Alfabeta 105 ficità del processo rivoluzionario nicaraguense, che riprendendo il grande sogno di Simon Bolivar intende restituire, in funzione antiyankee, l'America latina agli indolatini. Prima del suo assassinio Sandino si rese conto che per realizzare gli obiettivi di indipendenza e difesa nazionale i gruppi dirigenti conservatori e liberali del suo paese non erano affidabili; il peso della lotta antimperialista ricadeva essenzialmente sul popolo, in particolare su operai e contadini. In base alle sue convinzioni religiose, Sandino credeva alla legge di Dio-Amore per cui «ogni uomo sia fratello e non lupo all'altro uomo». Così, pur opponendosi al comunismo del salvadoregno Farabundo Marti, pose le basi di quel fertile incontro fra sandinismo, marxismo e cristianesimo che, come mostrò per primo Carlos Fonseca (uno dei fondatori del FSNL), s'è verificato nel corso della lotta antisomozista. Le «convergenze sufficientemente profonde» riscontrate fra il pensiero di Sandino e il marxismo (p. 77) sono dovute soprattutto al ruolo decisivo da lui affidato alle classi popolari come soggetto storico della liberazione nazionale antimperialista. L'autore tiene a precisare che il marxismo sandinista non è un'applicazione particolare del modello «marxista-leninista» forgiato in Urss, ma un prodotto autoctono, originale, un processo autonomo e creativo, anche se innegabile è l'esistenza di linee diverse all'interno dello schieramento rivoluzionario nicaraguense. La necessità del ri" corso alla violenza nella lotta ai «contras» e la fase di emergenza rafforzano la linea autoritaria, burocratica e militarista. La sciagurata politica statunitense di sostengo ai «contras» favorisce lo sviluppo di tendenze autoritarie. La lotta fra marxismo sandinista, autonomo, creativo e marxismo dogmatico è in corso, necessita di un'incessante autocritica, intesa come «l'umiltà, sostanziata di verità, della rivoluzione» (p. 425) e passa per la costruzione di un nuovo progetto democratico in grado non solo di salvaguardare e rafforzare le forme esistenti di democrazia politica, ma di saldare alla democrazia delegata forme di democrazia diretta, di controllo e potere popolare. Il marxismo sandinista non va assolutamente confuso col marxismo dogmatico e monolitico, trasformatosi in strumento d'asservimento e di nuova oppressione, per il quale il processo nicaraguense non è che un esempio particolare di applicazione del principio universale di rivoluzione proprio dell'Urss (e di Cuba). A livello ufficiale, oltre al marxismo, ha avuto un triste analogo destino il cristianesimo che, «nato come messaggio di liberazione per i poveri, nel giro di alcuni secoli si è trasformato in religione ufficiale dell'impero, e più tardi nella religione dei conquistatori» (p. 102). La nuova cultura nicaraguense, invece, segue le orme di Carlos Fonseca che, con grande spregiudicatezza e apertura antidogmatica, intendeva avvalersi del meglio ed estrarre il «midollo popolare» dal marxismo, dal liberalismo e dal socialcristianesimo. Tale cultura è nuova per la ricchezza delle sue componenti e per la definizione del popolo come soggetto storico fondamentale. Essa sottolinea, contro le tendenze oggettivisticodogmatiche del marxismo tradizionale, il valore decisivo della dimensione soggettiva nel processo rivoluzionario, è capace di riconoscere il grande apporto di speranza e di lotta della fede cristiana, valorizza lo sviluppo della cultura e dell'arte non intese come meri fenomeni sovrastrutturali, tende all'integrazione di analisi scientifica e utopia, ragione e immaginazione, speranza e realismo, teoria e pratica. Lo stesso marxismo viene assunto soltanto nella misura in cui rimane punto di vista delle classi oppresse. La pratica vissuta della rivoluzione ha mostrato l'insufficienza della teoria marxista ufficiale che ha sempre bollato la religione come «oppio dei popoli». Ciò che unisce, al di là delle divergenze ideologiche tradizionali, è la pratica dell'amore per il popolo tradotto in termini militanti, l'identificazione fattiva con la causa dei poveri e degli oppressi. Tale convergenza nella pratica non rimane sénza conseguenze nella teoria. Sandino, Marx, Ernesto Che Guevara e Gesù sono i simboli d'una rivoluzione che ha spezzato vecèhie barriere ideologiche in nome Cfr La rivoluzione sandinista è opera di utopisti e sognatori, credenti e non credenti coi piedi piantati per terra, sorretti da una lucida e realistica visione delle cose. Al «realismo apologetico» opportunistico oppongono un «realismo rivoluzionario» (p. 82), il quale non si adagia sulla realtà data ma individua in essa le possibilità concrete del suo superamento, di una invenzione della realtà guidata dall'intelligenza e dalla passione..dell'amore. Giulio Girardi Sandinismo marxismo cristianesimo: la confluenza Roma, Boria, 1986 pp. 455, lire 30.000 Fabula mistica Riccardo De Benedetti U na «metafora instabile»: attraverso questi due termini Miche! de Certeau sembra indicarci il luogo impossibile da cui ci parla la mistica. «Da dove parlare?», è la domanda Daumier, Nadar, il fotografo della difesa degli umili e degli emarginati. Convergenza non significa però annullamento delle differenze. Essa si realizza nel valore di verità riconosciuto al «punto di vista dei gruppi sociali subalterni in lotta» (p. 277). A livello teorico, però, permangono distinzioni e irriducibilità su alcuni punti: il problema della trascendenza, l'evento della fede, il mistero dell'al di là, Dio come vittoria e salvezza definitiva contro la morte. Girardi tende a minimizzare tali differenze, ma ha il merito di chiarire, contro 1 e interpretazioni spiritualistiche del cristianesimo, che l'amore per Dio non esiste se non attraverso l'amore per gli uomini (il richiamo è qui soprattutto al vangelo di Giovanni). L'amore, principio guida per sandinisti, marxisti e cristiani, si fa qui principio nuovo di realtà e lotta quotidiana, impegno rivoluzionario nella costruzione d'una nuova società. Qui, come riconosce il sottoscritto non credénte, si fa sentire l'apporto salutare e benefico di un cristianesimo teso a riscoprire le proprie radici in antitesi alle interpretazioni ufficiali. preliminare in cui si ritrova tutta la letteratura mistica e buona parte della riflessione poetica. I testi della «metodologia» mistica ci hanno consegnato un soggetto spirituale che sorge dal ritrarsi o dal ritardo degli oggetti del mondo, da un esilio che non vuole niente se non essere il garante del puro significante: «Dio» o «Yahvé». La necessità che anima tutti i discorsi «mistici» è quella di fondare il posto da cui si parla. Non più garantito da enunciati autorizzati è I' «io» direttamente a diventare istanza legittimante dei propri enunciati (esattamente il contrario di ciò che avviene per i discorsi della «pastorale» e della «teologia»). Per de Certeau questo processo inizia a partire dal XIII sec. in cui «elaborazioni vicine hanno affinato l'uso del segno-io, man mano che una letteratura si stacca dalle istituzioni che l'autorizzavano. [... ] Così, nella tradizione dell'amore cortese (o de 'la fine amour'), i poemi delineano sempre più nettamente l' 'io' locutore (soggetto o complemento del verbo: io l'amo, ella mi caccia), e. i comm~nti. in prosa trasform~no a pagina 27 poco a poco le spiegazioni del testo in racconti relativi alla vita del suo autore. L'atto di,enunciazione (o il suo soggetto) diventa referenziale degli enunciati» (Fabula mistica, p. 254). Eppure questa «parola» che dovrebbe perimetrare il regno di una nuova soggettività vive solo a condizione di abbandonare il luogo della sua origine precaria verso l'Altro e il Differente da sé. La scienza mistica, quindi, e la poesia che, in questa vicinanza, assume spesso i suoi tratti, sono le polarità estreme di un arco culturale teso sull'abisso dell'assenza e della mancanza, cui la cultura occidentale ha riservato il vasto ma indeterminato territorio dell'Alterità, del non luogo, .della Differenza, ma anche della vaghezza concettuale mista al vaniloquio. Miche! de Certeau è lo storico accurato e straordinariamente erudito di queste partenze, di questi distacchi, transiti incerti verso l'Altro e il differente. Percorso di lettura esso stesso «differente» la ricerca storica di de Certeau non può portarsi direttamente sul luogo che tenta di descriversi senza abbandonare a sua volta la sicurezza e la legittimità autorevole di un discorso che pone nel superamento della distanza «storica» un argine al potere corrosivo del tempo. Citando René Char: «In poesia, si abita solo il luogo che si lascia, si crea unicamente l'opera dalla quale ci si stacca, non si ottiene durata che distruggendo il tempo». Riprendendo le conclusioni di L'absent de l'histoire, per de Certeau «la storia implica un rapportarsi ali' altro in quanto assente, ma un assente particolare, quello cioè 'che se n'è andato', come dice la formula popolare. Qual è dunque lo statuto di questo discorso che si riproduce parlando del suo altro? Come funziona questa eterologia che è la storia, logos dell'altro?». Fabula mistica (il cui primo volume - interrotto dalla morte prematura di de Certeau nel 1986 - testimonia del suo lavoro di ricerca sulla spiritualità del XVI e XVII sec. intesa come sviluppo e declino della «mistica» nell'Europa della modernità incipiente) descrive quella vera e propria «storia di assenze» che è il «dire altro» della mistica, consapevole di muoversi nello spazio paradossale di una metafora inscritta nel cuore dell'assente assoluto: Dio. Se è vero che !'«assente fa scrivere», che «non cessa di scriversi» è anche vero che lo statuto di queste metafore è la «nostalgia» ontologica della presenza da cui sono irrimediabilmente e per sempre separate. Si giustifica così la splendida definizione del mistico offertaci da de Certeau a conclusione del suo libro: «È mistico colui o colei che non può fermare il cammino e, con la certezza di ciò che gli/le manca, di ogni luogo e oggetto sa che non è questo, che qui non si può risiedere né contentarsi di quello. Il desiderio crea un eccesso. Eccede, passa e perde i luoghi. Fa andare più lontano, altrove» (pp. 404-5). D istante, almeno ad uno sguardo superficiale, è il libro di Alberto Folio. Ma solo apparentemente, perché la preoccupazione di dare uno statuto «ontologico» alla poesia si rivela, così come per de Certeau nel caso della mistica, una pura impossibilità, una operazione imperseguibile nelle sue intenzioni fondanti. La poesia vive anch'essa nello spazio di una perdita, di un ~Novità Marsilio Paolo Barbaro DIARIO A DUE Quando un convento diventa un cantiere: un uomo e una donna tra coscienza laica e coscienza cristiana Romanzo, pp. 208, L. 18.000 @®) David Robinson CHAPLIN. LA VITA E I!ARTE Dai sobborghi di Londra ai trionfi di Hollywood: il mito di Charlot Cinema, pp. 972 con 160 ili. b/n, rilegato, L. 65.000 Umberto Nobile l!«ITALIA» AL POLO NORD 1928: la leggendaria tragica epopea degli eroi della «tenda rossa» Grandi Libri, pp. 360 con 220 ili. b/n, rilegato, L. 90.000 l!ABITO DELLA RIVOLUZIONE Tessuti abiti costumi nell'Unione Sovietica degli anni '20 Grandi Libri, pp. 208 con 86 ili. a col. e I14 b/n, rilegato, L. 60.000 Emidio De Felice NOMI E CULTURA Dal Risorgimento a oggi la cultura dell'Italia che cambia attraverso i nomi di persona Saggi, pp. 320 con 73 ili a col., L. 28.000 G.A. Cibotto VENETO SEGRETO Alla scoperta di un paese che conosce ancora la difJicile arte del vivere I giorni, pp. 300, rilegato, L. 25.000 ~ Demostene IL PORTO DEI LADRI (CONTRO LACRITO) a cura di Umberto Albini e Sergio Aprosio Tramediatori tra/Jicanti e ladri: la vita quotidiana del porto di Atene Il Convivio, pp. 128, L. 14.000 Omero LA MORTE DI ETTORE (ILIADE XXII) a cura di Maria Grazia Ciani commento di Elisa Avezzù Il più famoso canto della poesia epica in una traduzione nuova Il Convivio, pp. 120, L. 12.000 Gianfranco Vinay STRAVINSKY NEOCLASSICO L'invenzione della «memoria» nel '900 musicale Musica critica, pp. 300, L. 35.000 Fiorenza Tarozzi IL RISPARMIO E L'OPERAIO Banch,e e cooperazione: cento anni di storia Studi sociali e cooperativi, pp. 240, L. 35.000
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