Alfabeta 107 Il porto vecchio Pier Paolo Rina/di I 1 problema del recupero di grandi aree lasciate libere dal trasferimento delle attività industriali è un problema che Genova ha in comune con altre grandi città. Spesso queste operazioni richiedono trasformazioni di grandi edifici di interesse storico o di valore architettonico, spesso nel cuore della città. Questo è il caso del porto vecchio, luogo degli scambi mercantili sino ai primi decenni di questo secolo, oggi quasi deserto. Il problema si fa più complesso quando si pensa che anche ciò che resta della città medievale, da cui il porto è nato e da cui viene separato a partire dalla fine del XVII secolo, ha bisogno urgente di un riassetto generale. I convegni degli ultimi mesi sono stati una interessante occasione di confronto. È consolante constatare come il recupero sia diventato patrimonio comune: nessuno propone grandi demolizioni o «sfoltimenti» del tessuto urbano. Si pone a questo punto il problema dei modi di intervento e della gestione dell'intero processo. Il convegno organizzato dalla Facoltà di architettura è stata l'occasione per confrontare le posizioni delle numerose imprese, private e miste, che sono state create per intervenire nel porto vecchio. I docenti della Facoltà di architettura hanno ripercorso brevemente la storia della zona. Ennio Paleggi, docente di storia dell'architettura, ha affermato tnfatti che le stratificazioni della storia del porto vecchio, «scenario interrotto dell'ultima stagione creativa della città», in cui le ultime grandi realizzazioni moderne coesistono con le tracce delle strutture medioevali, hanno diritto al «rispetto Emilia Rensi Stefano Verdino L a scrittura aforistica è un passaggio significativo dell'espressione contemporanea, basta pensare a Cioran ed in Italia a Ceronetti. Spesso si tratta di una scrittura virtuosa e di immagine, lontana dai massimari antichi; a quella misura classica ci riportano queste Testimonianze innaturali, dipanate logicamente sul filo di un discorso trasparente e inesorabile, fino a una lucente freddezza. Le cinque sezioni affrontano problemi diversi, dalla atrocità della storia, ai meccanismi di competizione sociali, all'improbabilità del sapere religioso e scientifico, a note psicologiche fino al colloquio con tre ideali maestri (Leopardi, il biologo Rostand, Seneca) di «pessimismo energico». Sulla scia del pensiero del padre, il filosofo Giuseppe Rensi, l'autrice si muove in una linea di scetticismo integrale, piegato a leggere e analizzare l'intima conCfr Cfr/Conve • rigoroso che si deve alle risorse naturali non rinnovabili». Questa sembra essere la costante dei futuri interventi. Renzo Piano ha illustrato il risultato degli incarichi che negli ultimi tre anni l'Amministrazione cittadina gli ha affidato: un esperimento della nuova generazione di Expo nel porto vecchio con investimenti quasi totalmente recuperabili. Per realizzare questa iniziativa non saranno costruiti altri volumi, ma verranno conservati gli edifici esistenti nella quasi totalità dei casi, e non verrà modificato il profilo dei moli antichi. I piani terreni di tutta la zona, circa cinquantamila ml!tri quadrati, saranno percorribili oppure occupati da attività legate al pubblico. Sia gli edifici modificati che quelli costruiti per l'occasione avranno, ha ricordato Piano, un aspetto «semplice e frugalmente industriale» necessario per conservare l'unità dell'immagine del porto, data dai materiali, dai colori e dalla semplicità delle forme. Si deve garantire, ha affermato, l'integrità e la dignità formale del porto: «la creazione si sposterà sul piano del restauro». I tecnici del Comune hanno ripercorso le tappe dei vari progetti. L'architetto Cassini ha ricordato, ad esempio, che nel 1964 era previsto l'interramento degli specchi d'acqua di cui oggi si prevede il riutilizzo, e l'ingegner Olcese ha affermato che i progetti che ha visto accumularsi nei venticinque anni in cui ha lavorato al Comune hanno suscitato numerose polemiche ma «hanno creato una nuova consapevolezza». Fabio Capocaccia, del Consorzio Autonomo del Porto, ha affermato che le attività rimaste nella zona del porto vecchio saranno trasferite e sostituite con altre che possano coesistere con le nuove utilizzazioni. Gianfranco Gadolla, costruttore, ha contestato la validità economica Cfr/ traddittorietà dell'essere e dell'esistere. La sobrietà e modestia della Rensi la fanno in genere muovere ai margini di pagine e di pensieri di una stagione classica, in un gioco di sottili variazioni e anche di esibite ripetizioni, che ci significhino l'attualità, sempre più verificabile, di quel sapere. In particolare, poi, rimangono impresse alcune osservazioni diverse (sull'eclissi della lettera dalla nostra comunicazione, sul senso dell'inesorabile nella vita umana, ecc.) in un linguaggio dove l'amarezza si incardina sull'ironia, come nell'osservazione sul ritornante problema del deviazionismo (religioso, o politico e della conseguente repressione): «Ci vuole davvero molta ingegnosità per escogitare tante colpe, tante accuse, tante sanzioni. Mondi diversi ma pur simili ... ». Emilia Rensi Testimonianze inattuali Ragusa, La Fiaccola, 1987 pp. 80, lire 4.000 del piano della Commissione congiunta, affermando che le norme del documento finale sono un freno all'attività delle imprese private. La Commissione è stata aceata tra la Regione Liguria, il Comune di Genova ed il Consorzio Autonomo del Porto per stabilire una serie di norme vincolanti e per snellire le future iniziative. Edoardo Benvenuto, preside della Facoltà di architettura e moderatore del dibattito, ha concluso l'incontro ricordando che considera l'opinione pubblica che si è creata intorno a questo problema come una delle migliori garanzie che la città abbia sul futuro corretto utilizzo della zona. L'intero centro storico, che si affaccia sul porto vecchio, sarà oggetto nei prossimi anni di un radicale intervento: i modi e i tempi di questo impegno futuro sono stati i temi del convegno organizzato dall'Istituto Gramsci ligure. Giovanni Spalla, autore del restauro di Palazzo Ducale, ha affermato che lo sviluppo urbano, basato sulla espansione indifferenziata nelle periferie, ha cambiato segno ed è orientato al recupero della zona storica. Si cerca infatti di inserire le «emergenze architettoniche» restaurate per attività culturali in un tessuto costituito da abitazioni e da piccole attività commerciali. All'incontro hanno partecipato anche i rappresentanti delle imprese che interverranno nel centro storico. Andrea Romanengo, dell'ISPRE, ha affermato che questo progetto di recupero è da considerarsi sperimentale non solo architettonicamente ma anche dal punto di vista sociale, perché sarà il primo impatto con la «mobilità temporanea» dei residenti. Franco Montobbio, del Comune di Genova, ha ricordato che il degrado del centro storico sarà affrontato anche risolvendo i problemi della zona circostante, potenziando i servizi, aumentando i parcheggi e riducendo il traffico che taglia il quartiere dal resto della città. Sergio Basile del Centro Edilizia Residenziale, la struttura ministeriale che finanzia queste operazioni, ha posto l'accento sulla necessità di una integrazione di tutte le fasi di questo processo, dal progetto ai finanziamenti, al rapporto ente pubblico-impresa privata; ha proseguito Anna Maria Tatò ricordando che il futuro costo degli immobili non sarà dovuto solo alla ristrutturazione edilizia ma anche al completo rifacimento delle strade, delle linee elettriche, delle fogne. Ha ricordato inoltre che il Comune di Genova ha ricevuto finanziamenti dal CER per un'altra iniziativa, nella cui direzione si muoverà la prossima grande ristrutturazione urbanistica: il recupero delle periferie degr~date, in cui l'intervento è più semplice. Luciano Grossi Bianchi, docente della Facoltà di Architettura di Genova, ha affermato che oltre ai problemi sociali è importante risolvere i problemi della qualità delle architetture e degli spazi urbani; le soluzioni che verranno adottate influenzeranno in modo determinante la qualità della vita delle persone che abiteranno il centro storico. Ha ricordato che un intervento come questo non va affrontato con la logica dei costi e dei ricavi: uno studio ha dimostrato infatti che sarebbe molto più conveniente la demolizione, l'apertura di strade e la costruzione di grandi volumi. Mario Semino, sovrintendente, non crede che si debba «andare contro la storia degli spazi»: nelle zone in cui il «diradamento» è già stato provocato dai bombardamenti non si dovrebbe ricostruire. Nuovi edifici potrebbero essere accettati per ricomposizioni di una palazzata o trilibri Il buon selvaggio Salvo Vaccaro L a concezione innatista dell'aggressività umana, sostenuta da etologi rilevanti quali, tra gli altri, Lorenz e Tinbergen, si forma su comportamenti animali, su modelli umani preletterari, primitivi e tecnologicamente poco civilizzati, su pulsioni biologiche che la rendono latente, privilegiando l'influenza di quest'ultimo livello ai condizionamenti culturali dell'ambiente. In questi ultimi decenni, tuttavia, è venuta crescendo una reazione che ridimensiona la portata e l'estendibilità analogica di questo «mito», e l'antologia curata da Ashley Montagu, uno dei più noti antropologi viventi, ne è una testimonianza. Già altri hanno mostrato comportamenti cooperativistici, solidali e non competitivi nelle società animali, equilibrando un po' le analisi unidirezionali che avevano il segreto intento di ipotecare gli studi di etologia umana. Montagu e gli studio i a lui vicini ci mostrano invece società e popoli indigeni sparsi per tutti gli angoli terrestri, pre-letterati ma tuttora esistenti, caratterizzati da una forte connotazione non-aggressiva acquisita sia a livello individuai~ che a livello collettivo; e tra le tante manifestazioni a supporto visibile di tali tesi, portano la questione educativa che assume rilevanza centrale nella formazione sia del carattere che della struttura sociale. Essi sostengono, cioè, l'importanza dei primi anni di vita come molla di cooperazione, solidarietà, tolleranza, tranquillità d'animo, non competitività nel gruppo, accoppiate ad una struttura familiare e sociale che evita accuratamente e coscie.ntemente qualsiasi forma di reazione violenta organizzata nei confronti di eventuali diversi, eretici, difformi, siano essi comportamenti singoli che collettivi. Il taglio che soggiace dietro le tesi sulla «pacificità» di questi popoli preletterati è interessante perché non si riduce a negare tout court la latenza di violenza presente nelle vaste capacità umane, cerpagina 23 del fronte di un piazza. Claudio Burlando, ex assessore al traffico e consigliere comunale, ha concluso i lavori mettendo in evidenza come il recupero edilizio di un edificio in passato coincidesse con il cambio di «destinazione d'uso», mentre oggi si insiste nel voler mantenere negli stabili la funzione residenziale, nonostante rimanga la possibilità che gli abitanti più deboli e meno radicati nel centro storico vengano in qualche modo espulsi nel corso del processo. Ha ricordato che ritiene il potenziamento della metropolitana già in costruzione, resa competitiva, per comodità e costo, con il trasporto privato, l'unica soluzione per far ritornare vivibile la zona. Questo permetterebbe una progressiva pedonalizzazione del centro, favorita dalla creazione di una serie di infrastrutture di servizi intorno al suo perimetro. Burlando è dell'opinione, come molte persone che sono intervenute a questo dibattito, che il recupero del centro storico debba procedere parallelo al recupero del porto vecchio: la zona si è sviluppata come un unico organismo, e tale deve essere considerato. Gli interventi -dei prossimi anni hanno la possibilità di invertire la tendenza al degrado della città, consegnata dalle inadempienze del passato alla sensibilità più attenta di questa fine di secolo. Il porto vecchio: una scelta decisiva Genova, Palazzo Tursi 11 dicembre 1987 I programmi di recupero del centro storico Genova, Istituto Gramsci ligure 18 gennaio 1988 tamente derivate anche da pulsioni biologiche; esso però incentra le proprie attenzioni sull'ambiente culturale in senso lato, in grado di innescare l'aggressività secondo la strutturazione sociale che quella data popolazione si è data. La conclusione che Montagu e gli altri antropologi ricavano è che la cultura di un popolo può progettare e realizzare nel corso del tempo una capacità di strutturare a costo basso le latenze aggressive presenti, minimizzandole e volgendole verso comportamenti non violenti, non aggressivi, attraverso regole, informali e rituali, e strutture societarie diffuse atte a neutralizzare la gratuità della violenza, il primato della forza fisica elevato a referente organizzativo, l'esaltazione virile del modello del guerriero, ecc. a tutto vantaggio di modelli solidali, cooperativistici, «femminili» e «infantili» per scelta consapevole e meditata. Il buon selvaggio A cura di Ashley Montagu Milano, Elèuthera, 1987 pp. 272, lire 18.000
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