Alfabeta - anno X - n. 105 - febbraio 1988

pagina 30 no, presente ancora in Rousseau, è uno degli aspetti che collocano l'uomo al centro dell'universo (dal punto di vista della volontà) e gli consentono di dominare. In questo il diritto moderno secolarizza l'eredità medievale (soprattutto nella versione della tarda scolastica) di un dio creatore e signore della natura come volontà: l'uomo si sostituisce a dio nel disporre delle cose, e perciò come dominatore degli animali, delle piante e della terra. 2 Nel pensiero moderno (Descartes, Locke, Kant) si definisce e si consolida una opposizione e separazione fra psiche e corpo, cultura e natura in termini che prevedono il dominio del «pensiero» sulle cose, come «soggetto» (parola moderna, in questa accezione!) verso )'«oggetto», come «libero arbitrio» verso l'ostacolo della natura. parti, anche in ambito scientifico, di comprendere come l'uomo sia • nel suo stesso modo di pensare, parte della natura: una maggiore attenzione alla circostanza che la natura non può essere manipolata senza limiti, senza con ciò intaccare profondamente l'ambito di possibilità dell'uomo, si va imponendo. Nel nostro passato abbastanza recente si è ritenuto che il massimo di libertà per l'uomo coincidesse con una semplificazione del rapporto con la natura, che ha avuto esiti distruttivi, mentre ora si sta scoprendo che la salvaguardia delle diversità, e quindi della «complessità» della vita, aumenta ., .... . .. ~ -::~ . . . •~,- . Cfr la correttamente i vari ambiti disciplinari. La maggiore difficoltà in questa questione è riuscire ad individuare la natura della domanda: che cosa è in questione nel rapporto fra natura ed etica? Se proviamo a definirne il carattere ricorrendo a qualcuna delle discipline ci accorgiamo che non centriamo il bersaglio. Abbiamo già accennato alla circostanza per cui la morale moderna è uno dei fondamenti della legittimazione del dominio indiscriminato sul naturale. Per quanto riguarda le scienze, la biologia, la etologia, l'antropologia, la psicologia, la psicoanalisi, la teoria l'epoca moderna si presumeva avesse la capacità di rivelarsi univocamente (come è implicito nel significato della metafora del «libro» della natura, che affianca o si sostituisce alla Bibbia). 5 Lo sviluppo e il prolungamento delle forme moderne del sapere nella tecnica e nelle specializzazioni che l'accompagnano ha moltiplicato i «punti di vista». Perciò oggi appare piuttosto chiaro - anche se la teoria è forse ancora lontana da una formulazione soddisfacente - che il rapporto fra uomo e natura è tale che la natura comprende l'uomo per un certo aspetto, ma anche che l'uomo comprende la natura, Una estensione del concetto di «diritto» agli animali e alle piante non può fondarsi su questa tradizione, ma semmai sulla ripresa e l'allargamento alla sfera non umana di nozioni antiche, pur presenti nella tradizione moderna dell'etica e del diritto, quali quella platonica di «simpatia» (Shaftesbury, Hume) - che è però nozione pre0 giuridica e affonda nell'ethos e nella natura -: e tuttavia una ripresa di tale nozione all'altezza delle problematiche filosofiche contemporanee richiederebbe un vaglio critico della sua eccessiva immediatezza. Altrimenti, e per lo più, il tentativo di combattere il presunto diritto degli uomini a dominare la natura vien fatto in nome di un altro diritto che proviene dall'arbitrio dell'uomo, cosicché la natura viene a sparire come reale interlocutore. La prospettiva non è tanto lo scontro fra difensori della natura e dominatori, ma fra interpretazioni di uomini, fra opinioni: forma di conflitto perfettamente moderna (Weber). Dove infatti è il limite che la natura indica, tale che i suoi difensori possano trovare l'accordo? Da ·troppo tempo la natura è interpretata attraverso le varie discipline, e da punti di vista diversi anche sotto l'aspetto sociale, perché sia possibile un punto di vista unitario. La pretesa di fondare un punto di vista su norme, principi di diritto sembra insieme inadeguata, perché troppo parziale, e pericolosa. Il settarismo è il vero pericolo che è latente in molte posizioni apparentemente radicali di difesa della natura. 3 Nuova sospensione aerea, «Le Charivari», 7 febbraio 1867 Si potrebbe pensare che le alternative non siano così nette e drammatiche, e che basti del buon senso per scorgere, anche con gli strumenti della nostra tradizione culturale, le vie di uscita. In un certo senso è così. Già nell'ambito dell'Illuminismo l'uomo soffrì della contraddizione di pensare insieme se stesso come libero e come condizionato dall'ambiente. Nell'ambito del pensiero romantico si fece un notevole sforzo di pensare come la coscienza stessa fosse condizionata dalla natura e dalla cultura.• Da tempo si cerca da più la «libertà» dell'uomo. Quantomeno una maggiore capacità di previsione, una maggiore prudenza nel pensare le conseguenze delle scelte tecniche è tutto ciò che, rimanendo almeno in parte all'interno delle discipline e delle tecniche, si può fare. E, sotto un certo rispetto, e cioè delle regole e dei limiti contingenti che ci si può dare, è forse anche tutto ciò che si può fare. Tuttavia siamo convinti che il problema del rapporto fra natura ed etica, se può trovare delle soluzioni contingenti anche attraverso l'approccio disciplinare, non può trovare in alcuna «disciplina» l'orientamento di fondo che interpelDiego Napolitani DI PALO IN FRASCA pag. 128 Lit. 18.000 La psicoanalisi è insidiatadal suomito, equando esso prevale sul Iogos di chi vi si riferisce, la prassi psicoanalitica diventa propagazione conservativa di un'epopea, raccontata una volta per tutte, tra Forze del Bene e Forze del Male. Il soggetto psicoanalitico si trova sempre costretto da questo doppio ordine di miti,che eglidovrà indefinitamente riattraversare perché il suo progetto trasformativo si sviluppi invirtùdi quella verità, che è lasua stessa storica creatività. CORPO 10 ViaMaroncelli, 12 Milano Tel. 02/654019 dei sistemi sono certamente in grado di interrogare l'uomo in rapporto alle condizioni «naturali» che in un certo senso lo comprendono: ma sulla base di una natura a sua volta interpretata secondo concetti guida di volta in volta privilegiati dalla ricerca. Nessuno scienziato oggi presume di asserire che i concetti guida della propria ricerca sono assoluti perché derivati direttamente dalla natura. Gli effetti della «morte di dio» (Nietzsche) si sono fatti sentire non solo sulla coscienza morale, ma anche su quella epistemologica, e la fine della onto-teologia (Heidegger) ha portato via con sé anche un modello unitario di natura che ancora nelin quanto è il tramite, rispetto ad una tradizione, della sua interpretazione. Perciò non si riesce a trovare un punto di incontro in qualcosa di determinato. In altri termini, non è possibile indicare un limite normativo che si fondi o sui «bisogni» o «diritti» dell'uomo - che riconosciamo mutevoli - o sulle «leggi» della natura - che riconosciamo come variamente interpretabili. Forse della istanza in questione si può dire solo che si cerca un «equilibrio», un accordo: nozione quanto mai vaga, dal punto di vista disciplinare, eppure a tutti comprensibile. Il fatto è che nella nostra cultura, così abituata ad opporre nettaAlfabeta 105 mente materia e spirito, sensibile e psichico, visibile e invisibile, ma sempre cercando qualche principio in forma fissa e ferma, sembra impossibile accettare che qualcosa di importante non sia né tangibile o manipolabile come un oggetto, né identificabile secondo leggi immutabili e precise, sia esso di natura materiale o psichica. Forse si dovrebbe riflettere ancora sul fatto che ogni definizione della differenza fra lo psichico e il fisico è soggetta a condizioni non fisiche, reciprocamente che ogni definizione dello psichico si rifà ad esperienze sensibili. Meritevole di riflessione è ancora il fatto che l'istanza di precisione del pensiero moderno ha un limite, teorico e storico. Limite teorico nella circostanza per cui il linguaggio, in cui il pensiero pensa, non è per propria natura solamente preciso, ma funziona per «metafore» almeno altrettanto quanto per «concetti». 6 Storicamente, il naturale è un ambito legato alla manifestazione del sacro in un modo che ha ben poco a che vedere col rigore concettuale e dimostrativo in senso moderno, ma piuttosto con l'inaugurale parola poetica. 7 Platone e Aristotele accentuarono il carattere di ordine preciso e matematico del cielo, ma mantennero una certa imprecisione sulla terra, né pensarono di potersi spingere troppo oltre. Platone stesso tuttavia resta debitore del mito e dei poeti come Socrate viene a dire nel Fedro. Gli antichi presocratici usavano la parola «natura» (physis) in un senso che comprendeva insieme ciò che oggi noi divideremmo fra spirituale e materiale, fra gli argomenti della scienza della morale e dell'estetica. Eraclito attribuisce la parola physis a ciò che egli chiama logos: qualunque significato complesso si intenda dare a questa parola, essa contiene certamente anche ciò che noi oggi chiamiamo «linguaggio», come capacità di articolazione delle differenze, di tutte le differenze, anche di quella fra l'uomo e il suo mondo. La «natura», è in Eraclito )'«armonia» profonda, nascosta, delle differenze. Non ha ancora oggi qualche cosa da dirci questa parola? L'interesse che oggi si risveglia - a due secoli dalla proposta romantica - per il lato «estetico» del rapporto con la natura è un pallido, spesso superficiale ed estetizzante ricordo di una più profonda concezione antica della possibilità di una «bellezza» non come fatto di consumo appariscente e immediato, ma come accordo possibile fra le differenze. Un accordo che intende le differenze non necessariamente come reciprocamente esclusive, ma come ricchezza dell'esperienza. L'imprecisione che concerne queste nozioni non è un loro difetto, una mancanza di rigore, ma la rigorosa conseguenza del fatto che esse si trovano fuori, o prima, di ogni possibile classificazione: dove si tratta di conciliare l'esigenza dell'ordine con la possibilità del disordine nessuna regola è già disponibile.

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