1. (L'amore) La ragazza saltò sopra un tavolo. Io approfittai del momento per baciarle il collo che aveva lungo e sottile benché sapesse un poco di un odore di notte, grasso o torbido; ma lei non disse niente oltre lo stupore dietro gli occhiali da liceale bigotta. Avrei voluto occuparmi anche della sua gonna che strapiombava attorno ai fianchi morbidi. «Non ora, non ora» - mi dissi per quanto il momento fosse favorevole. Il grido che sua sorella Esther fece avrebbe nascosto difatti quello della ragazza; e anche Angela (si chiamava così) avrebbe avuto un pretesto per essere distratta. Probabilmente mi distolse l'orrore al_ quale dovevo assistere. Tuttavia notai che la bocca di Angela (diciamo il suo fiato) era impastata di un sapore casalingo che aveva ben poco a che fare col sesso. Gli occhiali attraverso cui intravvidi gli occhi furbi ma presuntuosamente onesti, già pronti a maledirmi, mi piacquero davvero più di ogni altra cosa. Esther ripeté il suo grido; poi ebbe un sarcasmo contro di me guardandomi appena sul mio rifugio sopraelevato, tuttavia come se alludesse (può darsi davvero che la sua esperienza arrivasse a tanto) ai miei propositi con Angela più che alla mia fuga. Ora cominciava la caccia e l'assassinio. Non c'era scampo, poiché o avrei dovuto rassegnarmi alla vittoria di lui - il piccolo mostro - o avrei dovuto assistere al suo scempio. Temetti che Angela avrebbe finito per somigliare al topo se avessi continuato a desiderarla o almeno a sondarla in quel momento. L'agguato (annusai ancora nel suo collo) non provocò il grido di Angela. Così mi ripromisi subito di slinguare forse il torbido del collo, forse l'orecchio. Fu allora che Richard, il marito di Esther, arrivò con armi pesanti. «E tu che fai lassù?», disse con sicumera virile. Così poteva fingere di non sospettare i maneggi di Angela. S'intende che il sangue avrebbe macchiato il pavimento, e lo strazio o macello o maciullamento del corpo doveva essere spinto parecchio avanti finché fosse definitivo quanto un'esecuzione, altrimenti il mostro si sarebbe ribellato (si sa com'è, nessuno si rassegna a farla finita). Ci fu ancora un grido di Esther mentre l'inseguimento incominciava. Lungo il muro come in un dedalo di vicoli o tra palazzi vertiginosi, si svolgeva la caccia. Esther accennò appena il gesto di raccogliersi la gonna. Del resto aveva zotiche gambe e piedi sformati: non era certo tale da essere desiderata. Il suo grido in apparenza fu di paura, era eccitato invece, carico di emozione, quasi si ripromettesse una gioia da quella morte feroce. Io vidi il riso sulle sue labbra un po' sadico, sebbene le atteggiasse (ma avrei detto per finta) a una smorfia di schifo. Risentii anche il suo odore di lisciva, di bucato ma leggermente muffito, che conoscevo. Fu allora che slinguai nell'orecchio di Angela dapprima piano poi vigorosamente quando ci fu trambusto nella stanza (una sedia cadde, un'altra avanzò e ;Richard virilmente abbassò, ma a vuoto, la mannaia). Angela Scena di romanzo sgranava gli occhi dietro le lenti e mi rivolse una boccuccia atteggiata a rimprovero, però stralunata così che potesse sembrare presa dalla paura della caccia. Comun- ' • ' ' Angelo Mainardi bito la frustrazione. Esther ghignò, denti in mostra (uno- sapevo - gliene mancava), come se assistesse a un'esecuzione per ghigliottina. L'odore della stanza era -~1- ' i 11 I I, I ; I I ' Ì , 1·, 1 ' ' I I I,' ,· I I I: • I I. battaglia non era neppure il caso di parlare. Dunque non restava che bere fino alla feccia il massacro. Le cavità auricolari di Angela avevano un gusto vagamente amaro, simile a liquore mestruale. Angela apparve compiaciuta che sondassi senza tregua in quella appendice poco sessuale del suo corpo. Dietro le lenti che sprizzavano un bagliore bigotto, ne scorsi gli occhi lucidi. Cacciò anche un mugolìo (in verità di significato non chiaro) dalla gola che - lo notai ancora - mandava un odore casalingo anch'esso poco sessuale, un mugolìo già pronto a mutarsi in disapprovazione per me. Ma intanto ebbe un brivido e continuò a tacere quando spinsi più a fondo la lingua nel suo condotto uditivo. ~';-v!... , r;!: • 11'7' ·,:/i( ~f?-;.(._.,--...," ,' }-{' ,\ I Notai pure che la stanza si riem-· piva di un freddo orrore, della voglia di uccidere. Nel nascondiglio, vibrando di paura, il piccolo mostro aveva lo stesso proposito dei suoi persecutori. Il secondo colpo lo colse in pieno, però in una parte non vitale. Il corpo era fatto così, che avesse organi mortali e altre zone dove una ferita soltanto se ripetuta fino a tradursi in uno squarcio poteva provocare la fine. h. . , «Uccidere a bastonate è un lavoro lungo», disse Riehard. r-: ')- • - "M1SS PoTTE..Q. ! CANCEL A L MY APPOINTMENTS FoRTOMOOROW." «Bé.- fece Esther - non sarai già stanco». Allora Angela scosse la testa per scacciare via la mia bocca: per avere un alibi (pensai io, sebbene apparisse davvero seccata). «Dài, riproviamo», disse «Miss Potter!... annulli tutti i miei appuntamenti per domani»© R. Cobb Esther. E l'uomo con la sua mannaia, l'occhio che cercava la preda, e con l'orgoglio virile per l'invito. di lei, mi sembrò indossasse sui pantaloni lo straccio insozzato di un macellaio. «Ma guarda - mi dissi - che faccia da boia dietro un uomo!» que non emise alcun grido per quanto ne avesse il pretesto perché allora il piccolo mostro sbucò tra le gambe delle sedie, tra quelle di Esther, ancheggiò occhieggiò veloce, con squittii di odio (Richard ripeté inutilmente il gesto della mannaia) e, mentre infilavo più a fondo la lingua nell'orecchio e Angela taceva, scomparve di nuovo sotto la vertigine dei muri. Era una lotta all'ultimo sangue. A quel punto Esther manifestò un prurito nel pube che soddisfece puntigliosamente; Richard giganteggiava sopra la sua mazza mortifera. Per un momento mi guardò senza neppure dare a vedere che mi vedesse. La stanza cominciava a sentire dell'odore acido della paura. In modo ferino Esther e Richard si accordarono per togliere al mostro che si nascondeva ogni via di scampo. Lei lo avrebbe sospinto allo scoperto, e l'uomo sarebbe stato pronto per la sua decapitazione o maciullamento o altro disastro che potesse infliggere. L'inseguimento diventava scientifico. Soltanto io e Angela, arrampicati sul tavolo all'altezza del lampadario di Boemia color champagne ma pallido per un deposito di polvere che notai, restavamo nel mondo degli istinti e delle sue astuzie. Il primo colpo colse il mostro di striscio su un lato e non lo ferì, non vi fu sangue, soltanto uno sbandamento precipitoso· ch'egli recuperò convulsamente dando anche iq questo caso la prova della sua superiorità sull'uomo. Sul viso di Richard si dipinse suanche di odio. Però io continuai a slinguare spudoratamente nell'orecchio di Angela. Esther ripeté per un attimo nevroticamente frettolosamente il gesto di grattarsi tra la peluria del pube, e disse: «L'hai Luglio-Agosto 1987 Numero 47 Anno 5 Lire 5.000 Sopra il tavolo, nei suoi occhiali da vergine testarda, Angela mi Sciema ~periema SPECIALE L'OMBRA DEL RISCHIO DOSSIER IL TERZO MILLENNIO Storia e fantastoria del mondo dal 2000 al 3000 PSICOIMMUNOLOGIA Come i sentimenti influenzano le malattie .. L'EVOLUZIONISMO CRITICO di Niles Eldredge In tutte le edicole e nelle migliori librerie preso. Ora lo caccio fuori e tu ... ». Era Esther che incoraggiava la nequizia, subito delusa, di Richard. Sembrò promettergli anche, vagamente, un premio che immaginai di ammirazione. Per non assistere allo spappolamento del suo corpo, col sangue che si sparge sul pavimento e le convulsioni magari cattive della fine, avrei dovuto augurarmi che fosse lui a vincere. Di uscire dal mio rifugio e varcare il campo di sorrise quando di nuovo, dopo un attimo di sosta, ripresi a slinguarla (l'orecchio ora aveva perduto il suo sapore di mestruo, tanto che pensai di dover leccare ormai l'altro) sebbene nella stanza vi fosse un momento di tregua. Richard ancora non s'era rimesso in agguato e approfittò di quella pausa per lanciarmi un'altra occhiata, sempre fingendo di non vedermi. Mai aveva trovato un modo più efficace per disprezzarmi. Stavano facendo calcoli di traiettoria ed Esther gli disse: «Se lo spingo fuori di qui e tu sei pronto, lo prendi sulla testa e gliela spacchi». Così Richard aggiustò la sua posizione. Ma per un poco il mostro non si fece vedere. «Maledetto!», esclamò Esther. La vidi esasperata spingere contro il muro con una torbida rabbia. Richard, invece, tronfio, bilanciava la mazza con un sorriso largo prevedendo il momento della sua apoteosi. Dopo l'istigazione di Esther, pregustava la violenza del colpo che avrebbe vibrato e l'annaspante agonia del nemico. Ora due macchie di sudore s'erano accese nella sua camicia attorno alle ascelle - e non per lo sforzo di quell'esecuzione. «Non vuole uscire, non vuole uscire!», disse Esther un po' isterica. La caccia poteva andare a vuoto, l'inseguimento rimanere frustrato. Esther guardava Richard con il rancore di una donna delusa. «E tu non fai niente!», gli gridò perfino. «Se viene fuori, sto vigliacco, lo taglio in due», disse Richard. Esther rise. Così sembrava rappacificata con Richard. Nella tensione (c'era adesso il sentore acre dei corpi che si affaticavano al chiuso, e io pensai che accadesse anche per la rivalità o l'invidia che opponeva Esther a Richard come due aguzzini), Angela approfittò per rifugiarsi addosso a me, e io ero sul punto di frugare nella sua gonna o almeno di decidere che era il momento di farlo, sebbene Esther dicesse: «E voi che fate lassù?» (ma questa volta Richard non ci guardò), e stavo ancora notando che era Esther a istigare Richard, quando il piccolo mostro con un balzo uscì precipitosamente allo scoperto puntando alla fuga. Vidi dapprima i suoi occhi lucidi, poi la traiettoria arrancante e sinuosa che percorreva per schivare i colpi. Poi Esther urlò: «Ammazzalo» e strinse cattiva le labbra. Richard impallidì e vibrò un colpo affannoso nel vuoto, poi scompostamente un altro che lo raggiunse. Con frenesia omicida, gli occhi dilatati (e ancora pensai al suo grembiule da boia), ritentò. Una felicità tronfia conviveva nel suo viso col timore di mancarlo. «Maledetto!», disse. «Dài, dài!», lo istigò Esther. La vertigine dei muri, simili a pareti di grandi palazzi, roteò sotto i nostri occhi dal luogo sopraelevato da cui guardavamo a fianco del lampadario di Boemia, Angela ormai disfatta (sussultò anche, sul punto di vomitare) e io disgustato davvero di non poter nonostante tutto gettarla giù dal tavolo, darla in pasto al terrore. Dall'alto vedevamo i movimenti scomposti di Esther e Richard roteanti anche loro in una breve vertigine. Ansimammo un po' io e Angela scompostamente (credo che la mia bocca trangugiò il suo fiato). Definitivamente Angela sarebbe somigliata per quella scena al piccolo mostro. Tuttavia lui benché ferito si eclissò. Sul pavimento restarono macchie scure del suo sangue. Dopo vidi Esther che si accosciava a nettarle, così che sembrava che il sangue colasse da lei. [... ]
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