Alf abeta 104 I pacchetti di Alfabeta pagina 17 Suide adoamericano Eric Hirsch e Allan Bloom Massimo Cellerino Eric D. Hirsch Cultural Literacy Boston, Houghton Mifflin Company, 1987 Allan Bloom The Closing of the American Mind New York, Simon and Schuster, 1987 L a scena letteraria ed editoriale degli Stati Uniti è solitamente dominata dai romanzoni alla Jackie Collins o Coleen Mc Cullogh, che diventano presto best-seller e poi film di successo, oppure da una quantità considerevole di biografie e memorie (di attori del cinema e della televisione, uomini politici, finanzieri di successo, gangster, ex spie, ecc.). Pochi i successi nel campo delle humanities, con qualche eccezione per la storia e le scienze politiche. Meno che mai, libri di filosofia, e per comprensibili motivi. Desta quindi un certo interesse il fatto che da diversi mesi due testi di argomento filosofico figurino ai primissimi posti delle classifiche dei libri più venduti: si tratta di Cultura/ Literacy, di Eric D. Hirsch, Jr. e di The Closing of the American Mind, di Allan Bloom.Tema ed obiettivo polemico dei lavori di Hirsch e Bloom (noti docenti universitari, rispettivamente di letteratura inglese e di filosofia politica, ma solo omonimi dei più famosi critici letterari) è l'attuale, grave situazione di degrado e disorientamento della cultura americana; così almeno entrambi la considerano, sia pure a partire da punti di vista molto differenti. Il libro di Hirsch prende le mosse da un dato di fatto suffragato da numerose e autorevoli indagini empiriche: il livello medio di istruzione della società americana è di molto inferiore a quello che sarebbe adeguato ad una società tecnologicamente avanzata; in altre parole, la società americana presenta un bassissimo grado di «literacy». Con literacy non si intende soltanto il saper leggere e scrivere, ma anche la capacità di usare correttamente e correntemente un linguaggio quale esso si è determinato e si determina attraverso la fissazione in grammatiche e dizionari e, correlativamente, attraverso l'uso che ne viene fatto in libri giornali e riviste. Tale competenza linguistica, ci ricorda Hirsch, è di tipo prettamente culturale, cioè implica una vasta rete di informazioni che gli utenti di una lingua devono possedere. Questa rete di informazioni, questa conoscenza di sfondo è ciò che fa sì che quando leggiamo un libro o un quotidiano possiamo capire adeguatamente ciò che viene detto, seguire le argomentazioni, coglierne le implicazioni, riferendo il testo ad un contesto appropriato, che è poi ciò che solo dà al testo un significato. La conoscenza di sfondo è funzione dell'appartenenza ad una comunità, ed è essenziale per la vita della comunità che i membri di essa condividano un livello il più alto possibile di conoscenze comuni: solo così possono comunicare tra loro, discutere, formarsi delle opinioni, più in generale accedere ad una migliore comprensione del funzionamento della società e delle istituzioni. La cultura/ literacy è dunque determinante per un miglior uso dei meccanismi di conoscenza e comunicazione, e, di conseguenza, per la prosperità economica e, molto pragmatisticamente, anche per la vita democratica di una società. Tutto ciò, nota Hirsch, manca oggi nella società americana, e la situazione sta ulteriormente peggiorando ai vari livelli:-le solite autorevoli inchieste hanno mostrato una preoccupante diminuzione, tra giovani uomini d'affari e dirigenti, della capacità di comunicare per iscritto o oralmente le proprie idee, così come è emersa tra i giovani studenti una sorprendente mancanza di quelle conoscenze elementari che libri e riviste presuppongono familiari al «lettore comune» (common reader). Punto debole e luogo in cui intervenire è ovviamente il sistema scolastico, dove la situazione è davvero deprimente: casi di studenti di scuola superiore che abbandonano con disappunto i corsi di latino quando scoprono che stanno imparando una «lingua morta», e non la lingua che si parla in America Latina, o che credono che Leningrado sia in Jamaica, e che Aristotele sia un contemporaneo (come ad Alexandre Koyré accadde di sentirsi dire durante un seminario all'università di Chicago). In realtà, al di là dell'aneddotica strumentale (ma anche in Italia circolano aneddoti clamorosi sugli esami di maturità, come quello del candidato che sosteneva che le tre grandi figure dell'idealismo tedesco fossero i tre fratelli Hegel: Georg, Wilhelm e Friedrich), il libro di Hirsch è interessante in quanto costituisce una grave critica del sistema educativo americano e dei suoi esiti nell'estrema specializzazione tecnicista da un lato, e dall'al- •tro nel depauperamento dei contenuti delrinsegnamento: sviluppare l'abilità tecnica ol,,,,,.,./.,.,,,,,, di apprendimento è ritenuto più importante che non apprendere dei contenuti specifici (una sorta di formalismo educativo in cui l'autore ravvisa un'estremizzazione delle filosofie dell'educazione di Rousseau e Dewey). Il percorso di Hirsch è interessante perché conduce, attraverso la pragmatica della lettura, la filosofia del linguaggio (il lavoro di Hilary Putnam è qui sullo sfondo), la psicologia cognitiva, a riaffermare l'idea che si appartiene ad una comunità solo in quanto se ne condivide il linguaggio con gli altri membri. Compito dell'educazione è allora quello di articolare la conoscenza di ciò che appare comune sullo sfondo della cultura di tale comunità: una conoscenza specialistica, ma estesa a vari campi, dunque anche vaga e «superficiale», ma che sola può fungere da base per la comunicazione a tutti i livelli (oltre che per l'intesa sociale, la vita democratica, ecc.). Meno lucido, e senz'altro più verboso e retorico è The Closing of the American Mind di Allan Bloom, che si sofferma sul • «come l'educazione superiore ha indebolito la democrazia e impoverito gli animi degli studenti». La tesi di fondo è che storicismo e relativismo culturale (tendenze che l'autore riconduce principalmente all'influenza congiunta che Nietzsche e Heidegger avrebbero avuto s~i movimenti politici' e intellettuali americani dagli anni sessanta in poi) hanno provocato una sorta di piatta tolleranza generalizzata nei riguardi di valori, convinzioni e visioni del mondo; una generale indifferenza rispetto a ideali etici, teoretici, politici. In altre parole il problema è che la cultura attuale ha eretto l'eliminazione dei pregiudizi a proprio dogma e pregiudizio fondamentale; ma, ricorda Bloom, la mente che non ha pregiudizi è vuota. L'ossessiva e programmatica osservanza del relativismo culturale, etico, politico ha avuto conseguenze nefaste, che si riflettono nell'attuale crisi della famiglia e dei valori tradizionali, nell'impoverimento dei rapporti sociali e interpersonali, nell'indebolimento di quei vincoli che legano un cittadino alla patria e alla democ;razia. È la filosofia, secondo Bloom, che può risollevare le sorti dello «spirito americano», una filosofia platonicamente intesa come indagine razionale intorno alla verità, al bene, alla natura dell'uomo, e praticata entro una ristretta, elitaria comunità di studiosi accomunati, ovviamente, dall'amore per la conoscenza. L'enfasi di Bloom sul compito della filosofia assume addirittura un tono epocale quando alla fine del libro ricorda che poiché «questo è il momento dell' Ame-' rica nella storia del mondo», spetta alla filosofia com'è praticata nelle università americane il compito di difendere il «pensiero», e, con esso, i supremi ideali di autentica comunità e libertà. Sarebbe tuttavia solo in parte giustificato liquidare il libro di Bloom come espressione di una sorta di platonismo nostalgico e reazionario. The Closing of the American Mind è un libro tendenzioso, insofferente nei confronti della democrazia livellatrice, trancia giudizi senza appello (la filosofia analitica «non vuole e non può parlare di nulla di importante»), difende un'idea esoterica ed elitaria della filosofia e dell'educazione, per di_più con argomenti teorici discutibili ed argomenti storici generici e strumentali. Allo stesso tempo, però, esso esprime un'insoddisfazione diffusa nella società americana nei confronti del sistema educativo, dell'università, della formazione dei giovani, un disagio che è testimoniato anche dal proliferare di inchieste e dibattiti sull'efficienza dell'istruzione scolastica, e dall'insistenza con cui, nell'avvicinarsi delle elezioni presidenziali, i personaggi politici intervengono sull'argomento. In questo senso, pur mantenendo ben distinte la posizione del moralista reaganiano Bloom, buon allievo di Leo Strauss, da quella del più lucido e tollerante Hirsch, si tratta di cogliere le esigenze che entrambi esplicitamente pongono: in primo luogo quella dell'importanza delle humanities per la formazione dell'individuo in un siste-· ma che è invece finalizzato all'efficienza e all'inserimento nel sistema economico-produttivo; in secondo luogo, quella della rivalutazione della tradizione come patrimonio condiviso di conoscenze che solo permette l'articolazione di un discorso comune. E che questo non significhi affatto una ricaduta nel conservatorismo politico è chiaro nel libro di Hirsch (contro le tesi di Bloom), ed è tanto più necessario nel caso di un sistema in cui ancora ai primi anni di college Socrate è identificato come un capo indiano, e il grande Gatsby come un mago illusionista. Intervista a Stanley Rosen A cura di Massimo Cellerino Stanley Rosen insegna filosofia politica presso la Penn State University, Pennsylvania, ed è autore di vari saggi sul pensiero contemporaneo e sulla filosofia platonica (ricordiamo Nihilism. A philosophical essay, 1969, The limits of analysis, 1980, Plato's Sophist, 1983, ed il recentissimo Herm€:neutics and politics, novembre 1987). A Rosen, uno dei maggiori esponenti americani della filosofia politica di stampo conservatore, abbiamo rivolto alcune domande a proposito della filosofia statunitense. Massimo Cellerino. Professor Rosen, Lei è esponente di una tendenza poco appariscente ma molto influente nella filosofia statunitense: una grave critica tanto alla filosofia analitica che alla filosofia esistenzialista ed ermeneutica, condotta a partire dal lavoro di Leo ·strauss. Vorrebbe spiegarci di che si tratta? Stanley. Rosen. Leo Strauss per gli Stati Uniti rappresentava, e tuttora rappresenta, l'alternativa radicale del ritorno alla tradizione della filosofia che precede la svolta critica della filosofia di Kant, e soprattutto del ritorno alla filosofia greca. Egli si rivolse alla filosofia greca con un )ntento di tipo reazionario: non nel senso che ripudiasse completamente la modernità, ma nel senso di uno che accettava la critica di Nietzsche e Heidegger alla modernità senza tuttavia
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