Laquestione dellamodernità Tomas Maldonado Il futuro della modernità Milano, Feltrinelli, 1987 pp. 232, lire 30.000 I Nell'introduzione del suo libro Tomas Maldonado a e varie riprese, si scusa del proprio comportamento che, usando un'espressione pasoliniana, definisce corsaro. E si riferisce alle incursioni soprattutto nel campo della filosofia. Maldonado si è mosso attraversando una pluralità di orizzonti epistemologici, tecnico-disciplinari, storico-artistici, ecc., ma le sue scuse sono soprattutto indirizzate ai filosofi. A me, proprio in questi giorni mentre stavo riconsiderando e rimuginando il suo testo e stavo pensando a questa recensione, è capitato in mano un antico numero di «Comunità», per l'esattezza il n. 28 del dicembre 1954, dove compare una relazione di Rosario Assunto sul convegno Industriai design tenutosi a Milano presso la X Triennale, nell'ottobre dello stesso anno. La relazione, che mette in luce l'importanza di questo convegno internazionale e interdisciplinare, comincia con queste parole: «Si può studiare filosofia anche ascoltando dei discorsi intorno all'industriai design, così ebbe a dire Enzo Paci, anche se non proprio con queste precise parole, in uno dei suoi interventi [... )» Dunque Enzo Paci avrebbe senza dubbio assolto Maldonado dal reato di pirateria, o di violazione delle acque territoriali. E non è dunque un caso il fatto che Maldonado, nel suo nuovo libro lo collochi fra i pochi filosofi che, da filosofi, si sono occupati di architettura. Le giustificazioni di Maldonado in apertura risultano poi anche una mossa retorica, sono una forma di understatement di captatio benevolentiae. Nel testo la sicurezza con la quale egli si muove su entrambi i versanti è davvero notevole. E va detto che probabilmente è proprio questo muoversi con sicurezza ciò che prevedibilmente rompe le uova nel paniere di molti. In particolare, il paniere dove vengono rotte le uova è quello della separatezza dei saperi. Maldonado rappresenta il caso particolare, la figura concreta che si arrischia a fare questa mossa controcorrente. E non si accontenta di importare la riflessività nei domini della prassi ma dispone delle competenze sufficienti per importare la mentalità costruttivista del progettista dentro al reame della riflessione. E questo è profondamente scandaloso. È già scandalosa la pretesa di mettere in luce certe inconsistenze del puro parlare sopra certi fatti. Ma Maldonado non si limita a fare questo, Maldonado prende posizione dentro alle tematiche filoso- .(iche stesse. ..C'è chi può sostenere che oggi sia.s. bagliato per principio che i fil~ofi parlino di design e i designer _di.filosofi.a. Io stesso ho avuto la t~ntazione di richiamare alla precisione terminologica qualche filosofo che, come avviene sui rotocalchi, usa come sinonimi design e styling. L'insofferenza per il confusionismo interdisciplinare, e per quello che conversando Maldonado stesso definisce il «tavolarotondismo», e che si è venuto istallando nella cultura italiana in particolare, ha prodotto questa reazione. Ma il male peggiore è che ha favorito l'addensarsi del consenso intorno all'altro polo estremo che è invece quello del ritorno ai rigidi disciplinarismi tanto più comodi (ad esempio accademicamente). Maldonado dispone delle competenze necessarie per intervenire sopra il design. Ciò è ovvio per sua collocazione e provenienza. La fondazione disciplinare della teoria e della metodologia del design e più in generale dell'insieme di quelle discipline che sono state definite poietiche o fabrili, e cioè di quei saperi che hanno a che fare con le modificazioni dell'ambiente, con la produzione materiale di cultura e con la produzione di una moderna cultura materiale, gli è direttamente addirittura debitrice. Ma la pulsione alla contestualizzazione che lo contraddistingue, lo costringe non solo a prendere posizione sulle linee di sviluppo nell'area del progetto ma gli conferisce anche una sorta di sesto senso per accorgersi dove e quando in essa certi punti di vista sono posizioni ideologiche prese a prestito magari da una riflessione extradisciplinare sganciata da tutto o peggio intenzionalmente impiegata come copertura. Questo approfondimento di competenze multidisciplinari opera non tanto per generare quanto per tagliare molti corti circuiti e smorza di fatto molti enfatismi. Da notare che le uova nel paniere dei saperi separati vengono rotte con notevole spirito trasgressivo e irriverente, si nota una sorta di divertimento sotteso alla serietà dell'approccio. Forse è l'allegria un poco feroce di stampo illuminista, di chi sa di stare rompendo le uova nel paniere ad un establishment insediato, che non ama l'esercizio pubblico della ragione, come diceva Kant. 2. Nel caso di La speranza progettuale (Torino, Einaudi, 1970), il libro che inaugura la sua vocazione ambientalista, l'establishment culturale, che allora aveva altri vezzi, avanzò una critica bifida. La pratica ostinata del mettere in guardia contro la demagogia populista costò a Maldonado l'accusa di elitarismo. In una recensione apparsa su «Los Libros» in Argentina, il suo ambientalismo viene omologato alla pianificazione dei potenti, a un disegno todopoderoso al di sopra delle teste dei pianificati. Allo schematismo Maldonado oppone la qualità teorica, l'approfondimento filologico. Mai un abbandono alla formula semplicistica. La medesima attitudine concettuale la si trova nella polemica con Banham, (Disegno e le nuove prospettive industriali del 1958, ora in: Avanguardia e razionalità, Einaudi, Torino, 1974). A Banham che enfatizzava lo styling come la vèra e vitale grande arte popolare, Maldonado rispondeva mettendo in luce che questa arte Giovanni Anceschi popolare era in realtà proposta, anzi imposta, da un élite. E che chi progettava questa grande arte erano in verità dei grandi retori della confezione. Come Raymond Loevy che confessava di aver speso la propria vita a far apparire le automobili un poco più larghe e un poco più basse. E la seconda critica rivolta a La speranza progettuale, investiva la novità della scrittura del libro, quindi dello stile di pensiero, e cioè un ductus esseyistico che si muove su due registri. Il registro del testo vero e proprio, di carattere panflettistico, aggressivo, e poi l'andamento delle note ciascuna delle quali è un vero e proprio fittone radicale che si infila profondamente negli anfratti di ciascun riferimento alla ricerca del nutrimento fondativo. Forse non una struttura dendritica, o rizomatica del pensiero, ma di certo una struttura espositiva non mitografica, non pensata per un destinatario «auditore», o «spettatore», ma per un lettore «consultatore», e «decisore». Avanguardia e razionalità, il secondo libro di Maldonado, raccoglie e rende conto delle quattro fasi di sviluppo della sua produzione teorica. La prima vede l'evoluzione dal ruolo di autore artistico (il primo testo è addirittura il Manifesto invenzionista, 1946), ad una posizione di critico e teorico, e contemporaneamente vede l'istaurarsi-risvegli,arsi delle connessioni fra arte e comunicazione, arte e design. La seconda fase coincide con il suo impegno didattico e organizzativo presso la scuola di Ulm, della quale diventerà rettore dal 1964 al 1966. Una fase metodologica e teorica caratterizzata da una grande aspettativa nei confronti del mondo industriale ma che vede affacciarsi la contraddizione insita nella pedagogia del progetto: rigore intellettuale e attitudine critica che collidono con la pressione dell'integrazione. La terza fase, ancora dedicata al design, segna il progressivo distacco da Ulm. La critica della contraddizione si fa esplicita. La quarta fase è di riapertura a un certo tipo- di speranze, che sboccheranno nella Speranza progettuale. Con un'intonazione stoica, nella accettazione della inevitabilità del progetto, malgrado tutto, e con una diagnosi del disegno che si apre a ventaglio nella progettazione ambientale. La serie di saggi si concludeva poi con un contributo attuale e stimolante (connesso peraltro a quella che possiamo definire una prima piccola renaissance semiotica fiorita a Ulm ad opera oltre che di Maldonado di Gui Bonsiepe). E cioè i famosi, Appunti sull'iconicità, che produssero una polemica vivace, in quanto contenevano una aperta critica all'Eco, della semiosi illimitata. Il libro di oggi segue a due altri lavori. Il primo, Disegno industriale: un riesame, (Milano, Feltrinelli, 1976) è una rielaborazione anti-nai"ve della nozione, un'approfondita operazione definitoria, che gioca su una pluralità di orizzonti ed evidenzia nessi assai sofisticati (valga per tutti il rilievo che decifra l'ironizzazione sulla macchina praticata dalle avanguardie artistiche anarchiche e pessimiste come mossa di addomesticamento della stessa, come atteggiamento complementare al propagandismo macchinista delle avanguardie costruttive e ottimiste). E poi viene Tecnica e cultura del 1979 che scava fra i tesori della cultura dell'industrialesimo nella Germania nel periodo che precede il Bauhaus, presentando come pensatori e teorici personaggi come Behrens, Rathenau, ecc. 3. Per parlare de Il futuro della modernità di Maldonado, si potevano scegliere due strategie, una stenografica e una panoramica. La prima che istaurasse rapporti balenanti con le moltissime «piste» celate ed esibite nel testo. Ciascuno troverà certamente la sua. A chi, come a me, interessasse ad esempio la teoria protetica degli oggetti, che ha come assertori Diderot, Marx, Freud, Mumford ecc., e che, assottigliando la nettezza della separazione fra organo biologico e strumento tecnologico, consente di importare nel mondo della produzione artefattuale le impostazioni evoluzioniste, si appassionerà allo scavo delle origini biologistiche, anzi allo svelamento dell'anima organismica della teoria dei sistemi di Bertalanffy. Del resto, come si sa, la stessa cibernetica nasce da un gruppo di ricerca che inglobava ingegneri e biologi. Ma per Maldonado e per il suo libro, l'aver imboccato come ho fatto io decisamente la strategia panoramica e descrittiva, spingendo lo sguardo anche al di là dei confini di questo libro, mi pare sensato perché favorisce l'emergere dei tratti principali. Anche se forse tende a sottolineare più la continuità del pensiero che i momenti di svolta. Io penso ad esempio all'autentica proclamazione del carattere plurale della razionalità, alla preferenza per la nozione di ricerca sistemica nei confronti della teoria dei sistemi, ecc. Ad ogni modo, già un solo sguardo d'insieme al sommario mostra l'ampiezza organizzata del discorso, che parte dalla riflessione terminologica, attraversa il discorso direttamente filosofico, l'arte, l'architettura, l'urbanistica, l'ambiente, la cultura materiale, il rischio ambientale, la teoria delle decisioni. E alla domanda su quale sia il baricentro la straordinaria risposta, in un epoca dove la politica sembra demodée, o meglio dove sembra soprattutto out of look non lasciarla nelle mani dei suoi capocomici, è che si tratta, non certo di un libro di politica, ma di un libro politico. Non mi va di usare etico, attuale eufemismo, per definire un libro che si conclude con un saggio dedicato a Democrazia e complessità. È una posizione politica ambientalista, chiara e dichiarata. Ed è un ambientalismo il suo che si contrappone all'ala integralista, promotrice di un ritorno al passato, e che fonda il proprio antindustrialesimo, antimacchinismo ecc. sopra una tradizione culturale irrazionalista, spiritualista e sapienziale. Il libro di Maldonado è anche il «manifesto» adeguatamente articolato degli ambientalisti che intendono saper controllare, imbrigliare, le inevitabili modificazioni. È inequivocabilmente politica la narrazione delle disavventure della città moderna che parte da una approfondita critica della teoria e della pratica del riuso. Pratica molto amata, quasi ipostatizzata nel ruolo di toccasana, dalla cultura urbanistica e architettonica italiana. Con un richiamo costante a quello che in psicoanalisi si chiamerebbe principio di realtà e prendendosela francamente con coloro che hanno fatto in modo che progetto sia diventata una parolaccia si sviluppa l'idea forza che la progettazione è un fenomeno endemico nella nostra cultura. E che vale la pena di saper occuparsene quando di fronte si hanno sistemi di potere dotati di una sofisticata razionalità strumentale. Politico è il saggio dedicato al comfort, che adotta la prospettiva che comfort e igiene sono indicatori e formatori di ordine. Proprio come quando, a proposito di Luhmann, connette l'estromissione dell'uomo come ambiente dal sistema sociale al disegno, che si colloca nel quadro della teoria della complessità, di una riduzione drastica dell'interferenza degli individui nei processi decisionali, e come quando addita lo spirito nordatlantico dell'etnocentrismo postumanista in Rorty, così, anche nei primi quattro saggi, apparentemente meno politici e più teorico-filosofici, Maldonado va a prendere il politico dentro ai più riposti risvolti disciplinari, teorici, concettuali, tecnologici ecc. In L'architettura moderna e i suoi critici il biasimo per le critiche formulate nei confronti del1'antefatto costruttivista e funzionalista da parte delle leve neoconservatrici, eclettiche e postmoderne dell'architettura e il plauso per le analoghe critiche formulate dai filosofi apparirebbe contraddittorio al di fuori da una discriminazione fra il carattere irresponsabilmente formale e giustificatorio degli argomenti dei primi e la profonda preoccupazione per il fondamento dell'abitare da parte dei secondi. Politici sono i dubbi espressi sul candore dell'intrattenimento nei mass-media. E politica è la recensione a un libro profondamente preoccupato dell'emancipazione come la Teoria del comportamento comunicativo di Habermas. Abbiamo visto come la scrittura di Maldonado si trovi in tensione ~ fra quella che Schmidt chiamava la .s modalità di esposizione (deduttiva ~ e teorica) e quella che si chiama ~ modalità di ricerca (induttiva ed ~ empirica). Essa evoca un anda- -. mento del pensiero fatto di molte ~ ~ circonvoluzioni circospette in- ~ frammezzate da tratti rettilinei ve- ] loci. Civettando con il vezzo della ]> frammentazione verbale, dirò che ~ circo-spezione vuol dire guardarsi ~ intorno. E gli etologi dicono che °' un'iperattività esplorativa è una i;: delle peculiarità dell'intelligenza. ~ Prudenza e amore del rischio sono .Q tipici di chi va in avanscoperta. ~ c::s
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