~Novità Marsilio Paolo Barbaro DIARIOA DUE Quando un convento diventa un cantiere: un uomo e una donna tra coscienza laica e coscienza cristiana Romanzo, pp. 208, L. 18.000 ((2V®) David Robinson CHAPLIN. LA VITAE L'ARTE Dai sobborghi di Londra ai trionfi di Hollywood: il mito di Charlot Cinema, pp. 972 con 160 ili. b/n, rilegato, L. 65.000 Umberto Nobile L'cclTALIA•L POLONORD 1928: la leggendaria tragica epopea degli eroi della «tenda rossa» Grandi Libri, pp. 360 con 220 ili. b/n, rilegato, L. 90.000 L'ABITO DELLARIVOLUZIONE Tessuti abiti costumi nell'Unione Sovietica degli anni '20 Grandi Libri, pp. 208 con 86 ili. a col. e 114 b/n, rilegato, L. 60.000 Emidio De Felice NOMI E CULTURA Dal Risorgimento a oggi la cultura dell'Italia che cambia attraverso i nomi di persona Saggi, pp. 320 con 73 ili a col., L. 28.000 G.A. Cibotto VENETOSEGRETO Alla scoperta di un paese che conosce ancora la difJicile arte del vivere I giorni, pp. 300, rilegato, L. 25.000 Demostene IL PORTODEI LADRI (CONTROLACRITO) a cura di Umberto Albini e Sergio Aprosio 'Jramediatori tra/Jicanti e ladri: la vita quotidiana del porto di Atene Il Convivio, pp. 128, L. 14.000 Omero LA MORTEDI ETTORE (ILIADE XXII) a cura di Maria Grazia Ciani commento di Elisa Avezzù Il più famoso canto della poesia epica in una traduzione nuova Il Convivio, pp. 120, L. 12.000 Gianfranco Vinay STRAVINSKY NEOCLASSICO l'invenzione della «memoria» nel '9.00musicale Musica critica, pp. 300, L. 35.000 Fiorenza Tarozzi ILRISPARMIO E L'OPERAIO Banch,e cooperai.ione: cento anni di storia Studi sociali e cooperativi, pp. 240, L. 35.000 pagina 24 Cfr scambio amoroso, per quanto ciò rimanga soggetto ad una sorta di dura legge d'involontarietà: ma • proprio perché modulata alla luce di questa acquisizione strutturale e perché assolutamente priva, nell'apparente, di ogni intenzione di riproducibilità e di mimesi attendibili, la «storia» del protagonista con una Giulia tanto intensa quanto irraggiungibile raggiunge effetti di assoluta, coerente credibilità. Allo scrittore continua ad appartenere una facoltà d'illusione prima ancora che di disillusione. Sul piano dell'organizzazione retorica «profonda» il romanzo è orientato dalla struttura fondante del monologo interiore; e dell'interpolazione, della messa in discussione, dei contrappunti «mentali» di domanda e risposta che lo spazio romanzesco e la parola del narratore impongono a questo monologo. Il che implica una qua- •si integrale messa al bando d'ogni traccia di «sceneggiatura» dialogica di marca cinematografica o televisiva, tanto cara all'ansia di immediata traducibilità dello specifico letterario in quello «dell'immagine» radicata in molti nostri romanzieri di successo. Tuttavia, questa assenza pressoché assoluta - e talora sì un poco inquietante - di discorso diretto dei personaggi nel romanzo è poi a sua volta relativizzata e ricondotta all'evento vivo della sequenza narrativa, quando il capitolo finale rivela la natura teatrale e performativa dell'intera vicenda. Se per una volta l'autore perdonerà il critico che illumina il lettore sul forte effetto di sorpresa e di straniamento su cui è costruito il e Giovanni Fattori a Palazzo Pitti Silvestra Bietoletti S e, come dice Sergio Salvi direttore del Centro Mostre di Firenze, una mostra è tale solo quando ottiene successo, Giovanni Fattori alla Sala Bianca di Palazzo Pitti è un'esposizione esemplare. L'affluenza di pubblico raggiunge punte inusitate e i visitatori all'uscita sono soddisfatti come se avessero conosciuto un nuovo Fattori. Merito evidentemente dei curatori della mostra Ettore Spalletti, Raffaele Monti, Giuliano Matteucci, che hanno ricostruito attraverso 150 opere, dal 1854 ai primi anni del Novecento, il percorso artistico del pittore. Ma l'ordine cronologico non è che il filo conduttore della mostra, il cui vero elemento coordinatore resta la costante ricerca formale di Fattori nel corso della sua carriera. La grandezza di Fattori infatti consiste più che nella sua pittura, non sempre bella per materia e stesura, •nella continua ricerca di maniere espressive nuove, talvolta anticipando situazioni culturali europee come nel caso del bellissimo autoritratto datato 1894 che fa presentire Felix Vallotton e al di là di lui, l'allievo di Fattori, Oscar Ghiglia. Così dall'autoritratto del 1854, di piglio e franchezza giovanili in sintonia con la moda .del tempo, seguiamo la carriera di Fattori: i quadri di storia attuale, secondo la mentalità positivista, i ritratti potenti della prima moglie e della cognata, la familiarità con i macchiaioli, la Rotonda Palmieri, esempiare per fa sintesi con cui l'artista traduce un'impressione «in una composizione spaziale fatta di piani cromatici calibrati in geometrie pure e accordi tonali cristallini» (Spalletti, catalogo della mostra, n. 46). La.crisi culturale italiana dei primi anni settanta, a cui Fattori partecipa esasperando il suo lessico, sia formale che di contenuti, è rappresentata da quadri quali La vendetta (1872 ca.) e Barrocci romani (1873); sostenuti dall'impianto prospettico di un muro bianco rudemente interrotto tale isolamento dei volumi lontano da ogni tentazione narrativa e risolto esclusivamente attraverso calibrati rapporti cromatici» (Spalletti, cat. mostra, n. 77). Dunque un gruppo di quadretti felici, garbatamente mond,ani, come le figure femminili a passeggio nei boschi di casa Gioii, forse meditazioni dell'artista sull'opera di Corot, ma anche probabile omaggio alla pittura dell'ospite. Infine i quadri degli anni ottanta, di grande forza espressiva, che si arricchiscono di un pathos narrativo coinvolgente. Si pensi all'Aratura (1881-82) diviso in due parti dal profilo scosceso del campo sul- !' orizzonte, o alla Libecciata (1880-85 ca.) dove pare di sentire la forza del vento che squassa le tamerici. Il catalogo ci informa che quest'ultimo quadro ha un'esecuzione complessa ed «elaborata seguendo il filo di una ricerca di equilibri compositivi» (Spalletti, cat. mostra, n. 103) ribadendo così l'attenzione di Fattori a problemi di sintassi formale. La mostra propone effettivamente un'immagine rimeditata di Fattori: non più la visione legata al gusto romantico che vuole l'artista illustratore del proprio stato d'animo, ma quella di un pittore consapevole dell'opportunità di svolgere ricerche formali indipendenti dalle composizioni narrative che abbiano la forza di riflettere la contemporaneità del tempo storico in cui vengono attuate. All'esposizione dei quadri è affiancata una mostra delle acqueforti allestita nel Salone d'~nverno al secondo piano di Palazzo Pitti, al piano cioè della Galleria d'Arte Moderna, all'interno della quale Carlo Sisi ha predisposto un percorso di opere a confronto con quelte di Fattori di-'grande utilità didattica. Il catalogo, di ottimo livello per indagine scientifica e interpretazione storica, è presentato da D. Durbé e composto da tre studi sulle fasi di attività di Fattori: gli anni della giovinezza (Spalletti), quelli contemporanei ai macchiaioli (Matteucci), la maturità (Monti), e da una schedatura delle opere molto accurata. Di notevole intesulla destra, ambedue trovano un resse è il capitolo redatto da E. intatto equilibrio nel «monumen- 0 Spalletti, anche perché il tempo finale, occorre subito rinviare all'autentico colpo di teatro che chiude il libro. Di nient'altro si tratta (ma lo stile della narrazione rimane omogeneo) che di uno spettacolo, con tanto di locandina e di critici, di «sipario automatico» e di applausi; e con l'ulteriore effetto di ironia e di paradossale autocritica, di svelamento «a vista» del congegno compositivo, garantito dalla successiva conferenza stampa, equiparata ad un confronto scacchistico (dove i personaggi coincidono con i pezzi e non con i giocatori). Il magazzino della memoria e delle associazioni del «protagonista pensante», percorso a passi felpati da un narratore problematico e interrogativo, pochissimo deus ex machina e spesso invece interprete affiancato al lettore, definisce in fondo la propria ostre della formazione lenta e appartata dell'artista era, finora, il meno indagato. Giovanni Fattori Dipinti 1854-1906 Firenze, Palazzo Pitti 26 settembre - 31 dicembre 1987 Milano, Palazzo della Permanente 14 gennaio - 28 febbraio 1988 Catalogo a cura di G. Matteucci, R. Monti, E, Spalletti Firenze, Artificio, 1987 Il Colore dei Miracoli Gabriele Pcrretta I l Colore dei Miracoli è il titolo della mostra che si è tenuta presso il Castello di Volpaia a Firenze durante la metà di settembre. La mostra è divisa in due parti. Una che può essere racchiusa nella definizione del tempo ritrovato: raccoglie artisti cari agli storici del contemporaneo come Tullio Garbari, Pompeo Borra, Pinot Gallizio e Tano Festa. Una seconda sezione è dedicata agli artisti che oggi sono giovani e domani forse saranno ritrovati: Stefano Arienti, Lorenzo Bonechi, Fiorella Rizzo, Bruno Zanichelli, Alberto Garutti, Giorgio Pagano. Il catalogo è un libro antico da conservare gelosamente. Una pubblicazione raffinatissima che· raccoglie testi di Renato Barilli, Achille Bonito Oliva e Saverio Vertone. Chiude gli scritti della pubblicazione un testo di Italo Moretti che si sofferma sulla storia ed il significato di quella che è stata la Commenda di Sant'Eufrosino a Volpaia, da cui parte tutta la filosofia organizzativa dell'esposizione. La Commenda è nel cuore del Chianti, un edificio che risale alla prima metà del Quattrocento costruito per volontà di Messer Piero di Lorenzo di Giovanni della Volpaia, notaio e cittadino fiorentino, desideroso di diventare miles gerosolimitano. In. questa chiesa si è realizzata la follia dello scultore accademico e citazionista Athos Ongaro che ha costruito una crocifissione collocandola al centro dell'altare della chiesa, quasi come se l'esposizione fosse stata curata in periodo di Pentecoste. Ma la mostra è ben altro: oltre Alf abeta 104 natura di luogo per eccellenza comunicativo e fittizio, stanza di una tortura collettiva e reciproca, tutt'altro che autotelica. Non a caso, quasi alla maniera di Manzoni, «l'autore del testo» si chiama fuori dalla pantomima di chiusura, insistendo sulla propria onniscienza mancata. Al contempo, è certo che All'idea che sopraggiunge pone alla nostra (arami un po' stanca?) nuova c;ultura narrativa la presenza stimolante di una qualità introspettiva e di un'intelligenza poliprospettica capaci di riattribuire al «viaggio» romanzesco il valore di un doloroso piacere. Stefano Tassinari All'idea che sopraggiunge Milano, Corpo 10, 1987 pp. 108, lire 12.000 al ritrovamento di un artista umorale come Tullio Garbari, pittore della prima metà del Novecento, che Barilli indica come un precursore di Birolli, Sassu e Manzù, l'artista che continua ad emozionare è Pinot Gallizio che, con la sua esperienza di pittura industriale, anticipa alcuni grandi problemi che poi saranno al centro degli anni sessanta. Pinot Gallizio fautore del «Laboratorio Sperimentale di Alba» e precursore in campo estetico di argomenti che troveremo nel pensiero di Marcuse, vagheggiava una «nuova società antieconomica, poetica, magica, artistica». Attraverso la pittura industriale egli invoca persino il ruolo infrastrutturale dell'automazione, sconfiggendo il lavoro noioso e ripetitivo e anticipando alcune utopie post-modem. L'ironia della pittura industriale esposta a Voipaia sembra voler affermare: «di questi metri di tela me ne taglio un pezzo e mi faccio un giacca, una camicia». Un altro pittore storico che non va dimenticato è Tano Festa, sostenitore della cattiva coscienza e della principesca «decadenza». Ricordiamo che Festa fa parte di quella stimolante stagione dell'arte italiana della fine degli anni cinquanta, che, insieme ad Angeli, Schifano, Uncini e il singolare Francesco Lo Savio, va attentametu,.; riletta. La pittura di Festa è tutta caricata di una tensione animistica che ci riporta ad un approccio bidimensionale, caro al gruppo romano di quegli anni (G. Celant, Spazio e Luce in Lo Savio, Torino,. Einaudi, 1975). Nella mostra infine si segnalano il giovane Arienti, Lorenzo Bonechi, Alberto Garutti e Bruno Zanichelli. L'uno rappresenta un recupero del concettuale, il secondo la scuola manieristica toscana, il terzo un rigoroso ascetismo del primario (minimale) ed il quarto si presenta come un satiro, uno scenografo post-tecnologico che potrebbe anche fare a cazzotti con Luigi Mastrangelo. Il Colore dei Miracoli Firenze, Castello di Volpai-a settembre 1987 Catalogo a cura dell'Editrice Radda in Chianti.
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