pagina XII ' E importante analizzare come siano mutati nel tempo i rapporti tra progetto e metropoli, intesa quest'ultima come scenario complessivo di circolazione delfa merce e come mega-progetto. Questi rapporti infatti sono spesso taciuti o ad.dirittura ignorati: essi rappresentano invece il punto di riferimento più avanzato per capire come la filosofia del progetto sta 'cambiando e come essa agisce nella costruzione dell'universo artificiale. Nel nostro discorso la metropoli svolge infatti un duplice ruolo. Come sistema generale di costruzione dell'universo progettato (e come territorio di circolazione intensiva delle merci) essa contiene nel suo grande ventre tutti i progetti particolari, siano essi omogenei, discontinui, o dissociati tra loro e con essa. Ma la metropoli possiede anche un ruolo più simbolico, una funzione metaforica generale che ci facilita tutti i diversi discorsi progettuali e tutte le strategie costruttive. La metropoli è una realtà ma anche un concetto che cambia nel tempo, nella storia; essa corrisponde a un modello teorico generale della realtà che di volta in volta si modifica per seguire nuove configurazioni. II ruolo di tale modello teorico è quello di definire in maniera chiara alcune logiche di fondo del sistema costruito, mettendo in luce alcune ideologie e strategie meta-progettuali, che funzionano come scenari di riferimento. Questi modelli teorici non necessariamente corrispondono alla realtà, ma servono 'piuttosto a spiegarla, cioè a contenerla dentro a un quadro unitario. Un po' come certi modelli teorici dell'atomo, -che descrivono dentro a un'ipotesi unitaria il funzionamento della materia; essi sono spesso una vera e propria metafora morale, culturale, mentale, tipica di un certo periodo storico; pur tuttavia essi assolvono alla funzione di stabilizzare e ridurre le possibili varianti, gli errori, e permettono anche di misurare la novità. In questo secolo molti progetti di architettura e di design hanno fatto riferimento più a Metropoli Teoriche che a quelle Reali; nella nostra epoca il progetto nasce avendo davanti a sé una realtà così complessa e articolata al punto che essa è diventata inconoscibile. Ecco allora che il progetto diviene in parte una proposta di modificazione di questa realtà, ma in parte diventa anche un sistema di rappresentazione di questa realtà facendo riferimento a una simulazione ridotta di essa, cioè a un Modello Teorico di Metropoli. Basta fare mente locale a uno qualsiasi dei moltissimi progetti del Movimento Moderno o delle Avanguardie Storiche (Sant'Elia o Le Corbusier) per notare come il progetto è spesso una metafora che illustra la realtà (e la metropoli) ad un maggiore livello di chiarezza critica. Questa componente concettuale è il frutto di uno sforzo continuo da parte delle discipline del progetto di stabilire alcune basi teoriche comuni e trasmissibili, almeno sui mega-orizzonti del reale e del futuro, in luogo della definizione unitaria dell'architettura stessa, come un tempo era possibile, ed oggi non più. In questo secolo possono essere individuati tre grandi modelli teorici di metropoli. II primo è quello che accoglie la nascita e la crescita delle avanguardie storiche, e che possiamo chiamare Metropoli Meccanica. Essa è costituita da parti separate di realtà, da corpi contrapposti sia nel sociale che nella cultura; queste parti diverse però si contrappongono drammaticamente producendo un'unica energia di trasformazione. Essa è la metropoli dall'inizio del secolo fino agli anni venti, che può essere rappresentata compiutamente dal film Metropolis di Fritz Lang. Per inciso può essere notato che in questo secolo sono il cinema, la pittura o la letteratura a descrivere compiutamente la condizione metropolitana, e non l'architettura. La tensione prodotta da un mondo ricco di contraddizioni che cercava di introdursi dentro a un alfa bis. 2 massificazione in atto, per trarre da questa vertigine nuove condizioni di libertà; quasi un azzeramento radicale di tutti i precedenti sistemi di 'valore e di identità. La Metropoli Omogenea corrisponde alle visioni urbane di Hilbersaimer e del razionalismo, alla ripetizione ossessiva di moduli grigi e scientifici fino ali' orizzonte lontano. È la metropoli dell' Uomo senza qualità di Musi!, nella quale il progetto di design vive un suo sogno di totale adozione, fino al sacrificio, della logica «razionale» del sistema. Il design muta radicalmente la sua stessa definizione, accettando di descriversi come processo di industrializzazione del reale: l'industria cessa così di essere uno strumento per divenire il fine stesso del progetto. È il singolo progetto che si definisce come un segmento del processo di industrializzazione globale. La terza metropoli teorica è quella che stiamo vivendo adesso: realizzando oggetti ad alta espressività e in luoghi a forte identità. Dentro a questa realtà esaltata e febbricitante la nostra visualità cambia profondamente. Claude Nicolas Ledoux rappresentava il suo teatro di Besançon riflesso nell'occhio dello spettatore, dove le leggi naturali della visione coincidevano con quelle stesse dell'architettura. Dopo di lui gran parte della cultura moderna ha affermato una cultura visiva fredda, analitica, distaccat~ e razionale. Paul Klee e Piet Mondrian vedono lo sguardo umano come uno strumento che va a fondo della realtà per coglierne le leggi strutturali, fondanti: uno sguardo che vibra e trapassa il mondo delle apparenze per fare chiarezza sulle scelte di fondo che lo attendono. Dentro alla Metropoli Ibrida l'occhio umano brucia, come nella sequenza iniziale di Biade Runner, partecipando di una emozionalità urbana; ogni distanza critica è bruciata Giuseppe Primoli, Guy de Maupassant, Bibliothèque Nationale, Parigi, 1889 nuovo ordine logico, dentro a un nuovo codice espressivo fortemente ridotto, senza rinunziare però alla complessità del linguaggio. Il Neo-plasticismo nacque anche da questa tensione morale: parlare universalmente a tutti, dentro a un codice elementare di segni, senza rinunciare allo spessore e alla complessità dell'informazione. Ricordo i film di Moholli Naghy dove attraverso il montaggio cinematografico si poteva leggere il tentativo di mettere insieme e quasi di integrare ossessivamente spezzoni di realtà sociale e quotidiana, con le figure primarie del codice neoplastico. Al modello teorico della Metropoli Meccanica è succeduto tra le due guerre, e fino agli anni cinquanta, un altro modello di riferimento: esso ipotizzava una metropoli che ha superato le grandi contraddizioni interne di natura formale, per divenire un grande sistema omogeneo di costruzione, qua~ si un diagramma territoriale della catena di montaggio. Questo tipo di Metropoli Omogenea corrisponde a un momento di un realismo drammatico della cultura del progetto: essa vede adesso e accetta la logica moltiplicatoria del sistema industriale. II Movimento Moderno cavalca la tigre della Utopia Quantitativa, dell'industrializzazione forzata, della essa corrisponde alla nascita della società post-industriale e può essere definita come Metropoli Ibrida. Nella Metropoli Ibrida il progetto non è più qualcosa che tende a modificare il mondo, ma piuttosto un atto che realizza una nuova realtà che si aggiunge a quella esistente, per renderla più ricca, più complessa, per aumentare le possibili scelte. Il progetto diventa un.o dei territori immaginari della narrazione, della comunicazione; territori nei quali il sistema postindustriale si espande: come il cinema, la televisione, l'informazione. Il progetto di design (e di architettura) dentro alla Metropoli Ibrida non costituisce più una categoria critica generale; al contrario esso diventa un sistema frammentario, discontinuo, che esalta le differenze e le eccezioni in luogo de,Hegrandi unità ideologiche. Possiamo dire che nella Metropoli Ibrida il pensiero progettuale è un «pensiero a segmenti forti». Cioè a dire un pensiero (e un segno e un progetto) «debole» sul piano de!1'1connessioni generali e della sua partecipazione a teoremi globali e programmazioni ideologiche unificanti, ma «forte» dentro a s~g·menti separ~ti, a porzioni limitate. In questo senso essa non soffre di una debolezza progettuale, ma al contrario gode di una energia espressiva che si scarica in una adesione alla realtà, di cui l'occhio umano fa parte integralmente. V ediamo adesso come e quando la Metropoli Ibrida modifica la stessa epistemologia del design. Nella trattatistica del Movimento Moderno i rapporti tra industriai design e progettazione della città si svolgevano tutti all'interno di un 'unica ideologia di trasformazione del reale: le tre grandi discipline del progetto (design, architettura e urbanistica) apparivano nella visione del moderno come tre momenti diversi di un unico grande disegno complessivo che andava «dal cucchiaio alla città». Per il movimento razionalista del dopoguerra l'oggetto di design (rispettoso dei suoi limiti dimensionali e della produzione di serie) si collocava in maniera ordinata dentro alla globale trasformazione della metropoli, operata dalle grandi strategie riformiste, che puntavano a una industrializzazione accelerata ma equilibrata. In questa visione il design stava dunque alla metropoli moderna come un ingranaggio sta a una grande macchina in movimento: trasmette il moto, partecipa al destino comune, produce qualità sulla piccola scala. Per .iprogettisti di design, fino a tutti gli anni sessanAlfabeto 106 ta, la metropoli costituiva dunque il «progetto generale» a cui dare energia operando con modestia e passione sugli oggetti prodotti in serie. La concordia tra le «tre sorelle del progetto» era la premessa per ciascuna delle tre per acquistare significato e direzione strategica: e la direzione strategica globale era quella della costruzione di un regno ordinato, efficiente e industrializzato, al centro del quale si collocava la Città Moderna, laica e riformista. Ordine e qualità erano infatti sinonimi. Per questo motivo per il Movimento Moderno e per il razionalismo la Città Reale, confusa e poliedrica, è sempre stata vista come un fenomeno non ancora completamente controllato dal progetto: quindi come un fenomeno transitorio, cioè destinato a essere profondamente cambiato nel tempo. Vi è sempre stata infatti l'idea che la confusione e le contraddizioni della città sarebbero scomparse, e che progressivamente si sarebbe giunti a scenari e comportamenti metropolitani ordinati e efficienti dentro alla Metropoli Omogenea. Sembrava allora che la logica della produzione industriale e della progettazione moderna avrebbero risanato questa confusione urbana, vista ancora come un «accidente» da rimuovere. In quegli anni si è affermato in Europa il modello nordico come un traguardo che l'intero mondo civile avrebbe dovuto raggiungere. In tutti i paesi occidentali il Sud è sempre stato visto come un luogo confuso, molto contraddittorio, involuto, pieno di situazioni in conflitto tra di loro; mentre il Nord si presenta come una fase più organizzata della società, come un luogo più moderno e efficiente. In effetti negli anni cinquanta e in parte degli anni sessanta l'architettura moderna ha visto nella Scandinavia un esempio di Nord democratico e civile da proporre a un Sud confusionario e contraddittorio, e in via di ordinamento. In questi anni dunque il progetto di design è visto come una tessera di un complesso processo di trasformazione della metropoli verso uno stato di stabilità definitiva e di ordine industriale. Da questa ipotesi ottimistica di sviluppo si è cominciata a formare, negli anni della nascita della società post-industriale una diversa analisi del caos urbano: questo caos non è più visto come un effetto temporaneo di una situazione transitoria, ma al contrario come il risultato più maturo dell'intero sistema industriale. Il sistema di produzione industriale è globalmente razionale (perché utilizza tecnologie, macchine, sistemi di produzione che possiedono una logica razionale), ma ogni settore produttivo si muove secondo una logica autonoma, parziale e settoriale, che va in direzioni tra loro completamente opposte. Nasce in quegli anni la coscienza che il sistema industriale non si sviluppa in un'unica direzione, ma si sposta in tante direzioni e questo produce all'interno della metropoli, che è il luogo in cui la merce entra in circolazione, un grande caos linguistico, mix di tante culture diverse.
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