Alfabeta - anno IX - n. 98/99 - lug./ago. 1987

Weberr:eligi!,!!e razionalità E ' s~mP_repiù motivata la convinzione - certo non nuova - che il capitalismo come «modello» non abbia mai definitivamente risolto, dialetticamente superato, il travaglio della sua morfogenesi. La sua «forma», in effetti, tanto innovativa quanto radicalmente differente rispetto ad un passato pur prossimo, sembra aver trattenuto a sé - e poi inglobato - residui «non metabolizzati», né marginali, della coscienza premoderna. Cogliere la modernità - e il «modello» capitalistico in essa - come discontinuo distendersi di forme conflittuali - mitiche, sacrali, simboliche, oltre che razionali - è perciò divenuto consequenziale; e la consapevolezza in ciò generatasi ha reso inevitabile considerare non più «per sé» le funzioni di potere - il rapporto economico-politico, in primis - quali paradigmi ultimi della razionalità secolarizzata, forma/e e calcolante, del moderno. Personalmente, non credo si possa per questo pensare ad una relativizzazione selvaggia di intere tradizioni di pensiero (per sostituirle, è quasi inevitabile, è già accaduto, con altre); tuttavia, in base ad assunti meno deterministici, complessi, autori e riferimenti della modernità han rivelato e rivelano flessibilità produttive non meno inquietanti. Interessante mi pare a questo proposito un recente studio di Antonio Ponsetto, teso a rimettere in questione la presunta linearità del «disincanto» weberiano. In effetti, la critica ha sempre più accreditato un modello interpretativo che, pur diversamente attento al ruolo svolto dalla demitizzazione nella genesi della Rationalisierung, ha condotto a·privilegiare Economia e società quale prima e ultima summa sociologica weberiana; opera nella quale quel processo è certo dato, ma non «logicamente» esplicitato. Perciò, a prescindere dai molti risvolti interpretativi, potrebbe essere essenziale chiedersi proprio se quella stessa summa consenta davvero di cogliere l'analitica dei processi di demitizzazione e razionalizzazione che han condotto al moderno capitalismo. Ebbene, considerando che Weber non ha sviluppato in forma sistematica, quale analitica, appunto, il processo di demitizzazione, il lavoro di Ponsetto - anche sulla scorta degli studi di F.H. Tenbruck, G. Kii.enzlen, E. Baumgarten - mostra come l'essenziale logica di quel processo Il Gracian di Dioguardi è centrato come eminente maestro nelle teorie sulla «gestione» degli individui e delle collettività. In versione corporata, egli sarebbe stato un benvenuto vicepresidente a capo dei corsi di formazione manageriale. Le norme fomite a chi sogna di culminare come chairman of the board sono quelle dei successologhi dell'aggiornamento: I love my work. «L'infelicità dello sciocco consiste nello sbagliare la scelta del modo di vivere, della professione, del paese, delle amicizie~. Le norme adattabili a chi già occupa un ufficio al penultimo piano e comincia a studiare che tipo di cravatta piacerà al piano sommo (senza che pur si crei gelosia) sono quelle senza tempo della necessaria elusione: «Anche nel- - l'esprimersi, si deve. schivare la bonaria chiarezza» dice I' Oraculo resti implicita in Economia e società, e come, viceversa, essa possa essere desunta «comparativamente» dagli scritti di sociologia della religione. In particolare, estendendo con metodo lo «schema» dell'Etica protestante, sarebbe possibile cogliere il «processo logico» che ha guidato lo sviluppo delle diverse religioni e, soprattutto, la tendenza alla razionalizzazione insita in ognuna di esse. In sostanza - scrive Ponsetto - «l'unico concetto in grado di offrire un quadro unitario delle anaa razionalizzare la propria esistenza, costantemente sovrastata da forze che ne confondono il senso. Eccedendo la ragione - in breve - la vita produce dolore, incertezza. Perciò, il razionalismo umano assume connotazioni «pratiche»: la scienza quale disvelamento del mondo è limite razionale al dolore. Troppi sono comunque i quesiti a cui la razionalità tecnico-scientifica non sa rispondere. La ratio religiosa è in ciò e per ciò esplicazione ultima del senso del/'esistenza umana. EXORCISM lisi weberiane è quello di 'razionalità', che però nasce e si sviluppa proprio sulla base delle problematiche religiose. È quindi nella sociologia della religione che per Weber va ricercatala chiave di lettura dell'evoluzione razionale della nostra società». La religione, infatti - mi pare questo il sentiero adeguato alla tesi del libro - inducendo l'uomo a calcolare le conseguenze del suo agire nel mondo, si presenta come promotrice di una razionalità calcolante, che spinge l'essere umano Manual (a cura di Eugenio Mele, Laterza, 1927). Eppure Dioguardi davvero sta in guardia rispetto a «questa specie di computerizzazione del pessimismo e delle 'virtù' (fino al virtuosismo) che ne discendono», la quaJe invece secondo Sciascia («Il Sole 24 Ore», 19 ottobre 1986) è l'elemento che l'«ha immediatamente interessato». L'ha interessato, certo, il coefficiente organizzativo, finché aveva sapore di continuità, finché il manuale sembrava profetico, e conservava il fascino della seicentesca legatura in cuoio spagnolo, baroccamente sbalzato e storiato. Ma si disegna un paradosso fra la modernità dell'assunto e il sapore del passato. Machiav~lli è con noi, sempre avanti a noi; il finissimo psicologo e grande pedagogo del barocco <efu figlio del suo secolo», <efu insu- «Esorcismo»© R. Cobb Di qui, tuttavia, si giunge presto ad un paradosso destinato a razionalizzare quest'eccedenza del sacro: è la teodicea quale razionalizzazione estrema della presenza di Dio nel mondo. Infatti - scrive Ponsetto - «nella misura in cui la religione considera il mondo come creazione di Dio, si rende necessario trovare nel mondo stesso delle 'ragioni' che indichino all'uomo come usarlo in funzione di Dio; ma proprio nella misura in cui l'uomo scopre le leggi del mondo, trova superfluo ricorrere perabile maestro» nel creare i suoi aforismi e archetipi. L'amara e credibile prospettiva dell'artista rinascimentale è invertita, ..p. eggio, è annullata. «Quel che si dovrebbe essere» sopprime, per mera religione di conflittualità triviale, «quel che si è»; e si disgrega quel tantum anche magari microscopico ma di eloquenza vitale che della prospettiva è la sostanza, quel sentire che separa i due piani nella coscienza. La configurazione proposta dalle metafore del Principe si fiacca. La lacera, sfigurata bandiera di Machiavelli è irriconoscibile. Quasi controvoglia, e con un garbo che sorpassa ogni malizia, lo stesso Dioguardi, che si è descritto stupito, sa bene concludere il suo programma di acquirente soddisfatto. Mettendo in opera quell'arcana discrezio~e, quella semifreda Dio». La presenza di Dio nel mondo, insomma, rappresenta l'ultimo stadio della razionalizzazione religiosa: l'inizio tragico della sua secolarizzazione. Se Dio s'esprime nel mondo, in effetti, basta interrogare il mondo per scoprire il tutto: la ragione scientifica - universale e formale - può incarnare da sola la nuova «grande illusione» umana. La mondanizzazione del sacro conduce perciò ad una libertà vertiginosa, in realtà apparente. L'uomo sperimenta potenza e finitezza relativizzando la presenza di Dio nel mondo. Non di meno - ecco il disincanto - tale relativizzazione, relativizza anche l'esperire umano, non più diretto a Dio, genera un «politeismo dei valori» che rende incerto l'essere sociale. Non più rivolto a Dio, l'uomo fronteggia l'uomo, la difformità degli interessi: ceti, classi, conflitti. La realtà si presenta differenziata, «priva di una logica capace di sintetizzare la molteplicità dei punti di vista», incapace «di ricomprendere il tutto al di là da segretezza predicata dal signor Gracian, egli abilmente manda a spasso l'immaginario vicepresidente per le relazioni interne e la formazione manageriale: gli concede, generoso bonus di commiato, un interiore «gusto per la cultura e per il sapere», i quali il gesuita accarezzerebbe in privato, «mascherandoli in regole pratiche per l'azione» (p. 269). Gli liquida persino un soffio di poesia. E con queste nobili franchigie vorrebbe lasciarlo in pace, per essere lasciato in pace: «Sono atterrito dall'idea che la curiosità mi trascini nuovamente sull'argomento». Ma la poesia si era invitata da sé, ospite sempre difficile da trattare, diffidente dei corsi di addestramento corporativo. La storia si conclude su una stupenda poesia di Jorge Luis Borges, nella non meno stupenda traduzione di Francesco della pluralità dei soggetti e dei conflitti». Tutto ciò, insomma, che la razionalità religiosa armonizzava in Dio. La caduta degli dei genera perciò verità differenti, contrastanti. Il razionalismo religioso, che «aveva detronizzato questo politeismo a favore dell'Uno che 'è necessario'» (Weber), risulta dissacrato; per questo la demitizzazione del mondo rende impossibile «eliminare la radice di una conflittualità senza fine». Insomma, l'incertezza a cui il sacro sapeva far fronte lascia ora uno scarto insopprimibile, a cui la ratio tecnico-funzionale non può far fronte. Il conflitto, solo orizzonte entro cui si gioca il destino umano, è totale; il politico è solo regola destinata a mediare le forme conflittuali di dissoluzione di un'insostenibile individualità carismatica. La genesi del moderno capitalismo appare perciò - in questa versione weberiana - tutt'altro che frutto di semplici discontinuità, di rotture. La razionalizzazione è in realtà un insieme di processi - piuttosto che un processo - le cui relative autonomie generano il moderno capitalismo quale coniugazione di rotture radicali e trasvalutazioni. Il pregio del lavoro di Ponsetto mi pare tra l'altro questo: l'aver indicato come il processo di razionalizzazione - malgré lui - non possa essere pensato come processo che conduce a sintesi compiute, bensì come un'articolazione conflittuale che, dissacrando le pretese della Verità, dissacra ogni verità. La genesi del moderno, infatti, è non solo forte affermazione (del soggetto, del politico... ), quanto affermazione implicante la sua crisi. La morte di Dio, insomma, è superamento del codice di un'individualità carismatica, irruzione di altri soggetti - «geneticamente» collettivi perché differenti. In questo senso non mi pare in alcun modo possibile (né necessario) negare la rilevanza dell'economico nella genesi del moderno capitalismo. Ciò che risulta incredibile, invece, è la pretesa di vedere autonomizzata questa rilevanza, che risulta perciò legata a processi storici di sola discontinuità, davvero molto affini al mitologico homo oeconomicus dell'ideologia _economica. Antonio Ponsetto Max Weber. Ascesa, crisi e trasformazione del capitalismo Milano, F. Angeli, 1986 pp. 240, lire 20.000 Tentori Montalto: nella quale Gracian si trova preso in contropiede. Anzi, dato il numero e la' varietà delle battute con cui Borges rivaleggia con Gracian stesso, è meglio dire che si trova preso in una giostra di imbroccate, sfalsature, accenni, scoperture, strette - ~ e qualsivoglia inquartate, intrec- -~ ciate o legamenti il più sopraffino ~ duellatore barocco avrebbe saputo Cl.. t--- inventare, prima della stoccata fi- ~ nale e del catafascio. Intanto la fi- ...,. gura del viaggiatore saggista si S • di J congeda ormai su una posiztone ;' meritato riposo - come levando gli ;g occhi soddisfatti e un po' ironici da ~ quelle strofe verso di noi, per ve- ;: dere come l'abbiamo presa quan- ~ do ci diceva: «Mi si ripropone an- oc. cora il tema dal quale sono parti- s:: to: 'management, un'arte antica'». ~ -e ~ ~

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