Alfabeta - anno X - n. 106 - marzo 1988

Sommario Ezio Manzini Geologia dell'artificiale pagina I Tomas Maldonado Cosa c'è di vero nella dematerializzazione pagina II Tecnologia e senso comune Conversazione tra Aldo Colonetti, Alessandro Dal Lago, Maurizio Ferraris, Carlo Formenti pagina IV Ufficio Stampa Montedison La cultura dei materiali pagina VII Pasquale Cau La produzione del nuovo ambiente pagina VII La problematica dei nuovi materiali investe sia la produzione industriale - l'evoluzione del sistema degli oggetti - che la cultura del progetto. Al centro dell'attenzione non sono più esclusivamente le questioni del rapporto formafunzione ma anche l'evoluzione strutturale dei materiali e il loro impatto sull'ambiente artificiale (fisico e sociale). Ne risultano quindi coinvolte disciL , ambiente artificiale ha una struttura geologica come quello naturale. Ciascuna fase storica sedimenta i suoi prodotti, frutto delle sue tecniche, delle sue forme di organizzazione sociale, dei suoi sistemi di consumo, della sua cultura. Qualcosa scompare, qualcos'altro resta e diventa il substrato per altri successivi sedimenti. D'altra parte, le grandi trasformazioni, le «rivoluzioni» tecniche, sociali e culturali, sono come i movimenti tellurici, portano a modifiche sostanziali nella collocazione degli strati: le sedimentazioni precedenti possono essere proiettate in una condizione di esistenza completamente diversa da quella originale, la loro immodificata materialità può essere ricondotta ad un sistema di senso e a delle forme d'uso radicalmente nuove. Come il fondo del mare ha potuto diventare la cima di una montagna, ciò che la cultura contadina aveva prodotto è diventato altro per la cultura industriale e urbana, e tutto questo diventa altro ancora nella fase attuale. Parlare oggi del nuovo ambienpline che esulano dal quadro tradizionale della cultura del progetto, e il dibattito si estende, oltre che ai settori della ricerca tecnologica nelle università e nelle aziende, all'architettura e al design, ai filosofi, ai critici d'arte, ai politologi, ai sociologi e all'antropologia culturale. Ma soprattutto, si tratta di una problematica che tocca da vicino la nostra esperienza quotidiana, in te artificiale non significa dunque stringere l'attenzione su una particolare famiglia di nuovi prodotti. Significa constatare come questi nuovi prodotti siano coevi a un complesso di mutazioni maggiori e come diventino l'elemento di riorganizzazione dell'intero panorama fisico e culturale con cui ci troviamo a confrontarci. La metafora geologica, l'immagine della cima dolomitica prodotta dal lavoro millenario di organismi marini, è particolarmente pertinente per comprendere il rapporto che, nella formazione dell'ambiente artificiale, si instaura tra il nuovo e il vecchio, tra la continuità e il cambiamento: il «nuovo» è tale perché introduce delle componenti che prima non c'erano, ma anche, e forse soprattutto, perché modifica e riorganizza l'esistente. Il nostro modo di vivere, la nostra cultura materiale, affonda ancora le sue radici nel mondo contadino (cioè in un sistema di oggetti in larga misura comparso con la rivoluzione neolitica, novemila anni fa). Il nostro ambiente quotidiano è saturato di prodotti della alfa bis.2 quanto saremo noi. gli interpreti e gli utilizzatori finali, a interagire più o meno consapevolmente con materiali e oggetti inconsueti. I nuovi materiali sintetici, i materiali composti, gli oggetti intelligenti, che mentre si presentano con accentuati caratteri di bidimensionalità, di «superficialità», incorporano quantità crescenti di informazione: intorno a quefase industriale (il che significa con una storia che può andare da qualche decennio, risalendo fino a più di un secolo fa). Viceversa, il nuovo «veramente nuovo» (cioè ciò che è nato negli ultimi decenni) è fisicamente assai poco invadente, lo spazio che occupa è minimo, la sua materialità è leggera. Eppure attorno ad esso ha ruotato una completa riorganizzazione dell'ambiente artificiale. O meglio: dell'immagine che di esso noi riusciamo a farci. Così, un mondo che fino a pochi anni fa esprimeva la sua modernità, la sua proiezione verso il futuro con la solidità delle sue strutture, con la prorompente evidenza dei suoi meccanismi, con la sincera e pesante identità dei suoi materiali industriali, tende oggi a presentarsi con un segno cambiato: il nuovo, inglobandolo in una rete sottile di oggetti, apparecchiature e sistemi informativi, lo ha collocato in una dimensione da modernariato. Il peso, lo spessore e in generale l'esibizione della materia e del meccanismo sono ormai percepiti con una sorta di nostalgia, forme che vengono da un passato recente • sti temi un recente saggio di Ezio Manzini, La materia de/l'invenzione,. ha delineato uno scenario di de-materializzazione rispetto alla fisicità dei nostri tradizionali ambienti di vita e di lavoro. Questo supplemento di Alfabeta offre un primo tentativo di approfondimento multidisciplinare, convocando punti di vista e valutazioni diversi sulle trasformazioni del nostro ma già assai lontano e irriproducibile. Una nostalgia che porta a considerare affascinante la pesante presenza della stazione di Milano e la massiccia e ingombrante solidità di un frigorifero degli anni cinquanta, e che porta a simulare un peso e uno spessore inesistenti in molta architettura di questi anni. D'altra parte, ciò che gli oggetti dell'attuale generazione propongono alla nostra esperienza è un mondo che tende all'immaterialità. Un mondo in cui la profondità fisica e culturale delle cose diminuisce, in cui dominano la bidimensionalità delle superfici e i messaggi che queste possono veicolare. Un mondo in cui la materia sembra ridursi ad uno schermo sottile su cui si proietta una varietà di immagini transitorie. Ovviamente, emblematici di tutto questo sono gli schermi video e la carta stampata, ma non è solo di questi che si tratta. L'egemonia della bidimensionalità (e la sensazione di smaterializzazione dell'esperienza che essa comporta) si estende al di là dei supporti informativi. Come per un «effetto • Antonio Petrillo La sindrome di Zelig pagina VIII Francesco Morace L'era del consumo immateriale pagina X Ampelio Bucci Per un'estetica del consumo pagina XI Andrea Branzi La metropoli ibrida pagina XII Philippe Lemoine L'oggetto di parole pagina XIII François Dagognet La materia ci raggiunge pagina XV rapporto con le nuove tecnologie. L'inserto è articolato in modo da distinguere fra una serie di contributi che si riferiscono a problematiche più propriamente disciplinari e una serie di scritti che documentano l'evoluzione della cultura più direttamente legata al processo produttivo. di trascinamento», l'intero sistema degli oggetti sembra essere in marcia nella stessa direzione: non solo un'estesa famiglia di prodotti, investiti dall'elettronica e dalla miniaturizzazione delle funzioni che essa permette, tende alla bidimensionalità, ma anche quegli oggetti che per la loro stessa ragion d'essere mantengono le tre dimensioni, tendono a delegare alla superficie una quota maggiore delle loro prestazioni e della loro capacità espressiva. Così, i materiali, infinitamente manipolabili e componibili, perdono la loro identità culturale profonda. La loro unica immagine possibile, la loro immagine sincera, diventa l'insieme delle infinite immagini che possono essere progettate e proiettate sulla loro superficie. Contemporaneamente, molte di queste superfici si animano, variano nel tempo, diventano sensibili, espressive, luogo privilegiato di scambi di energia ed informazione. Arricchito di.memoria e intelligenza, collegato in una rete estesa di informazioni, dotato di una nuova pelle informativa e interattiva, l'universo fino a ieri inanima-

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