Alfabeta - anno X - n. 105 - febbraio 1988

Alfabeta 105 A più voci pagina 31 Chi aut5tizza chi Storia letteraria hi autorizza chi? È la domanda che è venuta spontanea quando le di- e scussioni sui recenti aggiornamenti di opere di storia letteraria contemporanea sono arrivate al calor bianco. I fuochi delle polemiche si sono, per la verità, accesi in settori diversi, con pochi rapporti tra loro, salvo il fatto che si tratta di Letteratura. Cerchiamo dunque di procedere rapidamente ma ordinatamente. Lasciamo ormai da parte la questione delle presenze e delle assenze del Dizionario Bompiani degli Autori di tutti i tempi e di tutti i paesi ( edizione 1987) dal momento che il mancato coordinamento tra i vari settori e la non omogeneità dei criteri di selezione è stata sufficientemente messa in rilievo e comunque non pregiudica il buon uso di un'opera di rapida consultazione. Certe lacune, poi, saranno facilmente rimediabili in successive edizioni. La vera discussione è cominciata a partire dagli aggiornamenti della Storia della Letteratura di Garzanti, opera di Geno Pampaloni per la narrativa e di Giovanni -Raboni per la poesia, come è noto. A me pare che la questione possa essere correttamente impostata a partire dalla scelta dell'Editore, colui che appunto si è preso la prima responsabilità di autorizzare selezioni e giudizi.· A me pare che Garzanti non avesse molte scelte a sua disposizione. Chi chiamare, infatti, per la letteratura contemporanea, se non qualcuno dei rari critici impegnati nella lettura quotidiana delle opere? Se la pratica della recensione è entrata in crisi, come anche «Alfabeta» ha più volte fatto rilevare, schiacciata soprattutto dalle strategie del marketing editoriale, è già molto che siano ancora disponibili sul mercato due critici come Pampaloni e Raboni. Il vero problema nasce dopo, dall'inadeguatezza delle risposte critiche alle loro scelte (che nessuno può pretendere che siano «perfette»). Ma quelle risposte da chi possono realmente arrivare se lo stato della critica «militante» è stato ufficialmente dichiarato «di crisi»? Tanto che Edoardo Sanguineti è stato costretto a dire, fuori dai denti, che sarebbe perfino meglio «bloccare le recensioni», con tutti i rischi connessi, «perché i recensori ormai tradiscono abitualmente il loro mestiere» (cfr. «L'Espresso», n. 15, 1987). È una legge antica quanto il mondo. Una volta che vi è stata autorizzazione dall'alto, è necessaria una legittimazione, dal basso. E una legittimazione può avvenire, in casi come questi, per mezzo di discussioni e rilievi adeguati, come sicuramente è stato quello di Guido Almansi a Pampaloni, che ha sollevato la questione del «comico» nella nostra letteratura; «comico» che è sempre stato visto come il fumo negli occhi, quasi disturbasse le sublimi altitudini degli scrittori presuntuosamente «Grandi» (cfr. «Panorama», 17 gennaio 1988). Proprio le eccezioni, rilevanti e confortanti, ci hanno confermato quel «vuoto critico» che è stato più volte descritto e denunciato; in questo «vuoto» si alzano fortissime le grida dei mezzi più potenti e pochi sono in grado di andarsi a leggere i veri rilievi tra le righe, tra le pieghe delle «opinioni». Questa mancata legittimazione da parte dei lettori non è stata messa in rilievo. Hanno invece prodotto disagio le osservazioni sul metodo, di Paolo Mauri a PampaIoni (cfr. «La Repubblica», gennaio 1988) perché al di là dell'indubbia intelligenza dello scritto, resiste il sospetto che un metodo rigoroso, ammesso che possa essere messo a punto (e Mauri non ne indica alcuno) diventa fatalmente autoritario e taglia fuori, in nome di una qualche ideologia critica, il brulicare delle proposte, il proliferare degli errori, insomma la stessa vitalità contraddittoria, come ogni vitalità, della letteratura. Ma torniamo a Edoardo Sanguine ti, che ha risposto a una richiesta di giudizio su due altre recentissime iniziative di storiografia letteraria, il volume secondo della Letteratura italiana raccontata da Enzo Siciliano (Mondadori Editore) e l'annuncio parallelo dell'uscita di La letteratura italiana, in edicola, a fascicoli settimanali, diretta da Enzo Siciliano, editore Armando Curcio. Il giudizio di Sanguineti è interessante dal punto di vista di una possibile storiografia «alta». Ha detto Sanguineti: «In una situazione di vuoto non è un caso che prevalgano le narrazioni estetizzanti alla Siciliano e le imprese enciclopediche alla Asor Rosa». Bene, da qui si può ripartire inserendo l'altra trascurata dimensione del discorso: la divulgazione. Dal punto di vista della divulgazione la narrazione personalizzata di Enzo Siciliano ha un valore più negativo che positivo; si rifà ai tentativi, ricordati e esecrati, di un Papini o di un Bargellini. Al contrario la progettata narrazione a più voci, ideata sempre da Siciliano per l'editore Curcio, può essere giudicata bene, perché ha messo al lavoro di divulgazione, se così si può dire, molti poeti e scrittori di notevole valore, e ha chiesto ad alcuni protagonisti Cassa di Risparmio, «Le Charivari».17febbraio 1868 .. della letteratura attuale, di raccontare quella del passato. In fondo, se ci pensiamo bene, il collettivo ideato da Enzo Siciliano, può perfino coltivare l'ambizione di riempire quel «vuoto critico» nel quale i singles della critica rischiano a ogni passo di perdersi. Ora, restando nell'ambito della divulgazione si può anche sottoscrivere quello che ha scritto Claudio Magris (cfr. «Corriere della Sera», 17 gennaio 1988) e qui ne riportiamo il passo conclusivo: «Intorno alle dispense appese all'edicola c'è semmai un residuo alone di quell'avventurosa proliferazione di libri, libelli, opuscoli e compendi con cui i poligrafi del Settecento iniziavano la letteratura moderna e la problematica ma sanguigna alleanza fra libro e giornale; c'è un'eco dei romanzi e dei manuali popolari del secolo scorso, delle enciclopedie a fascicoli e magari degli album di figurine sui quali imparavamo storia, geografia o zoologia. I veri topi di biblioteca rosicchiano anche le dispense, quando la carta ha un buon sapore». È chiaro che il «metodo» tanto invocato da alcuni (e sulla cui eventuale funzionalità si potrà discutere una volta che si presenti) difficilmente può essere «sanguigno», mentre quello che ci occorre, adesso, è vitalità e energia, onde evitare quella caduta nel «futuro del passato» che qualcuno ci ha presentato come unico scenario possibile (cfr. «La Repubblica», 24 dicembre 1987, inserto speciale Cultura: li passato che ci aspetta). Siamo talmente circondati da «richiami all'ordine» (neoconservatori, neoqualunquisti, neoapocalittici, neopuzzasottoilnaso, ecc.) che rischiamo di farci succhiar via tutto il sangue da questo nuovo esercito di microvampiri. ,,. ;· ,_f" J... • '7"" ':'. ..... -· ...a ......

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