pagina 30 Saggi Alfabeta 107 C'è ancora • I colori e la ~~ _~ erra • lil U n mio paziente sogna che è a scuola e che gli viene dato da svolgere un tema. Incomincia a scrivere, ma poi si ferma, indugia a lungo e infine esclama: Basta! rinunciando a proseguire nonostante che il tempo non sia ancora scaduto. Un insegnante fa poi una specie di graduatoria tra i compiti consegnati e il nostro sognatore rimane sorpreso nel ritrovarsi terzo. Il primo arrivato lo conosce, è un suo antico compagno di liceo, e se il terzo è lui, chi è il secondo? Quello del secondo è un posto vuoto, un posto vuoto da un chi. Il primo ha svolto un tema sulla guerra partigiana. Entra così in gioco il fattore guerra in relazione al quale il paziente si trova nella posizione del «prigioniero» legato al periodo di detenzione di suo padre in un campo di concentramento durante, e dopo, la seconda guerra mondiale. Il terzo posto che il sognatore si assegna marca la sua discendenza in graduatoria dal primo, quello occupato dal padre in guerra, e insieme un distacco, sottolineato dal secondo posto vuoto: il paziente si trova in rapporto alla guerra del padre, ma non è la guerra direttamente la causa della sua nevrosi. Dopo aver raccontato il sogno il paziente si trova a ricordare un'altra esperienza di guerra, un'esperienza narrata in questo caso, come egli ha narrato il suo sogno, e precisamente quella del romanzo di Mario Spinella Lettera da Kupjansk. In particolare evoca la parte finale del romanzo dove appare una fase della guerra talmente inglobante, totale e disperata, da annullare persino il pensiero del ritorno, della casa, ·dei familiari. Un punto in cui ci si dimentica che· si può ritornare. La psicoanalisi ha a che fare con queste cifre, con queste posizioni radicali. La guerra le fa da sfondo e ne costituisce l'elemento invisibile. lo non so che cosa sia una psicoanalisi non marcata dalla guerra, talmente inoltrata in un lungo periodo storico senza conflitti da aver perduto anche le tracce, i «residui» delle ultime guerre. So invece che ora noi abbiamo a che fare con una psicoanalisi segnata dalla guerra, ho scoperto che molte delle difficoltà che sembrano appesantirla, che possono dare un'impressione di «dipendenza» e di «interminabilità», dipendono invece dal mancato riconoscimento di una specifica sindrome, una figura della clinica della quale, avendola individuata, posso appropriarmi come Freud del sogno: mia la talea, mio lo strato di concime, e una nova species mihi (Lettere a Fliess, 28 maggio 1899). Ho chiamato questa «nuova forma» della clinica psicoanalitica, nevrosi di guerra in tempo di pace. È una nevrosi che non colpisce dei combattenti o ex combattenti ma i loro discendenti nati negli ultimi giorni della guerra, o anche molti anni dopo la sua conclusione. Pur essendo lontana nel tempo e staccata dalla drammaticità degli eventi cui si riferisce, questa nevrosi ha la caratteristica davvero singolare di essere una nevrosi traumatica, come se fosse sorta in seguito allo choc di un'esplosione o di un bombardamento. Ma la connotazione più enigmatica dipende dal fatto che questo trauma, che appare legato nel modo più stretto seppure inspiegabile a bombe e scoppi di guerra, sembra averne lasciato il segno quasi nella struttura cellulare dei pazienti nei quali si manifestano ora trombi di misteriosa origine ora ectasie o spasmi ora eccessi di trombossano nel sangue. E questi «trombi» si rivelano nei sogni collegati a «rombi», rombi di areoplano ma anche pesci di un ristorante sotto casa, a «bombe» ma anche a «bombette» di un costume da cavallerizza. Un misterioso filo sembra unire questo tipo di pazienti al mondo animale. Altro fondamentale punto, la semeiotica da cui si riconosce una nevrosi traumatica di guerra in tempo di pace non sono le espressioni linguistiche o comportamentali dei pazienti, i lapsus, le azioni sintomatiche, ma determinati aspetti e vicissitudini della luce e dei colori. L'intensificarsi della luce nei sogni svela il versante della nevrosi di guerra che dà sulla follia, un'inclinazione psicotica, e riguarda l'amore incestuoso per il padre. La tonalità, una gradazione di colore nei sogni, il confronto fra tinte simili che sfumano l'una nell'altra (blu-violetto, arancio-lilla), concerne invece, sul versante della perversione, il trasporto amoroso per la madre. Scopriamo così come la tinta sessuale di una nevrosi traumatica di guerra deriva da quell'operazione che Freud, parlando a Fliess, chiamava la «cattura del tema dei genitori», il tema dei partigiani, il tema della guerra, ma anche il tema della loro unione sessuale, unione indicibilmente violenta e scaturigine di quello scandalo della ragione che fa dire a un -mio paziente evidenziando i legami con la paranoia: «Come posso essere figlio di mia madre? Un essere umano non può fare un figlio. Non esiste». Vi è infatti nella procreazione qualcosa di impensabile e di esplosivo. Per primo osò guardarvi Darwin, illuminato dalla lettura di Malthus, e da questo riconoscimento, dal riconoscimento cioè della stretta parentela tra l'atto generativo, la copula, e un'esplosione, uno scoppio di inaudita violenza, guerra e sessualità, trasse i lumi sufficienti a comprendere l'origine delle specie. Ecco allora che colori e procreazione scoprono nel rapporto al padre proprio attraverso la storia animale quel filo che abbiamo visto collegare un trombo a un rombo. Già conoscevamo la funzione dell'animale in quel nucleo fobico (ricordiamo il c~so freudiano del piccolo Hans e la sua «fobia» per i cavalli) dal quale si struttura il soggetto all'età di quattro anni. Ora, attraverso questa nuova forma individuata alla nevrosi, «la nevrosi di guerra in tempo di pace», possiamo cogliere una struttura che accomuna le nevrosi traumatiche alle già riconosciute forme di nevrosi (isteria, nevrosi ossessiva): punto sul quale Freud si interrogava alla fine della prima guerra mondiale. Su questa linea, l'avvenire della psicoanalisi prende posto tra l'attenzione all'espressione linguistica dei pazienti con il privilegiamento della dialettica nella quale il soggetto si riconosce in rapporto all'altro, e un'attenzione ai pazienti per la quale il soggetto si coglie nella relazione con l'oggetto, il seno in particolare. L a nevrosi di guerra in tempo di pace fa affiorare anche negli altri tipi di nevrosi, e in generale nella psiche umana, strutture, «forme» che un ascolto in qualche modo prevenuto a favore della centralità del linguaggio verbale «umano», non può non farsi sfuggire e che non appartengono d'altro lato alla relazione d'oggetto: forme, colori che si presentano nei sogni in configurazioni e con regolarità tali da giustificare l'adozione per l'inconscio di ciò che Darwin dice delle specie animali: colouring follows laws, la colorazione segue delle leggi. Vi sono delle leggi della colorazione anche per la psiche e queste leggi concernono due aspetti cui ci ha condotto la nevrosi di guerra in tempo di pace: la reversione e la gradazione. Reversione, cioè apparizione nell'ultimo discendente di una specie di quello stesso segno, macchia, che aveva contrassegnato il progenitore; e gradazione di colori nei sogni, che può applicarsi anche alla direzione della cura, sotto forma di regolazione ( quell'aspetto dell'approccio all'apparato psichico che a volte Freud sembrò preferire all'interpretazione). Macchie e colori giocano allora un ruolo speciale per la definizione del transfert e per l'esito di un'analisi. Lo sbocco emancipatorio, nel caso che stiamo per vedere, nel quale si colgono in nuce i rapporti fin qui tratteggiati, ci dà la possibilità di scoprire come la cura gradui la distanza abissale tra un soggetto e la sua origine, e insieme, paradossalmente, stabilisca con la gradazione stessa una distanza all'incollamento, all'identificazione che una spinta psicotica produce nel soggetto rispetto al godimento del padre. Preceduta da molte «voci» riguardanti la sua «origine» non ortodossa, si tratta di uno dei primi casi di fecondazione in vitro, la piccola Sabrina entra in rapporto con la sua terapeuta a causa dell'agitazione parossistica che la prende la notte quando si trova sola nel suo lettino e che si calma solo quando il papà e la mamma la prendono a dormire con loro. L'agitazione della bambina si focalizza in un male al piede che cessa soltanto fra le braccia della mamma. Ebbene questo male al piede si trasforma rapidamente, i risultati con i bambini sono rapidi, nel corso della terapia, in un ben di piedi dato che quel che succede è che la terapeuta pratichi con la bimba di quattro anni un esaltante gioco del solletico. Ecco un esempio, una fase del lavoro terapeutico in cui il due, per richiamarci al sogno dell'inizio, è occupato dal chi della terapeuta. Manca qui il posto vuoto in cui è la graduatoria stessa che dispone alla funzione terapeutica della gradazione. Fin qui, è chiaro, c'è amore forse, c'è simpatia, ma non c'è transfert. Al rapporto fusionale con la madre si somma, non si sostituisce, una simile fusione con la terapeuta e il beneficio in tal modo non può essere che viziato, transi torio. Relazione duale, relazione d'oggetto e relazione narcisistica sono concetti simili. Bene, è a questo punto che, nel punto di osservazione di una supervisione, è dato assistere al formarsi, al sorgere di un'autentica relazione di transfert, e di vederne così trasparire, come in provetta, la natura e le leggi. Per il fatto che Freud tratti del transfert a proposito del caso Dora e ne tematizzi la problematica nei suoi «consigli sulla tecnica della psicoanalisi», si è soliti considerarlo come uno strumento dell'analisi, o meglio ancora come un arnese dello psicoanalista. È comune intenderne la costituzione (Lacan parlava di «épingler le transfert», spillare il transfert al tessuto di un'analisi) e l'efficacia (le discusse «manovre di transfert») come di modi dell'operato di uno psicoanalista. Con questa impostazione, il transfert verrebbe assegnato alla sfera di quelli che Kant definiva i consigli della prudenza ed escluso dalla sfera invece dell'etica, della ragion pura pratica. A restituirvelo è nel caso che stiamo esaminando un atto preciso della piccola paziente, un passo che investe curiosamente la «direzione della cura». Per quasi due anni la cura si era svolta, come è prassi con i bambini, mediante tutto lo strumentario kleiniano di giochi e disegni, accompagnato da interpretazioni insistenti sul tema di «come nascono i bambini», questo nel presupposto che Sabrina, come tutti gli psicologi e gli insegnanti intorno a lei, non potesse non chiederselo con particolare accanimento. Interpellata più tardi dalla giovane psicoterapeuta che l'aveva in cura, un'illustre psicoanalista lacaniana per bambini disse che per conto suo non avrebbe mai lasciato andar via la bimba senza rivelarle la insolita modalità della sua nascita. A questo stadio è evidente l'ambiguità e se vogliamo anche l'immoralità inconscia del transfert che si articoli su un rapporto. Tutto spostato dal lato degli adulti, dei medici, dei curiosi, il transfert non riguarda in nulla la piccola paziente: esso concerne piuttosto il rovesciarsi indietro di ciascuno degli interessati fino al luogo della propria origine, fino a quel luogo che confronta ciascuno al fondamento psicotico cui ci sottrae lo sviluppo di una nevrosi. La ricerca di una vera origine è essa stessa un'istanza psicotica. Lo psicotico si porta così vicino al luogo d'origine da attuare un'identificazione con lo sperma, la cui molteplicità e disseminazione si concretizza nella vita dello psicotico in innumerevoli figure di figli e di fratelli. L'attenzione sulla provetta rende «trasparente» l'oscurità della nascita eliminando d'un tratto, - il tratto del congiungimento carnale di due genitori che oltretutto sono in que-
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