Alfabeta - anno IX - n. 97 - giugno 1987

negative dei mercati finanziari, come abbiamo visto più sopra. Ma se andiamo a vedere le cifre della «bufera a Wall Street», com'era definita nel titolo del Corriere della Sera, si rimane sconcertati. A New York, il 2 giugno, il dollaro ha chiuso le contrattazioni a quota 1.302 rispetto alla lira. La quotazione precedente era 1325. Tutti sanno che il cambio lira-dollaro - ~scilla da mesi attorno a quota 1.300. Per quanto riguarda il mercato azionario, la «bufera a Wall Street» si è ridotta a un ribasso di 10 punti dell'indice Dow Jones. Qualunque operatore finanziario vi può dire che un ribasso di 10 punti rientra nella routine. Del resto, pochi giorni sono stati sufficienti a rimettere le cose dove si I più imbarazzati, forse, sono proprio Tommaso Poggio e Danny Hillis; i due dividono il loro tempo fra il Massachusetts Institute of Technology e la Thinking Machine, la società che si basa sulle loro idee nel campo del- /' Intelligenza artificiale. IL principale prodotto della società è proprio la Connection Machine inventata da Hillis; eppure Poggio e Hillis sono scettici sulla gran moda del «connessionismo» che si propaga a macchia d'olio. Poggio ha persino messo in giro una storiella secondo cui ogni vent'anni, circa, un nuovo virus contagia gli scienziati che si occupano del cervello, scatenando un'epidemia che prende Laforma di un entusiasmo acritico per un'idea che sembra «buona». Negli anni venti era La volta della psicologia della gestalt; negli anni quaranta Lacibernetica wieneriana; negli anni sessanta i perceptrons, le macchine per percepire che hanno percepito molto meno delle attese. Negli anni ottanta il virus si chiama connessionismo. Forse non tutti sanno che una delle migliori rubriche divulgative nel campo della scienza e della tecnologia è quella del settimanale inglese «The Economist». «È impossibile insegnare a un computer le regole seguite dagli esseri umani, poiché gli uomini non sanno quali regole usano»: così «The Economist» descrive il disperante dilemma in cui si sono trovati molti dei ricercatori impegnati !:! ~ • nell'Intelligenza artificiale. Attivi- ~ tà apparentemente molto semplici, <::s trovavano. Lunedì. 1° giugno il dollaro valeva 1,82 marchi; giovedì 4 giugno, il dollaro si cambiava a 1,819 marchi. La «grande rinuncia» di Volcker ha avuto l'effetto di un venticello, più che di una bufera. Dare un'interpretazione approfondita di questi strani sintomi prenderebbe più spazio di quanto ne abbiamo, e più capacità analitiche di quelle di cui disponiamo. Diversi giornali ci hanno fornito, a cose fatte, una cronistoria del lungo «duello» che ha opposto mister Volcker e l'Amministrazione Reagan, o almeno una parte di essa, negli scorsi anni. Non sappiamo quanti dei comuni lettori, sia pure tra i più attenti, avessero seguito il duello e le sue implicazioni a vasto raggio sull'economia mondiale. Qualche volta l'informazione arriva dopo la festa. È difficile stimare quanto vi sia di «volontario» nella rinuncia di Volcker e quanto, invece, essa sia stata «forzata» dalla Casa Bianca. Nonostante il lungo duello, l'impressione di un Reagan che «dimissiona» Volcker potrebbe persino essere tardiva, e fuorviante. Il comitato direttivo della Federai Reserve, ormai, ha subito un completo ricambio ed è tutto costituito da membri designati da Reagan, in gran parte «supply-siders». Un Volcker «accerchiato», forse, poteva far comodo alla Casa Bianca. Un segno in questa direzione: l'araldo del reaganismo, The Wall Street Journal, da mesi conduceva una campagna per la riconfeFma di Volcker. Per il momento acconFabio Titta tentiamoci di aver capito qualcosa sull'importanza della Federai Reserve e della sua storia recente. Per capire il significato. dell'avvicendamento Volcker-Greenspan, dovremo aspettare un po'. A Venezia la più potente autorità monetaria dell'Occidente sarà presente sotto forma di spettro dimissionario. Com'è noto, Ronald Reagan e il premier giapponese Nakasoné sono in quella condizione politica minorata che gli americani chiamano lame duck (letteralmente, anatra zoppa). La signora Thatcher attende l'esito delle elezioni. Il signor Kohl ha le sue gatte interne da pelare. A Parigi si è sfiorata una crisi di governo. Di Fanfani si può dire ben poco. Un vertice di anatre zoppe sull'orlo di un burrone economico. Indice della comunicazione . Connessionismo lndex - Archivio critico dell'informazione ad esempio riconoscere una f accia, risultano terribilmente difficili da riprodurre in un sistema artificiale, dal momento che, in un computer di tipo tradizionale, bisogna specificare passo per passo quello che il sistema deve fare. L'analisi delle attività mentali umane è disperatamente in ritardo rispetto a molte delle «promesse» che gli esperti di IA hanno messo in circolazione negli scorsi anni, spesso sollevando un turbine di milioni di dollari. E qui arriva il connessionismo: «costruire un computer che assomigli a un cervello e lasciare che impari da solo». «The Economist» descrive il «vangelo connessionista» in «quattro articoli di fede». Il primo: puntare su computer che operino «in parallelo», contrariamente ai computer tradizionali che fanno «una cosa alla volta». Poiché nell'attività mentale umana vi sono sicuramente molte attività «in parallelo», e dal momento che macchine come la Connection Machine di Hillis (64.000 processori collegati tra Loro) sembrano in grado di fare più operazioni contemporaneamente, fin qui molti seguono il vangelo connessionista. Il secondo articolo di fede è che i computer «intelligenti» dovrebbero assomigliare alle reti neuronali del cervello umano, duplicando i miliardi di connessioni (sinapsi) che connettono i miliardi di cellule neuronali. E già qui non tutti sono disposti a giurare. Il terzo articolo dice che i programmi per le macchine «connessioniste» dovrebbero Limitarsi a stabilire alcune connessioni energetiche fra i processori, così come il cervello si limita a variare l'efficienza delle sinapsi. Il quarto articolo porta alle estreme conseguenze il tutto: in certe condizioni, i «programmi» emergeranno, in qualche modo, dalla macchina, che sarà così capace di organizzare se stessa. Che il computer impari da solo quello che l'uomo non sa. Il terzo e quarto . articolo promettono il «miracolo» capace di sbloccare in un sol colpo l'impasse dell'Intelligenza artificale, e di mantenere le promesse in scadenza. Ma sono anche gli articoli che sollevano più scetticismo. Indubbiamente, fra le ricerche in corso sotto l'etichetta connessionista vi è dell'ottima ricerca scientifica. Non questo è in discussione. Vi sono aspetti preoccupanti, però. Il primo è che il «vangelo connessionista», com'è già accaduto alle precedenti «epidemie», si sta diffondendo rapidamente in settori che esulano da quelli di competenza, con risultati di sconsolante superficialità. Un altro aspetto sconcertante sta nella povertà «filosofica» che emerge dalla letteratura di ispirazione connessionista, anche in ambienti seri. Si veda, per esempio, l'articolo di Yaser Abu-Mostafa e Demetri Psaltus (Il calcolatore ottico neuronico), recentemente pubblicato da «Le Scienze». A pagina 59 ci sono diversi disegnini di alberi. «Questi oggetti sono tutti alberi? Anche un bambino potrebbe dare una risposta corretta, mentre un calcolatore tradizionale incontra enormi difficoltà ... Una definizione generalizzata di albero basata su una regolarità implicita potrebbe portare a identificazioni erronee (per esempio, a scambiare un palo del telefono, che ha un 'tronco' e dei 'rami', per un albero). Quindi, per essere efficace, un programma di riconoscimento degli alberi dovrebbe sostanzialmente essere un elenco di tutti i tipi di alberi... ». Soluzione: se «si volesse programmare un calcolatore neuronico a riconoscere diversi alberi, per addestrarlo gli si fornirebbero delle immagini di alberi, consentendogli di 'imprimersi' una particolare configurazione di interconnessioni fra gli elementi di elaborazione per ciascuna immagine di addestramento». In altre parole, «un calcolatore neuronico è in grado di programmarsi». Il calcolatore neuronico, a furia di «vedere» immagini di alberi, finirebbe per elaborare, per suo conto, l'Idea di Albero. Suggeriamo un nome: Macchina Aristotelica. Ma forse neppure Aristotele sarebbe giunto a tanto furioso platonismo tecnologico. Certo, una Connection Machine che riuscisse a copiare tutte le caratteristiche e tutte le connessioni di un cervello forse finirebbe per funzionare come un cervello umano. E a furia di vedere alberi finirebbe per riconoscere degli alberi, forse. Ma se, alla fine del processo, il costruttore ne sa quanto prima su quel che succede nelle reti «neuronali» del computer quando riconosce un albero, ovvero come È in questa situazione che mister Greenspan si prepara a diventare l'uomo più potente degli Stati Uniti dopo il Presidente, per i prossimi quattro anni. I «supply siders» - ala marciante della Reaganomics - hanno fatto subito sapere di non amare Greenspan: Jack Kemp si è detto deluso per la mancata nomina di Manuel Johnson, attuale vice-presidente della Fed; Jude Wanninski ha detto che la nomina di Greenspan è «la peggiore decisione uscita dalla Casa Bianca di Ronald Reagan». In un editoriale del 3 giugno, The Wall Street Journal ha subito sottolineato con puntiglio i punti di dissenso con le idee di Greenspan. I reaganiani si sono liberati di Volcker nel momento stesso in cui cominciavano a rimpiangerlo. è arrivato a riconoscere un albero, perché non produrre direttamente un vero cervello umano? Costa meno, si produce in nove mesi, e di solito dà buone garanzie di funzionamento. Non occorre nemmeno fargli vedere qualche migliaia di alberi per riconoscere un albero. Finora la celebrata «rivoluzione informatica» sta segnando il passo per il pullulare di soluzioni parziali, spesso incompatibili passando da un sistema ad un altro. Occorrono soluzioni più generali, si dice. Di qui le grandi speranze puntate sull'Intelligenza artificiale. Ma l' IA non dovrebbe promettere miracoli che non può fare. Il pubblico è calorosamente invitato a prendere con le molle i tanti articoli che hanno preannunciato le meraviglie dell'IA, e ora del connessionismo. Qui è la prova del budino quella che conta, non il numero di articoli che escono sui giornali. Dalle ricerche dell'IA e dal «connessionismo» potra'1.no sortire buone idee scientifiche e buone soluzioni tecnologiche, se ci si sforzerà di far uscire i «cervelli elettronici» (come si chiamavano pomposamente negli anni cinquanta) dal clima del miracolo, e della stupidità artificiale. What the brain builders bave in mind «The Economist», 2 maggio 1987 p. 86 e sgg. ,,,. Il calcolatore ottico neuronico «Le Scienze», n. 225, maggio 1987 p. 52 e sgg.

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