Alfabeta - anno IX - n. 97 - giugno 1987

Cinema ungherese degli anni cinquanta e sugli anni cinquanta Rassegna a cura di Guido Aristarco Università degli Studi di Roma «La Sapienza» 11cinema interpreta la storia, la ricostruisce secondo ottiche diverse, la fa rivivere in forme che assumono la consistenza e la concretezza della vita vissuta e progressivamente la surrogano o la sostituiscono. E il cinema è esso stesso storia, documento estremamente significativo di un'epoca, non solo quando è registrazione diretta di eventi, ma anche quando è finzione che rappresenta la contemporaneità, esprime Weltanschauungen storiche, in taluni casi organiche a un progetto sociale e ideologico. Mare Ferro ha dimostrato ampiamente come il materiale cinematografico documentario sovietico degli anni venti o i film di Caurelij su Stalin siano documenti di primario interesse, che smentiscono le versioni ufficiali della storia sovietica e palesano ulteriormente le articolazioni ideologiche e le configurazioni fantasmatiche del culto della personalità. Ma, forse, ancora più interessante è l'interazione che il cinema può costruire tra i film più rilevan- ~ ti di un'epoca e i film successivi ~ dedicati all'epoca stessa: si apre in ii::! -~ questo caso una dialettica del dic:i.. svelamento e della complessità ~ che non solo propone ottiche, e -. interpretazioni possibili estrema- ~ mente significative, ma sviluppa ~ un discorso nuovo sul rappresen- -~ tare e sul capire il mondo attraverr-.... °' so il visibile. La rassegna dedicata i::: al cinema ungherese degli anni ~ cinquanta e sugli anni cinquanta, ~ ideata da Guido Aristarco e orga- ~ aizzata dall'Università «La SaCinemaestoria. Il caso~~gherese pienza» di Roma e dall'Accademia di Ungheria si è configurata proprio come un'avventura nell'enigmaticità della storia e nella dinamica dello smascheramento: concepita intenzionalmente su una contraddizione, una dissonanza, ha avvicinato e contrapposto due gruppi di configurazioni simboliche dedicate allo stesso orizzonte storico e fortemente divergenti. Accanto ai film sulla storia dell'Ungheria prodotti dal 1965 con metodicità e intelligenza affatto particolari nell'ambito del cinema contemporaneo, la rassegna infatti ha presentato anche alcuni film degli anni della dittatura di Rakosi, che costituiscono modelli estremamente significativi di rappresentazione ideologica della vita ungherese degli anni cinquanta, organici ad un progetto di rigida integrazione politica. Soprattutto i film del periodo più buio della storia ungherese del dopoguerra (dal processo Rajk nel 1949 alla morte di Stalin nel 1953), A tutto vapore di Mariassy e Grande magazzino di Stato di Gertler, sono un esempio probante di funzionalizzazione del cinema a un progetto di tipo politico stalinista. A tutto vapore è un film dedicato alla realizzazione del primo viaggio con un treno di 2000 tonnellate, ostacolato da sabotatori borghesi ed ex-nazisti. Grande magazzino di Stato è una commedia musicale ambientata n~i grandi magazzini di Budapest, con tutto il corteggio di situazioni e di personaggi propri delle commedie dei telefoni bianchi dell'Europa degli anni trenta, e con una conclusione «politica» dedicata alla lotta contro gli speculatori e gli accaparratori di merci e di derrate alimentari. Sono autorappresentazioni altamente sintomatiche di una società caratterizzata in primo luogo dall'impegno produttivo collettivo, dal mito del lavoro e dell'emulazione socialista, dall'ideologia dello stakanovismo, e, insieme, dalla lotta ai sabotatori, agli speculatori -------------- I \ -~ ·'-Il[~ \<-\('"" . ' ' ., A sinistra: Michae/ Sememikoff e Vladimir Sokolov A destra: Paola Nobile e StevP Lacy e agli altri nemici interni, guidata da una polizia onnipresente, che fa dello spionaggio e della delazione il cardine e la garanzia della coesione sociale. In questi film il socialismo rakosiano appare come una macchina impegnata a intensificare la produzione e a realizzare un controllo sociale capillare: l'operaio stakanovista e il cittadino delatore sono i suoi eroi. Ogni comportamento autonomo è considerato deviante e pericoloso e un principio di omologazione radicale di tutto l'essente ispira l'organizzazione sociale. L'ossessione dei nemici del popolo penetra dappertutto e l'ufficiale di polizia sorridente ma energico veglia e protegge il lavoro «liberato». Tutta la vita è ridotta a pochi schemi, ed una semplificazione estrema della realtà caratterizza la rappresentazione filmica. D opo la tragedia del 1956e la repressione sovietica, la cultura e il cinema ungherese hanno sviluppato, a partire dalla metà degli anni sessanta, una rilettura difficile e sicuramente coraggiosa del passato staliniano, che costituisce non solo un contraltare estremamente significativo del1'autorappresentazione delineata dalla società rakosiana, ma anche un modello in fondo insuperato di interpretazione problematica della storia recente di un paese. Film come Venti ore di Fabri (1965), Padre di Szabo (1966), Venti lucenti di Jancso (1968), Amore di Makk (1970), Il recinto di Kovacs (1978), L'altro ieri di Bacso (1981), come peraltro altri film storici come quelli di Jancso (L'armata a cavallo è sullé¼rivoluzione del 1919), o dedicati al presente socialista, come I muri di Kovacs (1967), rappresentano un autentico processo di scoperta, di orga-

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