Alfabeta 107 Patrick Drevet Le visiteur de hasard Parigi, Gallimard, 1987 pp. 264, 89 Fr. Jean Cocteau I ragazzi terribili A cura di Ivos Margoni Milano, Rizzoli, 19761 pp. 162, lire 1800 Platone Carmide Opere complete, voi. IV Traduzione di Piero Pucci Bari, Laterza, 19841 pp. 204, lire 12.000 I n diversi passaggi dei dialoghi platonici il corpo appare come un ospite inatteso. Celebre, ad esempio, è l'ingresso di Carmide nella palestra di Taurea: «Arrivò - racconta Socrate ( Carmide, 155 c-e)- e ci fu molto da ridere, perché ciascuno di noi per farlo sedere accanto a sé cominciò a fare posto e a spingere di forza il proprio vicino, cosicché i due ultimi seduti all'estremità del banco, l'uno lo forzammo ad alzarsi e l'altro lo facemmo cadere per terra. Ma Carmide, come arrivò, si mise a sedere fra me e Critia. A questo punto amico mio non capii più niente, tutta la baldanza che avevo avuta poco prima, di saper discutere del tutto scioltamente con lui, sparì. Quando [... ] mi fissò con certi occhi che è impossibile dire e si piegò in atto d'interrogarmi, e tutti quelli che erano nella palestra corsero come un sol uomo in cerchio attorno a noi, allora, o nobile amico, a scorgere ciò che la sua tunica copriva mi sentii avvampare, perdetti la testa ... ». Il fuggevole sguardo di Socrate al sesso di Carmide inaugura una animata discussione dialettica raffigurata come uno «spogliare», uno «svestire l'anima» e un «contemplare» la medesima. Nel Carmide l'anima sembra derivare dal ripiego dello sguardo del filosofo, sembra formarsi nella riflessione: come effetto di un turbamento erotico. Inizia quindi un dialogo orientato verso la quiete del sapere e un significato purificato dalle emozioni: il logos, un significato che finalmente stia fermo (epistème). L'anima razionale evocata nella prospettiva dell'armonia non è quindi priva di scambi con la mania erotica. L'apertura dell'anima che mai si chiude non è una profondità ma una piega: l'aprirsi del mantello di Carmide e l'emozione di Socrate che ironizza sulla forza perturbante della sua stessa emozione, paragonata a uno stato di possessione, quasi un invasamento. 1 Ciò che in Platone è solo un fuggevole sguardo, nel romanzo di Drevet Le visiteur de hasard - salutato in Francia come uno dei romanzi più insoliti dell'attuale stagione editoriale - diventa l'analisi fin troppo minuziosa del turbamento che, attraverso un gioco di sguardi, un alunno cosciente della sua bellezza fa nascere nel suo professore. Durante 264 pagine il narratore vorrebbe che c'interessassimo anche noi alla figura di un certo Jean Louis: un moccioso di diciassette diciotto anni il cui apparire in una classe di liceo s'impone, a causa della sua bellezza, come sfida ed enigma al suo professore. È una sfida che passa per lo sguardo. Come ipnotizzato, il professore scrive: «Davanti a un tale individuo essere colpito a questo modo, senza ragione, senza scopo, ecco qualcosa che finisce col confondermi». Non fraintendiamo. Il professore non cerca un'avventura sessuale, perché fare l'amore non risolverebbe la violenza di un I pacchetti di Alfabeta _radiunco Gianni De Martino tale fenomeno. Come chiamarlo? Trance, estasi, fascinazione? Al fascino della lenta cattura erotica basata sul fenomeno dello sguardo, corrisponde un singolare lavoro di scrittura e l'elaborazione, attraverso uno stile sontuoso, delle emozioni suscitate da un corpo meravigliosamente apparso sotto l'effetto di una luce, di una posizione, di un qualsiasi evento capitato in classe durante l'anno scolastico. Alla bellezza che passa basta un lampo! Qui, invece, è un seguito di esitanti indugi, tutti giocati nel minuscolo intrigo di sguardi fra l'alunno e il professore. 2 Non a caso al racconto e alla trama si sostituiscono l'evocazione, la notazione, l'osservazione, quasi la catalogazione. Ci riferiamo alla forma della scrittura che cerca di rimembrare un corpo esistente, forse, solo nello sguardo del professore che lo sogna uomo, o promessa d'uomo, nascosto - fine, di Jean Louis non resta che un corpo fotografico, ovvero il sempiterno altro dell'esteta: un imprendibile corpo dell'immaginario. Uno scrittore, tuttavia, giocando tra le pieghe del vuoto, riesce a salvare una piccola parte di se stesso. Ci si può mobilitare per un minuscolo intrigo di sguardi e scriverne per non rimanerne stregati. C'è un mondo, un altro mondo, in cui esistono davvero ragazzi taciturni, segreti, belli ... di una bellezza così enigmatica da ritornarci più volte nel ricordo così come nella scrittura. 3 Il mondo in cui esistono è quello della letteratura e delle stelle comete, naturalmente: solo qui, infatti, il passare della bellezza sembra avere più splendore, forza e durata di ciò che banalmente accade e presto si consuma. Penso al misterioso Oliver degli Incidents di Barthes, ad esempio, («Son corps était très loin, si j'étendais le bras vers lui, il ne Maxim Kantor, Persone in un luogo abbandonato, 1987; tecnica mista su tela, cm. 200X240 dietro il suo corpo perfetto, sempre lontano ... Il muro infatti è già nello sguardo. Nello sguardo c'è già l'altro, come presenza che riempie e muro invalicabile. Drevet ci parla dello sguardo umano: di questa tragica facoltà che, a partire da colori, forme e movimenti, elabora il segreto di questa cosa paradossale, disperata e sublime che i Cristiani, dopo i Greci, chiamano «la carne». «Lecture d'un corps» titola la fascetta editoriale che in questi giorni accompagna il volume in libreria. D a quando - per fortuna, o sfortuna - abbiamo perduto l'anima, abbiamo un bel cercare l'uomo nella psicologia, nella fisiologia, o anche l'anatomia e la pornografia. La scrittura non può vedere in trasparenza, vedere l'anima, ma solo portare in se stessa l'anima e la bellezza come ossessione: un inchiostro sparso in funzione di atti formali. Così, alla bougeait pas, renfermé: aucune complaisance; il est d'ailleurs vite parti dans l'autre pièce. Une sorte de désespoir m'as pris, j'avais envie de pleurer»). O al «ragazzo ebreo di nome Cari Steinberg» del romanzo Queer di William Burroughs, intravisto a Baltimora durante l'infanzia e poi andato via con un «tante cose», e tuttavia sempre presente nell'opera di Burroughs, giacché questo assente s'incarna nelle varie e ricorrenti figure di studenti, operai, cow boy, marinai o ragazzi selvaggi sempre lontani e che ricambiano struggenti sentimenti d'amore «solo in parte». Penso al «ragazzo dai capelli lunghi» che colpì di stupore Aschenbach, il personaggio manniano di Morte a Venezia, ma soprattutto al Dargelos de / ragazzi terribili di Cocteau. Qui c'è come una scena originaria che passa attraverso uno sguardo e poi sembra ritornare in molte altre opere di Cocteau. È quando Paul cerca Dargelos in preda a pagina 11 o «un malessere vago ed intenso, contro cui non esisteva alcun rimedio, un desiderio casto, senza sesso e senza scopo[ ... ] Riconosceva i volti, le mantelline, le sciarpe di lana. Cercava Dargelos. Lui solo non scorgeva. Non vedeva che il suo gesto, il suo gesto immenso ... » Anche i privilegi della letteratura sono immensi. Possiamo così consegnare anche questo Jean Louis alla storia e allo splendore del romanzo: prima che un giorno, magari qualunque e accidentale, il professore del Visiteur de hasard reincontri il suo alunno, diventato un rispettabile vecchio signore che non ricorda neanche più di aver provocato in una classe di liceo tante emozioni erotiche al suo professore! Note (1) Lo sguardo è proprio, con Rousseau, un legame sociale; anzi è la prima forma di legame sociale. Sia Marx (in una nota al Capitale) che Rousseau (nell'Emilio) attribuisconoallo sguardo una funzione costitutiva dell'ordine sociale: l'uomo guarda dapprima se stesso(sarà il «narcisismo primario» in Freud) e si distingue dagli animali e dalle donne. In seguitoguarda gli altri maschi, si scopre simile ad essi, ed è così che sembra effettuarsi il passaggiodall'animalità all'umanità. Inizialmente l'umanità viene attribuita al gruppo dei maschidella propria tribù. Nella transizionedal vedere animaleallosguardoumano, il patto socialesembra stabilirsiinizialmente tra maschi, attraverso la messa in gioco di un nesso stabilito a partire dal sesso, lo stesso sesso (nell'immaginario, il fallo). È attraverso un tale processo che la collettività e la storia sembrano creare anche l'interiorità. Questo si forma a partire da ciò che preventivamentesi allontana o si svalorizzacome altro da sé: gli animali, lo straniero, la femminilità,l'estasi. In una sola parola, l'anima. O, in altri termini, l'interiorità, l'inconscio. Invenzioni maschili, così com'è maschile (questione non indifferentesollevatadal femminismo) l'eredità del capitale filosoficooccidentale. (2) Quando il corpo è in gioco attraverso lo sguardo, stranamente gli uomini si mobilitano. Probabilmente la distanza è già nello sguardo umano, perché esso si è sostituito al vedere animale. Il bello non è visto, ma guardato, e chi è guardato deve sforzarsi di apparire. C'è, nel guard~rsi tra maschi, un riconoscersiper separarsi. E come se il principiod'identità fosseradicato nel pene. Dal controllo reciproco del possesso del pene procede una leggeche Freud rintraccerà nell'Edipo, e che non sembra oltrepassabile perché esso è un marchio che l'individuo reca impresso sul proprio corpo. Così, c'è, nel guardarsi tra maschi, sempre una certa violenza. Inconsapevolmentein giocoè un patto, la legge costitutivadell'identità. «Perchémi guardi?»«Io guardo chi mi pare, pensa agli affari tuoi, è meglio per te»; «Smettiladi fare lo sbruffone, non mi fai paura, sai. Anzi se fossi in te me ne andrei.» Questo scambiodi battute, questa animosità terminatasi con un accoltellamento, è stata riferita recentemente dalla cronaca (Accoltellato per uno sguardo. Sedicenne ferito da uno sconosciuto dopo un diverbio, «Corriere della Sera», 19dicembre 1987).Un alunno dell'istituto tecnico Torricelli, all'uscita da scuola stava parlando con i suoi amici «quando il suo sguardoha incrociato quello di un giovanesui 25-30anni che stava appoggiato a una Ritmo. Una cosa normale, ma evidentemente, nonostante il climanatalizio, tra i due è scoccatala scintilladell'antipatia reciproca. Così dopo lo scambio di battute, è spuntato un coltello...» (3) Nel romanzo europeo degli autori che succedono a Proust e, recentemente, anche nella filmografiamoderna, ci troviamospessoin presenza di relazioni fra uomini che sembrano tutte rimandare a un'unica allegoria: quella che potremmo chiamare esteta/marinaio. L'esteta è colui che desidera, che gode, attende o si esalta, colui che parla o scrive. Il marinaio è invece il partner mobile e turgido di linfa immaginaria. Questo archetipo, di cui mi sembra di poter rintracciare il primomodelloalle originistessedella letteratura e della scrittura nel Poema di Gilgamesh, conosce numerose varianti e andrebbe studiato perché potrebbe rivelarci non poche sorprese su ciò che ho chiamato radici dell'immaginario maschile (Cfr. Gianni De Martino, Alle radici dell'immaginario maschile, «Riza psicosomatica»,n. 66, agosto 1986,pp. 45-50). È un tema che ho ulteriormente sviluppato e approfondito nel romanzo antropologico Hotel Oasis, Mondadori, 1988.
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