Alfabeta - anno IX - n. 97 - giugno 1987

Ma insomma, chi ci libererà dai Greci e dai Latini? Debbo ahimè confessare che in una prima redazione di questo saggio avevo persino pensato di cavarmela con uno di quei brillanti filosofemi in cui la critica letteraria è maestra insuperata: «Saranno i classici stessi a liberarci dai classici» - o qualcosa di ancora peggiore. L'idea era all'incirca la seguente. Una nuova lettura dei classici, fatta con altri occhi (fatta «con altre metodologie» sarebbe l'espressione più usata: anche se ripugnante), una diversa lettura dei classici, dicevo, può «liberarci» dell'immagine che di loro ci è stata consegnata - e dunque, con un po' di buona volontà, liberarci di loro. Il primo esempio che mi era venuto in mente era un esempio molto serio, per cui vale la pena di riportarlo ugualmente. Nei primi anni del Novecento, gli studi di Milman Parry dimostraroSulla legge di riforma penitenziaria Sul n. 94 di «Alfabeta» (marzo 1987) abbiamo letto, in ritardo, l'articolo di Maria Luisa Cesoni La riforma penitenziaria. Saremmo tentati di aggiungere purtrnppo, perché le considerazioni che vi sono svolte crediamo rappresentino quanto di più serio e obiettivo sia stato pubblicato fino ad oggi sull'argomento. Pregio questo non irrilevante se si tiene conto che la stragrande maggioranza, per non dire la totalità, delle prese di posizione sul tema della riforma carceraria, nota con il nome di «legge Gozzini», hanno assunto toni persino apologetici. Ciononostante anche l'articolo di M. L. Cesoni presenta alcuni limiti, parte dei quali sicuramente imputabili ad una disamina per forza di cose ancora filosofica del testo della legge n. 663. Da un'altra parte invece tali limiti scaturiscono da un'omissione e più precisamente dalla mancata individuazione dei «prigionieri politici» (che il linguaggio giornalistico e televisivo di regime fa indistintamente e arbitrariamente rientrare nella categoria di «terroristi») come oggetto privilegiato, come bersaglio reale, delle nuove disposizioni in materia di trattamento carcerario. E, come cercheremo di dimostrare più oltre - anche se soltanto sbrigativamente e in maniera senz'altro incompleta - non si tratta di un limite di secondaria importanza, soprattutto per quanto concerne la comprensione delle novità sostanziali che la «legge Gozzini » introduce nella stessa giurisprudenza. M.L. Cesoni coglie giustamente il legame che collega la riforma del 1975 alla legge 663 così strettamente da fare di quest'ultima l'ulteriore, coerente sviluppo della prima. Mentre infatti la riforma del 1975 introduceva nel sistema carcerario - e più in generale in quello penale - quel principio della differenziazione che avrebbe presto - e necessariamente - condotto all'istituzione delle carceri speciali e all'applicazione relativamente massificata (comprovata dagli oltre 4.000 prigionieri sottoposti a questo genere di trattamento) dz «misure speciali», vale a dire di misure consistenti nella «sospensione» di una lunga serie di diritti costituzionali, la legge 663 perfeziona il «trattamento differenziato». E portandolo alle sue ultime conseguenze, lo individualizza, sostituendo alla figura del «prigioniero ribelle», di cui vanno repressi i comportamenti, quella del «prigioniero antagonista dello no inconfutabilmente che la poesia omerica non poteva più essere concepita come l'opera di un poeta (o anche di più poeti) dello stesso 'tipo di Apollonia_ Rodio o di Virgilio: si trattava invece di una poesia orale di tipo formulare, frutto di un'antica e anonima tradizione rapsodica che in questi due poemi aveva fissato una ( e non necessariamente la migliore) delle possibili redazioni in cui i fatti di Troia o le peregrinazioni di Odissea avr~bbero potuto pervenirci. Fra i poemi omerici e I' Eneide virgiliana (le due grandi «creste» dell'epica antica) si apriva un abisso incolmabile: da un lato le anonime performances di rapsodi illetterati, che col sostegno della formula improvvisarono i loro canti nelle sale dei re; dall'altro l'occhio inquieto, doloroso, incontentabile di un uomo solo, intento a scrutare i caratteri che veniva Stato», di cui sono perseguite le idee politiche. Con l'aggiunta che, nella categoria di «prigioniero antagonista», in quanto tale «differenziato» (nel senso concretamente punitivo che questa aggettivazione ha finito con l'assumere), di fatto vengono fatti rientrare non soltanto i militanti rivoluzionari che si rivendicano tali, ma anche tutti i prigionieri che, non essendo disposti ad abiurare e a schierarsi esplicitamente a fianco dello Stato, pos~ono... ,?compromettere la sicurezza ovvero turbare l'ordine degli istituti». Una phma conseguenza immediata è che il meccanismo premio/punizione, storicamente connaturato all'istituzione-carcere, non viene più riferito a regole nonostante tutto oggettive, quali ad esempio certi tipi di comportamento chiaramente specificati, bensì a criteri assolutamente soggettivi. In questo duplice senso: che da una parte essi sono interamente affidati alla discrezionalità di chi è preposto all'interpretazione e ali'esecuzione delle norme contemplate dalla riforma; e che, dall'altra parte, mirano a sondare, a controllare e a valutare le idee personali dei prigionieri. Vale a dire, data la composizione e le caratteristiche del «corpo prigioniero» a cui è diretta la legge 663, le idee politiche dei prigionieri politici. Ma una legge che non fornisce norme oggettive e che non è limitata dalle stesse regole oggettive che essa sancisce, altro non è che una legge terroristica. Una legge, in altri termini, che nega la propria legittimità nel momento e nella misura in cui viola la legittimità dei principi su cui si fonda formalmente il diritto. Punire non già gli atti in quanto tali, ma le idee di chi potrebbe compierli equivale, infatti, a sancire positivamente l'arbitrio, a elevare il sospetto e la congettura a norme positive, equivale a promuovere la soggettività al rango di oggettività (di verità). È una ben stridente contraddizione quella in cui incorre il diritto quando si fa giudizio eminentemente politico, quando da potere giuridico diviene ed opera in quanto potere politico, in evidente contrasto con se stesso, cioè con quel principio formale secondo cui il potere giuridico si fonderebbe sull' «autonomia» dal/'esecutivo e dal politico. (Per inciso, la novità è così eclatante da ripercuotersi persino nelle aule dei tribunali e da indurre Rossana Ros- - sanda - non certo sospettabile di «terrorismo» - a scrivere sul «Manifesto» del 27 marzo scorso, a commento di un'udienza del «processo 7 aprile», che «[...] l'Avvocatura dello Stato ha sostenuto che un'associazione si definisce sovversiva dai suoi fini: non da quel tracciando, e cancellando, sulle sue tavolette. Omero, il cieco artefice della sublime oggettività, il vecchio brancicante e divino, usciva di scena. Al suo posto si insinuava un inquietante gruppetto (ma quanti erano, poi?) di aedi professionali, ispirati cantori di piazza, artisti disuguali e, quel che peggio, pronti a qualunque zeppa pur di far tornare il conto del verso. Fu un brutto terremoto, anche se la critica omerica lo veniva preannunziando da un pezzo. In molti ne restarono scossi - lo stesso Virgilio ebbe un sussulto quando scoprì di aver consumato buona parte della sua vita ad eguagliare l'opera di un poeta che, in realtà, non era Jnai esistito. Pare comunque che questa rivelazione lo abbia ulteriormente convinto che aveva ragione lui quando supplicava di dare alle fiamme l'Eneide. E se, col tempo, che tenta di fare, ma da ciò che si propone di fare. Associazioni sovversive sono dunque il PCI, DP, il nostro giornale e, fino a poco tempo fa, il PSI. Questo anzi, in quanto ormai si propone un mutamento istituzionale, è un'associazione sovversiva bella e buona».) Poiché il meccanismo premiale - e di conseguenza punitivo - della «legge Gozzini» appare plasmato non più su ciò che i prigionieri fanno indipendentemente dalle loro idee politiche, ma proprio su ciò che i prigionieri non possono fare date le loro opinioni politiche, le norme che essa enuncia rappresentano la negazione del diritto sul terreno stesso del diritto; un diritto che, contraddicendo se stesso, contraddice la propria legittimità. -Che l'unica legittimità della legge sia fondata sostanzialmente dalla supremazia dellaforza di cui dispone lo Stato - in quanto «monopolio legittimo della violenza» - verso ogni forma di dissenso o di opposizione, non può più essere tacciato di costituire un «argomento ideologico» dei rivoluzionari, se solo si presta criticamente attenzione all'essenza della legge 663, e se non si è impazienti di sbarazzarsi di discorsi. che non fanno comodo. Si tratta dunque di norme terroristiche in quanto vessatorie: è la stessa esistenza dei prigionieri politici - ma più in generale anche di qualcuno si mettesse in testa di dimostrare che neppure lui era mai esistito? Sarebbe il trionfo supremo degli scoliasti, la marea dei commenti che sommerge finalmente il testo e se lo inghiotte: come il gorgo di Cariddi. • Ma i nuovi aedi orali sono riusciti davvero, con il loro scrollone, a liberarci di Omero? Penso di no. Un rapido sopralluogo fra le rovine ci fece subito certi che i danni erano in realtà molto minori del previsto - che Ettore e Andromaca, la strage dei Proci, Nausicaa, erano ancora là al loro posto. Il tempio presentava adesso qualche crepa, d'accordo, ma erano quasi tutti guasti superficiali, metope e frontoni erano ancora intatti. Il che voleva dire, naturalmente, che se uno voleva parlare del mare si trovava pur sempre là, in prima fila, qualcuno che lo aveva già definito «infecondo», «color del visione del rapporto che intercorre - e non solo per le coincidenze di ordine cronologico - fra l'approvazione della legge 663 e il varo della legge sulla cosiddetta «dissociazione». Se si prescinde da questo legame tutto il senso reale della «legge Gozzini» rischia di sfuggir-e, di risultare incomprensibile. Senza l'una, infatti, non sarebbe esistita neppure l'altra; e senza entrambe non sarebbe consentito sostenere che stiamo assistendo, forse per la prima volta nella storia del diritto moderno in Italia, al tentativo manifesto di coniugare giurisprudenza e teologia. Di elaborare cioè una normativa che, parafrasando liberamente un detto molto conosciuto, pretende di fare «buono» solo quel cittadino che si identifica anche ideologicamente con lo Stato e con i suoi interessi; di uniformare cioè anche le opinioni dei cittadini all'ideologia dello Stato, di creare, nel laboratorio delle carceri speciali, il «cittadino-Stato», il «cittadino-giudice, poliziotto e carnefice di se stesso». Come il cristianesimo impone di tagliare mano e occhio quando mano e occhio «danno scandalo», così la «legge Gozzini» impone di mutilare, di amputare quando e se si dia scandalo, dove scandaloso è tutto ciò che non è virtuoso. Poiché, in fondo, tanto nel caso della legge sulla cosiddetta «dissociazione» che in quello della «legge Gozzini», di pura apparenza si no», «molto risuonante», e via discorrendo. Qualcuno che ci aveva lasciato in eredità niente meno che il mare della letteratura: aggettivi smaltati, epiteti spessi come cristallo - prima ancora, l'idea stessa di applicare degli aggettivi a quella cosa che chiamiamo «il mare». Dono impagabile o beffarda malizia? La bella fanciulla che si innamora dello straniero (ed egli è al colmo della sua divina maturità), lo strazio per la morte dell'amico, il sangu~, la violenza che si arroga inappellabilmente il ruolo di unica dispensatrice di gloria ... Non si sa di preciso chi avesse detto tutto questo, ma era stato detto. Omero era uscito di scena, però chiunque l'aveva sostituito manteneva un privilegio difficilmente insidiabile: quello di esserci. E tanto bastava. «dissociazione» è dunque della stessa natura di quella che M. L. Cesoni coglie ed evidenzia fra i «due oggetti delle nuove modifiche», «fra il bastone e la carota»: l'una è la condizione necessaria dell'altra, è la spiegazione e la premessa dell'altra. Senza abiura, niente premio; senza espiazione non sensibile del pentimento, niente riscatto sensibile della «risocializzazione»! Che le considerazioni sin qui fatte non siano frutto di una lettura forzata e preconcetta del testo della legge 663 è comprovato dal- ['applicazione concreta che la sua norma qualificante, vale a dire l'articolo 14 bis, ha già avuto. E anche qui a Cuneo. È qui nel carcere di Cuneo, infatti, che ad un prigioniero politico l'ar:ticolo 14 bis (che prevede sostanzialmente la revoca del diritto ad effettuare colloqui e telefonate e il ripristino della censura sulla corrispondenza, provvedimenti che fanno seguire di fatto un ulteriore inasprimento del regime di isolamento carcerario) è stato di recente applicato, invocando, quali motivazioni sufficienti, la lettura di «comunicati» nel corso di processi, il presunto ruolo di grande rilievo all'interno di un'organizzazione combattente ed il rinvenimento nella cella di non meglio precisati «documenti» I Va in definitiva condiviso il rilievo di M.L. Cesoni, secondo la quale i primi tre articoli della leg1-------------------------------1 ge 663 (ma soprattutto l'articolo LaGola6 Nuova serie Mensile del cibo è delle tecniche di vita materiale 84 pagine a colori, Lire 7 .000 In questo numero La cucina americana I fornaretti di Parigi La polpeùa-goal Scorte d'emergenza La notte Abbonamento per un anno ( 11 numeri) Lire 70.000 Inviare l'importo a Cooperativa Intrapresa Via Caposile 2, 20137 Milano Conto Corrente Postale 15431208 Edizioni Intrapresa chi dissente - a risultare illegale, e quindi a giustificare la punizione di chi non si rende «uguale davanti alla legge» rinnegando la propria diversità. Ma una legge che persegue la divisione, che divide piuttosto che unire, è una legge reazionaria, è cioè la sanzione positiva del privilegio. Quest'ultima considerazione fa emergere un secondo limite del- ['articolo di M. L. Cesoni: l'omistratta, o meglio, di .una pura dichiarazione formale di lealtà nei confronti dello Stato: «in principio era il Verbo», ma, anziché «presso Dio», come nella Bibbia, nella «legge Gozzini», più prosaicamente, il « Verbo», indossati i panni dell'abiura, è presso la rappresentanza laica e immanente nel «bene e nell'interesse pubblici». La connessione che si stabilisce tra la legge 663 e la legge sulla 1), pur essendo limitati quantitativamente, hanno una «pesante incidenza qualitativa»; sono infatti questi a qualificare l'intera riforma, a darle un senso nuovo, e, per così dire, a «illuminarla», proprio come basta un raggio di sole in un cielo disseminato di nuvole a rischiarare tutto il paesaggio. Altre considerazioni sarebbero necessarie e possibili, ad esempio sui poteri discrezionali che la «legge Gozzini» attribuisce a Direttori e Magistrati di sorveglianza, il cui ruolo, in tal modo, viene a caricarsi, come mai era avvenuto in passato, di valenze apertamente politiche. Ma la tirannia - questa sì oggettiva - dello spazio consente solo un'ultima frettolosa osservazione sulla complicità della «sinistra», peraltro accennata dalla stessa Cesoni. A proposito della quale è sufficiente ricordare ciò che scriveva Brecht nella Vita di Galileo: «Non c'è reazionario più implacabile dell'innovatore fallito, non c'è nemico degli elefanti selvatici più crudele dell'elefante addomesticato. Eppure può avvenire che questi delusi vivano davvero in un tempo nuovo, un tempo di grandi rivolgimenti. Ma di tempi nuovi essi non sanno nulla». Carcere di Cuneo, 1°aprile 1987 Renato Bandoli, Piero Bassi

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