··Proposte·· GyorgyLukacs L'UOMO E LADEMOCRAZIA FedericoDeRoberto LEOPARDI Ch.-A.Sainte-Beuve RITRATTI PaolaSorge D'ANNUNZIO: VITADIUN SUPERUOMO GuydeMaupassant PERFLAUBERT •·ottocento Italiano·· IppolitoNievo ANGELODI BONTÀ EdoardoCalandra LASIGNORA DI RIONDINO MarchesaColombi PRIMAMORIRE MatildeSerao CUOREINFERMO ----- Lucarini Ferdinando Grossetti Contra - Cantica poésie - sujet - écriture con un saggio introduttivo di don Sebastiano Ardyas de Arauca e una epistola di Emilio Villa pp. LXI Lire 14.500 Inform. (081) 8987680 Un libro inaspeltato... ... un processo di ipercodificazione e transcodificazione ... un festino sul corpo della parola. (Matteo D'Ambrosio) ... una sorta di furibonda ... enigmatica festa ... di chi non vuole acceuare le antecedenze storiche ... con risultati che si possono definire in taluni casi clamorosi. (Franco Cavallo) ... un itinerario lulliano-leibniziano ... in cui la lingua va deflagrando ... auraverso le acrobazie della mente. (Aldo Trione) Il libro... è l'evocazione di quella... grande forma informe che rende lo stile imperio delle forme... ed estraneo al compito della glossa legificatrice... La criuografia di F. G. è la dirompenza del paradigma, del segno che ha messo in parentesi il significante... (che) pone e impone non tanto la ricostruzione del testo, quanto l'altro del testo. (Raffaele Perrotta) ... un'opera singolarissima per forza e novità d'invenzione verbale... avventurosa, gremitissima, di straordinaria ricchezza ... un'opera di cui si dovrà tenere gran conto nel parlare della poesia di qut!stianni. (Giorgio Bàrberi Squarotti) ... e, tuuavia, un testo al sicuro da ogni ermeneutica che voglia farsi conclusiva... che rimeue il tuuo in una strategia ricorrente, senza requie... ... che sfida (la stessa) circolarità linguistica. (Adriano Spatola) pagina 26 una classe di linguaggi sulla base di un intreccio di somiglianze che definisce la loro somiglianza di famiglia. Sulla base di questa estensione analogica noi riconosciamo linguaggi diversi, con procedure e regole di impiego differenti, che appartengono in realtà a forme di vita differenti. Ed ora è il problema della loro re!azione reciproca che ci inquieta e che solleva gli interrogativi più tormentosi perché ne va delle fondamentali alternative tra relativismo e obiettività, tra relativismo e assolutismo, tra razionalismo e irrazionalismo, tra monoteismo e politeismo dei valori e delle scelte. E sono proprio queste inquietudini, generate dall'ossessione di esorcizzare la malattia dell'irrazionalismo e del relativismo, che inducono un filosofo come H. Putnam ad asserire che il relativismo culturale è impossibile in quanto la rappresentazione di una cultura differente, di una cultura altra, sarebbe pur sempre una ricostruzione ad opera nostra nei termini della nostra cultura; e che inducono un filosofo come D. Davidson ad assumere che qualsiasi forma di relativismo culturale è paradossale in quanto una cultura e un linguaggio differenti dai nostri per essere riconosciuti come tali devono risultare traducibili nel linguaggio della nostra cultura e devono presupporre quel principio di carità interpretativa che si esplica nell'accordo degli uomini sulle medesime proposizioni. Marconi mostra come alla base della critica del relativismo culturale sussista una confusione tra il riconoscimento di realtà culturali differenti e la legittimazione delle differenti procedure dei discorsi. La comprensione di linguaggi e di culture diversi non implica, dice Marconi, un regime di intertraducibilità universale, tanto poco quanto la parola «scartare» nel ramino, nel poker e nello scopone voglia dire la medesima cosa; in realtà simboli diversi sotto un medesimo segno. Contro Davidson, Putnam, B. Williams Marconi ci dice che la comprensione e l'interesse delle culture altre non dipende dalla loro rappresentabilità e traducibilità nei termini della nostra cultura, «che le altre culture ci siano date solo attraverso una nostra rappresentazione non comporta affatto che esse siano una nostra rappresentazione. Non è importante che altri sistemi concettuali siano accessibili 'direttamente' (?), ma che siano in grado di stupirci, scandalizzarci, incuriosirci; es~ttamente come nel caso delle persone singole. Ciò che conta è che ci siano date come diverse» (p. 149). Che noi possiamo praticare giuochi diversi non implica che questi giuochi sottostiano ad un super-giuoco, che sarebbe poi la solita super-scienza e il super-linguaggio dei filosofi, come si attarda ancora a ritenere O. Ape! (pp. 157-161). D'altra parte il filosofo relativista, secondo Marconi, incorre in un fondamentale fraintendimento quando, adducendo incommensurabilità e intraducibilità dei discorsi, crede di poter rendere banalmente equivalenti i criteri di verità e di giustificazione (fino al soggettivismo piccolo-borghese della folk philosophy). Quando noi discutiamo e dibattiamo noi non seguiamo regole vincolate alla clausola quod nos nell'ambito ristretto del nostro operare e argomentare (p. 150); il nostro discorso si effonde entro l'elemento della nostra cultura e della nostra forma di vita ma al tempo stesso senCfr za autodelimitarsi, ci fa intendere Marconi (ivi). Per parte mia vorrei dire che il comune fraintendimento condiviso da relativismi e razionalismi dogmatici presuppone che siccome un discorso è sempre espresso in un certo modo o un'azione è sempre compiuta in una certa maniera, essi non possono allora esercitare la loro effettiva funzione di dire o di fare. Che è come dire che siccome non riuscirò mai a porgere un libro o un asciugamano a qualcuno se non in un certo modo allora io non riuscirò mai a porgere libri e asciugamani affatto. Certo, vi sono linguaggi e culture diversi su ciò che è buono e cattivo, così come ve ne sono su ciò che è vero e falso, ma tutto questo non implica che ogni cosa sia buona come qualsiasi altra. Quando asseriamo che ogni cosa è altrettanto buona di qualsiasi altra o che ogni affermazione è altrettanto vera di qualsiasi altra, noi non stiamo analizzando il concetto di «buono», né stiamo analizzando il concetto di «vero», perché noi li stiamo semplicemente distruggendo, che lo sappiamo o no, che lo vogliamo o no. Diego Marconi L'eredità di Wittgenstein Roma-Bari, Laterza, 1987 pp. XI-173, lire 23.000 una simile fortuna. Ma, in filigrana, si muove qualcosa che lascia aperto l'adito ad ogni sospetto, un intreccio di casi, apparentemente fortuiti, che arieggiano a una possibile trama, certamente sospetta, se non addirittura «criminale». Il caso, deus ex machina delle vicende narrate (ma «caso», appunto, si dice anche di una vicenda criminale), fa incontrare, nella stessa giornata, il protagonista con un personaggio che stimola immediatamente la sua immaginazione: «Era un vecchio, forse oltre la settantina, i suoi lunghi capelli bianchi gli grondavano pesantemente attorno alle spalle, e una barba fine, grigia, e candida a un tempo, gli cospargeva il volto. Zoppicava vistosamente ... e malgrado zoppicasse tanto, camminava davvero speditamente. Il che accentuava lo squilibrio della marcia». «Squilibrio», è qui, un termine chiave: il personaggio riapparirà, infatti, quasi misteriosamente, in altra parte della città, che non si comprende come abbia potuto raggiungere così in fretta; e poi ancora, sicché - «era ormai sera» - quella figura, per certi aspetti cadente, riappare alle soglie di una palazzina sita in «una zona d'ambasciate, e residenze di ricchi»; una impressione che il protagonista-narratore si vede riconfermata, spiando l'interno dell'abitazioetnie Scienza politica e cultura dei popoli minoritari n 13 Gallr CesareBattistei la suaguerra:tramontodi un mito • F1occh1· "Lumbardp. arlemmlumbard!" • Porro: "VivaTorino Capitale!" - Cesch1a/Cow: Morzined: eliriosociale e pedagogiamorale - Sartori: Eire:per1500 anni unanazione - N1col1G: li Sherpa - Stocchi:Il lungo trekkingdei coloni boeri • Hull: La lingua"padanese" - CatanzaritiI:l Soledi Campanella sorgeancora - Verdeg1glio: Unaminoranza in pericoloG: uardia Piemontese - lacov1ssi: "Friuli,regionemai-nata" - Michelucci: Notiziario Larivistaèdistribuita in abbonamento5:numeriL. 30.000- Europa L. 35.000•Paesei xtraeurope(pi .aerea)L.70.000-Arretrati 1980/8/182/83/84/85/8L6.89.000-Versamenstui lCCP1416220i0ntestato aMiroMerell1V. ialeBllgny22.20136Milano- Tel.02/8375525 QuestonumeroL. 6.000- IncontrassegnLo. 12.000•ETNIE èin venditanelleseguentlibrerie:Milano:FeltrinelllV. iaManzon1i 2e ViaS Tecla5- Roma:FeltrinelliV. iaV.E.Orlando84/86- Bologna: Feltrinelli.PiazzaRavegnan1a- BolzanoA: thesiaL. auben41 Un amore inquieto Mario Spinella D escrizioni criminali è il quinto romanzo di Carlo Cristiano Delforno, uno scrittore che già dalla sua prima prova, Transizione (Einaudi, 1979), si è segnalato per la qualità della scrittura e per lo spessore delle sue narrazioni. Uno spessore che nasce dalla presenza, in ogni suo libro, di un duplice registro: una fabula, e un intreccio, che si svolgono sul piano immediato della verosimiglianza; un livello più segreto, quasi anteriore, che allude - e fa da sfondo - agli intricati raeporti entro cui l'uomo d'oggi è comvolto, in certo qual modo a sua insaputa. È un aspetto, questo, che in Descrizioni criminali appare sino dal titolo. Ciò che infatti viene «descritto» è la storia d'amore tra un modesto impiegato del romano Ministero degli Interni, e una giovane pittrice americana, Tiberina, in Italia per ragioni vagamente di studio. Un amore, da parte di lui, tormentato dalla gelosia e dalla netta sensazione di non meritare - lui, piccolo piemontese inurbato - ne, dal suo «lusso felpato». E che dire del fatto che, alla parete di quella dimora è appeso un quadro che «a prima vista tardo gotico», nello «stile delle scuole tedesche dell'inizio del Cinquecento», ma che presentava anch'esso la sua nota di squilibrio: «Ma gli atteggiamenti e gli abiti dei personaggi non erano quelli del Cinquecento e nemmeno dei temi evangelici, ma persone vestite come nel 1910 o 15»? Ebbene, il quadro si rivelerà più tardi come opera di Tiberina, che, quasi ossessivamente, ne ripeterà il motivo in tutti i suoi dipinti, e, da ultimo, inscenerà una vera e propria rappresentazione sulle colline marchigiane, per poterne riprendere, dal vivo, un'ulteriore variante. Ma non basta. Un misterioso incidente vede precipitare per le scale del Ministero il ministro in persona; si sospetta un complotto. E, poco dopo, un alto funzionario, il prefetto Giacomo Vizzina, anch'egli addetto al Ministero, annegherà - in circostanze quanto meno dubbie - «al largo delle coste ioniche». Un filo appena accennato collega il «vecchio» delle prime Alfabeto /07 pagine, e quindi Tiberina e indirettamente il protagonista, ai sospetti per questi accidenti: e del caso si occupa lo stesso maresciallo che il protagonista ha incaricato di una privata indagine sulla vita privata di Tiberina. Di tutto ciò, nel romanzo di Delforno, si parla con discrezione. Centrale è, invece, la storia d'amore con il suo desiderio, le sue ansie, i suoi equivoci, i suoi momenti di felicità e quelli di dubbio. Una storia della quale il protagonista intuisce subito la labilità, ma che proprio da ciò, forse, trae la sua intensità, la sua curvatura verso una forma, persino, di ossessione. «Le ore di lavoro cominciarono presto a pesarmi, e seriamente. Il tempo di lavoro non finiva mai. Telefonavo a Tiberina coi gettoni, al telefono accanto agli uffici dell'ordinatore centrale, dove quasi ogni giorno io dovevo recarmi per consegnare le schede che avevo ridotto e ordinato. Camminavo tranquillo come un fanciullo che porta il compitino al signor maestro, ma la mente completamente altrove, e il cuore che mi batteva forte per la paura di non trovarla in casa. Quando udivo la mia chiamata squillare senza risposta, una malinconia fredda opprimeva tutto.» La lunga citazione valga anche come esempio, o specimen, della scrittura del romanzo; una scrittura nitida, tesa, svelta, quasi a significare la brevità della vicenda amorosa, il suo rapido tendere alla sua fine. Da ultimo, l'artificio di far raccontare, rimemorare, la storia - che pur si svolge in un tempo che potrebbe essere il nostro di oggi, dal protagonista ormai ottantenne, aumenta il senso di distanziazione, quasi - sia permesso l'ossimoro - in una favola realistica. Un libro dunque con il quale l'autore si riconferma scrittore di vaglia, fedele a se stesso, capace di indagare e restituirci le angosce e le inquietudini della società - e degli individui; ma anche la loro intima vitalità, la forza delle passioni; dei sentimenti; la forza di una ragione che, pur dubitando di se stessa, non rinunzia a cercar di capire. Carlo Cristiano Delforno Descrizioni criminali Milano, Rizzali, 1988 pp. 176, lire 23.000 Musica e critica Maria Leali L a segnalazione di questo numero del «Notiziario Suvini-Zerboni» dedicato ad un solo autore è dovuta ad una ragione ben precisa: credo infatti sia la prima volta nel campo editoriale che per «montare» una biografia si ricorra alla pubblicazione delle critiche alle diverse composizioni edite in occasione della loro resa pubblica, concerti, balletti, teatro musicale. Queste sono state di volta in volta sottoposte al vaglio dell'Autore, che con esse si confronta in un ideale colloquio. Cosa tanto più notevole in quanto si riferisce alla musica, cioè a quell'oggetto artistico del quale si può parlare a lungo, ma il cui riferimento primo non è la parola ma il suono. Il testo in questione, che solo per comodità ho chiamato biografia, propone le opere di Azio Carghi, uno dei maggiori compositori di oggi, secondo la loro successio-
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