Alfabeta - anno X - n. 104 - gennaio 1988

Alfabeta 104 Prove d'artista pagina 35 Come si può vendere vantaggiosamente la propria ombra H o lavorato alla riduzione cinematografica o televisiva di vari testi letterari e ogni volta il risultato finale mi ha evocato la figura alta e strana di Peter Schlemihl, l'uomo che ha venduto la propria ombra. Ma poi un tratto di malafede professionale mi induceva a pensare che non si trattava della mia ombra (e chi mai vorrebbe comprarla?) ma di quella del personaggio che, per incarico di un committente (il produttore cinematografico o la «struttura» televisiva) mi ero preso l'impegno di trasferire dal mondo delle parole a quello delle immagini. Impresa sempre disagevole durante la quale il personaggio perde anche qualcosa di più dell'ombra (forse l'anima?) per acquistare un volto, quel volto e non un altro, prestato dall'attore. Il soggetto è il passaggio obiettivamente più difficile del lavoro di riduzione, dal momento che questa prima fase comporta tagli sacrificali che, nella maggioranza dei casi, inducono l'autore del testo letterario a strapparsi i capelli e a invocare i fulmini del cielo su chi ha osato manomettere il suo «capolavoro» (vedi Giorgio Bassani, Alba De Cespedes ecc.). Fortunatamente gran parte delle riduzioni alle quali ho lavorato riguardavano autori del passato (dal Cappotto di Gogol a Madame Bovary di Flaubert) e quindi costretti a un silenzio irreversibile. Nel caso del Pianeta azzurro devo rendere conto delle manomissioni solo a me stesso e al committente che mi ha commissionato quello che in termini contrattuali viene definito come un «elaborato». Le contestazioni o i compromessi con il regista e gli attori verranno in un secondo tempo, al momento della sceneggiatura. Tempi dialettici, ormai vicini. Ma lo sceneggiatore che si accinge a questo genere di lavoro sa già in partenza che è al servizio di molti padroni, né potrà ottenere qualche vantaggio appellandosi alla propria qualità di autore del testo letterario. Le difficoltà di riduzione cinematografica del Pianeta azzurro sono di varia natura e complessione. Anzitutto riguardano la trama del racconto che nel libro si svolge su due piani paralleli, il diario di Demetrio e il commento del Chiosatore. Un ostacolo immediato che non trae sollievo dalla citazione di Rashomon dove i punti di vista davano discordanti versioni di un fatto avvenuto mentre nel Pianeta azzurro il percorso psicologico rinvia il fatto alle ultime pagine. Eliminata subito la prima persona, che nel cinema comporta l'inserzione fastidiosa della voce fuori campo, il cosiddetto narratage, e tenuto conto che i due testi (diario e commento) appartengono allo stesso personaggio, ho scelto di svolgere il soggetto su una sola linea di racconto, conglobando in questa anche l'intervento finale dell'Autore, che nel libro agisce fino al disvelamento delle incognite disseminate nei due testi precedenti. Lo svolgimento lineare del racconto mi ha indotto alla rinuncia della suspense sulla identità del protagonista e a puntare esclusivamente sulla nascita del «desiderio di uccidere» e sulla decisione e la preparazione dell'attentato. Tre tempi progressivi: la decisione di uccidere la moglie, la scelta di un nuovo obiettivo nella _r_ro, persona del Professore, e infine il momento in cui il protagonista esce di casa armato di rivoltella. Ma il mite Demetrio riuscirà a diventare un assassino? Nel libro il delitto finale a sorpresa rovescia lo schema del giallo classico dove il delitto avviene quasi sempre all'inizio, e la trama si sviluppa nella ricerca dell'assassino. Ho conservato questo schema anche nella riduzione cinematografica. Ma nel libro il protagonista non poteva sottrarsi al suo gesto finale, prodotto di una tortuosa e controversa «ideologia del delitto» e coronamento dei suoi molteplici artifici per nascondere la propria identità. Le digressioni vi rappresentano altrettante fughe da una decisione difficile e allontanano l'attentato che arriva come un colpo a sorpresa dopo l'ultima fuga (questa volta geografica) del protagonista. Nella riduzione cinematografica le fughe psicologiche, rappresentate letterariamente nelle disgressioni, sono del tutto scomparse. In un film a suspense le digressioni interrompono l'azione e possono risultare intollerabili. Esistono limiti di tempo convenzionali ai quali non ci si può sottrarre e, a differenza di un libro, un film va «letto» tutto di seguito. Nel finale ho operato il più clamoroso «tradimento» del testo letterario allo scopo di supplire alla cancellazione delle fughe psicologiche (digressioni) con una frustrazione estrema che sancisce definitivamente la «esistenza mancata» del protagonista. La citazione della «scuola husserliana» nella breve nota posta all'inizio del soggetto allude proprio a un testo famoso di Binswanger (Tre forme di esistenza mancata, Il Saggiatore, 1964) e tende a dare un senso univoco, e perciò più direttamente percepibile in uno spettacolo di per sé ambiguo, alla personalità di Demetrio. Mi sono preso insomma una libertà che avrebbe mandato su tutte le furie qualsiasi autore di un testo letterario. Per quanto mi riguarda ho retto bene al colpo che io stesso ho inferto al mio libro perché sono certo che, dal punto di vista dello spettacolo, il nuovo finale rende assai più di quello letterario. Chi mi poteva impedire di spostare l'interesse dalle tortuose peripezie mentali del protagonista (che nel libro rendono sorprendente l'attentato) a un percorso più lineare che poi nel finale rimette in gioco tutto il racconto? Le ragioni drammaturgiche non smentiscono la letteratura, questa è la mia teoria. Due parole sulla scrittura del soggetto cinematografico. Come scrittore devo ammettere che qui ho venduto la mia ombra, se non la mia anima. Il professionista della scrittura narrativa cede le armi al professionista delle immagini che deve stendere un «elaborato» funzionale allo spettacolo. Nessun lamento quindi se mi sono lasciato sfuggire quel «corpo di godimento costituito da relazioni erotiche» di cui parla con qualche enfasi Roland Barthes nel Piacere del testo. Quale godimento si pµò provare a scrivere: «Lui stesso, confessa, si è trovato più di una volta a desiderare di uccidere qualcuno, per esempio sua moglie». Certo, non avrei mai scritto queste due righe in un mio racconto, ma in questo «elaborato» ho superato la «vergogna del testo» a vantaggio della funzionalità spettacolare, della semplificazione sintetica, della luce didascalica: quattordici cartelle dattiloscritte contro le trecentosessanta fitte pagine del Pianeta azzurro. L.M. Il protagonista di questo film è immerso in una situazione personale che gli psicologi della corrente husserliana definivano come «esistenza mancata», ma che più semplicemente si potrebbe chiamare esistenza in negativo. Demetrio è una di quelle persone che non riescono a stabilire un rapporto con la realtà delle cose, degli uomini e degli eventi, e che sono più o meno consciamente vittime della propria vocazione negativa, delle perfidie del caso, o di quelli che eufemisticamente siamo soliti definire come capricci del destino. Cogliamo questo personaggio nel momento più intenso della sua esistenza, quando tenta di ribellarsi con un gesto criminale alla realtà che lo circonda, ma forse sarebbe il caso di dire al vuoto che lo circonda. Succede però che i suoi «tempi» non coincidano mai con lo stato delle cose, e che ,le sue decisioni siano sempre fuori sincrono rispetto alle situazioni che le provocano. Così i suoi desideri, le sue ire, i suoi tentativi di azione sono destinati ogni volta a cadere nel vuoto. È una storia in cui il dramma personale del protagonista oscilla fra la tragedia e la farsa, in una alternanza grottesca e contraddittoria. Si tratta di una situazione poco indagata dal cinema, ma ben presente in una società che sistematicamente vanifica non soltanto le tradizionali leggi della convivenza, ma anche le motivazioni profonde che dovrebbero dare un senso ai nostri comportamenti. Lo stile del film dovrebbe essere paradossale, leggero, svagato, quanto più sono gravi i temi della conversazione, le decisioni o i gesti del protagonista. La moglie di Demetrio gli annuncia distrattamente che il giorno dopo andrà a Firenze qualche giorno per aiutare una sua amica ad allestire una mostra. Demetrio non fa obiezioni ma è subito evidente, anche se non ha il coraggio di opporsi, che questa partenza lo innervosisce. ' ingegnere idraulico Demetrio F. e la moglie Saveria stanno sulla angusta spiaggia della Caletta a Porto Santo Stefano: lui sulla sdraio sotto l'ombrellone e lei stesa al suo fianco sulla sabbia, al sole. Demetrio non ama il mare, non ama la sabbia e non ama il sole. Quando fa caldo, dice, io desidero soltanto stare all'ombra. Il sole fa male, insiste con la moglie ti farà venire le rughe, se non di peggio. La polemica sul mare e sul sole fra Demetrio e Saveria nasconde in realtà un disaccordo su tutto, senza rimedio e senza speranza. Sono due estranei che convivono ormai solo per consuetudine e per pigrizia. Sulla spiaggia arriva Esther, una strana donna sui quaranta, molto chiacchierata, che si accompagna a un bel ragazzo che Demetrio e la moglie conoscono perché porta nelle case dei villeggianti le cassette dell'acqua minerale. A Esther piacciono solo gli uomini sotto i trenta ed è anche disposta a pagarli, dice Demetrio. Pare che sia una ninfomane scatenata e che li sottoponga a prestazioni estenuanti che ottiene, pare, anche con la somministrazione di droghe afrodisiache. Esther e il ragazzo montano su una barchetta a motore presa a noleggio e si dirigono verso qualche spiaggetta solitaria. L'indomani Demetrio accompagna in automobile la moglie alla Stazione di Orbetello. Di~i sempre che ti piace stare solo, gli rinfaccia la moglie irritata dal suo mutismo. In ogni caso ha lasciato in frigorifero quanto basta per la sopravvivenza. Altrimenti c'è il ristorante a due passi da casa. Demetrio accompagna la moglie fino allo scompartimento, le sistema la valigia, poi la saluta e scende dal treno. Un ultimo saluto dal finestrino e poi Demetrio, con una abile giravolta passa dietro una colonna della pensilina e, invece di-imboccare l'uscita, rimonta sullo stesso treno della moglie proprio mentre sta partendo. Da questo momento ha inizio un pedinamento assai maldestro, durante il quale Demetrio compie varie stranezze che mettono in sospetto i suoi compagni di viaggio e rischia di venire scoperto da un momento all'altro dalla moglie. A prendere Saveria alla Stazione di Firenze non è venuta la sua amica, ma il marito. Demetrio ha quindi una prima conferma dei suoi sospetti. Quando vede che i due si baciano affettuosamente e poi salgono in macchina, senza perdere tempo entra in un negozio di armi e compra un silenziato-

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==