Alfabeta - anno X - n. 106 - marzo 1988

I Alfabeta 106 A più voci pagina 71 otFOvato un romanzoinedito di Palazzeschi L a cronaca del ritrovamento del manoscritto di un romanzo inedito è tema in genere çonfinato al margine di una nota testuale che ne corredi l'edizione critica. In tal modo il ricercatore e lo studioso frappongono un diaframma di modestia fra le proprie affermazioni e il risultato dei propri lavori. Tale cautela appare oggi tanto più necessaria quanto più, da molte parti, si sentono esporre crescenti dubbi e perplessità sulla corretta gestione del rapporto tra deontologia critica e mercato editoriale. Lascerò da parte gli interrogativi, pur legittimi, sul grado di «falsità» connaturato a quell'atto di ritegno e affronterò invece u·na particolare occorrenza di questo caso.Ritengo in altre parole necessario e indispensabile dar conto del reperimento di un inedito, tracciando una storia delle circostanze, almeno in tutti quei casi in cui proprio quella storia possa servire a gettare una luce chiarificatrice sulla possibile interpretazione dell'opera. Dopo il lascito testamentario redatto nel febbraio del 1974 e purtroppo reso esecutivo nello stesso anno dalla morte di Palazzeschi, l'Università di Firenze e la Biblioteca della Facoltà di Lettere dettero inizio alla sistemazione complessiva della ingente eredità. Ovvio che l'interesse maggiore per le ricerche letterarie dovesse essere costituito dalla possibilità di analizzare, nella loro totalità, sia l'iòsieme di tutti i materiali epistolari sia il corpus degli autografi che Palazzeschi aveva conservato per tutta la vita. Ma è anche ovvio che l'operazione doveva essere condotta con estreme acribia e cautela. Depositi e costituzioni di Fondi di autori contemporanei presso istituzioni accademiche non sono certo fenomeni rari: ben più difficile è però riscontrare il caso di Università che siano nominate, di fatto e in diritto, «eredi universali» di un autore, così come avveniva con Palazzeschi. La ricerca doveva quindi concentrare le energie non tanto nell'indagine di una «parte» da cui poter trarre poi notizie decisive per la conoscenza di un «tutto». ma proprio nel non frammentare la totalità a disposizione in un'eccessiva predilezione per alcuni settori. II primo risultato di tale lavoro fu quindi il convegno di studi palazzeschiani tenutosi a Firenze nel 1976 (gli atti vennero pubblicati da Il Saggiatore) e la parallela mostra documentaria curata da Siro Ferrone che, nel catalogo, esponeva una prima valutazione sullo stato dei lavori. Esaurita questa prima fase e conclusasi anche la sistemazione delle proprietà immobiliari e «artistiche» di Palazzeschi (prima fra tutte queste ultime la splendida collezione di tele di De Pisis) venne dato inizio anche al lavoro di catalogazione della biblioteca personale dell'autore e, infine, degli autografi in suo possesso. Era qui che, sepolto in un insieme df più di trentamila materiali epistolari e di più di trecento manoscritti autografi delle opere, si trovava anche il romanzo inedito Interrogatorio della contessa Maria. Ho detto sepolto perché certo nessuno avrebbe potuto supporne in anticipo l'esistenza. Nel corso della sua lunga carriera letteraria Palazzeschi aveva avuto più volte l'occasione e il desiderio di curare edizioni complessive delle proprie opere, offrendo parallelamente prefazioni e avvertenze che Fabrizio Bagatti ne giustificavano bio-bibliograficamente trambe le stesure autografe riportavano già l'impianto e la scelta. le indicazioni dei corsivi a uso del tipograDisponibilità palazzeschiana da un lato e fo, quali motivi hanno spinto l'autore a taconfronti bibliografici dall'altro avevano cere sull'opera per quasi cinquant'anni? insomma creato una palpabile sensazione Non dubito che validi motivi di auto-censudi certezza riguardo ai testi editi e non, ri- ra possano anche apparire fin troppo evifiutati, corretti o riadattati. Si conoscevano denti al lettore del romanzo, considerate la ad esempio come inedite le poesie cui Pa- tematica e l'efficacia del linguaggio scelto; lazzeschi lavorava quando lo colse la morte evidenti magari per quel lettore che non e che, nel suo disegno, dovevano presenta- ricorda come Palazzeschi avesse tranquillare il titolo definitivo di Nove sinfonie. Stes- mente corso analoghi rischi pubblicando sa cosa si poteva dire della traduzione de Il certe pagine del Perelà o alcune poesie del rosso e il nero di Stendhal o anche, come primo periodo (penso ad esempio a I fiori). rarità più che effettivi inediti, le recensioni Del resto le temperie morali sono rapicinematografiche r--:-------;~,;g"""• ...... .,....___.,...,.. damente mutate nel pubblicate su «Epo- corso del secolo e Pa- •ca» nel biennio 1950- lazzeschi poteva ri1951. Insomma, un prendere in mano il corpus che, sebbene lavoro e coronare da riordinare, non con la stampa una faoffriva a tutta prima tica non indifferente, clamorose sorprese. a giudicare dall'imSembrava quindi più pegno profuso nel laimpellente porre un bar limae di cui fa fecriterio ordinatore de soprattutto la priper l'enorme episto- ma delle due redalario e in tale direzio- zioni. E vale la pena ne mi sono mosso a di sottolineare qui partire dall'inverno che i due manoscritti del 1983. Anche da dell'Interrogatorio questo lungo lavoro presenti nel Fondo sono giunti buoni ri- testimoniano solo la sultati: grazie alle fase terminale del lalettere conservate da varo palazzeschiano, Palazzeschi si sono quello che in realtà potuti chiarire me- andrebbe definito glia aspetti intricati come «penultima» e della letteratura no- «ultima» stesura. In vecentesca. Ne fanno genere Palazzeschi, a fede, ad esempio, la questo stadio, operamostra sul Futurismo va solo sul cesello stia Firenze: 1910-1920 listico formale, aventenutasi nel 1984 (il do già risolto al nocatalogo è pubblicato vanta per cento i da Sansoni), il con- dubbi strutturali. Tra vegno su Corazzini l'uno e l'altro degli svoltosi a Roma nel autografi del roman1987, l'edizione del zo, l'autore si limita carteggio con Prez- a snellire punteggiazolini curata da Mi- ture zoppicanti, prechele Ferrario per le cisare sostantivi e agEdizioni di Storia e gettivi forse troppo Letteratura (1988). indefiniti con miFresco di stampa è croinserimenti seanche il carteggio mantici finalizzati alcon Maria Luisa Bel- la dissoluzione di leli (Manni, Lecce, possibili anacoluti, 1987) ricco di indica- addolcire eccessive zioni sui rapporti tra forzature paratatti- Benjamin D. Maxham, Henry David Thoreau, Palazzeschi e il futu- National Portrait Gallery, che con una maggior rismo. SmithsonianInstitution Washington,D.C. resa «musicale» della D ai manoscritti, tuttavia, e proprio quando l'intera catalogazione pareva avviata alle tappe conclusive, doveva uscire la sorpresa più grande. L'Interrogatorio della Contessa Maria è ora nelle librerie e per quanto riguarda una descrizione tecnica delle due stesure manoscritte faccio ovvio riferimento alla Nota al testo che vi ho inserito. Resta aperto in ogni caso un interrogativo di non poco conto: perché mai Palazzeschi ha così accuratamente messo da parte un romanzo che già nel 1926 aveva annunciato al pubblico come imminente? Posto che di imperfezioni o incompiutezze non si può parlare, enlingua. Il romanzo era dunque, nella sostanza, perfettamente compiuto: il che riporta all'interrogativo di partenza. La risposta che qui vorrei proporre (con un grado di probabilità che è almeno pari alle altre possibili) è che il romanzo contenga, al suo interno, già nel suo proporsi come tale, la soluzione del problema. In altri termini è plausibile che l'autore abbia manovrato scientemente per costruire l'inedito, che lo abbia ideato così come si può fare con un ordigno a tempo: soluzione certo più unica che rara e che trova solo in Montale, stando agli ultimissimi reperti, una certa similitudine d'intenti. (Andrebbe forse ricordato che proprio Montale e Palazzeschi strinsero una fraterna amicizia per un lasso non disprezzabile della loro vita?) Visto da questa prospettiva, l'inizio di Interrogatorio della contessa Maria acquista un'inquietante capacità stimolatrice: tutte le considerazioni metanarrative, che parrebbero solo una elaboratissima captatio, trovano invece una loro ben precisa compiutezza strategica e progettuale. Il passo che qui riporto di seguito ne se- •gna il culmine fino quasi a sconfinare nella profezia: «[... ] e se a me per un caso venisse il capriccio o ad altri che potessero un giorno presso di me rintracciarle fra le mie carte, di rendere di pubblico interesse queste annotazioni, questi appunti, che in questo piccolo inserto racchiudo sotto il titolo: 'interrogatorio della contessa Maria' e se per caso ad essa capitasse di leggerli riscontrandovi la sola virtù del mio sforzo per esserle fedele, dovendo riscontrare com'io •mi sia arrabbiato, ingegnato, per non turbare la sua colla mia personalità, avrà un benevolo sorriso di compassione per me». Superfluo aggiungere, dato che ormai era prevedibile, che Palazzeschi aveva fisicamente raccolto i due autografi in un «inserto» cartonato che recava la dicitura del titolo. Strane coincidenze e certo eccessive nel numero per essere solo puri accidenti casuali. Il fatto è che qui abbiamo a che fare con un autore che risponde al nome di Aldo Palazzeschi; un autore che negli stessi anni del!' Interrogatorio precisa il titolo di un romanzo (La piramide) con l'indicazione «scherzo di cattivo genere e fuori di luogo»; un autore che, sempre nel medesimo periodo, pensava a un altro romanzo da intitolare soltanto «?» ( e con questo titolo lo annunciava al pubblico e agli amici!); un autore, infine, che è stato l'unico nella storia della letteratura italiana ad aver curato di persona una raccolta delle proprie poesie rifiutate, erigendosi a comicissimo filologo di se stesso (Difetti 1905, Garzanti, 1947 e Scheiwiller, 19852). Una sola cosa è certa: se il valore narrativo non è discutibile ma esaltato dalla magnifica resistenza all'usura del tempo, il significato letterario di Interrogatorio è saldato a quelle prime pagine. La scommessa palazzeschiana sul valore eversivo e sperimentale dell'opera si gioca (e si risolve) in quei paragrafi che anche il cesello sintattico ci segnala come luogo deputato e di intrigante affermazione poetica. È per questo che, come accennavo all'inizio, poche altre volte un romanzo inedito rimarrà in così grande debito di fortuna nei confronti ... della cronaca del suo ritrovamento. Con la pubblicazione dell'Interrogatorio della contessa Maria, allora, il discorso critico su Palazzeschi si riapre anche in senso complessivo. Soprattutto bisognerà rettificare certi approdi già consolidati concedendo maggiore evidenza al sottile meccanismo che, nel segno dello sperimentalismo, collega creatività tematica e coscienza critica degli strumenti letterari. Minimizzare l'ultimo di questi due termini conduce irreparabilmente a un frazionamento dell'importanza di Interrogatorio nell'evoluzione della prosa palazzeschiana, ma 'ci costringerebbe anche a limitare la portanza del termine «sperimentalismo».

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