Alfabeta - anno X - n. 107 - aprile 1988

pagina 12 David Lipset Gregory Bateson. The Legacy of a Scientist Boston, Beaco11Press, 19822 pp. 363, $ 10,50 Gregory Bateson. D maestro dell'ecologia della mente A cura di Paolo Tamburini Bologna, Federazione Università Verdi pp. 139, lire 12.000 A partire dagli anni settanta il nome di Gregory Bateson è apparso sporadicamente nel dibattito italiano, ma la specificità della sua proposta teorica non sempre è riuscita ad emergere. Più recentemente, Bateson è stato cooptato nella moda ecologica, ed è finalmente sorta una discussione che ha contribuito anche a tracciarne un ritratto intellettuale. Le ricerche per le quali Bateson è più noto vertono sull'organizzazione contestuale del comportamento. Con le sue indagini sulle culture primitive, su temi dell'etologia e sulla patologia della relazione egli ha sviluppato un approccio all'interazione intesa come unità microecologica, considerando in particolare l'intreccio complesso di comunicazione e metacomunicazione, di segnali discreti e analogici. Bateson ha richiamato soprattutto l'attenzione sulle cornici metacomunicative (Jrames) che determinano il senso di un flusso di eventi e di segnali, e ha preso in prestito «dalla bottega del filosofo» la teoria dei tipi di Russell di cui respinge l'originario valore ingiuntivo limitato ai linguaggi formali, per collocare su livelli logici differenti contenuto o contesto nell'analisi dei circuiti riflessivi. L'interesse per il paradosso e per le incongruenze metacomunicative ha condotto Bateson a formulare l'ipotesi del doppio legame, relativa alle patologie dei processi interattivi nelle famiglie con un membro schizofrenico. L'ipotesi, com'è noto, è stata ripresa dai terapeuti della scuola di Palo Alto. Ma l'orientamento di Bateson, a differenza di quello della scuola di Palo Alto, non è di tipo clinico, ma antropologico, teso all'osservazione dei contesti naturali. Benché sia stato Bateson a proporre inizialmente la terapia relazionale come modificazione delle abitudini metacomunicative dei pazienti, in seguito ha voluto prendere decisamente le distanze dal pensiero psichiatrico e dall'oggettiva crudeltà degli ambienti clinici: «Non sono molto contento di sentirmi il padre della tacita affermazione che il doppio legame è una teoria della terapia. Non penso che lo sia o lo sia stata» (cit. in Lipset, p. 295). L'interesse di Bateson abbraccia in realtà una vasta gamma di forme di comunicazione transcontestuale (ironia, fantasia, gioco) in cui la confusione di tipi logici va intesa non come un disturbo ma come una componente creativa. L'idea di doppio legame, che per Bateson non si risolve nelle ingiunzioni paradossali descritte nei prontuari di psicoterapia di ispirazione paloaltiana, va collocata nel quadro più ampio dell'ecologia della mente, al cui interno i labirinti transcontestuali formano una rete epistemologica non riducibile ai modelli della logica classica, del cosalismo e della causalità lineare. «L'epistemologia convenzionale - scrive Bateson - che noi chiamiamo 'normalità', esita a rendersi conto che le 'proprietà' sono solo differenze e che esistono solo nel contesto, solo nella relazione. Noi astraiamo dalla relazione e dalle esperienze di interazione per creare 'oggetti' e dotarli di caratteristiche. Allo stesso modo esitiamo I pacchetti di Alfabeta Alfa beta 107 rego Bateson ad ammettere che il nostro stesso carattere è reale solo nella relazione. Noi astraiamo dalle esperienze di interazione e di differenza per dar vita a un 'sé' che dovrà continuare (dovrà essere 'reale' o 'cosale') anche al di fuori della relazione» (G. Bateson, Un approccio formale a idee esplicite, implicite e alle loro forme di interazione, in C.E. Sluzki, D.C. Ransom, a cura di, li doppio legame, Astrolabio, Roma, 1979, p. 18). L'adozione di tale punto di vista implica la distinzione fra due mondi di spiegazione, il pleroma e la creatura, fra materialismo «pleromatico», o fisicalista, e spiegazione cibernetica e relazionale. Nella creatura non c'è posto per il determinismo lineare e unidirezionale; nel regno del vivente e dei sistemi circolari di comunicazione sono le differenze di differenze - cioè, in un'accezione molto particolare, le informazioni - a dare vita ai fenomeni. Bateson sostituisce la nozione di differenza, e dunque di relanetica, della quale Bateson è uno degli anticipatori, la riflessività del discorso epistemologico implica l'inclusione dell'osservatore nel sistema studiato. B ateson non si limita a descrivere da ecologo il processo di trasformazione tecnica dell'ambiente naturale. Egli tematizza l'eccesso di finalità cosciente, nell'azione umana contro l'equilibrio naturale, come un problema epistemologico, trasformando l'epistemologia - termine che per altri evoca meccanicamente l'identificazione della conoscenza con la conoscenza scientifica positiva - in un dominio inerente al modo dell'essere-nel-mondo. Certo, Bateson si occupa di cose filosofiche non da filosofo; nei suoi ultimi lavori, l'invocazione di una correttezza epistemologica, o saggezza sistemica, muove dall'idea di un determinismo mentale immanente in quei settori dell'universo che implicano il vivente: «Esiste una mente Maxim Kantor, Rissa, 1984; olio su tela, cm. J20xl20 zione, a quella di oggetto. «La mappa non è il territorio», dice un aforisma di Korzybski caro a Bateson. La differenza è ciò che si trasferisce dal territorio alla mappa. La «cosa in sé» o il territorio dell'aforisma di Korzybsky vengono comunque eliminati dal processo di rappresentazione (la «cosa in sé» equivale all'applauso di una sola mano). Sono invece le mappe, e le mappe di mappe, a comporre il mondo mentale. L'idea di un'epistemologia oggettiva conduce in realtà il cartografo a distruggere il territorio. In una prospettiva diversa dall'eresia rituale di alcuni epistemologi iconoclasti, per Bateson «la scienza non prova mai nulla», ma costruisce nuclei teorici soggettivi il cui valore non è definitivo. Fin dai suoi primi lavori, Bateson insiste sul fatto che le teorie scientifiche sono costruzioni dell'uomo (Newton non ha scoperto la gravità, l'ha inventata), comprensibili solo nei termini di un'interazione tra i dati e lo scienziato «che vive in una data epoca l!d in una determinata cultura». Come mostrano gli sviluppi costruttivisti della seconda ciberpiù vasta di cui la mente dell'individuo è solo un sottosistema. Questa mente più vasta è forse quella che alcuni chiamano Dio. Ma è immanente nel sistema sociale totale, interumano, e include l'ecologia planetaria. Sono sicuro che vale la pena di cercare di percepire questa rete di modelli e di conoscenze» (Intervista a Bateson del 1979, a cura di Psycologie, ristampata nel volume a cura di Tamburini, p. 138). Bateson identifica nell'uomo, nel sistema sociale e nell'ambiente naturale, tre sistemi autocorrettivi che vanno considerati nel loro accoppiamento co-evolutivo. Ciò che caratterizza il quadro sociale contemporaneo è la presenza di entità automassimizzanti che sfuggono ai processi autocorrettivi. I nostri «errori epistemologici» tendono ad autoconvalidarsi, impedendoci di cogliere la nostra appartenenza ecosistemica. Nella concezione olistica e immanentista di Bateson, la mente totale, cioè l'ecosistema più vasto di cui la specie umana è solo una parte, assume una sacralità inviolabile. Va precisato, rileva Cini nel suo saggio, che Bateson concepisce questa mente non in senso spiritualista ma come insieme di reti cibernetiche complesse. L'atteggiamento finalistico dell'uomo occidentale conduce a vedere solo un segmento, solo archi di un circuito cibernetico più vasto che comprende l'uomo più l'ambiente. La lotta di una sola specie per il controllo del- ! 'intero ambiente - la carenza di saggezza sistemica - non è mai premiata. La distinzione fra mondo mentale e mondo fisico traccia i confini di un dominio di spiegazione - la creatura, in definitiva l'ecologia della mente - nel quale valgono gli isomorfismi fra fenomeni differenti ma simili sul piano della loro organizzazione (comunicazione, apprendimento, processi evolutivi). In particolare, secondo Cini, se nella prospettiva batesoniana la spiegazione risiede nell'organizzazione e nell'interazione fra parti multiple in sistemi complessi o menti, in quella misticheggiante e sincretistica del fisico Fritjof Capra, che pure dichiara di essere vicino a Bateson (cfr. J/ punto di svolta, Feltrinelli, Milano, 1984), non viene tracciata quella «soglia di complessità» a partire dalla quale diviene possibile ciò che Bateson chiama processo mentale. Mentre la specificità di Bateson consiste nell'assunzione di un punto di vista radicalmente dualista, nota Formenti, sia Capra sia i teorici della nuova alleanza, in due direzioni opposte, spezzano la barriera fra pleroma e creatura. Benché siano i temi dell'ultimo Bateson - la crisi ecologica, i grandi processi stocastici, la mente immanente - ad attirare maggiormente l'attenzione, vale la pena di notare come il corpus teorico batesoniano sia maturato attraverso un itinerario di ricerca assai singolare. L'idea dei sistemi omeostatici, l'organizzazione contestuale del comportamento, il ruolo della comunicazione paradossale nell'interazione costituiscono un nucleo di argomenti già in embrione nel Bateson antropologo degli anni trenta, al quale sono dedicati un ricco capitolo del volume di Lipset ed il saggio di Vincenzo Padiglione. In Naven, del 1936, viene sviluppata l'idea di «schismogenesi», una teoria dell'interazione basata su due schemi di riferimento: simmetria (ad esempio competizione e rivalità) e complementarietà (ad esempio le coppie autorità sottom1ss10ne, esibizionismo-ammirazione). Col termine schismogenesi viene designato il «processo di differenziazione delle norme di comportamento prodotto dell'interazione cumulativa tra individui». Soltanto attraverso la combinazione di simmetria e complementarietà viene garantita una continua autocorrezione del sistema interattivo. Nella postfazione del 1958alla ristampa del volume, Bateson scrive che una risposta precisa alle problematiche di Naven fu possibile grazie alla svolta teorica compiuta con l'avvento della cibernetica. Fu infatti la partecipazione alle conferenze della Macy Foundation, alla fine degli anni quaranta, a dare a Bateson l'opportunità di elaborare una struttura unificata di astrazioni alla quale ricondurre le idee raccolte a partire dall'esperienza di antropologo. Gli sviluppi prevalentemente ingegneristici della cibernetica ed il dissolversi della tensione transdisciplinare che animò le conferenze Macy delusero in parte le aspettative di Bateson, ma senza scoraggiarlo. Anche in Mente e Natura, uscito nel 1979, un anno prima della morte, egli appare abbastanza fiducioso nella possibilità di una svolta epistemologica, ma pessimista sugli esiti della tecnica e del potere.

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