Alfabeta - anno X - n. 107 - aprile 1988

,'\lfabeta 107 ne, nella quale è ovviamente e presso il senso dell'iter compositivo. Così alcuni concetti base, via via rivisitati in epoche e da angolazioni diverse, tengono qualcosa di quella immediata e turgida vitalità propria della musica dal vivo, e quel che più si rileva è che i critici hanno spesso fatto centro o addirittura aperto nuove dimensioni all'Autore di Gargantua. Per fare degli esempi: cosa dice il critico del «timbro», che rappresenta uno dei nodi centrali della ricerca compositiva di Azio Corghi? Il timbro inteso come a soluto, non contaminato da manipolazioni successive (il timbro della voce disgiunto dalla parola, il timbro di un strumento senza relazioni all'uso storico di questo, il timbro nuovo di un apparecchio elettronico, ecc.), come luogo di comunicazione pre-espressiva. Il critico, in que to caso Franco Abbiati, crive sul «Corriere della Sera» a proposito di Jocs Florals: «Discorriamo in breve di Corghi, fermo sulle frantumazioni, altri dice sulle frattaglie, d'immagini e sonorità destinate a perdersi nell'aria di 'sale bianche' come quella che ci ospita». Commenta l'Autore: «Posso comprendere il 'disorientamento' dell'Abbiati di fronte ad una composizione, come Jocs Florals, di cui lo stesso programma di sala (da me redatto) non forniva chiave di lettura! Concentrando la mia attenzione sul parametro timbrico, avevo abbandonato il tradizionale concetto formale dello sviluppo e tentavo di collegare tra loro, tramite la risonanza di un unico suono, immagini sonore scaturite dal gesto strumentale». Oppure, per Recordari scrive Lidia Palumbo sulla «Gazzetta del popolo»: «Il materiale sonoro che crea man mano come da una massa informe sembra voler annullare tutto quanto è già esistito in precedenza, né si saprebbe dire se e quale scuola ha avuto». Il che viene commentato: «Con Recordari avevo spinto le mie ricerche sul• timbro ancor più nella direzione del rumore utilizzando la cassa armonica del pianoforte come amplificazione degli effetti prodotti su quelle degli archi, sia attraverso lo sfruttamento di nuove tecniche di produzione del suono che con il maggior coinvolgimento della componente gestuale. Tentavo allora di ricavare nuovi suoni dagli strumenti tradizionali affinché mi si aprissero forme originali di espressione». E ancora Lorenzo Arruga dalle pagine de «Il Giorno» in riferimento a Symbola: «Questo pezzo, che già avevamo segnalato a Como qualche anno fa, [... ] adesso sembra collocarsi al centro di una ricerca fondamentale, all'interno del suono, per trovare la possibilità di un gesto, di un canto (e sarà nei pezzi successivi), di un modo di porsi che si comunichi al pubblico senza diaframmi, soprattutto senza formule dettate da qualcosa di diverso dalla natura stessa della Cfr musica». E infatti l'Autore sottolinea la concordanza di quanto detto dal critico con la sua intenzionalità: «Symbola rappresenta per me un tentativo verso una forma di teatro musicale in divenire: da uno stadio iniziale in cui figura unicamente il gesto (strumentale o vocale) che produce l'evento sonoro, si passa per gradi all'inserimento di un intervento mimico o danzato, fino a separare tecnicamente il gesto che 'provoca' il suono da quello che da esso viene provocato». Prendendo un altro dei punti caratterizzanti il pensiero compositivo di Azio Corghi, e cioè il passaggio dalla ricerca timbrica al linguaggio significante, percorso segnato dall'azione mimica in quanto metonimia del gesto che produce il suono, il critico ha capito che: «La musica vive della necessità di tentare, sfruttando a ogni parola ogni suono, giocando cioè ad esempio con le consonanti, ma sempre lasciando trasparire la chiara dizione dialettale, e le elementari varietà musicali del far musica, nello spessore del° contrappunto e nella fantasia del ritmo, negli occhi e nelle attrazioni delle risonanze armoniche, possono costituire un linguaggio che abbia insieme una consistenza e soprattutto un suo stupore, come di una nascita verginale». Ciò è scritto in riferimento ad Actus III, che così vede l'Autore: «Tuttavia la novità sostanziale veniva a determinarsi nel rapporto parola/musica. Con Tactus quasi non ammettevo differenze fra verbalizzazione e comprensione; ora invece, nel tentativo di dare una risposta soggettiva agli interrogativi della partitura, dovevo innanzitutto confrontarmi con 'la memoria della mia cultura'. La scelta delle parlate dialettali non fu soltanto determinata dalla versatilità coloristica delle loro componenti fonematiche, ma fu pure un modo mascherato per avvicinarmi alla parola significante nelle sue varie accezioni linguistiche e nelle sue possibili determinazioni verso forme musicali differenti». Si è posto l'accento sulla congruenza della critica con il pensiero del compositore non perché siano presenti pareri negativi o discordi (del resto presi puntualmente in esame) ma perché, come appena detto, è un dato importante a favore della funzione che può svolgere la critica, quando in luogo delle interminabili discussioni sull'asemanticità del linguaggio musicale interviene nella sostanza della composizione. È forse più corretto dire che il momento teorico dovrebbe sempre misurarsi con il momento della prassi per- verificare in concreto il livello di comunicabilità, che non può essere identificato con la sua traduzione nel linguaggio comune. È questa la prospettiva in cui si pone la critica quando va oltre i procedimenti tecnico-stilistici per capire le ragioni non solo intrinseche ma culturali e umane della musica. Maxim Kantor, Mensa, 1984;olio su tela, cm. 200x 180 pagina 27 Corghi offre un ricco materiale per una riflessione allargata in quanto si muove senza preconcetti e con uno sguardo attento a ciò che gli sta intorno. Prima di pronunciarsi accoglie in sé ogni stimolazione da qualsivoglia parte essa provenga e ciò gli consente di rinnovarsi continuamente senza perciò cadere in contraddizione. Il teatro, il suo teatro musicale, era già presente nella ricerca sul parametro timbrico del suono, poiché in esso era già implicita la gestualità, la commistione con la danza, l'uso del fonema prima, del linguaggio poi; occasioni tutte di approfondimento teorico e musicale scaturito dal bisogno di comunicare con tutti i mezzi possibili. Azio Corghi «Notiziario Suvini-Zerboni» Milano, 1987 Edizioni Suvini-Zerboni, pp. 123, s.i.p. Donna del gioco Antonio Riccardi D onna del gioco, terzo momento della poesia di Maurizio Cucchi, svolge una trama d'intensità sorprendenti, già in parte indicate da Il disperso (1976) e Le meraviglie dell'acqua (1980). Il sistema di costruzione del testo, lo sviluppo narrativo delle sezioni che lo compongono, si impone con dinamica

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