Alfabeta - anno IX - n. 98/99 - lug./ago. 1987

Carlo Emilio Gadda Azoto e altri scritti di divulgazione scientifica Raccolti da Vanni Scheiwiller Presentati da Andrea Silvestri Milano, Libri Scheiwiller, 1986 pp. 238, lire 35.000 U scito dapprima in elegante edizione fuori commercio (per conto della Montedison) ed ora disponibile anche in libreria, il volume contiene 23 articoli pubblicati da Gadda su quotidiani e riviste («La Perseveranza», «L'Ambrosiano», la «Gazzetta del Popolo», «Le Vie d'Italia», «La lettura», «Civiltà delle macchine», «Il gatto selvatico»): i primi ventuno tra il 1931 e il 1942; nel 1953 e nel 1956 gli ultimi due. Queste testimonianze dell'altra faccia di un'attività scrittoria divisa, ma non distratta, dalla letteratura e rivolta alle «cose ingegneresche» a cui lo scrittore rinunciò solo dal 1940 in poi, si fanno leggere con interesse, e non solo dai volonterosi o dai bene-informati-per-dovere-d'ufficio. Intanto, sono introdotte da una decina di pagine ( Carlo Emilio Gadda ingegnere) sobrie e insieme ricche delle pertinenti notizie biografiche, dei dati essenziali per capire genesi e ragioni dei testi, ad opera di Andrea Silvestri, docente di Impianti elettrici al Politecnico di Milano, che è pure l'autore delle belle schede esplicative e di commento ai testi nella Nota che chiude il libro. Oggetto della coscienziosa divulgazione gaddiana sono fatti, problemi, programmi che hanno avuto importanza notevole nell'economia italiana degli anni trenta: la produzione, il consumo effettivo e i possibili impieghi dei metalli leggeri, il ciclo dell'azoto e la preparazione industriale dell'ammoniaca sintetica, l'«utilizzazione autarchica» delle ligniti, impianti idroelettrici, centrali termoelettriche, funivie, bonifiche ecc., e perfino un originale e inattuato progetto per azionare ad ammoniaca automobili ed automotrici. C'è di che soddisfare una lettura attenta in prevalenza a «ciò di cui si parla» e curiosa di sguardi retrospettivi, magari suggestionata dalle recenti giustificatissime voglie di ripensamenti sistematici e disinibiti riL' moto diGadda guardo allo stato, alle motivazioni e agli effettivi risultati dell'economia italiana fra le due guerre. Ma il Gadda giornalista-divulgatore di scienza e tecnica induce anche ad altre riflessioni. Alla memoria di chi abbia una pur minima esperienza di cose gaddiane non potrà non presentarsi, inquieto e divertente, il confronto con l'altro Gadda. Con certe note ai capitoli dell'Adalgisa, per esempio, che fanno un controcanto paradossalmente serioso al testo esponendo nozioni scientifiche con didascalica professionale precisione. Potranno allora sembrare perfino autoironizzanti le osservazioni dello scrittore in risposta a un questionario sulla lingua ( Processo alla lingua italiana, del 1961), pubblicate nel 1982 da !sella, per Adelphi, nella raccolta di scritti gaddiani Il tempo e le opere: «Meno efficacemente brillante riesce la prosa 'culturale media' degli informatori di cultura, forse perché taluno di loro si sente legato all'obbligo di una divulgazione molto seria, e finisce a scrivere per dovere con quasi scolastica o comunque perbenistica osservanza delle buone regole e scarso desiderio e scarsissima possibilità di rallegrarsi un tantino delle medesime. Ma talora, per quel poco che [... ] mi è dato frequentare gl'infiniti e lussureggianti verzieri dell'opinione, vedo che le birbe non vi difettano, neppure fra le persone serie. Dal che traggo ottimi auspici» eccetera. Persona seria è certamente l'ingegner Gadda che, come ci fa notare Silvestri (a p. 225), si dichiar~ infastidito «dalle frasi fatte, dai 'sentito dire', dai nebulosi miti [... ] in cui suole incorrere [... ] chi troppo si apparta dalla conoscenza della realtà». Ma la solidità della preparazione tecnico-scientifica e la serietà dell'impegno informativo non impediscono all'estro letterario qualche salutare «birbonata». Cose ben diverse, s'intende, dalla irritante infiocchettata leggerezza che imperversa oggidì, sotto specie di arguzia, in certa disinvolta e onnipresente e onnivora divulgazione: il «facilese» imbellettato, per rabbonire e piacere. Le impennate della scrittura nel registro tecnico, imposto, come i tipi Bice Mortara Garavelli di materiale alle costruzioni, dalla «vincolante necessità della materia» (p. 123), manifestano lo scattare, in direzioni e con esiti stilisticamente qualificanti, di quel meccanismo metaforico che ci fa «pensare una cosa nei termini di un'altra» ed è costantemente attivo nei processi dell'ideazione e della comprensione. In una stralunata "città di mare con abitanti" un uomo, armato di revolver, è alla ricerca del suo rivale: la lotta è per la scrivania, l'impiego, lo stipendio ... (p. 189). I «muri formidabili» della «gran fabbrica» che ospita l'Istituto Centrale del Restauro a Roma «adunghiano la carne del colle» (p. 197) mantenendo, dentro, «salde e intatte le ossa». L'articolo sulla «chirurgia dei quadri» (pp. 196-203) è esemplare (non unico nel libro) sia dell'analitica esattezza di notizie e proposte, sia della Luigi Compagnone L'ULTIMO DUELLO L a direzione prevalente, in queste pagine gaddiane, è quella dell'animazione, che dà corpo, moti e sentimento a oggetti e fenomeni. Il fondale di un porto deve essere profondo da dieci a venti metri; Gadda glossa (p. 147): «La carena non ama gli incontri». Giunta in porto, la nave deve essere scaricata; e lo scrittore (p. 148) ce ne dà le ragioni: «La nave non è una creatura di fantasia, una felice libellula che beva l'azzurro svolando d'isola in isola, di mare in mare; no, no: la nave è una povera mula da soma; poco posa, molto cammina, se vuol star a galla sul glauco». E il porto «non adempie al solo ufficio di dar ricetto alle navi, come il marsupio del canguro ai piccoli impauriti dal vento». Lo scorrere di un fiume è un «melmoso e predace vagabondare» (p. 161); e il treno «risbuca, nero serpe, da elicoidali gallerie» forza esplicativa dei modelli metaforici che orientano il linguaggio gaddiano. Nelle righe conclusive, l'«aggiunta gratuita» in un deprecabile restauro, «interpretazione arbitraria, vandalica manom1ss10ne», prende consistenza nella doppia metafora che la definisce: «Una glossa deformatrice del testo, un laido impiastro sulla carne della bellezza». Accanto al modello corporeo («carne della bellezza»), il modello linguistico-scritturale, che alla concezione generalizzata dell'opera figurativa come «testo» sovraimpone la specificazione (metaforica) «espressione verbale scritta» («glossa»). Vanno in tale senso altre metafore, da spigolarsi in articoli svariati: «Le colline plioceniche, mescolate [... ] ad altre enunciazioni strutturali, e cioè all'erosione delle precedenti coltri arenaceo-marnose» (p. 192); osservando i materiali da costruzione esibiti in una mostra e disposti «per modo di non apparire come avanzi di cucina radunati in dispensa, ma invece come discoperti tessuti in un modello anatomico» (p. 124), Gadda accenna ai prodotti ancora mancanti come a «qualche 'articolo' di cui la nostra sintassi è momentaneamente sprovveduta», sfruttando, come si vede, la polisemia del termine articolo (e, a voler andare più a fondo, si riscoprirebbe il valore etimologico del grammiiticale articolo = «piccolo arto»). Nell'«immaginoso trasporto» della lettura di alcune carte dell'Atlante fisico-economico della C.T. I., «l'animo sillabava i suoi sogni» (p. 195). La voglia di citare rimarrà largamente insoddisfatta; ma godiamoci almeno il racconto dei miracoli ascrivibili al materiale anafònico «cosidetto perché rompe o almeno si spera, le onde fòniche», nell'articolo I materiali da costruzione: «Ci indugiamo estasiati, pensando 'Verrà quel giorno!' in cui l'anafònico in parola ci difenda dalla ciceroniana sintassi dei vicini e vicine, e dalle più copiose scariche di tenerezza che la signora Eulalia riversa 'dent per dent', sul primo animale domestico a portata di ciabatta. Il pensiero che l'anafònico equivalga a una paralisi linguale della Eulalia, che !è faccia appassire la lingua come una foglia di tabacco, è certo uno dei più deliziosi pensieri insufflatici dalla Mostra» (dove l'invenzione figurale scatenata dal significato dell'inconsueto tecnicismo anafònico si riversa con coerenza di denotazioni perfino sul nome proprio Eulalia). Il Gadda delle immagini indelebili («la sfolgorante solitudine delle centrali» idroelettriche, a p. 195, e «l'idea di tesaurizzare la catastrofe» cioè «di tradurre la piena in chilowattore, di livellare il dramma idrografico nella proficua disciplina delle industrie») si rivela un buon conoscitore di un ampio raggio di argomenti, come ci insegna Andrea Silvestri, inquadrando i contributi scelti «nella cultura tecnica del suo [cioè di Gadda] e del nostro tempo»: non ultimo motivo di cattivante attualità per questo libro straordinario. Altrigiovq~n,iarratori ~ Cinzia Tani Sognando California Padova, Marsilio, 1986 pp. 215, lire 18.000 !:S Marco Neirotti .i::_ r r--.. ~ .... Asasdnidicarta Padova, Marsilio, 1986 pp. 171, lire 18.000 S Alfredo Antonaros j, Mahò, Storia di cinema e petrolio ~ Milano, Feltrinelli, 1986 ~ pp. 207, lire 20.000 - 8: Daria Martelli Òo °' • Il gioco dei tradimenti s:: Prefazione di M. Lunetta ~ Venezia, Edizioni l di San Marco, 1986 ~ pp. 152, lire 20.000 Antonio Di Cieco Duale Prefazione di L. Conti Bertini Venezia, Ediz. di San Marco, 1986 pp. 136, lire 20.000 Dina d'Isa Olte il confme della notte Firenze, Vallecchi, 1987 pp. 325, lire 22.000 Umberto Lacatena Le spose del marinaio Introduzione di R. Luperini Lecce, Piero Manni, 1987 pp. 111, lire 12.000 Elisabetta Pierallini I belli di famiglia Milano, Camunia, 1987 pp. 168, lire 18.500 Raffaele Nigro I fuochi del Basento Milano, Camunia, 1987 pp. 242, lire 26.000 D opo tante orge di intimismo selvaggio e di trionfi dell'Io rapsodico, si torna a parlare in letteratura di categorie come «pianificazione dell'avventura» o, più recisamente, di «progettualità»: due termini e due pratiche che per la verità certuni non avevano mai smesso di frequentare assiduamente, anche durante gli anni settanta. Si torna, al contempo, a valutare certi fenomeni, di scrittura poetica e di scrittura narrativa, non più in ordine a scelte editoriali-generazionali, ma in ordine a criteri di linguaggio, di stile e, appunto, di progetto. In termini, quindi, di poetica e di resa espressiva rapportata (anche) a questa poetica. Si riprova, insomma, a spiegare le cose, i testi, i fatti della scrittura commisurandoli ai contesti, facendo finalmente a meno dei contenitori anagrafici buoni soltanto per i finti scoop dei rotocalchi e per l'immagine «americana» delle case editrici. Le quali, come si sa, evidentemente a corto di idee in ambito di fiction italiana, banno contribuito non poco a inventare le loro scuderie di Giovani Narratori spacciandoli sic et simpliciter per Narratori Nuovi (non solo per Nuovi Narratori). E i nomi li conosciamo tutti, senza bisogno di ripeterli: i buoni e i mediocri. Per cui: pax et bonum. Il mio vorrebbe riuscire, al contrario, un primo e provvisorio bilancio della narrativa «giovane» non rispetto alle anagrafi degli autori, ma piuttosto alla verde età della loro presenza nel paesaggio letterario. Vediamo. Mi pare che i trentenni Cinzia Tani e Marco Neirotti possano aprire la rassegna perché la loro accoppiata nasce in casa Marsilio all'insegna di una formula («Diamo la parola ai giovani») ancora legata all'equivoco di una gioventù come valore anziché come condizione socio-esistenziale, magari sulla scia delle fortune commerciali dei «minimalisti» statunitensi. Al di là dei limiti organici all'operazione, i due romanzi dei giovani autori assolvono alla funzione di

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==