Alfabeta - anno IX - n. 98/99 - lug./ago. 1987

mente cullati da un sottofondo di canti tradizionali abruzzesi come Me pizzica me mozzica, (e Il vorremmo dissuadervi dal premere teneramente il vostro piedino contro il piedino della vostra compagna, mollandole un pizzicotto: i proprietari del locale sono un attimino suscettibili), ove soprattutto si cucina assai bene del freschissimo pesce di lago (il locale è dotato di splendida vista sul lago), oltre ai consueti e sempre squisiti maccheroni alla chitarra; specialità varie alla brace, ovviamente; eppure sono le succulente quagliette glassate («quagliette alla Caruso» le denomina la lista) la vera specialità della casa, che le vedi sfrigolare loro pure, pancia in su, gli zampini flessi sul busto, stendere le gambe uno due, sgranati i patetici occhioni, che le vedi tanto mobili da parerti vive e aperte pure, che movono melodrammatiche i lor beccucci arrosto, provetti tenori, piii, gorgheggianti in centomila scale, in sordi lancinanti acuti, quasi canarini bei canterini della casa, canarini, lodole, rosignuoli, canarini, canarini, e così, voltolandosi sì nella loro stessa realmente lirica salsina («glassa»), le ali in un 'ultima promessa di volo, piii, piii, che cariini, che carlini, così direste. Così direste: oh le povere quagliette, anche; però già lo sapete che sono buone, e che pertanto ne succhierete sino l'ultimo degli ultimi ossicini, oh le succhiate le compassionate quagliette, begl'ipocriti che siete, bei comodoni. Quanto siete. Il cameriere, poi, continua a volteggiarle sopra i carrelli con indicibile abilità, su e giù fra un tavolino e l'altro - i tavolini muniti tutti di candele e di minuscoli vasi di fiorellini di montagna, se voi volete - così che ai poverini già sembrerà di volare, o di vederli volare, olà, così risucchiati dal turbinoso guardarli; nell'oscillare circonfondente della fiamma, la quale a tratti, subitamente avvivata, lasciava risplendere il più proficuo azzurro degl'iridi di lei, a tratti invece offriva al dardeggiare intenso del suo sguardo intimi scorci dei più vertiginosi dirupi, che spalancavano le tese carni di lei appena più giù della gola, i mobili accavallarsi delle penombre, voi parlaste delle bellezze dei paesaggi attraversati, della storia naturale della zona, di poesia e dei piccoli della convitata. Però, se appena appenalm' avessi tu concesso/io t'avrei spesso/condotta a cena. @R. Cobb Q ui davvero la cucina è arte del movimento perché le godurie che vi avrà procurato questo piatto saranno, quale esilissimo vento, destinate ad aleggiarvi a lungo nello stomaco, a lungo lasciandolo gorgheggiare. I desserts sono al bacio, ed i vini di scelta contenuta ma ammirevole. Meraviglia delle meraviglie, ve la caverete con 30-40 mila lire, incluso il servizio. Ebbene, se avrete deciso, una volta imboccata la statale numero 83, di rinunciare a questa splendida giornata festiva, alla scampagnata che desideravate da un sacco di tempo, che manco voi sapete quanto, in favore del seducente Ignoto, del terribil Sublime, del recondito Tenebroso, in breve dell'eccitante Avventura, che credete poi tanto di moda, ebbene, potreste decidere, al quarto chilometro a partire da Pescina, giunti al bivio che trovate all'ingresso di quel villaggio dal nome tanto seducente, ma che vi si rivelerà poi tanto ingannevole, e pure poi quanto rischioso, di Venere, di imboccare quella trascurabile stradina che avete trovato sulla vostra destra. Questa minuscola provinciale che subito vi sarà parsa, come si è detto, quanto mai insignificante, non potrà non colpirvi tuttavia per quel certo nonsocché che essa emana, di singolarmente sinistro. La vegetazione, sino a Venere, e di là da Venere, lungo la statale numero 83 e di là da essa sui campi così rigogliosa, snodandosi fra alture ricoperte di lavanda, timo, ginepro e tamarisco, fra boschi di faggi, querce, cerri ed aceri, che a sera evocarono per lavostra fervida immaginazione mille visioni fantastiche e mille immagini romantiche, i freschi recessi ascosi nelle ombrìe più remote di quelle selve, sino al Parco Nazionale degli Abruzzi e di là da esso, costeggiando massicci di una certa importanza, le mirabili vette (Monte Amaro, m. 1862; Monte Marsicano, m. 2242... ) a Pasquetta ancora innevate - non così a Ferragosto - sorvolate da superbi falconi ed aquile regali, i silenzi densi di inaccessibili profondità di quei boschi di faggi, querce, cerri ed aceri, i silenzi profondissimi di quel- ( le risucchianti vette inaccessibili a Pasquetta innevate, oppure verdi di boschi, i romantici paesaggi che il fitto fogliame a volte escludeva alla vista, «gli immensi ghiacciai che facevano mostra dei loro gelidi orrori» (qui però mica sono ghiacciai!), avendo costeggiato per un tratto, se invece salite da Villetta, il fiume Sangro, il monte Amaro, m. 1862, o, dal lato opposito, il Monte Marsicano, m. 2242, l'ameno senso di molle nominazione, che vi avrebbero guidati lungo l'intero corso della statale numero 83, sino all'alta valle del Sangro e ancora più giù, dove la notte udite il richiamo dei gufi dal/ciuffo "hu hu, e he thai ... "/, (ricordo che quando ero giovane questa oscurità evocava per la mia immaginazione mille visioni fantastiche e mille immagini romantiche: e riconosco di non essere ancora oggi del tutto incapace di quello slancio di entusiasmo che dà vita al sogno del poeta) il richiamo dei gufi dal/ciuffo "hu, hu, e he thai ... "/, ecco subito lasciano il posto ad un orrifico Nulla di zolle su zolle di terra scura, schermato ai bordi di codesta minuscola provinciale troppo ben asfaltata da due soli fittissimi e incessanti filari di alberi. A colpirvi subito molto sgradevolmente sarà proprio la nudità di questi alberi e il loro straripante groviglio: quasi un sistema cristallizzato e rigoglioso di arterie, di quella specie che potete ammirare, autentici tronchi umani, in Napoli, all'interno della cappella Sansevero, per opera dell'oltremodo tenebroso principe di Sangro; ecco, un nudo, rigoglioso groviglio di rami in un continuo di alberi e rami lungo ciascuno dei bordi della strada, di là dai quali più nulla. Nulla, se non zolle su zolle di terra rassodata o di terra secca in infinita piattezza, un'infinita spianata di pietre e terra dentro la quale più nulla, terre in monocromi e indistinti appezzamenti, appezzamenti di terra rassodata e di terra abbandonata e secca, terra su terra, zolla su zolla, tutto piatto di là dai filari di alberi che di continuo si aggrovigliano a schermare lo scenario Nulla della infinita spianata suddivisa in indistinti appezzamenti. Nulla di là da codesta distesa di terra sconfinata di rassodata e secca o qui e n fumante terra quasi pavimento infernale in appezzamenti monocotto sulla spianata metafisica che si estenderà ancora di più ancora più dentro nella vostra incolpevole però quanto complice' mente ancora più ridotta di terre piane di zolle aride di piane terre immote, linoleica, su e giù spaziando il vostro sguardo per quella infinita distesa di terra rassodata e secca fra i grovigli ostili degli alberi ai bordi della strada che vi separano dalla distesa di terra, procedendo separati da quella infinita piana di pietre e terra che si distende fumante immota di là dagli alberi in infiniti indistinti appezzamenti, che vi lascerà percepire, come confusamente, ancora, e ancora, dentro e sempre più dentro, nella compressione della vostra mente appesantita di zolle di pietre di terre immote piane dissodate secche marmoreizzate, la propria maledizione e le proprie patate. Questa contrada solitaria e strana, che già vi si è configurata, a pensarci bene, corhe un inquietante paesaggio interiore, di là dal fragile eppure quanto ostile sipario dei due filari di alberi senza alcuna soluzione di continuità, è assai fertile inoltre di barbabietole, che voi potete cuocere intere al forno e addentare così, fino a che non scrocchiano e voi potete masticarne un pezzetto. ·Non potrete fare a meno di masticarlo, difatti; eppure subito si insinuerà dentro di voi, senza che voi nemmeno possiate rendervene conto, un vaghissimo, persistente senso di disgusto. Siete appena penetrati difatti in quella landa che ha per nome il Fucino, il cui limite orientale già costeggiavate percorrendo la statale numero 83 un poco più giù di Pescina, landa assai nota per la sua depressione e per le sue patate; una sensazione di disagio ecco si è impossessata di voi, come già avrete arguito, inesplicabile, mentre voi stessi avrete voglia di tenere in mano una bella patata bollita da sbucciare, e che sbuccerete. Non appe- . na svoltati sulla squallida \) provinciale, come per un J irresistibile magnetismo, i , vostri due simpatici frugoletti subito a implorare papà, patata, la vostra consorte stessa a fare di tutto, ma proprio di tutto, per convincervi a comprarsi uno o due sacchi di patate, e voi stessi quasi quasi non resistete alla voglia pazza di bollirvi una patata; eppure, avvertirete benissimo l'allarmante sensazione di trovarvi all'ingresso di una terra maledetta. I cupi e radi casolari, che si schermano pure di là dagli alberi e nell'intermittenza della vostra visione, vi appaiono ottusi anch'essi nella secca solitaria piana delle patate, offrendo alla vostra vista un senso sorprendentemente uniforme di vecchiezza, squallore e rovina; non sono sufficienti quei brindelli di pungitopo che li recintano a mo' di pretestuosissime siepi, i radi mandarini da sempre sfioriti o gli scialbi avvizziti oleandri, i rassicuranti orticelli eppure quanto polverosi che li alleggerirebbero, procurando loro pace, operosità e la quotidiana sicurezza di un piatto di verdura cotta, ad allontanare da voi quel senso quanto mai greve di risucchiante mielosa ottusità dettato dalla variopinta cecità dei muri, dei tetti di sintetico. Ogni particolare, a questo accesso, vi parrà singolarmente respingente; persino il buon odore di pasta e patate, che già impregnava della propria tiepida familiare nausea le pareti della vostra abitazione al pari dei bavaglini dei vostri piccoli, ecco volgersi adesso al vostro olfatto sovreccitato in un sentimento soffocante e insieme singolarmente rapinoso di squallore. Questa terra fertile e bruciata, ove all'odore persistente delle patate bollite si mescola un nauseabondo, cattivante aroma di barbabietole e di carboni in combustione, vi apparirà inquietantemente accessibile: quasi che la sua stessa infinita accessibilità fosse la misura della sua minaccia, il suo offrirsi la misura della sua inattuabile penetrabilità. Le stesse magre figure che avete intravisto procedere lungo gli invisibili sentieri di questa landa, emaneranno una sorta di calore respingente, con la loro andatura familiare e furtiva, il caracollare ed il frequente soffermarsi senza una ragione riconoscibile, diritto guardando poco oltre il proprio affilato naso, provocando in voi come un sudorifero disagio, rimescolando le vostre proprie essenze al tiepido continuo di barbabietole e patate; già le ombre della sera potranno avvolgere le barbabietole, le patate, le zolle, le case, i viandanti, voi stessi viaggiatori sulla vostra berlinetta con tutta la vostra famiglia di ritorno da una splendida scampagnata di Pasquetta, in un sordo miasma senza apertura, ovvero spalancato su di un vuoto esalativo, in un'ossessione olfattiva di passato; l'unico modo di districarsi da tutti quegli avvolgenti sentori, è di lasciarsi guidare dall'intuito stesso sovreccitato dalla fluttuante saturazione dell'atmosfera mai tagliata dalle rare inodori correnti, in una specie di sregolamento sensuoso, in una specie di mesmerico sviamento. Voi siete in voi, fuori di voi. Dopo un po', voltate a sinistra. I versi utilizzati sono di Gabriele D'Annunzio, Vittorio Betteloni, Giuseppe Conte.

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