Alfabeta - anno X - n. 106 - marzo 1988

Alfabeta J()(j hanno oggi vita più breve; è per questo che Rambo e J.R, Madonna e Maradona si succedono vorticosamente, lasciando il posto ad altro, mescolandosi ad altro, senza mai divenire veri «modelli» di comportamento. O, nel migliore dei casi, divenendo modelli ironici. Guardandosi intorno è proprio questo che si ritrova: micromodelli comportamentali che si polverizzano, realizzandosi parzialmente sul viso, sui corpi, nei gesti, nelle case della gente. Perché i modelli non sono più esclusivi, non si elidono più l'un l'altro, ma procedono per addizione e sovrapposizione, si annullano l'un l'altro, lasciando solo segni minimi, messaggi cifrati di cui si perde man mano la chiave di lettura. Potremmo dunque dire che i modelli non agiscono più per convinzione e identificazione ma per suggestione, con raggi limitati d'azione e d'influenza. L'intera vita sociale da etica sembra divenire essenzialmente estetica e suggestiva, i suoi meccanismi di funzionamento si trasformano riducendosi ad un bel gioco di forme. Nuova era ludica della sopravvivenza retorica. Nuova era degli incontri, delle storie e dei destini incrociati, del senso che - tutt'altro che scomparso - si fonda su un terreno di suggestioni, di furti linguistici, di salti dimensionali, di associazioni temporali e spaziali, individuali e collettive. In questo azzeramento del modello etico, condotto al grado zero di verità, si aprono logiche e linguaggi inaspettati, direttamente prodotti dal consumismo immateriale dei nostri tempi. Il fenomeno non contiene in sé valenze necessariamente negative, ma piuttosto prevede affascinanti potenzialità e seri pericoli. La sfida e la scommessa per i soggetti emergenti degli anni novanta, sarà allora quella di evitare la logica passiva del consumismo immateriale e di adottare una strategia di fruizione attiva dei micromodelli, che divengano così stimoli da inserire in un proprio progetto di vita unitario, basato su valori di fondo reali anche se relativi, e sfuggendo al pericolo di una eterna auto-referenzialità narcisistica. Sarà allora necessario verificare la possibilità per il soggetto di elaborare strategie originali e personali sul terreno minato ma potenzialmente assai ricco della società trasgressiva che utilizzi creativamente e ironicamente il materiale reale e immaginario della società consumistica secondo la propria progettualità, sottraendosi al pericolo di rappresentare al suo interno target inerti, niente altro che bersagli passivi della comunicazione. Francesco Morace Professore di socioeconomia previsionale alla Domus Academy Per un'estetica del consumo L a qualità: elemento essenziale, contrassegno inscindibile della natura stessa di merci e prodotti. Oggi in modo ancor più accentuato perché esiste in tutti i mercati una richiesta crescente di qualità. Di conseguenza la qualità diventa sempre più fattore centrale della strategia del/'offerta. Della qualità si parla normaimente come se fosse qualcosa di preciso, di definitivo, chiaro a tutti: un riferimento assoluto. Anche il vocabolario contribuisce a dare questa immagine di certezza e di oggettività alla qualità. Lo Zingarelli, ad esempio, la definisce: «elemento concreto che costituisce la natura di qualcosa e ne permette la valutazione in base a una determinata scala di valori». Ora sta succedendo che in questi anni, in cui cresce l'importanza della qualità, questo termine sta cambiando significato, ma non nel senso che a un significato se ne sostituisce un altro a sua volfa chiaro ed univoco. Mentre infatti la qualità assume sempre più importanza come «valore», il termine che la designa sta diventando alfa bis. 2 I problemi che emergono sono infatti i seguenti: che tipo di qualità si deve perseguire e proporre? Per quali utenti? Per quanto tempo? Il mondo dell'offerta ha saputo nel suo complesso adeguarsi alle richieste di nuove qualità e rinnovarsi di conseguenza: ovviamente con alcune vittime al suo interno, cioè le aziende meno attente al cambiamento, ma anche con nuovi ingressi negli spazi e nelle opportunità che via via.si sono creati. In effetti, la parte strutturale del cambiamento è in pratica già avvenuta in questi ultimi dieci anni, che hanno segnato l'inizio dell'era post-industriale, caratterizzata dalla fine dei consumi di massa, dallo sviluppo delle segmentazioMario Nunes Vais, Benedetto Croce, movimento, deve ragionare in termini di quality mix, con un dosaggio degli ingredienti ad hoc, su misura per il segmento/obiettivo. Nel quality mix entrano così la qualità funzionale e prestazionale; quella di immagine del prodotto (confezione, pubblicità, marca ecc.); quella di immagine aziendale (identità, firma ecc.); quella ambientale e di relazione (spazio d'acquisto o di fruizione, elementi accessori, valori testimoniali, ecc.). La situazione può sembrare molto confusa. In effetti, pur essendo molto complessa, è tuttavia gestibile da aziende avanzate e non ferme a vecchie regole, aziende che accettano il principio che le tecniche e le strumentazioni azienIstituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione, Roma, 1909 una parola con semantica variabile nei fatti e, nella comunicazione, addirittura a-semantica, tanto è evocata, citata, inflazionata nella pubblicità. Non ha quindi un significato preciso, ma significati diversi per persone diverse e, in più, significati che possono cambiare nel tempo. Sta succedendo cioè che è il concetto stesso di qualità che tende a cambiare e a differenziarsi, perché si sta modificando e differenziando proprio la scala dei valori di riferimento di cui parla lo Zingarelli. Questo ha creato grandi problemi a chi produce e vende prodotti, perché ha richiesto di modificare, a volte anche radicalmente, i parametri di valutazione e le modalità di comunicazione con i mercati e i fruitori. ni qualitative e delle nicchie di mercato, dall'avanzare delle qualità soft e di comunicazione delle merci, dall'influenza crescente dei media e degli opinion leaders, in pratica dall'avvento delle mode in tutti i settori di consumo. Molti osservatori considerano che questo cambiamento si amplierà linearmente nei prossimi anni in quasi tutti i settori senza consistenti modificazioni di sviluppo. Alcuni sintomi invece fanno pensare che esisterà - e in nuce esiste già - un modello sostitutivo indotto da quello attuale, che riguarda in special modo alcuni aspetti del problema della qualità e quindi le strategie ad essa connesse. Chi produce, di fronte a queste multi-segmentazioni in possibile da/i classiche sono necessarie ma non più sufficienti e che occorre affiancarle e superarle con altre, meno «certe», più sperimentali, interdisciplinari e creative, capaci, ad esempio, di mediare fra cultura industriale e cultura del progetto. A nostro parere questa situazione, attualmente ancora in sviluppo, proprio per le sue caratteristiche e le sue modalità di affermazione, comporta di per se stessa una evoluzione verso una nuova fase, soprattutto riguardo al concetto di qualità oggi così frantumato in tante componenti. A prima vista la situazione attuale induce a pensare che la maggior parte dei consumatori sia in una completa dipendenza dalle mode, dai mass-media e dai vari pagina Xl opinion makers del/'attuale show business. Questo può essere vero oggi, ma, in un futuro non lontano, assisteremo, in molte fasce di consumatori, a una crescita lenta ma progressiva del gusto, della sensibilità estetica e quindi di comportamenti sempre meno dipendenti e più coscienti. Infatti, il consumatore - nelle varie segmentazioni che rispecchiano la sua maggiore o minore dimestichezza con le nuove qualità estetiche soft - sta facendo in questi anni un corso accelerato di educazione per quanto riguarda l'abbigliamento, l'alimentazione, l'estetica e il vivere meglio in genere. Il consumatore medio sta avventurandosi su terreni fino ad ora proibiti ed esclusivi di altri, come l'arte, il gusto, la cultura e lo sta facendo, naturalmente, attraverso «visite guidate», come nei tour di gruppo alle Piramidi o al Machu Pichu, seguendo pedissequamente la guida. Si precipita a vedere ieri i Bronzi di Riace e oggi la mostra di Van Gogh a Roma, anche se - come osserva snobbisticamente una organizzatrice - non guarda i quadri ma viene perché Van Gogh è di moda. Ma dopo gli anni dell'avidità, dell'apparire e del seguire le mode, e proprio in conseguenza di quello che è stato indotto e costretto a fare, il consumatore risulterà - per fasce sempre meno elitarie - più coltivato e pronto a diventare protagonista di un nu-ovo rapporto con l'offerta, imparando via via a scegliere o a non scegliere, a seguire o non seguire una moda, un'informazione, una guida, una marca. E in questo il consumatore tenderà a mescolare sempre di più, contemporaneamente, oggetti, stili, acquisti, in un eclettismo che sarà il vero specchio di questi ultimi anni del secolo. In questa nuova fase, dopo quella del «consumo delle mode», ciascuno tenderà sempre più a fare emergere e svelare le proprie dimensioni personali e creative, non verso una fase di razionalità, ma verso quella di un'estetica del consumo, o meglio di una «ecologia del consumo»: più buono, più bello. Ecco a questo punto aprirsi una nuova dimensione della qualità. Una dimensione «sensoriale», Legata quindi allo sviluppo, all'affinamento, all'educazione del gusto, del senso estetico, del palato, e anche dell'udito e del tatto. Le qualità, in questa fase di «ecologia del consumo» tenderanno quindi a ritornare vicino ali' oggetto, alla sua essenza globale, al modo in cui è fatto e alla cultura che esprime, alle sue caratteristiche hard e soft insieme, alla sua capacità di comunicazione sensoriale che noi fruitori saremo in grado, sempre più, di valutare. Per questo vale Lapena di puntare tutto, fin da oggi, sullo sviluppo delle qualità sensoriali ed estetiche, ma solo per quei prodotti che ne hanno le reali possibilità e per quei pochi produttori che ne sono veramente capaci per talento e per cultura. In questi magici casi non occorre né orientarsi in base al mercato né pensare al consumatore. Chi è veramente capace di progettare qualità è come l'artista che deve fare quello che sente fino in fondo. Gli altri capiranno. Ampelio Bucci Direttore del Dipartimento di Fashion Design alla Domus Academy

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