Alfabeta - anno X - n. 105 - febbraio 1988

I Alfabeta 105 A più.voci pagina 111 Taccuini I Taccuini di arinetti e on la recente pubblicazione dei Taccuini marinettiani, relativi agli anni 1915-1921, con un'appendice del 1926 (Bologna, Il Mulino, 1987, pp. 640, lire 60.000), si può finalmente guardare tra le pagine più segrete del leader futurista, al di là della storia ufficiale. In un intreccio di vita e letteratura - Marinetti è infatti sempre «scrittore», anche quando fa della cronaca - i diari rappresentano il laboratorio in cui confluiscono appunti, progetti letterari, esperienze, ma sono soprattutto il racconto «in presa diretta» di un momento importante dell'avventura futurista. La guerra è il primo dei grandi temi ispi-" ratori, nel sistema ideologico marinettiano essa costituisce appunto una specie di categoria mitologica: il conflitto è slancio vitale, dispendio di forze, la pace invece è arresto di energia, morte (non a caso dalla suggestione dell'evento bellico sono nate le prime prove parolibere). È presente nei Taccuini tutta la gamma dello stile di Marinetti, ma nel complesso il linguaggio risulta più forte e senza dubbio meno limato di quello che siamo abituati a conoscere nelle pubblicazioni, non esiste inoltre il disegno globale, trattandosi d'un diario. Non mancano le esercitazioni parolibere con grafismi, rumori ed onomatopee («Tum Tum Tum Pum Pum rrrrrr di camions cio ciac di fruste sui muli crrrrr di carri poppopoppo di motociclette»). Già troviamo elementi sull'individuazione dello spazio attraverso il tatto ( «A sinistra toni metallici freddi senso artificiale giovanile e femmineo. I A destra toni carnosi caldi senso di maturanza e di putrefazione. Senso virile. I A sinistra argento vetro donna con la luna aigrette eleganza parigina. A destra cuoio feltro maschio cinturoni di baracche. Ruvidezze»). Sul tema il nostro elaborerà il manifesto del Tattilismo e le prime tavole tattili. Ma spesso la scrittura si dispiega in una prosa più lineare, illuminata però da un analogismo immaginifico che talvolta si coagula in bozzetti grotteschi a forte tinta surreale («Questa motocicletta said-car sembra un pezzo di vita intima invernale accanto al fuoco portata via da un vento pazzo sulla strada. Si vede correre la poltrona colle gambe avviluppate del sedentario e il fuoco del caminetto pure in velocità»). Colpisce la capacità che ha Marinetti di montare le immagini con la grammatica sintetica del linguaggio cinematografico ed il senso epico dei maggiori film russi («Ricordo il contrasto del Conte di Torino elegantissimo generale fin de race al bivio d'una strada e una pattuglia d'arditi dal viso convulso rosso lucido di sudore, nel polverone degli automobili. Visione rivoluzionaria delle due ferree feroci autoblindate nella banda scamiciata degli arditi. Visione di un pezzo d'officina in rivolta con al centro la macchina terribile nera e intorno gli operai in rivolta»). Talvolta le visioni sono così crude e brutali che l'io narrante si ritrae lasciando parlare il materiale stesso. In questi casi vale ciò ch'e ricorda Ezio Raimondi sul senso di sdoppiamento teatrale in rapporto alla guerra, citando La grande guerra e la memoria di Paul Fussell e Terra di nessuno di Eric J. Leed. L'assurdo della morte viene accettato solo attraverso il doppio della dimensione teatrale: Marinetti, dal palcoscenico delle serate futuriste alla trincea, vive in uno spettacolo continuo. L'esperienza del conflitto si configura a tratti come una grande prova da superare Claudia Salaris («I 30 milioni di uomini che combattono nel fango porteranno dopo la guerra nelle città una sensibilità a tutta prova senza nausea né schifo per il massimo puzzo il massimo lerciume»). Sembra quasi che Marinetti voglia far resuscitare il fantasma di Santa Putredine che nel suo Re Baldoria presiedeva al ciclo della rinascita attraverso la morte. Dall'azzeramento della civiltà giunta al culmine nasce la linfa della nuova vita («Sogno un esercito veramente futurista che porti con sé tutto il necessario per ricostruire velocemente le città distrutte in modo assolutamente diverso con pianta opposta alla vecchia»). Il nodo che emerge è il ribaltamento in senso positivo del sottofondo di cupo pessimismo metafisico che caratterizza il pensiero di Marinetti fin dalle prime prove. L'ottimismo aggressivo è l'«artificiale» frutto della volontà che tende - come costantemente molte immagini marinettiane apertamente denunciano - a soffocare rimorsi, sentimentalismi; «le mendiant d'amour», «affamé d'idéal», rinuncerà ali' «inutile sagesse», all'amore di cui «nourrir son Rève» per divenir preda del «Démon de la vitesse» (da Destruction a La ville charnelle), dovrà lasciare il fardello delle memorie ed accettare nietzscheanamente la solitudine, proprio come Mafarka il futurista, il re africano che da sé, senza intervento femminile, fa nascere un figlio alato e meccanico, prolungamento della sua volontà. Marinetti stesso simbolizza i conflitti del suo io in 8 anime in una bomba, con tutti gli assalti della «spaventosa tenerezza» e la forte difesa-rimozione ad opera dell'anima futurista. Per tutto questo non mi sembra il caso di condividere la definizione di «guerriero islamico», che Alfredo Giuliani ha coniato a proposito del leader futurista e della sua «polemologia». In questa terra desolata Thanatos si accompagna ad Eros, necessariamente («Come si va al bordello di guerra gonfio rimpinzato di soldati tenenti e con poche donne brutte che frettolosamente meccanizzano il piacere, così si va all'assalto»). Senza estetismi o languori, a tratti sembra che Marinetti voglia indicare la meta d'un ritorno alle origini, ad una barbarie primigenia, perduta, in cui campeggia l'efficace immagine della «prostituta dal viso di montone», che «cammina goffa nuda in piedi sulla coperta verde come una grassa selvaggia». L'erotismo è il secondo grande tema di queste pagine. Marinetti narra delle sue ossessioni e visioni: «Castità feroce al fronte. Illusione. Ossessione. Presenza delle carni amate nei fogli di lettera. Potenza visionaria. La posta: rete di forze lussuriose che legano le donne nude agli uomini vestiti infangati in prima linea»; L'immaginazione si erotizza fino ad animare «le notti gelate nel fango della trincea coi torrenti di corpi femminili nudi aperti accesi liquefatti dal piacere». Marinetti legge al fronte Chansons de Bylitis di Pierre Louys. Voyeurismo, fantasie e sesso vengono allo scoperto nei diari che parlano d'una serie di incontri con figure femminili, la nobildonna descritta nell'alcova liberty, la Bovary di provincia, la simpatizzante del futurismo, la madre del caduto che presto si consola, e via dicendo (purtroppo nell'edizione sono stati sostituiti con sigle molti nomi ed omessi alcuni passi per rispetto della privacy, in base ad un criterio di eccessiva prudenza). L'amore è descritto come assoluta fisicità: i corpi sono pulegge, stantuffi, ben oliati tesi a raggiungere l'acme dell'assoluta velocitfJ. L'eros è meccanismo di precisione, .. lo si legge del resto in Come si seducono le donne, uscito durante la guerra, con enorme successo. «Sono sempre l'uomo dal coito veloce», sentenzia il nostro. Tuttavia dall'assidua frequentazione di figure femminili Marinetti intuisce il mutamento dei costumi connesso all'emergere di esigenze d'emancipazione, che egli stesso difende e fa proprie nei programmi del dopoguerra legati alle battaglie per il voto alle donne e in favore della parità. È nota questa fase politica che va sotto il nome di «democrazia futurista». Inedito è invece il progetto di cui parla Marinetti di un «manuale della giovane sposa futurista», con consigli sucome combattere il predominio del maschio (sembrare un po' pazza, essere poco puntuale, esibire superiorità intellettuale, combattere la gelosia, esigere dal marito il rispetto della propria solitudine «per i bisogni dello spirito», ecc.). T erzo tema è la politica, che esplode nel dopoguerra, di cui i diari offrono uno spaccato importantissimo: dai primi contatti con Mussolini ai progetti di fondazione d'un partito futurista, i fasci di combattimento, i contrasti all'interno del fronte fascista, Fiume, tutte tappe d'una grande delusione che porterà Marinetti a scegliere l'isolamento dopo la rottura con i mussoliniani al congresso fascista del 1920. Il periodo è magmatico e contraddittorio, Marinetti ricorda le accuse di trescare con gli elementi della sinistra, rivolte ai futuristi dai fascisti. I Taccuini sono in tal senso il momento dell'assoluta sincerità. Drastico e lungimirante è il giudizio su . Mussolini: «Sento il reazionario che nasce in questo violento temperamento agitato pieno di autoritarismi napoleonici e di nascente disprezzo aristocratico per le masse. Viene dal popolo e non lo ama più [... ] Non è un gran cervello». Se il futuro capo del fascismo riassume i difetti del bonapartismo rappresentando la controrivoluzione ed il compromesso, D'Annunzio costituisce il polo opposto, il versante estetizzante della politica. Secondo Marinetti, infatti, il Vate è una specie di «Cagliostro», «Orfeo» e «fattucchiere» al tempo stesso, che magnetizza tutti con le sue «combinazioni verbali», ma «non vede la grandezza rivoluzionaria della sua impresa». È noto che il fascismo preferirà lo stile dannunziano a quello futurista. L'intreccio di tensioni opposte, gli incontri con elementi socialisti o anarchici, la simpatia qui espressa da Marinetti per gli scioperi, caratterizzano la linea futurista, ala creativa nel fronte fascista e perciò mal tollerata (Marinetti scrive che Mussolini ed i suoi lo prendono per un poeta un po' pazzo quando in una riunione difende i ferrovieri come categoria molto evoluta e moderna per il gran viaggiare). I nodi verranno al pettine anche pubblicamente. Marinetti annota nel taccuino di non gradire la parte del cane da pastore che invece di difendere le pecore le azzanna. Questi antichi diari marinettiani fanno da pendant in fondo alle più recenti memorie di Giorgio Amendola ( Una scelta di vita) per quanto riguarda la descrizione dell'ambiente avanguardista-futurista con simpatie anarchiche, confluito temporaneamente nel fronte fascista diciannovista, ambiente che Amendola ben conosceva attraverso la madre Eva, donna futurista con lo pseudonimo di Magamal, eroe marinettiano, legata sentimentalmente in quei frangenti al leader futurista, tanto da assisterlo durante la campagna elettorale del 1919 e nel successivo periodo di detenzione a San Vittore. Nell'estate del 1920 il nostro è ormai un «cane sciolto», e partecipa ad una serata di beneficienza, declamando versi. I Taccuini non lo dicono ma si tratta di uno spettacolo «a beneficio del primo fondo per le costituende case del Popolo di Antignano» all'- Hotel Cremoni (come si legge in una rarissima locandina). Poco dopo, a Lugo, in occasione della rappresentazione dell'A viatore Dro di Pratella, il nostro incontra dei socialisti, dai quali apprende che i massimalisti vorrebbero invitare «gli elementi rivoluzionari interventisti» nelle loro riunioni. È il momento dell'occupazione delle fabbriche, del biennio rosso. Anche da questo punto di vista i diari offrono nuovi spunti che preludono a quegli episodi di futur-comunismo di cui Umberto Carpi ha illustrato le modalità in L'estrema avanguardia del Novecento. Ma per Marinetti è iniziata la fase del ritorno all'arte, unica consolazione, di fronte alle contraddizioni del mondo. Massima espressione, la musica, che è «rischiaratrice, purificatrice, elevatrice delle masse proletarie». A questo punto prende il sopravvento l'inegualismo, «teoria politica del Futurismo», che implica il ritorno nei territori della pura creatività, con il recupero dell'individualismo artistico, sulla base d'un sostanziale pessimismo sociale. Nei testi che sono legati a tale stato d'animo (Al di là del comunismo e il romanzo sullo «spirito di Contraddizione» imperante, Gli indomabili) riaffiora quella concezione della poesia come lenimento dell'inferno sociale già espressa attraverso la figura del poeta, l' «Idiota», in Re Baldoria. Adesso Marinetti vede con pessimismo non solo la situazione italiana, ma anche l'evolversi in maniera contraddittoria della rivoluzione russa, che in un primo momento egli aveva salutato positivamente, nella fase iniziale del 1917. In tale quadro avviene ciò che Luciano De Maria ha definito come «ritorno del rimosso», ovvero il recupero di stati d'animo, spunti e riferimenti sopiti nella fase «dura» del primo futurismo. Marinetti recupera Amore ed Amicizia come valori individuali e sociali, come ben si legge nel manifesto del Tattilismo che inizia con un programmatico «Punto e a capo». Ma, oltre che dalle circostanze, egli è spinto a ciò dall'incontro con Benedetta Cappa, più giovane di lui di vent'anni, bella e «intelligentissima», come egli stesso annota nel diario, sua compagna per il resto della vita. I Taccuini purtroppo presentano una grossa lacuna che riguarda gli anni 19221925, che non ci permette di penetrare proprio nel momento tanto importante dell'avvento del fascismo e del successivo riavvicinamento di Marinetti al regime tra il 1923e il 1924. L'ultimo episodio è un flash sul viaggio in America Latina del 1926, durante il quale Marinetti è accolto dall'intellighenzia d'avanguardia (vede perfino Borges, «timido ironico con occhiali neri», che già aveva collaborato alla sua «Poesia»), ma viene contestato dagli antifascisti, cui replica con appelli ad una conciliazione tra fascisti ed antifascisti in nome della nuova Italia. Il viaggio è il simbolo della difficile situazione di Marinetti negli anni del regime, su cui allo stato attuale degli studi ancora troppo poco si conosce, al di là della maschera ufficiale.

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