista cede del suo desiderio che si misura il successo della cura dei suoi pazienti. Senza senso-senza seno: non solo perdita di una lettera ma emergenza di un rilievo animale incomprensibile al posto, nel buco, di una macchia misconosciuta come tale. Il sogno è in qualche modo simmetrico a quello della sua paziente: il fattore fobico degli animali che lottavano in un angolo dello studio compare qui a fianco del soggetto ancora in analisi, nel posto, il lettino, di quella stessa pozza d'urina cancellata da un'interpretazione ignara di ciò che è drammaticamente in gioco non solo nella psicosi ma nei rapporti che intrattengono con questa nevrosi e perversioVladimir Lysjakov, Vista sulla città di lstra, 1985; olio su tela, cm. 200xJOO

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