pagina 12 I pacchetti di Alfabeta Alfabeta 106 Il bestiario d'amore Richard de Fournival Il Bestiario d'amore A cura di Francesco Zambon Parma, Pratiche Editrice, 1987 pp. 135, lire 14.000 Tertulliano Gli ornamenti delle donne A cura di Maria Tasinato Parma, Pratiche Editrice, 1987 pp. 76, lire 11.000 Il viaggio di Carlomagno in Oriente A cura di Massimo Bonafin Parma, Pratiche Editrice, 1987 pp. 98, lire 12.000 P uò il Medio Evo letterario scendere dai piani alti delle nostre scaffalature per infilarsi tra i libri accumulati sul comodino? Rispondere di sì e rendere operativa questa risposta è meno ovvio di quanto parrebbe. Si richiedono infatti alcune condizioni che non tutti sarebbero disposti a sottoscrivere: i testi devono essere presentati con traduzioni a fronte, in edizioni agili ed economiche, disposte a sacrificare qualcosa sul versante delle operazioni più strettamente filologiche per dare spazio, e non poi troppo, a commenti introduttivi e orientativi. Si richiede, in altre parole, la fine di un interdetto e cioè il desiderio di fare uscire i testi dell'età di mezzo da quella sorta di libertà vigilata nella quale in parte vivono ancora. Coperte dal segreto di una lingua ai più inaccessibile e accessibili in genere in edizioni costose, le opere medievali sono ancora appannaggio di pochi. E renderle appannaggio di molti ha, ancora, un lieve sapor d'eresia, tanto più se tra quei molti sta un pubblico colto, di livello universitario. Ecco, è un po' di questa bella eresia che, nel loro insieme, ci parlano i primi tre titoli della «Biblioteca medievale» curata per Pratiche Editrice da Mario Mancini, Luigi Milone e Francesco Zambon. La collana pubblica, sulla base dei criteri che ho esposto qui sopra, testi di area prevalentemente, anche se non esclusivamente, francese, commentati in introduzioni brevi e partigiane che dei testi mettono in luce un problema, senza pretendere di risolvere per intero i problemi. Certo, nihil sub sole novi, e c'è infatti un grande modello di piccolo formato dietro la decisione di mettere il Medio Evo a disposizione di tutti. In Francia da anni Paul Zumthor dirige una «Bibliothèque mediévale», pubblicata all'interno della serie 10/18 dalla Union Générale d'éditions. Lo scopo, dichiarato, è quello di far parlare il Medio Evo direttamente, attraverso i suoi testi, per rispondere ad una domanda crescente nel pubblico dei non specialisti; il programma è di evitare tanto un Medio Evo ingombrante, canonico - quello disegnato, per intendersi, da testi quali la Chanson de Rolando i romanzi di Chrétien de Troyes - quanto un Medio Evo falsificato da testi presentati solo in traduzione. Il tessuto culturale francese è, relativamente al problema che qui si discute, molto simile a quello italiano; c'era e c'è, lì come qui, una sensibilizzazione diffusa per i pro· blemi della cultura medievale, da ascrivere in gran parte al metodo e alle penne della «nuova» storiografia. I lavori di Duby e Le Goff, per non citarne che alcuni, col loro recupero del quotidiano e col loro ritmo stilistico più vicino a quello della scrittura narrativa che a quello della scrittura saggistica, hanno certamente fatto molto per avvicinare il Medio Evo ai tempi moderni. Tradotti prontamente qui da noi - e proprio in quel ritmo è probabilmente da ravvisare una delle ragioni di tale prontezza - essi sono stati, se non sempre letti, certo annusati e occhieggiati. Di qui alla richiesta Gioia Zaganelli di un rapporto diretto con i testi il passo è breve. L'editoria italiana sta rispondendo, già da alcuni anni: Garzanti, Mondadori, Einaudi, Mursia, Utet, Guanda, Sansoni, Marsilio, Bompiani, Jaca Book, sono molti gli editori che hanno accolto in una delle loro collane opere medievali. Gli interventi non sono ovviamente omogenei, né rispetto alle sedi di pubblicazione né al modo di presentazione. Mondadori ad esempio ha dato spazio a testi dell'età di mezzo tanto negli «Oscar» quanto nella «Collana economica di classici», scegliendo per la sola traduzione nel primo caso e per la traduzione con originale a fronte nel secondo; Eiliana: si tratta in genere - ma sia chiaro che individuo qui una linea di tendenza che ha le sue eccezioni - di testi di un Medio Evo importante, quello che ha spazio nelle antologie di uso scolastico, quello della Chanson de Roland e della lirica provenzale. O ra, questa breve panoramica, che non vuole certo essere completa, segnala la presenza di un interesse preciso, oltre che di un mercato ideale, che hanno probabilmente preparato il terreno, aperto la strada ad una. iniziativa come quella di Pratiche Editrice. La novità sta però, innanzitutto, nel fatto che queMario Nunes Vais, Ada Negri, Istituto Centrale per il catalogo e la Documentazione, Roma, 1905 naudi ha accolto una scelta di fezbliaux in una collana prestigiosa, ma anche costosa, come quella de «I Millenni» e ha pubblicato due operine preziose - il Lai de l'ombre di Jean Renart e Aucassin et Nicolette - nella serie «Collezione di poesia»; Garzanti presenta il Tristano e Isotta di Thomas ne «I Grandi Libri»; Bompiani pubblica, nella collana «Nuova Corona», testi anche, ma non solo, medievali, inediti o rari e li presenta in una formula che unisce acribia filologica e rigorosa divulgazione. Con quest'ultima, sola eccezione, mi pare si possa •invece dire che più omogenea è la scelta del tipo di testo da presentare al pubblico itast'ultima ha un carattere organico e sistematico - e la lista dei titoli di prossima pubblicazione è infatti già lunga. Non solo: i primi tre titoli lasciano intuire che il Medio Evo di Pratiche Editrice è un'epoca generosa, sia dal punto di vista cronologico che da quello linguistico. Indifferente alle polemiche su quando inizi e su quando abbia fine l'età di mezzo e pronta, forse, ad attenuare la distanza tra il Medio Evo latino e quello romanzo, la collana pone, accanto a due testi antico francesi del XII e XIII secolo, un testo, latino appunto, del III secolo. Ma c'è dell'altro: un po' come nella collana francese che ho citato più sopra, la letteratura medievale è qui presentata non nei suoi aspetti, e nei suoi testi, più ovvi, bensì attraverso testi di un Medio Evo che si può definire minore perché la sua storia è ancora in gran parte da fare. Minore non è qui sinonimo di poco noto, perché sono certamente assai noti tanto il Viaggio di Carlomagno in Oriente quanto il Bestiario d'amore. Minore designa piuttosto una zona di problemi e domande che la letteratura medievale, attraverso alcuni suoi testi, pone. C'è da chiedersi infatti cosa abbiano in comune un testo di un Padre della Chiesa, e testo anomalo, marginale, di difficile catalogazione, un testo epico o, diciamo meglio, che gioca con i personaggi dell'epica e un testo di allegoria erotica, radicato nella solida e dotta tradizione dei bestiari allegorici. La risposta la troviamo nelle introduzioni ai tre volumetti, ed è la manqnza di univocità o, se volete, la ambivalenza e la ambiguità dei testi. Tasinato intravede, dietro l'apparente misoginia de Gli ornamenti delle donne, una connivenza ammiccante col mondo femminile e con le arti della seduzione; Bonafin ascrive il Viaggio di Carlomagno in Oriente al genere seriocomico e individua nella «doppiezza» del testo il suo nucleo costitutivo; Zambon riflette sulla presenza di un antitesto dentro il testo del. Bestiario d'amore, sulla «ironica leggerezza con la quale esso disfa sistematicamente la trama di verità man mano che la intesse». È curioso notare come questi stessi caratteri siano centrali in altri due testi, recentemente presentati al pubblico italiano: Audigier (a cura di Lucia Lazzerini, Sansoni, 1985) piccolo, ma solo a suo modo prezioso, gioiello di parodia e il Jeu de la Feuillée (a cura di Rosanna Brusegan, Marsilio, 1986, titolo italiano: La pergola), emblema di una poetica del frammento, modello di ambivalenza. Pare dunque che la decisione di rendere il Medio Evo più democratico vada di pari passo con la presentazione di un Medio Evo colto nelle sue zone d'ombra, nella sua tendenza a mettere in burla le proprie certezze. E su questo aspetto val la pena, a mio avviso, di riflettere un poco. Sorgono infatti, spontanee, alcune domande: l'ambivalenza è davvero un carattere proprio dei testi o essa non appartiene piuttosto al lettore di oggi, sollecitato in modo un poco indiscreto dal fantasma di Bachtin, in particolare del Bachtin lettore di Rabelais? E ancora o, meglio, all'opposto: questa cultura che fa il verso a se stessa, individuata in opere note e studiate ma rimaste in qualche modo isolate, non è forse la stessa espressa da opere che troppe e troppo sapienti letture hanno reso mute, come imbalsamate? Chissà, forse la Chanson de Roland ha un suo fondo di ambivalenza e così pure i romanzi di Chrétien de Troyes. O, forse, qualcosa di più si può capire dell'una e degli altri se li si valuta alla luce dell'intertesto parodico da loro generatosi. Ciò che qui propongo in forma di dubbio scherzoso è in realtà uno degli aspetti più vivi dell'attuale dibattito critico sulla letteratura medievale, almeno su quella romanza, della quale qui si sta discutendo. La scelta di testi che mettono in luce questi elementi, che sollevano questi problemi non è dunque, forse, da ascrivere al caso ed è piuttosto sintomatica di una linea di tendenza, di una strada sempre più spesso imboccata dall'analisi critica. Ma, se questo è vero, è anche vero che chi scrive deve fare ammenda di quanto aveva affermato all'inizio, ricollocando questi testi sugli scaffali dai quali li aveva scacciati e sui quali essi, sornionamente, possono tornare a disporsi per aiutarci a porre nuove domande a un Medio Evo che non si decide ad invecchiare.
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