TradizioneMicm"nageria t-... <:::s ~ Alfredo Salsano Ingegneri e politici Torino, Einaudi, 1987 pp. 160, lire 9.000 E ' abbastanza evidente nell'opera di Thorstein Veblen un certo rimpianto per il Paradise Lost della borghesia, la società dei (piccoli e autonomi) produttori, sopraffatta dall '«affarismo» e dalla «meccanizzazione». Egli si rendeva d'altronde conto della nuova forma in cui quell'opposizione si presentava ormai sulla scena: da una parte il business, il profitto quale unico movente, il caos individualistico della concorrenza; dall'altra !'«industria», l'impiego razionale delle risorse in vista della produzione, dell'efficienza, dell'utilità; da una parte I'«affarista», dal!' altra l'«ingegnere». Il riferimento a Veblen è presente nei sostenitori americani del «pianismo», ovvero del scientific management applicato all'intero sistema della produzione sociale, al fine di organizzarlo in modo adeguato alla nuova forma dei processi lavorativi, alle nuove tecnologie, alla crescente interdipendenza stabilitasi di fatto fra imprese, gruppi di imprese, settori produttivi, economie nazionali. Le caratteristiche e le vicende di questa proposta «taylorista sociale» sono l'oggetto della ricerca di Saisano nel primo dei tre saggi che compongono il volume, Taylorismo e pianismo di fronte alla Grande crisi. Egli prende le mosse dagli atti del congresso tenutosi ad Amsterdam nell'agosto 1931 sul World Socia! Economie Planning, al quale parteciparono tayloristi americani, socialisti e sindacalisti europei, esponenti del Gosplan sovietico. Salsano segue poi sviluppi ed echi del pianismo in alcune tendenze del socialismo europeo, in particolare in Henri de Man. Accenna a confluenze possibili o tentate con la razionalizzazione configurata da Rathenau e con tradizioni britanniche quali il socialismo fabiano e soprattutto il socialismo corporativo (guild socialism). Constata infine che il taylorismo sociale ha avuto un 'influenza pratica molto limitata, dovuta più ai suoi risvolti corporativi che alla sua capacità di orientare strategie anticrisi e in generale l'intervento statale, che seguirono piuttosto le vie indicate da Keynes. Il «punto di vista degli ingegneri», presentato al congresso di Amsterdam dagli americani Lorwin, Person, Filene, era in sé illusorio poiché tendeva a ridurre, scrive Salsano, il complesso dei problemi economici a problemi di gestione, i problemi sociali a problemi di relazioni umane, la problematica della crisi all'irrazionalità di decisioni che si tratterebbe '@i semplicemente di coordinare con c:i. un sistema di pianificazione, del t-... ~ resto rispettoso dell'iniziativa indi- -. viduale (pp. 14 e 15). Quel punto .9 di vista è significativo in quanto --.f... espressione delle trasformazioni ...., reali degli assetti produttivi e del j mercato, e in particolare della rile- ~ vanza delle nuove funzioni «tecni- & che», attinenti anzitutto al disciplioèì °' namento del lavoro, alla nuova ~ forma «scientifica» della divisione .S del lavoro mediante la separazioi ne fra controllo ed esecuzione. È ~ 1s significativo inoltre in quanto in '\. esso si manifesta pur sempre la necessità di porre il problema del- !' organizzazione, allargandolo al rapporto fra economia e società, di fronte all'obsolescenza del siste---.... ma classico del mercato come garanzia dello sviluppo equilibrato e come modello di «regolazione sociale». È errato però, secondo Saisano, o almeno semplicistico, sostenere la continuità fra taylorismo e keynesismo o addirittura unificarli nel concetto di «regolazione fordista». Nel secondo saggio, Americanismo, pianismo e corporativismo in Francia, Salsano si propone di mostrare che «il pianismo degli anni trenta esplicita e generalizza la sostanza corporativa dell'americanismo del decennio precedente» (p. 61). A tal fine egli segue dettagliatamente lo sviluppo delle idee pianiste, quali vengono diffuse da periodici e mediante associazioni bordinazione dei planners o dei pianisti alle politiche keynesiane», in Francia come negli Stati Uniti (p. 83). Ciò non impedisce comunque di scorgere «una continuità che congiunge il pianismo nella sua variante apertam~-~orporativa al managerialismo teè'?ft5cra,ti-:..... co affermatosi in Francia sotto altra insegna politica a partire dalla Liberazione» (p. 76). 11 riferimento alle ideologie manageriali di origine americana è rilevante nelle tesi sostenute da Burnham nel suo libro del 1941 sulla Managerial Revolution: la tecnocrazia come caratteristica di una nuova forma di società, l'interpretazione del sistema sovietico e del nazismo, ma anche del New Deal, come sviluppi convergenti verso tale forma. Queste tesi sono assunte come punto di riferimento da Salsano nel terzo «:>R. Cobb /• . ,. . -· • _ _.;~(."•~· . - •. ~ ,.· .. , .... _-:_-;;, . -~. --.... <$' saggio, La «rivoluzione manageriale» prima di Burnham, per riportare alla luce, in tutta la sua ricchezza, nell'intersecarsi e differenziarsi delle diverse posizioni politiche e teoriche, il dibattito sull'URSS svoltosi negli anni trenta. Si rivela così tutta una linea di ricerca, «della quale Bumham può essere considerato soltanto un epigono» (p. 143), a cominciare dalla storia del «plagio» a spese delle idee di Bruno Rizzi. Una linea di ricerca, si può aggiungere, che appare tuttora attuale. Vi si trovano infatti molti e qualificanti elementi, che sono stati ripresi in tempi (eminentemente il gruppo X-Crise dell'Eco/e polytechnique), quali emergono fra tecnici e industriali «modernizza tori», e fra sindacalisti e socialisti. Non posso qui che riassumere le conclusioni della sua ricerca. Negli anni trenta in Francia si ha uno «spostamento dalla tematica della razionalizzazione, centrale nell'americanismo degli anni venti, a quella del piano; dunque, da una tematica relativa ai problemi della produzione e della distribuzione a un'altra orientata verso le istituzioni e lo Stato» (p. 63). In questo modo si esplicita l'ideologia corporativa e si attua il disegno di collaborazione di classe: di là dalla retorica sull'efficienza, sul ruolo della scienza e dei tecnici, sui valori sociali e sul benessere contrapposti al mero guadagno, sugli interessi comuni di tutti coloro che cooperano nella stessa industria o nello stesso settore produttivo, ecc. Resta il fatto, conclude Salsano, della «su- .. recenti dalla discussione sulla «natura sociale» e sulla storia del sistema sovietico, e che erano stati troppo spesso sacrificati nella lotta per l'egemonia politica e ideologica nel movimento operaio. Sulla base di un'organizzazione del lavoro sulla quale hanno inciso profondamente la «scienza» e il mito di Taylor, e in generale del .. tipo di industrializzazione perseguito, una nuova «classe» tecnica comincia a formarsi in URSS già durante il primo piano quinquennale e si afferma in posizioni dirigenti negli anni trenta. «La storia della società sovietica in età staliniana - scrive Salsano - può essere intesa in buona misura in termini di formazione e ascesa di questo personale e dei suoi rapporti con la struttura politica» (p. 99). Adottando questa prospettiva è possibile anche comprendere lo sviluppo sovietico in relazione con quello mondiale, come aveva fatto Burnham, sia pure nella «forma sensazionale e distorta della 'rivoluzione manageriale'» (p. 102). Una prospettiva nella quale l'attenzione ai rapporti di produzione e all'articolazione delle funzioni e dei ruoli sociali consente - sulla base delle vicende dell'accumulazione e ben al di là da inani contrapposizioni fra totalitarismo e democrazia, fra piano e mercato, ecc. - di analizzare le dinamiche fondamentali, spesso coincidenti e confluenti, degli sviluppi di diversi sistemi sociali. In contrapposizione rispetto alla tesi trotzkista della degenerazione burocratica, reversibile mediante una rivoluzione politica, si collocano le diverse posizioni, il ventaglio delle quali viene aperto da Salsano. Egli si sofferma per esempio su Simone Weil, la quale riconobbe la centralità dell'integrazione di tecnoçrazia e burocrazia realizzata da Stalin, sottolineò il problema della subordinazione dei lavoratori ai mezzi e all'organizzazione della produzione, finendo per teorizzare l'affermarsi, in modo convergente a livello mondiale, di un nuovo sistema di potere manageriale, in cui l'oppressione viene esercitata e giustificata in nome della funzione. Ancora più netto, e forse più «tecniciI( stico», appare il concetto di tecnocrazia in Lucien Laurat: lo sviluppo delle funzioni tecniche, la separazione di proprietà e direzione, la compenetrazione fra stato ed economia conducono, secondo Laurat, verso una società controllata da una ristretta class·edirigente. In quest'ultima prevale comunque l'elemento tecnocratico, combinato con quello plutocratico nei regimi fascisti, con quello burocratico in URSS, con residui di democrazia in altri paesi. Non posso qui che citare i nomi principali delle personalità di cui Salsano ricostruisce i percorsi teorici e, quando ci sono, i contatti diretti o i rapporti con ambiti diversi, quali l'austromarxismo e il comunismo di sinistra: Marion, Souvarine, Nomad, Yvon, Ciliga, Serge. L'indagine di Salsano in tutti e tre i saggi è molto accurata e suggerisce stimolanti questioni di storiografia e di teoria sociale. La sua è una storia di idee sullo sfondo della quale traspaiono le trasformazioni della realtà sociale. L'articolazione delle funzioni, dei rapporti di dominio e delle lotte, nella quale si attuano quelle trasformazioni, condiziona a sua volta l'autocoscienza della società. Il punto di partenza di Ingegneri e politici sono le n~ove funzioni produttive e sociali che si sviluppano nella fabbrica e nella società; ossia, la questione della divisione del lavoro e del potere, del controllo (management) dei processi lavorativi e del processo complessivo di accumulazione. Riguardo a tale questione si tratta in particolare di comprendere il ruolo della «classe» dei «tecnici», l'ideologia che le è propria e che la riguarda, il modo in cui il potere tecnico si integra con quello politico. In questa prospettiva la novità del «managerialismo» segnala d'altra parte, di là dei cambiamenti, la continuità. Il cambiamento rimane funzionale all'adattamento della società ali' economia (capitalistica), il quale tende anzi a farsi più articolato e profondo. (Salsano che, come è noto, ha introdotto l'opera di Karl Polanyi in Italia, lo cita a questo proposito.) In riferimento a tale continuità va inteso il concetto di «compromesso manageriale». Esso indica l'annessione al dominio politico della «competenza tecnica nella società amministrata» (p. XI), segnalando che, se si bada piuttosto alle trasformazioni sociali reali che alla fenomenologia dei conflitti politici e delle contrapposizioni ideologiche, la subordinazione dell'economico al politico si rivela come apparenza del suo contrario, «l'economizzazione di tutti i rapporti sociali» (p. Xlii). In riferimento a questa problematica, che costituisce l'orizzonte delle ricerche di Salsano, vanno ripensati in particolare i rapporti fra Stato e mercato, nel senso della complementarietà fra economia amministrata e libera accumulazione. Inoltre, a partire dalla condivisione delle tecniche e del mito del sistema taylorista e fordista, nell'analisi dello sviluppo «occidentale» e di quello sovietico si possono trovare significative convergenze. Confermate anche attualmente dalle tendenze neocorporative in una delle due parti, dalla prospettiva di nuove combinazioni fra tecnocrazia, mercato e socialismo, nell'altra.
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