Alfabeta - anno X - n. 106 - marzo 1988

Alfabeta 106 dall'altro, la costante ·minaccia di una perdita di identità e di spessore semantico investe le nuove realtà artificialmente prodotte. L'essere strutturale della materia tende ormai a confinarsi in un astratto sistema di vincoli e di potenzialità teoriche, che solo le decisioni estetiche e culturali del progettista consentono di tradurre in definite configurazioni sensibili. Svanisce l'oggettiva e concreta f,sicità che sembrava indissolubilmente fondare la natura e l'identità delle entità materiche. Al suo posto subentrano codici immateriali di virtualità e relazioni, complessi potenziali di dati tecnici e informativi, per i quali non esistono repertori di immagini già consolidati e a cui non è possibile far corrispondere un territorio di passate esperienze emotive. La materia sembra, cioè, pervenire a un suo estremo grado zero di scrittura. Non si pone, più, come una matrice fenomenica entro cui scavare l'alveo del progetto e dal quale ricavare riferimenti e suggestioni che possano legittimarne un processo di interpretazione. Una pluralità di soluzioni si rende concettualmente e operativamente possibile e questa molteplicità, disancorata da un sistema di riferimenti storici e culturali, genera un'ipertrofia di scelte e di possibili valutazioni che trova il progettista e il fruitore concettualmente e linguisticamente impreparati. A ben vedere la trasformazione . dello statuto d'esseré che fonda la materia del progetto è indice di un più ampio fenomeno di trasformazione del rapporto tra la tecnologia e il mondo artificiale. A vviene come se in certi campi, in certe aree di minor resistenza la dimensione della manipolazione tecnica tendesse ad eclissarsi, ad elidersi come «medium» scritturale. Se in passato il timore che inquietava gli artefici era che la produzione del!'artificiale potesse sfuggire di mano, dare vita a un mondo di entità indipendenti, in grado di animarsi e imporsi contro la loro stessa volontà, oggi il rischio che sembra delinearsi è quello, invece, di rimanere confinati in un puro gioco di proiezioni linguistiche, di non poter uscire dai limiti della propria «dicibilità» per dare origine a realtà capaci di assumere un proprio, effettivo, spessore semantico e una possibilità di significazione autonoma. Le intime potenzialità di conformazione tecnologica, tolgono, infatti, alla materia la sua qualità più specifica: il carattere di esteriorità, di alterità sensibile con la quale potersi confrontare, stupire, atterrire o su cui sognare. L'essere del materiale non è più qualcosa che sta di fronte, una presenza alla quale il progettista debba rivolgersi per ritrovare le sorgenti del suo sentire e del proprio operare. Anche le determinazioni sensibili e le alfa bis. 2 qualità sensoriali tendono a divenire proiezioni di un progetto, ·l'effetto di manipolazioni che è il soggetto stesso a scegliere. li prometeo, liberatosi dalle catene imposte dai limiti della materia e dalle costrizioni tecnologiche, rischia così di trovarsi nella condizione dell'uomo descritto dal milo platonico della caverna: prigioniero di un mondo di ombre e di proiezioni evanescenti, dal quale non è più in graj,o di evadere per ritrovare la solida sostanzialità delle cose, il contatto con realtà capaci di opporre la loro tangibile fisicità e di essere matrici di esperienze semantiche e di vissuti emotivi. Nella cultura del progetto si fa, allora, strada la consapevolezza che il disegno della materia tenda in misura crescente a risolversi nella costruzione di linguaggi, non solo nei termini tradizionali della proposizione di nuove modalità estetiche ed espressive, ma in senso forte come coscienza di intervenire su specifici livelli della produzione de~'artificiale e della sua definizione. Un'espressione sembra adeguata a designare il nuovo ruolo che i materiali giocano: quella di considerarli come veri e propri «semilavorati linguistici», segmenti della costruzione dell'immaginario e pacchetti preformati di informazioni estetiche e semantiche, capaci di influenzare prof ondamente la conformazione delle realtà prodotte e il nostro mo_dodi relazionarci ad esse. Nella misura in cui proprietà fisiche, qualità percettive e caratteristiche prestazionali diventano suscettibili di trasformazioni si ampliano, infatti, le responsabilità del progettista. La loro definizione non può più consistere in un'operazione puntuale di saturazione delle potenzialità che un certo tipo di innovazione tecnologica comporta, ma deve in qualche misura calcolare l'influenza che le nuove introduzioni esercitano sulla lettura e nella definizione delle entità artificiali, deve cogliere i modi in cui interagiscono e si collocano ne~'immaginario sociale. li progetto del materiale diviene, allora, soprattutto progetto della sua identità culturale, identificazione dei protocolli linguistici e semantici che sono in grado di fornire al materiale stesso una forma di riconoscibilità e di integrazione nei movimenti estetici e immaginari di una cultura. Ogni nuova introduzione di signifirn11 al di fuori di strategie discon/1 ,· che li ancorino ad un tessuto di passate esperienze emotive e di sedimentazioni culturali, rischia, infatti, di rimanere una proposizione muta, una pura presenza priva di possibilità di significazione autonoma e di qualificazione emotiva. A lato delle prestazioni tecniche e delle qualità formali si rende, così, necessario per i nuovi mateJ. Davis, Robert Louis Stevenson con alcuni familiari, National Portrait Gallery, Londra, 1891 pagina IX ria/i il progetto di un corredo di prestazioni semantiche, di predicati e di forme di narratività che rendano leggibili le diverse manifestazioni sensoriali e le pongano come veicoli di valori in cui ab- . biano modo di enunciarsi le istanze estetiche ed immaginarie di una cultura. Si tratta di un tipo di ricerca che mette, però, in scacco la tradizionale cultura del progetto. li linguaggio della materia comunica, infatti, attraverso canali che sono differenti da quelli dell'esperienza formale, coinvolge dimensioni molteplici, tattili, termiche, olfattive, per le quali mancano talora anche i termini di descrizione e designazione. Mentre per il complesso delle qualità formali si è, infatti, sviluppata la costante ricerca di forme di codificazione estetica e percettiva e si sono consolidate tecniche di analisi (la geometria), codici scritturali (il disegno) e il linguaggio progettuale, i dati materici hanno costituito in passato un a-priori che è rimasto per larghi aspetti inesplorato. Una sorta di polarità fondava la relazione fra forma- e materia: solo alla prima sembrava legittimo riconoscere una natura suscettibile di investimento progettuale. Per la sua stabilità, il significante materico non poteva essere che un supporto neutro, una realtà che doveva attendere dal!'esterno i processi formativi e l'azione di strutturazione.

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